n. 6
giugno 2011

 

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Non hanno più vino
Da Cana una luce
 

di MARIAMARCELLINA PEDICO

 

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Giovanni all’inizio del suo Vangelo inaugura la missione pubblica di Gesù con il racconto delle nozze di Cana. L’evangelista, uno dei commensali, ricorda e interpreta quello che per lui è un segno, un fatto cioè che rinvia ad una realtà più intima e profonda, al mistero stesso di Cristo. Gesù non ha declinato l’invito, accetta di far festa con chi fa festa (cf Rm 12,15). Israele era pieno di situazioni tragiche, morti, croci, drammi… eppure Gesù va a una festa di matrimonio, alla festa dell’amore, per dirci che l’amore è una forza, l’unica, in grado di riempire di miracoli la terra. L’amore è già in sé un miracolo, una vitalità capace del prodigio di cambiare la vita. Ma c’è un momento di crisi in questo racconto: il vino viene a mancare, qualcosa di non necessario, se non alla festa. Il vino è simbolo dell’amore, è il motore della festa della vita. Se finisce l’amore, si spegne pure la festa della vita, termina l’entusiasmo, lo slancio.

L’episodio di Cana rispecchia la vicenda perenne di ognuno di noi. Anche a noi manca non tanto il necessario, ma qualcosa che dà qualità alla vita; ci viene a mancare un non so che di gioia, di amicizia, di passione, che dona profumo e sapore alle cose e allo scorrere dei giorni, che fa avanzare "la fragile barca di canne che è il nostro cuore" (E. Ronchi). Maria se ne accorge per prima, lei la creatura dal cuore nuovo, la sposa che dà gioia allo sposo (cf Is 62,5). "Non hanno più vino", dice. Davanti a Dio l’unico nostro merito è la povertà, il finire del vino. L’apostolo Paolo fa testo: "Di cosa mi vanterò davanti al mio Signore? Di nulla se non della mia debolezza" (2Cor 11,30). Infatti, "quando sono debole, è allora che sono forte" (2Cor 12,10), perché la mia pochezza preme, "fa piaga sul cuore di Dio" (G. Ungaretti). "Non hanno più vino": sembra sia legge, per tutte le vicende umane, la diminuzione, il venir meno, il tramontare.

Invece, chi si unisce in matrimonio non si rassegna a questa legge. Neanche Dio, neppure Maria. Con lei ogni discepolo di Gesù sa che è possibile ripartire, riempire le giare vuote, non attraverso i nostri sforzi, ma secondo la via tracciata dalle stesse parole della Madre di Gesù: "Quello che egli vi dirà, fatelo!". Queste ultime parole di Maria registrate da Giovanni sono il suo testamento, e come ogni testamento divengono legge carissima per noi suoi figli. Dice Maria: fate le sue parole; fate il Vangelo; non solo ascoltatelo, rendetelo vita e gesto. E allora si riempiranno le giare vuote della nostra vita.

A pensarci bene, il vuoto è una situazione di rischio: può essere riempito dal bene o dal male. L’esperienza ci fa riconoscere tante forme di vuoto. Il vuoto di Dio è il più tragico, perché spezza il naturale legame tra creatore e creatura, lasciandoci aperti al primo padrone e privi dell’ossigeno necessario al respiro dell’anima. Il vuoto di verità, di ideali, di valori fa diventare l’esistenza appiattita, privandoci di dignità. Il vuoto di amore, di vita, di fedeltà, di gioia, di pace rende impossibile la vita. "A Cana di Galilea - dice Giovanni Paolo II nella Redemptoris Mater - viene mostrato solo un aspetto concreto dell’indigenza umana, apparentemente piccolo e di poca importanza ("Non hanno più vino"). Ma esso ha un valore simbolico: quell’andare incontro ai bisogni dell’uomo significa, al tempo stesso, introdurli nel raggio della missione messianica e della potenza salvifica di Cristo" (n. 21).

