n. 12
dicembre 2008

 

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«Nato da donna»
Il Natale nella prospettiva di Paolo

di ELENA BOSETTI

 

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Missio filii fecit
tempus plenitudinis

(LUTERO)

«Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna…» (Gal 4,4). Cos’è per Paolo il Natale? La festa di chi e di che cosa? Quale prospettiva emerge da questo celebre passo della lettera ai Galati?

Introdotta enfaticamente da un’avversativa ("ma quando venne la pienezza") la frase ha un tono solenne che si addice alla rilevanza tematica: questa è l’unica volta in cui Paolo si sofferma sull’invio del Cristo. Anche il lessico è singolare. Il verbo che descrive l’azione divina (exapèsteilen, "mandò") compare soltanto due volte nell’epistolario paoli-no, ma non c’è bisogno di andare lontano per trovare la seconda occorrenza: appena due versetti dopo descrive l’invio dello Spirito: "Dio mandò (exapèsteilen) nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre!" (Gal 4,6).

Paolo presenta dunque con identico linguaggio il duplice invio del Figlio e dello Spirito da parte dell’unico inviante: Dio Padre. Appare nitida l’azione trinitaria. E nell’invio del Figlio appare anche un duplice movimento - discendente e ascendente - che vede coinvolte in un simbolico intreccio la Donna e la Legge. Occorre tener conto dei vari aspetti in gioco e vorrei farlo in modo agile.

Il tempo che si fa pieno: gravidanza del tempo?

«Quando venne la pienezza del tempo … ». Cosa dice questa metafora, quale idea sottende del tempo e della sua misurazione? Gli antichi calcolavano il chrónos in modo spaziale, attraverso il riempimento di specifiche anfore con sabbia finissima o attraverso la clessidra, un dispositivo che misura lo scorrere del tempo mediante un flusso costante dell’acqua.

Ma questa misura è inadeguata per comprendere il senso della formulazione paolina che computa il tempo in altro modo, in chiave di promessa e compimento.1 Nel quadro della concezione biblica il chrónos raggiunge la sua pienezza in una dinamica di attesa, una sorta di gravidanza, di germinazione, di lievitazione interiore. È l’attesa che rende gravido il tempo e frementi le viscere del vecchio chrónos, l’attesa di colui che deve venire.

È il Messia che fa venire la pienezza del tempo! Lutero commenta egregiamente: Non enim tempus fecit Filium mitti, sed e contra missio Filii fecit tempus plenitudinis "Infatti non il tempo causò l’invio del Figlio, ma al contrario l’invio del Figlio causò la pienezza del tempo".2

Secondo l’evangelista Marco, Gesù inizia la sua predicazione con esplicito riferimento al tempo che si è fatto pieno: pepléro¯tai hó kairós (Mc 1,15). Similmente nella formulazione di Paolo.3 Ma qui l’Apostolo non parla di un tempo opportuno per la decisione umana, quale il biblico kairós. Usa il più comune termine chrónos, il tempo che scandisce la cronaca e fa pensare al cronometro. Secondo Paolo proprio il chrónos raggiunge il suo pléroma, la sua "pienezza". Ovviamente non secondo i nostri parametri. Anche Dio ha il suo cronometro e i tempi li stabilisce lui.

Nato da donna

Colui che era fin dal principio presso Dio, come la Sapienza (cf Sap 9,10.18; Gv 1,1-18), entra nel mondo come «nato da donna». L’espressione, prima che significato mariologico, ha un concretissimo valore antropologico e cristologico: dice che il Figlio di Dio è diventato pienamente umano, come noi. E dunque fragile, limitato, mortale. Nascere da donna è passaggio obbligante, è comune ingresso nel mondo. E altro ingresso non c’è, neppure per il Figlio di Dio.

Non però la donna in astratto segna l’ingresso nel mondo, bensì quell’unica concretissima donna che ha il volto della madre. Nel caso in questione una specifica donna ebrea: Maria di Nazaret. È a lei che Dio si rivolge nella pienezza del tempo. Anzi, il tempo per diventare "pieno" attende il suo Sì. È la donna che con-sente alla nuova creazione inaugurata dal Figlio di Dio nel suo grembo. «Gioisci figlia di Sion, rallegrati figlia di Gerusalemme […] il Signore tuo Dio nel tuo seno è un salvatore potente» (Sof 3,14-17).

