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Introduzione
“I
consigli evangelici della castità consacrata a Dio,
della povertà e dell’obbedienza, essendo fondati
sulle parole e sugli esempi del Signore e raccomandati dagli
apostoli, dai Padri e dai Dottori e Pastori della Chiesa,
sono un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore
e con la sua grazia sempre conserva”. Così
l’incipit del capitolo VI della Lumen gentium, costituzione
dogmatica sulla Chiesa. Dalla data di questa affermazione
conciliare (21 novembre 1964), sono passati esattamente
50 anni. Man mano tutti i pontefici hanno avuto per essa
espressioni invitanti alla fedeltà sostanziale, pur
nel rinnovamento resosi necessario con il mutare dei tempi.
Consacrati e consacrate, da sempre pellegrini tra e con
le genti, vivendo ‘le gioie e le fatiche del cammino’,
ancor oggi vogliono lasciarsi portare dallo Spirito, per
‘vivere la Profezia della vita conforme al Vangelo’,
nei ‘crocevia del mondo’.
L’USMI con questo suo “blog” offrirà
spunti di riflessione e di meditazione su ‘la vita
consacrata oggi e domani’…
Pronti
per la partenza?...
Partire
e non rimanere a mezza strada, sapendo che accogliere Dio
- che abita in noi come luce in un guscio d’argilla
- impegna a non essere misura a se stessi e a diventare
come Lui. E cambia la vita, perché invincibile è
la forza di diventare ‘figli’ e fratelli.
Direzione del percorso
“Non si amerà mai Dio evadendo da quella storia
dove l’Eterno si compromette ogni giorno” (C.M.
Martini)... Verità che chiede di essere interiorizzata
e vissuta soprattutto in un tempo come il nostro in cui
si abbattono i confini per il trasferimento di capitali
e di industrie e tanto facilmente invece li si chiude alle
persone. Essere non voluti e non cercati in realtà
è la vera e più diffusa povertà nell'oggi
del mondo occidentale... Un bisogno inappagato di riconoscimento
diventa così una marea quotidiana nella quale per
nessuno è facile stare a galla. Il fatto è
che “ogni individuo si aspetta che gli si faccia del
bene, e non del male. Ed è questo ciò che
costituisce la sacralità dell’essere umano".
Lo scriveva già Simone Weil, indicando in una nuova
fondazione della relazione umana la possibilità di
ricostruire l’Europa del dopo-nazismo. D’altra
parte la storia delle Congregazioni religiose - e più
in generale, quella cristiana - è, lungo i secoli,
storia del perdersi e ritrovarsi nella fraternità
e nella reciprocità. Per questo, nell’anno
della vita consacrata, una grande sfida per i religiosi
potrebbe essere proprio esercitarsi a fondo nel percorso
che ha per obiettivo di riscoprirsi ‘persone in relazione’
in viaggio nella stessa barca con tutti; e veleggiare con
Dio al timone, in totale disponibilità alla sua luce,
con la forza e la gioia che vengono da Lui… Tutto
questo realmente fa della vita un paesaggio dove Dio si
vede. Purché però a muovere nelle scelte quotidiane
non sia la verità che si crede di possedere, ma solo
la fraternità che si tenta di vivere.
Unire
le mani sopra l’abisso...
Affondare è facile quando si è feriti in profondità
dagli altri o da se stessi. Se la parola di qualcuno magari
buttata lì senza riflettere, o anche una semplice
trascuratezza, o forse una crudeltà premeditata sono
penetrate nel fondo dell’anima e fanno male, allora
è difficile dire con sincerità: ”ti
perdono” e muoversi nel concreto secondo la fraternità
insegnata da Gesù.
Perché
il dolore opprime e immerge nella sensazione di vivere in
un mondo 'rovesciato' nel quale le cattiverie facilmente
contagiano anche i sentimenti di tanti. Il rischio è
che con il passare del tempo quei sentimenti si trasformino
in permalosità cronica, se non addirittura in bisogno
di vendetta, negato e rimosso. Naturale che, stando così
le cose, fino a quando le ferite non saranno rimarginate,
non si potrà disporre della vastità di cuore
necessaria per perdonare.
