La famiglia e l'indispensabilità
del credente, dei religiosi e delle religiose           

 

nelle parole dei coniugi
GILLINI - ZATTONI
 


Rita Salerno (a cura di)


 

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Lo scorso mese di settembre Benedetto XVI è tornato più volte a parlare di un tema a lui particolarmente caro: l’istituzione familiare basata sull’unione indissolubile tra un uomo e una donna. Interventi a difesa del matrimonio e del nucleo familiare culminati nella lettera scritta in previsione del prossimo raduno mondiale delle famiglie in programma a Milano nel mese di giugno del 2012. Il Documento ha suscitato un ampio dibattito. Noi lo abbiamo approfondito con Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini, consulenti formatori e docenti presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia e autori di numerosi testi sull’argomento.

Nella lettera indirizzata al cardinale Ennio Antonelli in vista del settimo incontro mondiale delle famiglie, Benedetto XVI auspica la conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia e il recupero del vero senso della festa, specialmente della domenica. Condividete l’affermazione del Papa e come è possibile, a vostro avviso, realizzare questo obiettivo senza compromessi avvilenti?

"Ci felicitiamo con il tema proposto da Benedetto XVI per il settimo incontro mondiale delle famiglie. Occorre però gustare tale tema prima di "rimpicciolirlo" a misura delle nostre letture parziali e delle nostre apprensioni che suonano: ma è possibile oggi conciliare questi due temi? Non è che le famiglie sono già sott'acqua a proposito delle condizioni lavorative e se poi vi aggiungiamo i "precetti" festivi non è che rischiamo di affossarle ancora di più? Non sarebbe meglio denunciare e ancora denunciare ciò che non va, al fine di far sentire alle famiglie una maggiore vicinanza ai loro problemi reali?

Dobbiamo piuttosto - e anzitutto - guardare alla bellezza del tema in sé, proprio per non rischiare "compromessi avvilenti". Il tema, infatti, non è in primis tema da sociologi, economisti, antropologici e men che meno da politici. In primis (come ogni tratto umano che riguarda la vita) è un tema da... contemplatori. Come suona, infatti, il tema? È anzitutto un tema "laico", che accomuna tutte le famiglie della terra, non solo le famiglie cattoliche. Leggiamo: "La famiglia: il lavoro e la festa". I due punti che attraversano il tema sono formidabili, è a dire che il lavoro e la festa hanno a che fare con la struttura familiare. Proviamo a sostituire: "famiglia, luogo del lavoro e della festa"; "famiglia, in quanto lavoro e festa"; "famiglia, significato del lavoro e della festa".

Di più, nel dettato del tema c'è anche una, altrettanto formidabile, e, cioè una congiunzione, una connessione tra lavoro e festa: questi due "voci" della famiglia si implicano a vicenda; approfondendo, si potrebbe dire che nel seno della famiglia il lavoro non è fine a se stesso, ma conduce alla festa, non è pura sopravvivenza o impegno produttivo o accumulo di sicurezza; un lavoro fine a se stesso strangolerebbe la famiglia; ma se esso apre alla festa, allo stare insieme con gioia, allora ha un senso, una direzione, uno scopo.

D'altro canto, la festa lasciata a se stessa, non "guadagnata" dal lavoro, sarebbe una "pura fuga dalla realtà", "puro edonismo", "pura sfrenatezza" e, là dove è possibile, "puro consumo fine a se stesso", peggio ancora "riduzione nella schiavitù del soddisfacimento dei propri bisogni". Sarebbe, anzi, una "festa individuale", esattamente l'opposto di ciò che è la festa familiare. Come sappiamo, un tema si annuncia in un titolo, e questo titolo portato alla sua profondità è davvero capace di aprire nuovi orizzonti. Dicevamo sopra che questi due termini sono "laici" e a nostro parere è bene tenerli in questa vastissima apertura; solo dopo i due termini si possono esplorare - e connettere - in chiave cattolica: e cioè l'aspetto del lavoro come lavoro "missionario" (anche quello della busta paga!) e la festa come "Pasqua settimanale", cioè come incontro con lo Sposo Risorto, vero centro e mandante della festa".

