Famiglia, lavoro, festa
 

nelle parole di padre Josè Granados


a cura di Rita Salerno

     (marzo 2012)

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Mancano ormai meno di due mesi al settimo incontro mondiale delle famiglie in programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno prossimi. Quattro intense giornate che si concluderanno con la celebrazione eucaristica presieduta dal Santo Padre Benedetto XVI al Parco Nord domenica 3 giugno. Un milione gli ospiti attesi a questo evento concentrato questa volta su famiglia, lavoro, festa: trinomio che sarà dipanato attraverso diversi convegni, incontri, messe e nove catechesi. All’incontro mondiale prenderà parte, tra gli altri, padre Josè Granados con una relazione su “Celebrare la festa in famiglia: riti e gesti nell’esperienza familiare”. Padre Granados è un religioso dei Discepoli dei Cuori di Gesù e Maria. E’ professore straordinario di Teologia del Matrimonio e la Famiglia e Vice Preside presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, sezione centrale. Ha conseguito il Dottorato in Teologia alla Pontificia Università Gregoriana, Roma (Premio Bellarmino). Dal 2004 al 2009 ha insegnato alla sezione statunitense del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II presso la Catholic University of America a Washington, DC. Egli è anche Laureato in Ingegneria Industriale presso l’Universidad Pontificia de Comillas (ICAI), Madrid.

Tra le sue pubblicazioni, Signos en la carne: El matrimonio y los otros sacramentos, Monte Carmelo, Burgos 2011; La carne si fa amore. Il corpo, cardine della storia della salvezza, Cantagalli, Siena 2010; Teología de los misterios de la vida de Jesús: ensayo de una cristología soteriológica, Sígueme, Salamanca 2009; Called to Love. Approaching John Paul II’s Theology of the Body, DoubleDay, New York 2009 (con Carl A. Anderson); Betania: una casa para el amigo. Pilares de espiritualidad familiar, Monte Carmelo, Burgos 2010 (con José Noriega); Los misterios de la vida de Cristo en Justino Mártir, Analecta Gregoriana 2005.

A lui abbiamo rivolto alcune domande sull’appuntamento di Milano e sull’istituzione familiare, tra crisi e opportunità.

Trent’anni dopo la promulgazione della Familiaris Consortio, l’esortazione apostolica di Giovanni Paolo II è ancora attuale, alla luce dell’attuale scenario europeo?

“Penso che l’esortazione apostolica sia ancora di grande attualità, anche perché ha avviato una riflessione profonda sull’antropologia, propria del pontificato di Giovanni Paolo II, dell’uomo familiare tale da permetterci di comprendere l’uomo nella sua dimensione familiare ed in rapporto con Dio sul piano del matrimonio e dei rapporti familiari. In questo senso ha innescato un’analisi accurata sia filosofica che teologica. In secondo luogo, il documento papale ha contribuito ad offrire una visione della famiglia non più privatizzata come se si trattasse solo di una questione tra privati, che attribuisce alla famiglia un valore affettivo, come una sorta di luogo di  rifugio per l’affettività del singolo che non ha niente a che fare con la vita pubblica e sociale ed ecclesiale. Di conseguenza, la F.C. insiste sul rilievo sociale ed ecclesiale dell’istituzione familiare, una trasformazione oggi più che mai attuale in tempi di sfide a cui la famiglia è chiamata a rispondere”. 

L’espressione “Chiesa domestica” applicata alla famiglia cristiana, che valore ha oggi?

“Penso che sia soprattutto la necessità di mettere in rapporto la Chiesa con la famiglia. La famiglia, infatti, è importante per capire la Chiesa, come pure la Chiesa è importante per capire la famiglia. Il suo valore sta in questo legame, in questa ecclesiologia, in questa visione della Chiesa e della famiglia. La famiglia è una piccola Chiesa domestica, la Chiesa è una grande famiglia. Occorre capire le strutture famigliari e capire la visione della famiglia come soggetto di evangelizzazione, e cosa la Chiesa attua sulla famiglia. Non è soltanto cura e promozione della famiglia, ma anche come risorsa. Rende la famiglia soggetto attivo della società, in modo che la famiglia stessa si faccia evangelizzatrice e formatrice all’interno della società”.

