n. 10
ottobre 2006

 

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l'esercizio dell'ecumenismo
nella vita religiosa

di P. Jesús Castellano Cervera o.c.d

 

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L'urgenza di rilanciare il dialogo ecumenico all’inizio del terzo millennio è sotto i nostri occhi. Ce lo chiede la storia stessa del secolo XX, che ha visto la nascita dell’ecumenismo e molti progressi nell’avvicinamento delle Chiese. Ce lo chiede l’attuale situazione del mondo in cui diventa sempre più urgente la testimonianza dei cristiani. Contro una tentazione di “autosecolarizzazione” delle Chiesa – parola usata dal Card. cattolico J. Meissner nel recente Sinodo dei Vescovi – occorre una rievangelizzazione personale e comunitaria, un aiuto reciproco fra le Chiese, una evangelizzazione nella reciprocità. In Europa specialmente, la crescente unità fra le nazioni chiede di mettere in atto programmi concreti di dialogo e di avvicinamento fra i cristiani, in modo che possano insieme prendere la parola e testimoniare la verità. La via della spiritualità, cioè della vita stessa dei discepoli di Cristo e in quanto discepoli di Cristo, fedeli al Vangelo e alla grazia del battesimo che c’inserisce in Cristo, ci pone sotto la sovranità di Dio Padre nella grazia dello Spirito Santo, e sembra oggi una via privilegiata di vita e di testimonianza specifica. Per diverse ragioni. Prima di tutto per una crescente fame o diffusa esigenza di spiritualità che l’uomo del secolo XXI sperimenta; per un “al di là” ed un “oltre” che il mondo non può donare, per quella esigenza di novità che solo può venire da Colui che fa nuove tutte le cose, specialmente a partire dalla comunicazione dello Spirito al nostro spirito nella reciprocità, dato che solo dallo Spirito e dai nostri spiriti, nel senso più nobile della parola, possono sorgere le vere realtà nuove. Finalmente, perché la via dell’ecumenismo spirituale è stata una delle prime e più autorevoli e feconde vie dell’ecumenismo, per la sua stessa indole teologica e vitale, come cercherò di chiarire. Infatti, la via della spiritualità apre all’ecumenismo della vita, all’ecumenismo del popolo, alla possibilità di trovare delle basi umane nelle quali ci troviamo uniti e dei vertici della comunione con Dio, dove siamo in Lui una cosa sola come Lui stesso e solo Lui stesso ci fa una sola cosa. La via della spiritualità è la via privilegiata dell’ecumenismo per la sua stessa natura. Non è un ecumenismo di dialoghi sia pure intensi a livello di scambi dottrinali o intellettuali, ma che sono momenti in cui noi siamo ancora gli attori di questo dialogo. La spiritualità è un’esperienza dello Spirito che noi compiamo davanti alla Santa Trinità, con la grazia di Cristo presente in mezzo a noi, secondo la sua promessa, sotto la guida dello Spirito Santo. È alla presenza di Dio, “in conspectu Dei” che noi cerchiamo le vie del dialogo o, forse meglio, ci poniamo sotto la grazia di Dio per lasciarci ispirare da Lui. Essa è anche l’occasione dove ci doniamo fondamentalmente quello che Dio ha posto in noi e quello che è la nostra specifica esperienza di Dio, sempre nell’arricchimento reciproco: non in primo luogo di ciò che noi pensiamo, ma di quello che Dio ci ha donato, nella condivisione delle proprie tradizioni che ci uniscono e in quelle esperienze spirituali delle nostre proprie tradizioni spirituali che ci arricchiscono. La spiritualità è a via dei carismi migliori, per dirla con San Paolo, perché è esperienza di amore vissuta fra noi.

La via della spiritualità ci rende aperti, non solo e non per primo gli uni agli altri, ma aperti reciprocamente allo Spirito Santo, per crescere nella carità e divenire strumenti della sapienza dello Spirito Santo, raggiungendo vette alte di  comunione cristiana in Dio. Quella comunione che i santi delle nostre rispettive Chiese hanno raggiunto e nelle quali si trovano uniti.

L’esercizio dell’ecumenismo nella vita religiosa nasce dalla natura stessa della consacrazione a Cristo e della missione come collaborazione all’instaurazione del suo Regno. A tale missione si consacrano i religiosi e le religiose con tutta la loro vita. Nella misura in cui l’unità dei credenti in Cristo appartiene agli stessi sentimenti di Cristo, come sappiamo, tale ideale è al centro della nostra vocazione ecclesiale. Nella misura in cui siamo chiamati, come ricorda Vita consecrata a “sentire la Chiesa” e a “sentire con la Chiesa” (VC 46), siamo chiamati a questa via ecumenica e a questo esercizio concreto dell’ecumenismo.

Lungo la storia della Chiesa, nei momenti di divisione, nella concreta presenza dei nostri fondatori e fondatrici, nelle vicende ecclesiali che hanno messo in luce la necessità di ricomporre l’unità dei cristiani, si è illuminato concretamente questo aspetto, specialmente negli ultimi decenni. E molte famiglie religiose hanno raccolto l’eredità dei fondatori o sono nate proprio in vista di vivere questo aspetto della vita della Chiesa contemporane.