Il Papa critica l’odierna "organizzazione del lavoro, pensata e attuata in funzione della concorrenza di mercato e del massimo profitto, e la concezione della festa come occasione di evasione e di consumo", cose che "contribuiscono a disgregare la famiglia e la comunità e a diffondere uno stile di vita individualistico". In che modo invertire la rotta e cosa può fare il credente e i religiosi e le religiose per favorire una dimensione di vita cristiana?

"Siamo alla (legittima) denuncia: verissimo, l'attuale organizzazione del lavoro e la concezione della festa come "occasione di fuga e di consumo" disgregano la famiglia; di più, la schiavizzano. Per tornare alla nostra analisi del titolo, abbiamo per così dire cancellato i due punti e li abbiamo ridotti a una pura e; il che suona: come mettere assieme famiglia, lavoro e la festa; impossibile! Se ciascun elemento è tributario degli altri due, facciamo pure i salti mortali (per scendere al concreto, aumentiamo gli asili nido o il tempo libero, consumato a proprio privato uso e consumo) ma, non arriveremo da nessuna parte. Se la famiglia è in funzione del lavoro (produttivo, con le sue intoccabili leggi di mercato) e della festa allora non potremo "salvare" la famiglia come stabile e libera comunione di più generazioni; metteremo delle pezze, per tirare avanti.

Il credente e i religiosi e le religiose in questo caso non solo possono fare molto, ma sono indispensabili. Se vogliamo restituire alla famiglia il suo carattere "sacro" di luogo di lavoro e di festa, occorre la comunità di fede; altrimenti rischiamo, al solito, di buttare sulle spalle altri doverismi alla singola famiglia. Le famiglie non vanno lasciate sole! Da più parti nascono aggregazioni spontanee che, in qualche modo, si propongono di tutelare le famiglie, un solo esempio tra mille: i GAS, gruppi di famiglie che si associano per trovare prodotti sicuri ed equosolidali; simili aggregazioni sono davvero straordinarie e danno una mano. Ancora un esempio, associazioni familiari con un membro disabile o psichiatrico eccetera eccetera, ma sappiamo che non bastano. La comunità di fede deve svegliarsi, e non solo aiutare la famiglia a tutelarsi, ma a trovare se stessa: occorrono preti e religiosi/e che "credano" nel potenziale creativo della famiglia, l'aiutino a riconoscersi, ad avere fede nel Progetto che l'ha voluta: oggi, come ieri e come domani*.

La famiglia, come unione di uomo e donna aperta ai figli in quanto uomini di domani, attraversa la storia (per quanti siano i modi di clonarla e sostituirla) ed è un bene per la Chiesa e per la società. Ma ha bisogno di specchi che la aiutino a identificarsi: e questi preziosi specchi possono essere i consacrati, i vergini, che l'aiutano a non rattrappirsi nel "già" e non smettano di sognare il "non ancora", come diceva Tonino Bello. Di nuovo, questi specchi che additano l'oltre non sono semplicemente aiuti per "favorire una dimensione di vita cristiana", sono molto di più: sono lo specchio che aiuta la famiglia a vedersi ciò che è, a "divenire ciò che è", come diceva Giovanni Paolo II. Lavoro e festa sono dunque parte integrante di questo "divenire".

Ritenete utili sul piano concreto questi raduni mondiali dedicati alla famiglia o è necessario un piano a più ampio raggio sviluppato su più iniziative?

"Ad una simile domanda verrebbe voglia di mostrarsi disincantati: sappiamo tutti che questi raduni mondiali possono "suonare la grancassa", fare tanto baccano per dire che ci siamo e poi, se ben va, rimanere un ricordo.

