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Vangeli e Atti Degli apostoli
nella nuova versione ufficiale della Cei

Paoline, Milano 2008, € 12,00

In contemporanea alla nuova edizione della Bibbia CEI e in sintonia con il Sinodo dei Vescovi dedicato al tema La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, le Paoline pubblicano i Vangeli e Atti degli Apostoli nella nuova versione ufficiale della CEI e con il commento di Giuliano Vigini. È un’iniziativa editoriale di grande importanza per le note di carattere letterario, filologico e storico, che accompagnano il testo.

Una duplice attenzione, da una parte alla parola di Dio e dall’altra alla sua mediazione umana, caratterizza la “Bibbia Paoline” anche sotto l’aspetto tipografico. Infatti, il lettore ha simultaneamente davanti agli occhi il testo biblico nella sua integrità e, a fronte, il commento. Le note sono prevalentemente di carattere letterario, filologico e storico, ma non mancano spunti per cogliere il messaggio teologico e ricavarne un insegnamento per la vita spirituale. Anche le espressioni che sembrano più oscure o estranee alla cultura attuale sono interpretate e spiegate. Quando il testo lo richiede, è data l’ambientazione geografica e storica sulla base delle fonti antiche e dell’archeologia…(Dalla presentazione del biblista Rinaldo Fabris)

Chiarezza, ordine ed eleganza sono quindi i criteri con cui è stata pensata quest’opera che ha l’obiettivo di raggiungere un vasto pubblico. Anche per questo i testi sono accompagnati da introduzioni generali e da schede ai singoli libri biblici: strumenti che offrono un’aggiornata sintesi di orientamento storico-letterario, esegetico e teologico. Infine, il cospicuo apparato di indici finali, in particolare quelli dei nomi di persona e dei luoghi, e dei temi principali, costituisce un tratto peculiare di questa “Bibbia Paoline”, rendendola uno strumento di consultazione per tutti.

A cura Ufficio Stampa paoline

   

Il romanzo della bellezza

Tania Velmas

San Paolo, Cinisello B. (MI) 2008. € 23,00

L’Autrice di questo libro, Tania Velmans, è una famosa storica dell’arte e in particolare un’esperta della civiltà bizantina. Ne: Il romanzo della bellezza, ci offre un racconto immaginario e appunto ‘romanzato’ fuori dai confini propri del suo campo, ovvero gli scritti a carattere puramente scientifico. Questo al fine di poter meglio comunicare, sul piano emozionale, ciò che l’opera d‘arte e nello specifico, l’icona, trasmette nell’animo umano. L’icona è un’immagine sacra che rispecchia il genio della spiritualità bizantina. Essa va al di là di una semplice espressione artistica poiché i suoi significati particolari, la sua ‘teologia’, racchiudono una serie di misteri legati al segreto della sua estetica e alle mille sfumature, a volte sfuggevoli, della sua iconografia.

L’Autrice ci fa notare come sul piano storico, la civiltà bizantina, alla quale sono legate espressioni artistiche di notevole raffinatezza, sia in realtà poco conosciuta dal mondo occidentale. Bisanzio, il suo territorio, l’esatto periodo della sua fioritura sul piano politico, sociale, ideologico, ci sfuggono per una serie di motivazioni storiche. Nell’insegnamento delle culture antiche si cita per lo più l’Egitto e la stessa civiltà greco-romana, che pure ne è una diretta discendente, ma si misconoscono le autentiche radici bizantine forse anche a causa delle invasioni barbariche del V secolo.

Altro motivo di oscuramento è sicuramente dovuto allo scisma che ebbe luogo nel 1054 tra la Chiesa di Roma e quella ortodossa, e al fatto che almeno fino a tutto il XIX secolo le scuole e la cultura generale in Europa, erano in gran parte nelle mani della Chiesa. Resta però  sorprendente che l’icona, seppure unica testimonianza della magnificenza di un impero dimenticato, è unanimemente accettata; è presente ovunque e quasi eletta immagine religiosa per eccellenza. Forse perché al di là della storia che la racchiude e di tutti i legami che la collegano alle antiche filosofie, essa si impone non tanto all’intelligenza ma direttamente al senso estetico e sensibile di chi la guarda.

L’icona ha la forza trascendente di comunicare con chi l’ammira attraverso un metalinguaggio figurativo che nel corso del tempo non è mai venuto meno. L’immagine dell’icona ha un impatto indiscutibile  e di grande legame mistico tra rappresentazione e rappresentato.

Per quale ragione la sua estetica sollecita il nostro immaginario? Per quale motivo chi ha dipinto e concepito le icone si è rivelato più adatto di altri a dare una forma esemplificativa a qualcosa che è recondito nella sensibilità religiosa di ognuno? Ad essa vengono attribuite facoltà soprannaturali nel mondo ortodosso, poiché è la mediazione per eccellenza tra una sorta di via che conduce alla conoscenza del divino, come una forma sottile di rivelazione che racchiude in sé un’autentica teologia dell’immagine che si differenzia dall’affresco e dalla miniatura.