Le religiose e i religiosi possono contribuire a sostenere le famiglie? In che modo?

“Dobbiamo attenerci al magistero di Giovanni Paolo II in merito. La vita religiosa non è diversa dalle dinamiche della vita familiare. Anche la vita religiosa si comprende in termini di vita familiare. Il religioso o la religiosa sono figli, diventano sposi all’interno della Chiesa sposa, hanno una paternità e una maternità spirituali, essendo intimamente legati quindi a categorie familiari la possono aiutare a buon diritto. In primo luogo, direi che vivono in famiglia, possono offrire una concreta testimonianza alla società e per le famiglie. E le aiutano a guardare all’ultimo traguardo del regno dei cieli. Cioè il senso ultimo della loro vocazione familiare. Quindi, la fedeltà è per la vita religiosa una testimonianza ed un segno di essere famiglia che ha la all’amore. In questo senso, la strada da percorrere è la stessa. Questo incontro mondiale delle famiglie è anche un incontro della vita religiosa in un certo senso. I religiosi sono in grado di offrire un sostegno specie alle famiglie in difficoltà o sofferenti per la mancanza di figli perché la vita religiosa è proiettata nell’eternità e vive una fecondità spirituale. Possono sorreggere le famiglie che si dibattono in mille difficoltà di ogni genere perché possono aiutarle a vivere la loro specificità cristiana.

La missione dei religiosi è, in primo luogo, l’educazione all’amore ma conosco l’impegno dei religiosi e delle religiose nei centri di orientamento e di aiuto alla vita. Ma il tema educativo è centrale per aiutare la famiglia ad imparare ad amare”.

Cosa si aspetta dal VII Incontro mondiale delle famiglie in programma a Milano dal 30 maggio al 3 giugno prossimi?

“Il valore di questi raduni sta nella loro testimonianza cristiana. Aiutano a vedere la bellezza della vita in comunione, la gioia della condivisione. Testimoniare davanti al mondo il ruolo positivo della famiglia e far capire che la crisi o la difficoltà non guarda alla famiglia come ad una lotta, ma al contrario come una risorsa di speranza di vita. È una festa di gioia e di vita questo incontro che rappresenta una proposta cristiana. Il Vangelo della famiglia si trasmette di famiglia in famiglia testimoniando una vita grande. E permette di guardare con interesse alle diverse iniziative ecclesiali perché quando ci si mette in comunione, si esce arricchiti. La famiglia si mettono insieme per testimoniare a vicenda e fa grande l’esperienza. Ci sono naturalmente altri obiettivi come quello di mettere in evidenza il valore sociale della famiglia valorizzando i tempi del lavoro e della festa. È la proposta della Chiesa sulla famiglia come risorsa sociale che richiede alcuni cambiamenti in materia economica e politica. Occorre cambiare la nostra visione perché sia più a misura relazionale e familiare soprattutto. Il tema della famiglia riguarda la collettività, il bene comune e non soltanto l’interesse particolare del singolo e la loro felicità privata.

Qualche tempo fa il nostro Istituto ha promosso un convegno, in vista dell’appuntamento di Milano, dedicato al tema ‘lavoro e famiglia” a cui hanno preso parte economisti e dirigenti d’azienda. La discussione verteva sul fatto che non è tanto un problema di conciliare tempi di lavoro con quelli famigliari, quanto di armonizzare i due tempi nel senso di arricchimento vicendevole. In questo senso può arricchire con il contributo del singolo, in quanto individuo non isolato, anche l’ambito aziendale. Si è affrontato anche l’altro lato della medaglia: anche la famiglia in fondo è un posto di lavoro, passando anche per il valore e il ruolo della donna nell’impresa”.