E invece no: temi dibattuti a così ampio raggio, idee che rotolano quasi da sole a furia di pronunciarle, lasciano il segno. Si dissodano "territori di idee" che a poco a poco divengono (possono diventare) patrimonio comune, perfino quando fossero ridotti a slogan del tipo: "famiglie, non lasciatevi scippare né il lavoro, né la festa". Vien da sorridere amaramente davanti a quel precario padre di famiglia che dice "Non me lo lascio certo scippare il lavoro, se lo trovo!"; ma anche a questo padre (e a tantissimi giovani) si può ricordare che bisogna non accettare qualsiasi condizione di lavoro che equivalga a sfruttamento (oggi si dice "autosfruttamento", perché il singolo si sottopone a orari e richieste impossibili), perché non è solo e allora occorre denunciare ogni condizione disumana; e questo anche per la dignità e il futuro dei figli".

Il cardinale Antonelli ha messo in guardia sulla "festa che rischia di scadere spesso a tempo libero, evasione, rito di massa. Discoteca, stadio, centri commerciali: tutte realtà che sono rischi per la famiglia che vanno ripensati e gestiti in modo che siano non solo compatibili ma anche opportunità per rafforzare la famiglia". In che modo?

"Ha ragione il Cardinal Antonelli: la festa deve essere non solo compatibile, non disgregatrice del clima familiare, ma "opportunità per rafforzare la famiglia". Il problema, come ci viene suggerito dalla domanda, è in che modo ciò possa avvenire. Al solito, quando pensiamo a queste legittime" messe in guardia", pensiamo alla famiglia singola, addirittura isolata, e la carichiamo di compiti immani, come dicevamo. Perché la festa diventi "opportunità per rafforzare la famiglia" è indispensabile l'aggregazione di famiglie, in qualunque modo si dia. "Le famiglie del mare" - dicono i nostri nipotini nel loro lessico familiare - sono le famiglie con cui hanno condiviso le vacanze al mare, ma con le quali si è creato un legame che suona inusitato: "Che bello! Siamo andati in montagna con "le famiglie del mare""; si può star sicuri che da adulti questi nipotini conserveranno traccia di queste feste passate assieme, grandi e piccoli, dove per fare festa, per divertirsi, non occorre cedere alle mode di rinchiudersi soltanto in un gruppo di coetanei, simili a bozzoli, e impenetrabili dal mondo adulto".

Il documento del Papa, pensato in vista del raduno mondiale di Milano del 2012, quali spunti di riflessione vi suggerisce?

"Rimandiamo al punto uno e ribadiamo che la grande novità del documento è il connettere lavoro e festa; e questo nella Milano degli affari sarà una bella testimonianza, anzi un bel contrasto; purché si dia spazio alle famiglie di portare a parola i significati sottesi a queste parole; ne approfittiamo per dire che da simile raduno non ci aspettiamo "alta teologia", ma, molto più modestamente, la scoperta concreta della diversità di lavoro e di festa delle famiglie che abitano la terra: per trarne spunti, riflessioni, arricchimenti e, perché no, benefiche "esportazioni".

In base alla vostra personale esperienza, le diocesi italiane sono in grado di rispondere efficacemente a questa sfida?

"È proprio una sfida che chiama in causa direttamente (e ovviamente) gli uffici diocesani per la famiglia, i quali non sono un tutto omogeneo, ma vanno aiutati a inventare percorsi dai rispettivi uffici regionali che nella Consulta per la famiglia della CEI elaborano linee comuni, ovviamente da spendersi diversamente nel territorio".

La pastorale famigliare, alla luce di questa lettera del Papa, andrebbe ripensata?

"La risposta a questa domanda richiederebbe un trattato! Prima di "ripensare" la pastorale famigliare, occorre chiedersi che cos'è la famiglia e soprattutto se abbiamo il desiderio di esplorare e di riconoscere la forza del sacramento delle nozze; qui sì una teologia alta del sacramento rinnova le coppie e le famiglie e solo di conseguenza questa scoperta diviene "pastorale", cioè rinnova il modo di stare tra noi e di fare Chiesa".

* Gillini G., Zattoni M., La famiglia scopre se stessa come Chiesa, in Fabris R., Castellucci E. (edd), Chiesa Domestica, La Chiesa-famiglia nella dinamica della missione cristiana, Un profilo unitario a più voci, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2009, pp. 245-298.

Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini,
consulenti formatori
e docenti presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II
per Studi su Matrimonio e Famiglia.

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