In essa sembra racchiuso uno studio particolare che, escludendo volontariamente le linee di rappresentazione del tempo e dello spazio, tende a dare unicamente forma all’idea di trascendente e quindi una profondità più grande al nostro io, che si misura con qualcosa che parla di un oltre. Già Platone aveva espresso molto tempo prima una teoria metafisica dell’immagine partendo dalla convinzione che l’intero universo fosse animato e che dietro ogni cosa si nascondesse un’anima. E’ quindi probabile che negli intenti ideologici dei bizantini si fosse elaborata la possibilità di arrivare ad una rivelazione usando l’opera d’arte per sollecitare l’uso dell’”occhio interiore” piuttosto che quello degli occhi corporali.

Una serie di teorie capaci di solleticare e affascinare il nostro immaginario e che, oltre ad avvicinarci alla conoscenza di una cultura per molti versi oscura, attraverso una serie di finestre esplicative, sanno destare curiosità attraverso lo sviluppo avvincente e ricco di mistero di una trama fantasiosa. Una storia immaginaria che sa attingere con armonia alla realtà e che apre interrogativi sempre stimolanti sui temi della fede, della spiritualità, delle religioni e le svariate risposte che si provano a dare all’idea di morte e  finitezza umana.

a cura di Romina Baldoni

   

La natura umana tra determinismo e libertà

Autori vari

OCD, Roma Morena 2008. € 18,00

Il presente volume tenta di approfondire, attraverso gli interventi di più autori, il concetto su cui da sempre si è incentrato il dibattito filosofico, ovvero il propendere della natura umana tra determinismo e libertà. Un'ambivalenza che ha dato luogo a un dualismo forzato e a tutta una serie di teorie che di volta in volta hanno rivelato limiti intrinseci, poiché tendenti a incanalare il comportamento umano e le azioni poste in essere dall’uomo. Spesso si poneva infatti in contraddizione la libertà, intesa come stimolo e appetito dettato unicamente dalla natura, e quindi in sé privo di vincoli e autodeterminazione, con il determinismo inteso come risposta  puntuale e controllata a uno stimolo esterno.

In realtà la complessità dell’essere umano porta a una prima incontestabile evidenza: ciò che ci accomuna è spesso inseparabile da ciò che ci singolarizza, così come la ricerca della libertà e il porsi in essere del determinismo non possono prescindere da tutti i condizionamenti propri della nostra natura e dei nostri limiti.

La libertà non può essere vista necessariamente come ignoranza del determinismo delle nostre azioni, né le azioni da noi compiute possono avere sempre un riscontro oggettivo nella cosiddetta “legge causa-effetto" o in forme logiche prestabilite. Da qui un susseguirsi di spunti e discussioni che mettono in evidenza la sospensione dell’identità personale tra libertà del volere e responsabilità morale. Si tenta di mettere a fuoco l’intero processo di formazione del pensiero umano soppesando l’alterco tra immaginazione e intelletto, anima e corpo, determinismo e indeterminismo.

I grandi filosofi analizzati nel dettaglio e con questa finalità sono: Kant, Hegel, Swinburne, Rosenzweig, Gentile, Scheiermacher, Rosmini e Jonas. Il fine del libro è comunque quello di dimostrare l’errore di fondo in cui è incappata la scienza moderna a partire dal XVII secolo, in cui si tendeva a interpretare ogni fenomenologia naturale, compresi gli esseri viventi, in termini di “causa efficiente”, ovvero a ridurre tutto a leggi meccaniche e fisico-chimiche che non lasciavano spazio a nessuna fenomenologia del caso o del fato o meglio alla sensibilità dell’interiore.

Kant nelle sue critiche della ragione tenta di mediare a questo rigore interpretativo e pone le basi per l’impostazione di nuove speculazioni. Ogni finalismo che tenta di rispondere all’eterna domanda sull’uomo e sulla sua natura è quindi destinato ad impattare con la complessità stessa di questa natura. Quando Pascal si interroga sul mistero dell’uomo e dell’umano mette in evidenza l’infinito stupore dell’uomo di fronte all’uomo che è privilegiato e allo stesso tempo condannato dal suo  controverso relazionarsi con il fine. L’intelligenza in tutte le sue espressioni, del resto, dalla religione alla filosofia, alla morale, alla politica e alla scienza non è altro che ricerca della vera essenza dell’uomo. Un uomo che però, nonostante il continuo progresso di ogni epoca continua ad essere sfuggevole e sfaccettato ed assai poco interpretabile. Ed è stimolante constatare come tutte le arti e le scienze che pur tendono ad illuminare, ciascuna dalla propria prospettiva, di fatto pongono in essere, tra le luci, delle zone d’ombra inamovibili che impediscono di cogliere la complessità della nostra stessa identità.

Questo libro analizza tutti questi interrogativi e lascia aperte alcune questioni che la scienza moderna  pretendeva quasi ad ogni costo e in maniera infondata  di sbrogliare. Allo stesso tempo pone le basi di un nuovo approccio ideologico su cui far confluire le risorse del dibattito filosofico.

Per rispondere con le parole di Jonas alla pretesa incompatibilità tra libertà e determinismo si può infatti ribadire che “la potenza della soggettività si autolegittima per il fatto che noi pensiamo e, per altro verso, che dopo tale confutazione resta ancora interamente da svolgere il compito di una riflessione seria sopra i nostri doveri, vale a dire sopra l’impiego morale della nostra libertà”. Quindi l’analisi filosofica del problema della libertà non si esaurisce dimostrando la potenza causale della soggettività, ma anzi partendo da qui demanda allo sviluppo nuovo del principio di responsabilità.

a cura di Romina Baldoni

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