Ma oggi l’ecumenismo non è solo proprio di un carisma; è di tutti i carismi, perché i carismi crescono e si dilatano dinamicamente in comunione con la Chiesa che in questi ultimi decenni del secolo XX con una più crescente passione si è impegnata in questo compito. E tutti i consacrati oggi devono per vocazione sentire nel cuore l’anelito stesso di Gesù per l’unità di tutti i cristiani. Non è un aspetto proprio solo di una “elite” di religiosi e religiose. È un aspetto spirituale che appartiene veramente a tutti. Se i nostri Santi Fondatori e Fondatrici fossero vivi nella Chiesa oggi, li sentiremo vibrare con questa passione per l’unità. Vivendo il carisma di fondazione siamo noi, che siamo figli e figlie di questi fondatori e fondatrici ad interpretare i loro desideri e a vivere le istanze di una vera e propria passione per l’unità.

Questa passione per l’unità appartiene anche alla nostra natura di religiosi/e, chiamati a favorire una autentica spiritualità di comunione, come ricorda VC nn. 46 e 50, in modo particolare come ricorda VC n. 51 in quanto siamo chiamati ad aprire e riaprire tutti i dialoghi nella Chiesa .

 

1. Una esperienza storica

Molteplici sono state le esperienze in seno alla vita consacrata che di fatto sono state vissute fin dai primi anni in cui nel sec. XX si è aperto l’itinerario del movimento ecumenico, , anche nel tempo in cui la Chiesa cattolica non aveva ancora sposato del tutto la causa dell’ecumenismo, come è avvenuto, finalmente, nel pontificato di Giovanni XXIII e poi nel Concilio Vaticano II. Comunità monastiche come quella benedettina di Chévétogne, fondata da D. Lambert Beaudoin, religiosi di vari ordini e teologi pionieri dell’ecumenismo come Y.M. Congar, L. Bouyer, C. Boyer e tanti altri sono stati coraggiosi pionieri dell’ecumenismo. Tante sono state le religiose che hanno offerto un vivo esempio di dedizione per la causa del l’ecumenismo: la Beata Gabriella Sagheddu, ricordata dal Giovanni Paolo II nella Lettera Ut unum sint n. 27 come apostola della preghiera per l’unità dei cristiani, la M. Elisabetta Hesblad, fondatrice dell’Ordine del Santissimo Salvatore e di Santa Brigida, la M. Elisabeth Roussel, una carmelitana scalza espulsa dalla Cina, che ha fondato un monastero carmelitano di rito bizantino per pregare ed offrire la vita per l’unità.

Un concreto servizio dell’ecumenismo spirituale della vita religiosa si è reso vivo e palpabile attraverso la presenza di monasteri di vita contemplativa, maschili e femminili, in paesi dove prevalevano i fratelli ortodossi e protestanti. Sono sorte nuove fondazioni ispirate ai valori del monachesimo o della parola: come Bose in Italia e tanti altri che sono divenuti centri di dialogo ecumenico, e come il monastero delle Carmelitane Scalze di Mazille (Cluny) voluta da R. Schutz vicino a Taizè, quale espressione del monachesimo cattolico. Dovremmo parlare anche di tante Congregazioni religiose e di tante comunità monastiche nate con lo scopo di contribuire all’unità dei cristiani, come i religiosi dell’Atonement.

L’ecumenismo è ormai una dimensione essenziale della vita consacrata anche tramite i nuovi carismi che richiamano tutti a questo esercizio concreto.

 

2. Alcune indicazioni del magistero della chiesa

Il Dossier ecumenico su vita religiosa ed ecumenismo nel Magistero della Chiesa è particolarmente ricco. Abbiamo testi dottrinali comuni di teologia e di spiritualità dell’ecumenismo, come il Decreto Unitatis Redintegratio, l’Enciclica Ut unum sint, la Lettera Orientale Lumen – tutte e due del 1995 – ed altri testi minori.

Abbiamo come grandi documenti orientativi il Direttorio ecumenico del 1993, e l’ottimo il sussidio del PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELL'UNITÀ DEI CRISTIANI, La dimensione ecumenica nella formazione di chi si dedica al ministero pastorale, Roma 1997. In maniera più specifica vogliamo ricordare alcuni documenti ed orientamenti per la vita religiosa e l’ecumenismo.

Già nel Decreto Perfectae Caritatis, quando si tratta degli orientamenti necessari per il rinnovamento della vita religiosa, si allude, nel n. 2, alla partecipazione alle preoccupazioni della Chiesa, in campo ecumenico.

Con più abbondanza di dati, Il Direttorio ecumenico del 1993 offre ampio spazio alla realtà dell’ecumenismo nella vita consacrata nei nn. 50-51, con questi indirizzi che qui di seguito trascriviamo.

