n. 10
ottobre 2003

 

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di Tiziana De Rosa
 

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Siamo nel mese di ottobre, autunno dell’anno solare, tempo di riflessione, tempo di bilanci, tempo di programmazioni e, comunque, tempo di grazia. Le vicende sociali e politiche sono sempre meno accattivanti e complesse, le notizie che ci vengono dal mondo e dall’Europa sono sempre più imprevedibili e angoscianti, la violenza individuale e sociale non si placa, e il futuro non sembra riservarci rosee sorprese.

Questo, però, è il nostro tempo, il tempo che ci è stato donato da vivere, il tempo e le situazioni che siamo chiamate ad evangelizzare con la nostra presenza e con la nostra missione, perché è il tempo di Dio. Anche oggi Dio è presente e opera in questa società e in questo tempo. Il nostro è anch’esso un tempo redento, un tempo salvato anche se fa parte, come tutta la realtà vivente, del luogo teologico del «già e del non ancora».

In questo tempo, noi, testimoni dell’invisibile, vogliamo soffermarci a riflettere insieme sulla nostra chiamata vocazionale e sulla nostra fedeltà ad essa. Ci lasceremo provocare dalla parola che Gesù rivolse ad alcuni discepoli, e che oggi sentiamo rivolta anche a noi.

«Passando lungo il lago della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare: erano, infatti, pescatori. Gesù disse loro: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”. E subito, lasciate le reti, lo seguirono» (Mc 1,16-18).

 Gesù, nella sua esistenza terrena, chiamava alcune persone a condividere la sua vita e la sua missione nel mondo. Noi, che ci riteniamo sue seguaci, crediamo non solo che ha chiamato anche noi al suo seguito, ma che anche oggi Egli continua a chiamare alcune persone a condividere con Lui tutto!

Ma, allora, ci viene spontaneo domandarci, perché, e come mai, gli operai della messe sono sempre di meno, sempre più impari al compito da svolgere, sempre più apparentemente deboli come significanza? Si tratta, forse, di infedeltà umana? Forse, siamo persone meno generose, meno amanti, meno coraggiose nel rischiare l’avventura cristiana? La nostra risposta differisce molto da quella degli apostoli? Quale ne sarà il motivo? E’ vero, abbiamo tante giustificazioni a nostro favore: i tempi sono mutati, i veri valori stanno scomparendo e insieme alla chiamata del Signore ci sono tante altre chiamate che possono stordirci e distrarci, con il rischio di confonderci la mente e il cuore…

Inoltre, i veri cristiani sono pochi, i consacrati a una speciale missione lo sono ancora di meno e l’età avanza, gli acciacchi si fanno sentire e lo scoraggiamento cerca di appannarci lo spirito… Queste considerazioni sono tutte vere, ma in fondo in fondo noi sappiamo bene che sono giustificazioni che non hanno molta consistenza, perché non è la quantità che conta, non il numero, non il fare, ma la qualità, l’essere, la testimonianza gioiosa e convinta di avere incontrato nella nostra vita una Persona molto significativa per noi e di essercene innamorate…

Ben venga a scuoterci, dunque, quanto il Signore disse un giorno a Pietro, e lo dice continuamente anche a ciascuna di noi: «Prendi il largo e getta le reti per la pesca».

Vale a dire, coraggio! Ricomincia daccapo, dimentica il passato, le sconfitte, le umiliazioni, i limiti e la stanchezza e ricomincia a vivere, perché non è mai troppo tardi. Io sono con te e insieme a me potrai fare cose grandi. Se vuoi, potrai testimoniare il mio amore per ogni persona che incontri sul tuo cammino, comunicare la gioia di vivere in pienezza con me e per me; puoi impegnarti a diventare una persona nuova, una persona capace di amare e suscitare vita, far crescere umanamente le persone che ti sono state affidate, realizzare la tua vocazione di donna consacrata a Dio per il mondo, nella gioiosa autenticità e nella pace profonda.

Ecco, questo mese si presta bene a fare questa sorta di bilancio vocazionale. A che punto siamo? Com’è la nostra testimonianza evangelica? Aiutiamoci a riflettere seriamente su questa parola del Signore Gesù, sulla nostra vita, sulla missione che ci è stata affidata e vediamo dove siamo giunte. E’ tempo di ricominciare. Come san Paolo, anche noi, dimentiche del passato e protese verso il futuro, ci protendiamo in avanti per accogliere nuovamente, come se fosse la prima volta, la chiamata che il Signore ci rivolge oggi, in modo da deciderci a seguirlo fino alla croce, per lavorare nella Sua Vigna, perché «non c’è nessuno che abbia lasciato casa o moglie (marito) o fratelli o sorelle o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà».

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