Quali le ricadute di questo tipo di Incontri mondiali?

“Direi che accresce la consapevolezza del ruolo giocato dalla famiglia nella società e nella Chiesa. In questo tempo di individualismo sfrenato e di congiuntura negativa, la proposta della Chiesa appare come una proposta positiva che va incidere nella pastorale familiare, come sua chiave di azione. L’aspetto di rinnovamento e di rafforzamento della pastorale familiare viaggia di pari passo con l’impegno dell’istituzione familiare nell’ambito sociale. Sono questi i due ambiti di influenza dei raduni mondiali, a mio avviso. La Chiesa vede la famiglia come una grande risorsa e non come un problema da risolvere. Spesso capita di assistere a problematiche relative alla famiglia, in parrocchia come in diocesi. Ma non è così che va affrontato”.

In che modo si dovrebbe promuovere le associazioni familiari di impegno civile?

“Queste associazioni sono molto importanti come ad esempio il Forum delle Associazioni familiari proprio per il loro contributo. La famiglia, da sola, non è in grado di reggere all’impatto delle questioni attuali. Deve sempre entrare in relazione con la società che la deve sostenere e non sostituirla”.

Può delineare il quadro dell’attuale situazione della famiglia in Italia e in Europa?

“Conosco in particolare la situazione spagnola che si presenta più critica di quella italiana per le leggi approvate non certo a favore della famiglia, aggravate dalle difficoltà economiche. Quello che appare chiaro è la crisi del modello economico attuale. Penso che in definitiva c’è alla base un problema culturale che si basa sulla visione individualistica della persona, come a sé stante e non in relazione alle dinamiche familiari. In questo senso, l’Europa sta conoscendo la crisi proprio per la sua incapacità di guardare alla persona in chiave familiare. C’è da notare anche il calo demografico che è un fattore aggravante di questa situazione”.

Quali iniziative promuove per l’Incontro mondiale di Milano l’Istituto Giovanni Paolo II per la famiglia?

“Avremo uno stand tutto nostro che ci permetterà di far conoscere anche le nostre iniziative editoriali e i nostri corsi. Avremo anche di diffondere le proposte avviate in occasione della giornata mondiale della gioventù sul tema dell’educazione all’amore. Abbiamo realizzato, su questo argomento, alcuni video incentrati sulla teologia del corpo di Giovanni Paolo II in connessione con la teologia della bellezza nell’arte. Avremo modo di far conoscere, attraverso alcune relazioni, il nostro contributo sulla verità dell’amore e del piano di Dio sulla famiglia, su cosa è veramente la famiglia. Perché la crisi dell’istituzione familiare non è tanto legato alla morale delle persone, ma è piuttosto una crisi culturale. C’è una mancanza nella cultura individualista che è una riflessione da tempo avviata dal nostro Istituto”. 

Quali sfide, sul fronte della famiglia, interpellano la Chiesa anche alla luce della recentissima sentenza della Cassazione sulle coppie omosessuali?

“Una delle sfide più grandi è quella relativa alla famiglia non come fatto privato. Non si può tenere conto solo della propria affettività, occorre pensare in chiave collettiva e di bene comune. Se non si comprende appieno questo principio, non si può pensare ad un futuro della società. Si pensa al matrimonio come una scelta affettiva, senza tenere conto al bene comune, alla ricchezza della famiglia capace di generare figli e di educarli ed in quanto tale una ricchezza per la società. Non si può giudicare solo in senso affettivo: è questa la difficoltà principale della situazione attuale. I figli hanno bisogno di un padre e di una madre. Di qui la famiglia come unione stabile fondata sul matrimonio, capace di ricchezza sociale. Fuori da questo aspetto, tutto assume un aspetto debole”.

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