50. Poiché la cura di ristabilire l'unità dei cristiani riguarda tutta la Chiesa, tanto i ministri sacri quanto i laici55, gli ordini religiosi, le congregazioni religiose e le società di vita apostolica, per la natura stessa dei loro compiti nella Chiesa e per il loro contesto di vita, hanno occasioni specifiche di favorire l'ideale e l'azione ecumenica. In conformità ai propri carismi e alle proprie costituzioni — di cui alcune sono anteriori alle divisioni dei cristiani — e alla luce dello spirito e delle finalità di ciascuno, tali istituti e tali società sono incoraggiati ad attuare, secondo le loro concrete possibilità e nei limiti delle loro regole di vita, le seguenti prospettive e attività:

  1. favorire la consapevolezza dell'importanza ecumenica delle loro particolari forme di vita, poiché la conversione del cuore, la santità personale, la preghiera, pubblica e privata, e il servizio disinteressato alla Chiesa e al mondo sono il cuore del movimento ecumenico;
  2. aiutare a far comprendere la dimensione ecumenica della vocazione di tutti i cristiani alla santità della vita, offrendo occasioni per far progredire la formazione spirituale, la contemplazione, l'adorazione e la lode di Dio, il servizio del prossimo;
  3. tenendo conto della natura e delle esigenze dei luoghi e delle persone, organizzare incontri con cristiani di diverse Chiese e comunità ecclesiali per preghiere liturgiche, riflessioni, esercizi spirituali e per una comprensione più profonda delle tradizioni spirituali cristiane;
  4. mantenere rapporti con monasteri o comunità cenobitiche di altre Comunioni cristiane per lo scambio di ricchezze spirituali e intellettuali, e di esperienze di vita apostolica, poiché lo sviluppo dei carismi religiosi di tali Comunioni può costituire un reale apporto per l'intero movimento ecumenico. Potrebbe in tal modo essere suscitata una feconda emulazione spirituale;
  5. nel dare indirizzi alle proprie istituzioni educative, numerose e varie, tener presente l'attività ecumenica secondo i principi sotto indicati in questo Direttorio;
  6. collaborare con altri cristiani in un'azione comune per la giustizia sociale, lo sviluppo economico, il miglioramento delle condizioni sanitarie e dell'educazione, la tutela del creato, e per la pace e la riconciliazione tra le nazioni e le comunità;
  7. «Per quanto lo permettano le condizioni religiose, va promossa un'azione ecumenica tale che i cattolici, esclusa ogni forma sia di indifferentismo e di confusionismo, sia di sconsiderata concorrenza, attraverso una comune, per quanto è possibile, professione di fede in Dio e in Gesù Cristo di fronte alle genti, attraverso la cooperazione nel campo tecnico e sociale come in quello religioso e culturale, collaborino fraternamente con i fratelli separati, secondo le norme del decreto sull'ecumenismo. Collaborino soprattutto per la causa di Cristo, loro comune Signore: il suo Nome li unisca!»56. Nel compiere tali attività osserveranno le norme che il Vescovo diocesano, i Sinodi delle Chiese orientali cattoliche o le Conferenze episcopali avranno stabilite per l'opera ecumenica, considerata come un elemento della loro cooperazione all'insieme dell'apostolato in un determinato territorio. Mantengano strette relazioni con le diverse commissioni ecumeniche diocesane o nazionali e, nei casi indicati, con il pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani.

51. Avviando tale attività ecumenica, è molto opportuno che i vari istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, a livello della propria autorità centrale, nominino un delegato, oppure una commissione, con il compito di promuovere e di assicurare il proprio impegno ecumenico. La funzione di questi delegati, o commissioni, sarà di favorire la formazione ecumenica di tutti i membri, di collaborare alla formazione ecumenica specializzata dei consiglieri per le questioni ecumeniche presso le autorità a livello generale e locale degli istituti e delle società; più particolarmente sarà loro compito mettere in atto e assicurare le attività sopra descritte (n. 50).

Il Sinodo sulla vita consacrata e l’Esortazione Apostolica postsinodale Vita consacrata hanno fato emergere profondamente questa dimensione. Fra i Delegati fraterni presenti nel Sinodo ricordiamo la partecipazione di fratelli e sorelle delle diverse tradizioni cristiane, come: il Metropolita di Patmos, ortodosso e la monaca riformata Monique de Vries. Negli interventi del Padri sinodali e degli altri invitati è stata viva la sensibilità a certi aspetti della vita monastica di Oriente e di Occidente.

Anche nelle chiese e comunità ecclesiali dell’Occidente si sente il desiderio di far rifiorire la vita secondo i consigli evangelici, dopo il rifiuto clamoroso dei Riformatori del secolo XVI. Possiamo, infatti, notare che oggi esistono sotto diversi nomi, oltre ad un ricco monachesimo orientale di uomini e donne, comunità religiose nell’anglicanesimo e nel protestantesimo, alcune delle quali sono ispirate a Santi cattolici: Francesco, Benedetto, Teresa d’Avila. Oppure comunità di diaconesse di varie denominazioni. Sono spesso luoghi di comunione e di celebrazione, di reciprocità e di ospitalità ecumenica.

In questo contesto possiamo ricordare gli indirizzi concreti che sull’ecumenismo ha espresso l’Esortazione Apostolica Vita consacrata nei nn. 100-102.

