n. 1
gennaio 2007

 

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Parole, gesti, preghiera per l'unità e la pace

 

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BENEDETTO XVI è entrato in Turchia, nel Paese dalle antiche memorie neotestamentarie, in cui i cristiani sono un puntino nell’orizzonte musulmano, come un uomo mite e sereno, un profeta disarmato che ha lasciato il segno. All’udienza generale del mercoledì 6 dicembre 2006 lo stesso Santo Padre ha voluto ricordare e far rivivere lo storico Pellegrinaggio in Turchia (martedì 28 novembre - venerdì 1° dicembre), che ha suscitato un grande fervore spirituale nel «piccolo gregge» dei cattolici di quel Paese. A un mese di distanza rievochiamo lo storico evento con le parole stesse del Santo Padre.

«Lungo tutto il viaggio mi sono sentito spiritualmente sostenuto dai miei venerati predecessori, i Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II, che hanno compiuto entrambi una memorabile visita in Turchia, e soprattutto dal beato Giovanni XXIII, che fu rappresentante pontificio in quel nobile Paese dal 1935 al ’44 lasciandovi un ricordo ricco di affetto e di devozione. Rifacendomi alla visione che il Concilio Vaticano II presenta della Chiesa, potrei dire che anche i viaggi pastorali del Papa contribuiscono a realizzare la sua missione che si snoda "a cerchi concentrici". Nel cerchio più interno il successore di Pietro conferma nella fede i cattolici, in quello intermedio incontra gli altri cristiani, in quello più esterno si rivolge ai non cristiani e all’intera umanità.

La prima giornata della mia visita in Turchia si è svolta nell’ambito di questo terzo "cerchio", il più largo […]. Ho avuto l’occasione propizia per rinnovare i miei sentimenti di stima nei confronti dei musulmani e della civiltà islamica. Ho potuto, nel contempo, insistere sull’importanza che cristiani e musulmani s’impegnino insieme per l’uomo, per la vita, per la pace e la giustizia, ribadendo che la distinzione tra la sfera civile e quella religiosa costituisce un valore e che lo Stato deve assicurare al cittadino e alle comunità religiose l’effettiva libertà di culto.

La seconda giornata mi ha portato ad Efeso, e dunque rapidamente mi sono trovato nel "cerchio" più interno del viaggio, a contatto diretto con la Comunità cattolica. […]. Presso la "Casa di Maria" ci siamo sentiti davvero "a casa", e in quel clima di pace abbiamo pregato per la pace in Terra Santa e nel mondo intero. Lì ho voluto ricordare Don Andrea Santoro, prete romano, testimone in terra turca del Vangelo con il suo sangue. Il "cerchio" intermedio, quello dei rapporti ecumenici, ha occupato la parte centrale di questo viaggio, avvenuto in occasione della festa di sant’Andrea, il 30 novembre. Tale ricorrenza ha offerto il contesto ideale per consolidare i rapporti fraterni tra il Vescovo di Roma, Successore di Pietro, e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Chiesa fondata secondo la tradizione dall’apostolo sant’Andrea, fratello di Simon Pietro. Sulle orme di Paolo VI, che incontrò il Patriarca Atenagora, e di Giovanni Paolo II, che fu accolto dal successore di Atenagora, Dimitrios I, ho rinnovato con Sua Santità Bartolomeo I questo gesto di grande valore simbolico, per confermare l’impegno reciproco di proseguire sulla strada verso il ristabilimento della piena comunione tra cattolici ed ortodossi. A sancire tale fermo proposito ho sottoscritto insieme con il Patriarca Ecumenico una Dichiarazione Comune, che costituisce un’ulteriore tappa in questo cammino. È stato particolarmente significativo che questo atto sia avvenuto al termine della solenne Liturgia della festa di sant’Andrea, alla quale ho assistito e che si è conclusa con la duplice Benedizione impartita dal Vescovo di Roma e dal Patriarca di Costantinopoli, successori rispettivamente degli apostoli Pietro ed Andrea. In tal modo abbiamo manifestato che alla base di ogni sforzo ecumenico c’è sempre la preghiera e la perseverante invocazione dello Spirito Santo».