Maria è la casa della Parola, suo grembo accogliente: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Maria non mette barriere ai sogni di Dio... Nel suo grembo avviene il mirabile interscambio tra la figliolanza umana e quella divina:«Dio mandò il suo Figlio, nato da donna […] perché ricevessimo l’adozione a figli».

Nato sotto la Legge …

Notiamo la ripetizione (significativa) del participio: «nato da donna / nato sotto la Legge». Nascere «sotto la Legge» per Paolo non ha alcun valore positivo; esprime invece una situazione di schiavitù dalla quale soltanto il Figlio di Dio è in grado di liberare: «nato sotto la Legge affinché coloro che erano sotto la Legge riscattasse» (Gal 4,4).

Notiamo il movimento discendente del Figlio che non solo accetta, ma condivide la situazione di sudditanza «sotto la Legge») perché solo chi condivide può riscattare. Natale allora è la festa della liberazione dalla sudditanza alla Legge e, conseguentemente, da ogni forma di legalismo!

Nei versetti precedenti l’Apostolo presenta un esempio giuridico: è il caso di un minorenne che, pur essendo erede, non può ancora godere del patrimonio. Secondo la normativa del diritto, egli deve sottostare a «tutori e amministratori sino al tempo stabilito dal padre» (Gal 4,2). Il tutor, scelto generalmente tra parenti, era deputato alla cura della persona, mentre l’economo o amministratore si occupava della gestione dei beni. Tali eravamo noi, sembra dire Paolo, cioè come "eredi" minorenni sottoposti alla Legge. Ma di chi parla? Nascere sotto la Legge significa praticamente essere "giudeo", appartenente al popolo che riconosce nella Legge il principale privilegio della elezione (cf Rm 9,4). È dunque a Israele che è destinata anzitutto l’azione liberatoria realizzata dal Cristo. Ma poi l’orizzonte si allarga in prospettiva universale: «perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,5).

La più grande eredità: figli di Dio!

Paolo tratta della figliolanza divina (hyiothesia) con la profondità di pensiero che gli è caratteristica.4 Nel grande sogno di Dio, prima ancora della creazione del mondo (Ef 1,5), c’era l’universale chiamata ad essere figli suoi, cosa che si è attuata nella "pienezza del tempo" mediante il duplice invio, strettamente collegato, del Figlio e dello Spirito: «Dio mandò lo Spirito del Figlio suo nei nostri cuori che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,6). Lo Spirito appare come una realtà estremamente flessibile: da una parte è "mandato" da Dio, dall’altra è "del Figlio", ma si trova «nei nostri cuori».5 E vi opera una creazione nuova: trasforma il nostro io da umano in divino. Lo testimonia lo stesso Paolo che può dire:«non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).

Dunque, quale Natale?

Non solo quello del Cristo «nato da donna», ma quello del Cristo che «vive in me», che vive in ogni uomo e donna che lo accolgono nella fede.

Natale di liberazione da ogni timorosa sudditanza alla Legge, Natale nella libertà dei figli di Dio, grati e felici di rivolgersi a Lui con lo stesso grido filiale di Gesù che lo Spirito fa salire dai nostri cuori:«Abbà, Padre!»


1. Si veda, ad esempio, la conclusione del libro di Tobia: i deportati ricostruiranno il tempio, ma non sarà come il primo, «finché sarà pieno il computo dei tempi»(Tob 14,5).

2. M. LUTERO, Vorlesung über den Galaterbrief 1516-1517, 18.

3. «Il tempo sembra giungere riempendosi e si riempie giungendo!»: A. PITTA, Lettera ai Galati, EDB, Bologna 2000, 237.

4. Il termine hyiothesia, «figliolanza, adozione a figli» è caratteristico di Paolo (Gal 4,5; Rm 8,15.23; 9,5; Ef 1,5); non ricorre altrove nel NT e neppure nella LXX.

5. Mai prima di Paolo si trova un simile «ardito accostamento tra lo Spirito e un Figlio di Dio, anzi una attribuzione dell’uno all’altro»: R. PENNA, Lo Spirito di Cristo. Cristologia e pneumatologia secondo un'originale formulazione paolina, Paideia, Brescia 1976, 227.

 

Elena Bosetti
Docente alla Pontificia Università Gregoriana
Via Montanara, 178 - 41100 Modena

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