“(Al servizio dell'unità dei cristiani) 100. La preghiera di Cristo al Padre prima della Passione, perché i suoi discepoli rimangano nell'unità (cfr Gv 17, 21-23), continua nella preghiera e nell'azione della Chiesa. Come potrebbero non sentirsene coinvolti i chiamati alla vita consacrata? La ferita della disunione tuttora esistente fra i credenti in Cristo e l'urgenza di pregare e lavorare per promuovere l'unità di tutti i cristiani sono state particolarmente avvertite al Sinodo. La sensibilità ecumenica di consacrati e consacrate è ravvivata anche dalla consapevolezza che in altre Chiese e Comunità ecclesiali si conserva ed è fiorente il monachesimo, come nel caso delle Chiese orientali, o si rinnova la professione dei consigli evangelici, come nella Comunione anglicana e nelle Comunità della Riforma. Il Sinodo ha messo in luce il profondo legame della vita consacrata con la causa dell'ecumenismo e l'urgenza di una testimonianza più intensa in questo campo. Se infatti l'anima dell'ecumenismo è la preghiera e la conversione, non v'è dubbio che gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica hanno un particolare dovere di coltivare questo impegno. È urgente, pertanto, che nella vita delle persone consacrate si aprano spazi maggiori alla orazione ecumenica ed alla testimonianza autenticamente evangelica, affinché con la forza dello Spirito Santo si possano abbattere i muri delle divisioni e dei pregiudizi tra i cristiani”.

In sintesi il Sinodo ci ha ricordato che vi sono esperienze di vita consacrata, anche sotto altri nomi. Nella vita monastica e nella consacrazione emerge quell’ecumenismo spirituale della conversione che offre una particolare attenzione alla preghiera e al dinamismo di dialogo nello Spirito Santo.

“(Forme di dialogo ecumenico) 101. La condivisione della lectio divina nella ricerca della verità, la partecipazione alla preghiera comune, nella quale il Signore garantisce la sua presenza (cfr Mt 18, 20), il dialogo dell'amicizia e della carità che fa sentire come è bello che i fratelli vivano insieme (cfr Sal 133[132]), la cordiale ospitalità praticata verso i fratelli e le sorelle delle diverse confessioni cristiane, la mutua conoscenza e lo scambio dei doni, la collaborazione in iniziative comuni di servizio e di testimonianza, sono altrettante forme del dialogo ecumenico, espressioni gradite al Padre comune e segni della volontà di camminare insieme verso l'unità perfetta sulla via della verità e dell'amore. Anche la conoscenza della storia, della dottrina, della liturgia, dell'attività caritativa e apostolica degli altri cristiani non mancherà di giovare ad un'azione ecumenica sempre più incisiva. Voglio incoraggiare quegli Istituti che, per nativo carattere o per successiva chiamata, si dedicano alla promozione dell'unità dei cristiani e per essa coltivano iniziative di studio e di azione concreta. In realtà, nessun Istituto di vita consacrata deve sentirsi dispensato dal lavorare per questa causa. Rivolgo inoltre il mio pensiero alle Chiese orientali cattoliche auspicando che, anche attraverso il monachesimo maschile e femminile, la cui fioritura è grazia che va costantemente implorata, esse possano giovare all'unità con le Chiese ortodosse, grazie al dialogo della carità e alla condivisione della comune spiritualità, patrimonio della Chiesa indivisa del primo millennio. Affido in modo particolare l'ecumenismo spirituale della preghiera, della conversione del cuore e della carità ai monasteri di vita contemplativa. A questo scopo incoraggio la loro presenza là dove vivono comunità cristiane di varie confessioni, affinché la loro totale dedizione all'«unico necessario» (cfr Lc 10, 42), al culto di Dio e all'intercessione per la salvezza del mondo, unitamente alla loro testimonianza di vita evangelica, secondo i propri carismi, sia per tutti uno stimolo a vivere, ad immagine della Trinità, in quella unità che Gesù ha voluto e chiesto al Padre per tutti i suoi discepoli.”

Notiamo l’insistenza di certi modi di dialogo nello spirito che sono propri e caratteristici della tradizione della vita religiosa come la Lectio divina,  il dialogo e l’amicizia con gli altri cristiani, l’ospitalità reciproca, la mutua conoscenza, lo scambio di doni, la collaborazione possibile nello spirito di carità e di testimonianza, il progresso nella conoscenza reciproca storica, liturgica, teologica e spirituale

 