... in fedeltà alla storia e all’Eterno
Il meglio in realtà non è dentro l'uomo, ma
"in quella forza che guariva tutti" (Lc 6,19),
di cui ci si può avvalere se però non si è
troppo sicuri della propria forza, né si è
troppo concentrati sulla propria luce... Condizione per
guarire insomma è scoprire che la vita non è
per se stessi. Perché il cuore dell’uomo, di
ogni uomo - sempre alla ricerca di una certezza che non
si consumi nel tempo - tende e anela all’Invisibile:
a Dio, misura della vita che non passa e ragione ultima
per vivere, amare e morire. Pregare e stare sulla soglia
dell’infinito perciò dà la vera forza
per vincere la tentazione di chiudersi nell'isolamento del
privato, o in un silenzio ostile. E il perseverare nella
notte dell’adorazione e dell’attesa fa trovare
le vere ragioni per vivere insieme. Senza troppa fatica
ci si saprà allora fare da lato per lasciare la 'scena'
agli altri e regalare dieci minuti del proprio tempo, quel
tempo che si dice di non avere mai...
Relazioni fraterne come servizio profetico ...
"O figlio dell'uomo, io ti ho posto come sentinella"
(Ez 33,7)… Dio ha creato ogni vita per qualcosa ed
Egli dona sempre ciò che chiede. Per i consacrati
essere posti nella verità del vangelo non è
privilegio, ma semplice impegno di testimonianza. Luce e
forza della vita, infatti - in una fraternità consacrata
come in ogni comunità cristiana - è Gesù
Cristo. Con Lui in ogni istante è possibile una reale
condivisione di ciò che si ha e si è. Con
Lui si potrà crescere insieme e comunicare con parole
in cui si misura la sincerità di ognuno. E le ferite,
alla luce della Sua Pasqua - a saperle leggere - diventano
parte della bellezza umana e di una più profonda
comunione. Attraversando evangelicamente le difficoltà
e i conflitti presenti nei percorsi di ogni comunità
di credenti, i consacrati possono rivelare a questo nostro
tempo la forza profetica e umanizzate del Vangelo e saranno
testimoni luminosi di una fedeltà alla storia e all’Eterno.
... per una civiltà della misericordia e
della tenerezza
L’anno della vita consacrata è un tempo speciale
per ritrovare in sé la passione per le cose che si
vedono, leggendole nella prospettiva del Mistero e delle
cose che non si vedono... Un’occasione privilegiata
per riscoprire la responsabilità di collocarsi in
un mondo privo di misericordia, spietato e chiuso nel ghetto
delle proprie paure. “Il Signore è vicino a
chi ha il cuore ferito” (Sal 34,19). Vicino a tutti,
credenti o no. E “venite a me – dice Gesù
- voi tutti che siete affaticati e oppressi …”
(Mt 11,28). Ancora tutti.
Ma soltanto chi avverte la miseria della propria vita è
in grado di lasciarsi raggiungere dalla forza liberatrice
delle sue parole. Il che poi in fondo significa che se non
si diviene come bambini non si capirà mai Dio. Così
l’ansia e i sentimenti di inferiorità continuano
ad accompagnare la vita dei più, mentre dietro a
ogni ‘piccolo’ (le persone che Gesù definisce
‘piccoli’!) ad ogni latitudine e in ogni ambiente
c’è sempre qualcuno che afferma la propria
grandezza riducendo gli altri a fargli da pedana. E chi
intorno procede ignorando tale realtà a sua volta
è condannato ad ‘ammalarsi’. Ma Gesù
dice: sono venuto come medico per i malati e fra i malati
(cfr Mc 2,17)... C'è spazio perciò veramente
per tutti per imparare da Lui a vivere e testimoniare una
bontà e un’umanità più grande
delle nostre. Quanto buona potrebbe rendere la propria vita
anche il solo guardare con stupore e ammirazione la bellezza
che fiorisce nel cuore e nella vita degli altri concreti
che ci vivono accanto! In fondo allora, anche per i consacrati
nell’anno dedicato a loro, si tratta ‘solo’
di avanzare nel recupero della libertà di gioire
gli uni degli altri.
Luciagnese Cedrone
usmionline@usminazionale.it
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