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Ogni cosa è illuminata
Regia di
Liev Schrieber
Produzione: Usa - 2005

Settembre 2005: alla Mostra del Cinema di Venezia Ogni cosa è illuminata (dalla luce del passatosarebbe il titolo completo) è stato tra i film più elogiati. Lo stesso CGS presente alla rassegna, gli ha assegnato la “Lanterna Magica” con questa nota: “premia un coraggioso film sulla memoria e sul rispetto”. Tratto dal meraviglioso romanzo di Jonathan Safran Foer (edito in Italia da Guanda), il film ci fa compiere un itinerario di maturazione attraverso le culture, i sentimenti e le emozioni umane. Un viaggio alla ricerca di sé che riesce a trattare un argomento come l'Olocausto, in maniera del tutto originale: intelligente, spiritoso, pieno di invenzioni, di tenerezza e di senso della vita. È un’opera prima diretta dall’attore trentottenne americano Liev Schreiber, definita “brillante e magnifica sorpresa”.

A differenza di tanti film sulla Shoah, Ogni cosa è illuminata mette a fuoco soprattutto il presente, il debito di chi c’è nei confronti di chi non c’è più, la ricchezza inestimabile che ogni memoria racchiude - anche la più straziante. Racconta di un giovane ebreo americano (è Elijah Wood del Signore degli anelli), collezionista di ricordi della propria famiglia, che va in Ucraina alla ricerca del passato. È deciso a rintracciare la donna che salvò il nonno ebreo all’indomani dell’invasione nazista, nelle campagne dell’est. Il punto di partenza è una vecchia fotografia del nonno dello stesso Jonathan, ed un nome misterioso: Trachimbrod. Appartiene ai numerosissimi shtetl bruciati e sepolti durante la Seconda Guerra Mondiale: 1800 persone sterminate! Ad accompagnare la sua ricerca sarà un altro nipote, Alexander Perchov, voce narrante del film, e un altro nonno che scopriremo "sopravvissuto" ed ebreo. Viaggio lento, doloroso, prezioso. Come ogni itinerario di crescita. Un particolare merita attenzione: la dialettica tra luce-oscurità ed il contrasto tra vista e cecità. Metafore della capacità di “ricordare-vedere” con gli occhi del passato. Per questo il nonno di Alex si dice cieco e la stessa mania di collezione in Jonathan resta insufficiente senza la capacità “interna” di vedere-capire (gli enormi occhiali che porta non sono casuali). Il film è davvero affascinante, ricco, coinvolgente. Girato nelle campagne cèche, con attori strepitosi ed ignoti (non professionisti) ha il tocco, l’energia, la generosità, che solo le opere prime hanno. Da valorizzare.


Notte prima degli esami
Regia di Fausto Brizzi
Produzione: Italia - 2006

Successo di pubblico pieno per questo titolo dell’esordiente Brizzi che ha conquistato un record in testa alla classifica di incassi, surclassando altre produzioni di grido internazionale. Parlarne anche solo con una minischeda nel da mihi rientra quindi prima di tutto nel dovere/diritto di informazione per chi si impegna nell’educazione. Il film parte da una canzone Notte prima degli esami di Antonello Vinditti, che è un po’ l’icona dei diciottenni italiani, e ci introduce in un “affresco generazionale” non troppo lontano: gli anni 80. Sfrutta una formula narrativa facile che si può inscrivere nella corrente dei film cosiddetti “giovanilisti” e realizza una commedia leggera, sorridente che la commissione di valutazione pastorale definisce “piacevole, da valutare come accettabile e nell’insieme brillante”. Suggerisce quindi (alle sale cattoliche) di “utilizzare il film in programmazione ordinaria, da proporre come spettacolo di buon livello professionale e di facile consumo”.

In supersintesi è un racconto corale che culmina con la notte prima degli esami. La storia di sei amici, dei loro amori, tormenti e delusioni adolescenziali e… della loro crescita. “Il mattino dopo nessuno dei nostri protagonisti sarà più lo stesso”.

Pur essendo un collage di ricordi personali degli autori, uniti a eventi pubblici come la caduta del Muro di Berlino, una strepitosa vittoria dell’Inter, il falso annuncio a RadioRai circa gli esami sospesi, il film è soprattutto una commedia sentimentale “transgenerazionale” su come ci piacerebbe fosse andata la nostra maturità. E perciò innamoramenti, balli, scherzi, studio, panini, un lutto, due genitori separati, una gravidanza inattesa, un viaggio, una delusione, e soprattutto un Prof…: Giorgio Faletti nel ruolo di un insegnante di lettere soprannominato Carogna. E’ proprio il personaggio di Faletti, amaro e severissimo, ma con due figli adolescenti a carico e un passato da hippy nascosto nel cuore, quello che conduce il gioco. Non manca il rischio dello stereotipo, ma Brizzi lo supera coniugando realismo e favola secondo la migliore tradizione della commedia rosa italiana. Un prodotto di fronte a cui “si ride, si piange, si riflette (forse) ” – scrive la valutazione CEI, perché il suo tema coinvolge: gli esami di maturità come momento di passaggio da una fase all’altra della vita, “Linea d’ombra” incerta e tuttavia affascinante, al termine della quale si è un po’ adulti.

 

 

 

 

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