3. Alcune esperienze personali

L’ecumenismo non è una teoria, è una storia ed una esperienza. Anche nell’ambito della spiritualità ecumenica il vissuto è importante. Per questo voglio qui offrire alcune mie esperienze di dialogo ecumenico nell’ambito della spiritualità per risvegliare anche tante altre esperienze valide degli ultimi anni che aprono il cuore alla speranza. Anche nell’ambito della spiritualità, l’ecumenismo ha la sua teologia narrativa. La prima esperienza alla quale voglio alludere sono i Simposi intercristiani che da dieci anni si celebrano, con scadenza prima annuale e poi biennale, fra cattolici invitati dall’Istituto Francescano di Spiritualità dell’Antonianum ed ortodossi greci, quest’ultimi nella maggior parte professori laici dell’Università aristotelica di Tessalonica. Fino ad oggi, dal 1992 sono stati celebrati ormai VII Simposi. Con quest’ordine e queste tematiche. Creta, Accademia Ortodossa di Kolibari ( 8-10 settembre 1992): Preghiera e contemplazione; Salonicco, Università di Salonicco (5-9 settembre 1993): Spiritualità del monachesimo in Oriente e in Occidente; Venezia, Isola di San Giorgio (5-7 settembre 1994): Spiritualità e vita ecclesiale in Oriente e in Occidente; Alessandropouli in Grecia ( 3-7 settembre 1995): Oriente ed Occidente cristiano: un’anima per l’Europa; Assisi ( 5-8 settembre 1997) : Santità e vita nello Spirito nella tradizione di Oriente e di Occidente; Veroia, antica Perea, nella regione della Macedonia (4-9 settembre 1999): Carisma e istituzione nella tradizione orientale e occidentale; Reggio Calabria (2-4 settembre 2001): Prospettive soteriologiche nella tradizione orientale e occidentale. Altri Simposi ai quali non ho assistito si sono celebrati in Ioannina Grecia (2003) e Assisi (2005).

Le tematiche proposte in questi sette simposi sono interessanti. La reciprocità ecumenica è stata sempre salvaguardata dalla celebrazione ora in Italia ora in Grecia, dall’equilibrio delle due tradizioni, dal contributo bilanciato degli oratori. Gli Atti di alcuni dei Simposi sono stati pubblicati in greco e in italiano. Questi incontri non sono stati solo di studio della spiritualità, ma anche di esperienza spirituale: incontro con le persone, visite alle Chiese locali con i loro pastori, esperienze di celebrazioni liturgiche dove ogni gruppo ha cercato di presentare il meglio della propria tradizione, con mutua edificazione e stima delle proprie tradizioni. Abbiamo potuto così condividere la spiritualità vissuta, anche con precisi incontri con la gente. Fra di noi sono cresciuti certamente, altri frutti, prima di tutto una squisita amicizia ecumenica che si traduce, oltre che con i rapporti periodici, con scambio di doni e con un mutuo avvicinamento. Da notare che in alcuni Simposi non sono mancate le Lettere o messaggi di incoraggiamento da parte del Papa e del Patriarca ecumenico e i rappresentanti ufficiali della Santa Sede e del Patriarcato ecumenico (cf. Appendice n. 1).

Una seconda esperienza di Spiritualità e di ecumenismo, anche vissuta da me, è quella della Fraternità Sant’Elia. Si tratta di un gruppo ecumenico che raduna Vescovi, sacerdoti, diaconi, monaci e monache, laiche di diverse Chiese cristiane attorno al Monastero carmelitano femminile di Saint-Rémy-Montbard in Francia. Il monastero conta oggi anche una succursale in Romania presso Stanceni, non lontano da Toplitza, in un territorio dove insieme convivono cattolici romeni di rito latino, cattolici romani di lingua ungherese, greco cattolici, ortodossi e luterani. In questa Fraternità, che conta anche fra gli amici alcuni fratelli e sorelle provenienti dall’ebraismo, sotto la protezione del profeta Elia, sono uniti spiritualmente dal vincolo della preghiera reciproca, rappresentata dalla parola-preghiera di Elia: “Vive Dio al cui cospetto io mi trovo!”. Condividono presso questi monasteri carmelitani o in altre sedi, momenti di scambio dottrinale sulla spiritualità, sono legati da una rivista chiamata Miketav, pubblicata in francese e in romeno; partecipano a diverse celebrazioni liturgiche, specialmente in occasione della settimana di preghiere per l’unità dei cristiani, la Settimana santa, la festa di Sant’Elia; si uniscono in pellegrinaggi ecumenici che favoriscono la conoscenza reciproca delle persone e dei luoghi. È un esempio concreto di una condivisione di spiritualità ecumenica. Anche in questo caso la spiritualità studiata, vissuta, condivisa diventa una via regale per l’avvicinamento e l’intesa che fa crescere i rapporti di reciprocità con un arricchimento notevole (cf. Appendice n. 2).

 

4. Le vie dell’ecumenismo oggi

Le vie dell’ecumenismo oggi, particolarmente in Europa davanti ad una situazione cambiata, ci spingono a ritrovarsi sempre più uniti ad essere insieme, a lavorare insieme, a pregare insieme nel Signore, sia all’Est che all’Ovest. Questa prassi spirituale – questa spiritualità ecumenica concreta – è stata sancita recentemente nell’incontro delle Chiese cristiane di Europa a Strasburgo nell’aprile del 2001. Questo terzo incontro dei cristiani di Europa, dopo quello di Basilea nel 1989 e quello di Graz nel 1997, organizzato dalle Conferenze delle Chiese europee (KEK) e dal Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE), ha approdato alla redazione di una Charta ecumenica che contiene le linee guida per la crescita della collaborazione fra le Chiese in Europa sulla base di un’esperienza tipicamente spirituale.