«LA mia visita si è conclusa, proprio prima della partenza per Roma, ritornando al "cerchio" più interno, e cioè incontrando la Comunità cattolica presente in ogni sua componente nella Cattedrale latina dello Spirito Santo, ad Istanbul. […]. Erano riuniti in preghiera tutti i cristiani, nella diversità delle tradizioni, dei riti e delle lingue. Confortati dalla Parola di Cristo, che promette ai credenti "fiumi d’acqua viva" (Gv 7,38), e dall’immagine delle molte membra unite nell’unico corpo (cf 1Cor 12,12-13), abbiamo vissuto l’esperienza di una rinnovata Pentecoste. Nell’ambito del dialogo interreligioso, la divina Provvidenza mi ha concesso di compiere, quasi alla fine del mio viaggio, un gesto inizialmente non previsto, e che si è rivelato assai significativo: la visita alla celebre Moschea Blu di Istanbul». Rievochiamo le impressioni a questo gesto attraverso la stampa che vi ha dato molto risalto.

L’immagine di Benedetto XVI a piedi scalzi, nel più imponente tempio islamico, con le mani strette al crocifisso che gli pende sul petto, assorto in preghiera con gli occhi chiusi, «ha fatto il giro delle televisioni del mondo musulmano, tanto sensibile al valore della preghiera. È un’immagine che resterà» (A. Riccardi). «Anzi – sottolinea Igor Man, editorialista della Stampa e studioso di religioni – il Papa si è letteralmente astratto, è volato via, si è fatto interamente preghiera. Una preghiera lunga, tanto che a un certo punto gli astanti hanno iniziato a guardarlo. Benedetto XVI guardava in alto. Una scena stupenda da fermare per sempre. Questa preghiera ha svelato un nuovo Papa Ratzinger, il vero Benedetto XVI».

Con le parole, i gesti, l’atteggiamento orante, si è mostrato il Papa della Deus caritas est. Il primato dell’amore si è fatto attenzione rispettosa verso gli uni, dialogo sensibile verso gli altri, ricerca dell’unità con i cristiani. Mentre il Papa prega il Dio unico di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, mostra al mondo che è la preghiera quella che vale, perché seppellisce divisione e visioni che ognuno vorrebbe imporre all’altro (A. Riccardi). La preghiera sembra poca cosa, invece è potente e l’immagine del Santo Padre in preghiera è più eloquente di qualsiasi frase (A. Bobbio). I quattro giorni di Benedetto XVI in Turchia sono stati davvero un segno di speranza per tutti.

AMICI lettrici e lettori, il presente numero di Consacrazione e Servizio che hai tra le mani si affaccia al nuovo Anno 2007 con alcune novità: cambio di direzione, inserimento di nuove rubriche, un dossier monografico. L’intento, tuttavia, rimane quello di contribuire alla formazione delle religiose in questo nostro tempo di profondo travaglio anche per la vita consacrata, sia in Italia che all’estero.

«Sulla tua Parola…» (Lc 5,5). Il contributo posto all’inizio del numero mira a rivolgere lo sguardo all’orientamento fondamentale della nostra esistenza: la Parola di Dio, anima della vita consacrata.

Profili. Il contributo intende evidenziare alcune figure di religiose giovani e meno giovani che hanno incarnato la Parola di Dio nella loro esistenza in questi ultimi anni della vita ecclesiale. Esse costituiscono modelli per tutti.

Nella chiesa locale. Questa rubrica si propone di ospitare esperienze significative vissute dalle religiose nelle comunità cristiane. Si inizia con la chiesa locale di Roma.

Dossier. Osservatorio su Verona. Sei contributi costituiscono il primo discorso monografico portante: lettura globale dell’esperienza del IV Convegno di Verona, echi e prospettive sui cinque ambiti dei lavori di gruppo, i quali si sono rivelati il cuore del Convegno: vita affettiva, lavoro e festa, fragilità, tradizione, cittadinanza.

Vedere-leggere-ascoltare. La rubrica continua ad arricchirsi con la presentazione di film e di recenti volumi.

Non resta allora che augurare da parte della rivista Consacrazione e Servizio: «Buon Anno di grazia del Signore! Buon cammino con Maria verso Dio Trinità!».

Maria Marcellina Pedico
delle Serve di Maria Riparatrici