I dodici grandi e pratici impegni della Charta costituiscono una sorta di spiritualità ecumenica aggiornata e avanzata, frutto promettente del dialogo e dell’impegno ecumenico all’inizio del terzo millennio, capace di ravvivare iniziative e dialoghi a livello di popolo di Dio. Basta ricordare i dodici punti e leggerli non in pura chiave teologica o pastorale, ma in linea di vissuto specifico e quindi di spiritualità realizzata. Non si potrebbe, infatti, dare corpo a questi impegni, senza una vita di comunione nell’amore, senza il soffio dello Spirito Santo che ci aiuta ad unirci, a collaborare, a compiere insieme questi impegni. Un concreto esercizio di questi impegni ci fa respirare la carità di Cristo e la grazia dello Spirito Santo.

Ecco in sintesi i dodici punti:

   Chiamati insieme all’unità della fede. Dalla professione di fede vissuta nella Trinità l’impegno per progredire insieme verso la totale unità della fede cristiana, secondo il Vangelo di Cristo.

Annunciare insieme il Vangelo. Una spiritualità dell’annuncio che non si compie senza una rievangelizzazione mutua, come abbiamo ricordato.

Andare l’uno incontro all’altro. Un impegno all’incontro, alla rilettura della storia delle nostre chiese, al rinnovamento dei cuori, all’arricchimento reciproco delle nostre tradizioni.

Operare insieme. Si tratta di sviluppare una vera e propria fantasia della carità ecumenica verso i fratelli di fede e verso gli altri.

Pregare insieme. Non c’è dubbio che si allarga la gioia del Padre quando ci vede insieme pregando nel nome del suo Figlio, sotto la mozione dello Spirito Santo.

Proseguire i dialoghi. È questa un’espressione della speranza ecumenica, vera spiritualità della speranza che non si rassegna alle divisioni che non si frena davanti ai fallimenti e alle incomprensioni, ma prosegue sempre vivendo quella “perseveranza” quotidiana nel disegno di Dio che ha caratterizzato la prima comunità cristiana.

Contribuire a plasmare l’Europa. Da più parti e a più voci, si richiama la necessità di plasmare un’Europa dello spirito, un’Europa con lo Spirito. Le Chiese cristiane non possono restare inerti e passive davanti alla costruzione di un’Europa, se questa non porta con sé il soffio della grande tradizione evangelica, che in altri tempi ha forgiato l’Europa. Anche le tre grandi tradizioni ecclesiali europee – ortodossa, cattolica, protestante – sono sollecitate a dare il proprio contributo insieme per un’Europa dello Spirito.

Riconciliare popoli e culture. Davanti al pericolo dei nazionalismi, la spiritualità ecumenica assume anche le dimensioni politiche della riconciliazione fra i popoli e le culture, per superare la divisione mediante la con-divisione, l’opposizione mediante la comunione. La spiritualità assume anche il peso storico e sociale che è proprio del messaggio evangelico del nostro Maestro e dei grandi maestri dell’ecumenismo.

Salvaguardare il creato. Anche questa dimensione, che è anche propria della spiritualità della fine del secolo XX e del secondo millennio, e che tanto ha preoccupato le Chiese in diverse assise ecumeniche, mostra la fecondità di una spiritualità che non dimentica il primo atto di amore creatore di Dio, la creazione del mondo, creatura di Dio, e l’ultima chiamata al rinnovamento escatologico, con i cieli nuovi e con la terra nuova.

Approfondire la comunione con l’Ebraismo. Ecco un compito che ci porta alla considerazione attenta delle nostre radici e ci apre ai fratelli dell’ebraismo, prima di tutto nella mutua stima delle persone, il rifiuto di ogni sorta di razzismo, ma anche nella doverosa attenzione alla loro eredità spirituale.

Curare le relazioni con l’Islam. Un impegno della massima attualità che esorta allo sforzo comune e alla stima reciproca, alla collaborazione su temi di comune interesse.

 

L’incontro con altre religioni e visioni del mondo.

La forza dell’unità dei cristiani, la visione unitaria del disegno di Dio spinge ad aprire i dialoghi, come già affermò Paolo VI nella sua Lettera Enciclica Ecclesiam suam e ricorda la GS, n. 92. Un dialogo che si apre prima di tutto all’interno di ogni Chiesa, perché sia testimonianza di unità, ma anche i dialoghi fuori della propria Chiesa, verso le altre religioni e verso tutti gli uomini e donne, che appartengono alla stessa famiglia umana e sono tutti e tutte creature di Dio. Se i cristiani andranno insieme verso gli altri, con la forza della testimonianza e l’attendibilità del messaggio di Cristo avranno la capacità di riconoscere i valori del Vangelo presenti in tutte le culture. È stato scritto che “qualunque verità, non importa da chi venga detta, viene dallo Spirito Santo” (M.Petri Lombardi, Sententiae in IV Libris distinctae, l. 1, d. XLVI, c. VII: Spicilegiǔm bonaventurianǔm IV: T.I, Pars II, 320s., 32s.; cf I-Iiae, q. XIX, a.5, ad ulm). Ecco tutta una serie di impegni programmatici per la spiritualità ecumenica del presente e dell’avvenire.

 

5. Un metodo ecumenico di avvicinarsi, incontrarsi, riconoscersi, lasciarsi diventare spazio della  presenza di Cristo

Possiamo raccogliere qui alcune linee fondamentali per vivere un vero ecumenismo, a partire dalla nostra sensibilità, propria della vita religiosa nella sequela di Cristo e nella continua ricerca della santità secondo il Vangelo.

Prima di tutto considerare l’altro e riconoscerlo come Dio lo considera e riconosce

Occorre, davanti ai nostri fratelli e sorelle a cui siamo uniti mediante il battesimo, ri-conoscersi come cristiani, discepoli di Gesù ed approfondire i rapporti a partire dalla dignità del santo battesimo. In definitiva, si deve cogliere nell’altro la grazia della presenza di Cristo mediante il battesimo e il dono dello Spirito. Se escludo questo rapporto – da vero cristiano - non riconosco l’opera e la presenza di Cristo nell’altro. Se apro il mio cuore all’altro/a, offro spazi a Gesù affinché si immetta fra noi, mediante la carità reciproca.

In questo modo si superano i pregiudizi, si mettono insieme le cose che ci uniscono e si procede verso la creazione di una comunità che si costituisce per la comunione nella parola e nell’amore fraterno.

Da questa prima comunione nasce il bisogno e la possibilità di testimoniare insieme questa unità verso gli altri; con una azione apostolica portata avanti insieme.

Vorrei a questo punto ricordare che nella Veglia Pasquale del 2001, celebrata con gli ortodossi a Nizny Novgorod in Russia, ho sentito quasi la voce dello Spirito che mi invitava a riconoscere che nell’Eucaristia celebrata, la presenza di Cristo faceva di questa chiesa una autentica chiesa del Signore, uscita dalle sofferenze. Una chiesa che io dovevo amare e riconoscere con lo stesso amore con cui Cristo si donava a questa comunità e a tutte le comunità ortodosse.

Ricordo l’emozione di un vescovo anglicano al quale ho chiesto di donarci la benedizione dopo la visita in Vaticano della Cappella Redemptoris Mater. Si è commosso perché io lo riconoscevo come egli era riconosciuto nella sua Chiesa e lo trattavo con una deferenza particolare.

 

Dall’imparare (mathein) al soffrire (pathein)

Non c’è ecumenismo senza sofferenza e senza faticoso apprendimento. Nell’ecumenismo dobbiamo “imparare” l’altro e imparare dall’altro attraverso la sofferenza del mio io che si apre all’alterità, e lo “altera”: “Nel mio riconoscere l’altro mi espongo alle sofferenze e alle gioie della mia propria trasformazione, non per conformarmi all’altro, ma nel mettermi al posto dell’altro”( J. Moltmann). È una considerazione fatta dal Vescovo K. Koch di Basilea in una presentazione della spiritualità ecumenica. Si impara e si soffre insieme. Allora spunta un vero ecumenismo di empatia verso l’altro, di comprensione che genera simpatia.

Una forma di spiritualità ecumenica è credere nell’altro e andare verso l’altro con un atteggiamento positivo; sviluppare una sensibilità benevola nei confronti dell’altro e volgere costantemente lo sguardo verso di lui. Non provocare contrasti inutili che potrebbero essere evitati. Essere disponibili ad imparare dall’altro. Accettare una critica giustificata dei nostri atteggiamenti per procedere ai dovuti chiarimenti ed eventualmente ad una comunione conversione verso il bene. Adoperare sempre un atteggiamento di reciproca riconciliazione.

L’ecumenismo è opera della grazia. Occorre dare spazio a Cristo affinché egli possa agire in noi e fra noi.

 

Pregare insieme e mantenere un clima di preghiera

Il ricorso alla preghiera come metodo di ecumenismo spirituale suppone dimenticare noi e le nostre differenze per offrire uno spazio a Cristo Signore. Pregarlo insieme, nel suo nome ed accordarsi nella sinfonia della preghiera. È un dono grande il pregare insieme, che aiuta a renderci gli uni agli altri la testimonianza del nostro pregare, cioè del nostro rapporto con Dio evidenziato nel silenzio, nel canto, nella preghiera comune o spontanea. La preghiera ci permette di avvicinarci insieme nello Spirito Santo, di sentire le nostre povertà, di implorare insieme la grazia dell’unità. Di lasciarci toccare dallo Spirito per essere incamminati verso la pienezza della unità visibile.

 

Identità e reciprocità

La comunione ecumenica richiede nel dialogo l’onestà di presentarsi in tutta la verità, senza cedimenti. Occorre quindi fedeltà alla propria fede e alla propria chiesa.

Ma l’identità non basta. Ci vuole la reciprocità e allora risulta vero che siamo tutti invitati all’ascolto reciproco, alla condivisione delle realtà migliori delle nostre tradizioni: le dottrine, le esperienze, le testimonianze, le celebrazioni liturgiche, ma anche l’ospitalità, la preghiera, in attesa di poter condividere la stessa eucaristia. 

Forse ci sono cose che ci uniscono e costituiscono l’abc della spiritualità ecumenica, proprio perché non ci sono delle pregiudiziali confessionali e delle esplicite proibizioni in ambito ecumenico.

Ne enumero alcune che mi sembrano importanti ed attuabili nell’oggi e nel domani e che ci rendono grati al cospetto del Padre nella presenza di Cristo e sotto la guida dello Spirito Santo.           Prima di tutto la consapevolezza della confessione della nostra fede davanti a Dio. Una confessione che non esclude gli altri, ma piuttosto, come una glorificazione del mistero che ci è stato rivelato e che vogliamo comprendere sempre di più nell’ineffabilità del mistero, senza reciproci anatemi, nella ricerca dell’umile comprensione sapienziale della rivelazione salvifica per noi, sforzandoci poi di vivere con quella stessa fede che abbiamo professato. È il principio di una spiritualità che ha come fondamento la verità della fede.

In secondo luogo possiamo insieme, al di là delle nostre teologie e come sottomissione alla vera Teologia, sapienza di Dio in Cristo e nello Spirito, leggere, meditare, contemplare insieme la Parola di Dio, con la sua forza e la sua sapienza, chiedendo allo Spirito Santo la piena rivelazione di tutto il suo senso, che nessuno può monopolizzare. È la spiritualità della Parola ascoltata, meditata, contemplata e donata reciprocamente. In terzo luogo possiamo essere uniti nella preghiera. Sempre nella preghiera silenziosa affidata all’intercessione dello Spirito nei nostri cuori. Qualche volta nella partecipazione alla preghiera degli altri ai quali viene offerta l’ospitalità, talvolta nella preghiera ecumenica realizzata sulla base della reciprocità, come spesso accade. Ed è la spiritualità della preghiera ecumenica.   

Finalmente dobbiamo e possiamo farlo senza impedimenti, praticando gli uni verso gli altri la reciproca carità del giudizio, della parola, dell’azione, della collaborazione. Ed è la spiritualità della comunione nello stesso amore di Cristo, segno dei discepoli, garanzia della presenza di Cristo in noi e fra noi.

Dalle esperienze proposte e dai principi enunciati, si evince chiaramente come la vera spiritualità ecumenica alla quale tende l’ecumenismo è quella della condivisione della parte migliore delle nostre Chiese. Mi ha fatto impressione ascoltare nel 1999, a Tessalonica, la conferenza di un monaco del Monte Athos – l’igumeno del monastero di Iviron – Vassilios Gondikakis, il quale davanti alle mutue incomprensioni ci ha ribadito il richiamo ad essere fino in fondo noi stessi nelle nostre rispettive Chiese. “Siate fino in fondo cattolici, ci diceva, e lasciateci essere fino in fondo ortodossi”. È come un presupposto affinché lo Spirito faccia in noi e con noi il miracolo dell’unità.

 

Conclusione: Ecumenismo spiritualità del futuro

Davanti alle difficoltà del dialogo ecumenico ancora esistenti, viste le reticenze del dialogo teologico, la spiritualità studiata, condivisa, vissuta insieme, come ho cercato di descrive in questo mio intervento, si presenta come una via regale di un futuro che ci porterà verso la convergenza del cuore e della mente.

Vivere la spiritualità significa, in concreto, lasciare spazio a Cristo in noi e fra noi, seguire la via dello Spirito, ritrovarsi al vertice là dove il Signore stesso ci convoca, senza dimenticare che nell’umiltà e nella povertà, egli verrà incontro a noi.

Spiritualità ecumenica è anche consapevolezza della nostra comunione nella povertà con la quale nessuno si sente autosufficiente, tanto meno, davanti a Dio; tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri. Questa sottomissione allo Spirito del Signore è senza dubbio via di accoglienza del mistero, fede nella potenza di Dio, atteggiamento mariano, ad imitazione della Vergine Maria, che accoglie con gioia l’annunzio che quello che sembra impossibile agli uomini è sempre possibile a Dio e offre il suo spazio vitale a Dio affinché continui a compiere meraviglie.[1]


[1] Nota bibliografica: Per lo studio del nostro tema rimandiamo specialmente ad alcune voci significative di Dizionari di Spiritualità e di Ecumenismo: GWEN CASHMORE E JEAN PLUS, Spiritualità nel movimento ecumenico, in: Dizionario del Movimento ecumenico, EDB, Bologna, 1994, pp. 1035-1040; REGIS LANDUS, Ecumenismo spirituale, Ibid. pp. 461-462; JOHN. B; CARDEN, Preghiera nel Movimento ecumenico, ivi., pp. 878- 881; S. SPINSANTI, Ecumenismo spirituale, in Nuovo Dizionario di Spiritualità, Ed. Paoline, Roma, 1979, pp. 460-478; S. VIRGULIN, Ecumenismo, in: Dizionario Enciclopedico di Spiritualità, Città Nuova Roma, 1990, pp. 864-867.

D. FERNANDEZ, Ecumenismo, in Diccionario Teológico de la vida consagrada, Madrid, Publicaciones Claretianas, 1989, pp. 551-562 (versione anche in lingua italiana, Ancora, Milano, 1994, pp. 673-683).

Sulle forme di vita religiosa nelle altre confessioni cristiani sono ancora utili le notizie raccolte da F:ESPOSITO, Monachesimo orientale e comunitá religiose nelle Chiese della Riforma, in AA.VV., Per una presenza dei religiosi nella Chiesa e nel mondo (a cura di A. Favale), LDC, Torino-Leumann, 1970, pp.57-111, (da aggiornare con altri contributi).

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