Elisabeth Ann Johnson - una delle figure più rappresentative della teologia cattolica negli Stati Uniti - infonde nell’implorazione di Maria il gemito delle donne oppresse ai nostri giorni. "Le parole di Maria - scrive - continuano a risuonare lungo i secoli. Le donne, nei paesi poveri, ascoltano lei che dice: "Non hanno più vino", e proseguono col dire: né cibo, né acqua pulita da bere, né alloggio, né istruzione, né cure sanitarie, né impiego, né libertà, né protezione contro lo stupro, né diritti umani. Maria sta fra la gente emarginata, lei stessa in compagnia di un gruppo che non ha vino, e parla della speranza dei poveri. Il suo forte senso di misericordia che reclama sollievo, corrisponde al più ardente desiderio di Dio stesso, quello di espandere accoglienza sulla terra. Come le sue parole spinsero Gesù ad agire a Cana, così la sua richiesta, che suona come sfida, interpella oggi la coscienza della Chiesa, corpo di Cristo, nelle nazioni del primo mondo, anche se non ne fossero al corrente: "Non hanno più vino… Voi dovete agire"" (Testo citato da A. Serra, Le nozze di Cana (Gv 2,1-12), Padova 2009, 229-230).

A imitazione di Maria le persone consacrate in particolare, e la Chiesa tutta, sono chiamate ad attuare il comando di Gesù: "Riempite di acqua le giare!" (Gv 2,7). Anche le giare della comunità del nostro tempo sono vuote: Maria addita le carenze che impediscono di vivere la gioia nuziale della vita, della fraternità. A Cana è singolare la profezia esercitata dalla Vergine-Madre: ella sa scrutare e vedere cosa manca in ordine alla festa, e sa indicare cosa fare. Al riguardo, facciamo nostre le sei carenze umane - individuate da Michele Giulio Masciarelli - che attendono con urgenza d’essere riempite: 1) carenza di festività, 2) carenza di dono, 3) carenza di memoria, 4) carenza di profezia, 5) carenza di bellezza, 6) carenza di silenzio. Di quest’ultima, Masciarelli afferma: "Cana ci ricorda come riempire la sesta giara vuota, carente di silenzio. Oggi il mondo pullula di esistenze senza contemplazione, senza ascolto, senza dialogo: a "Babele" nessuno ascolta più nessuno; ed è cosa assai preoccupante, poiché denota una crisi di relazione, di affettività, di tenerezza dalle proporzioni smisurate" (La maestra. Lezioni mariane a Cana, Città del Vaticano 2002, 10).

Amiche lettrici e cari lettori, il fascicolo di Consacrazione e Servizio che avete tra le mani - il 6° del 2011 - si apre con le solite due rubriche. Nella prima: "Vi affido alla Parola", Antonietta Augruso indugia – alla luce della Verbum Domini - sul dono della gioia come espressione del bello, della gratitudine, della comunione. L’altra rubrica: "E tu chi dici che io sia?", ospita un’intervista di Paola Bignardi a suor Annamaria Marconi: vive a Milano e presta il suo servizio di Assistente spirituale presso l’Associazione CasAmica.

La rubrica "Orizzonti" arricchisce il fascicolo con tre studi. Nel primo, Katia Roncalli, giovane suora alcantarina, rievoca la notte di veglia che i giovani delle centinaia GMG diocesane hanno vissuto in tutte le diocesi d’Italia. Nel secondo, Giulio Albanese, missionario comboniano, riflette sull’attuale scenario mondiale quale sfida per il mondo occidentale. Il terzo contributo di mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini, ospita la Prefazione al nuovo libro di Amedeo Cencini sulla formazione permanente.

Una parola particolare per il "Dossier". Sotto il titolo: "Questo mistero è grande" - espressione tratta dalla Lettera di Paolo agli Efesini (5,32) - sono raccolti sei studi su un tema di viva attualità, come evoca il sottotitolo: "La famiglia comunione di persone". La Redazione ha inteso dedicare il Dossier ad alcune riflessioni in vista del 30° anniversario della Lettera post-sinodale Familiaris consortio, firmata il 22 novembre 1981, e preparare all’Incontro mondiale delle famiglie che si svolgerà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno 2012 sul tema: "La famiglia, il lavoro, la festa".

Affidati a qualificati studiosi e testimoni, gli articoli invitano a riscoprire la viva sollecitudine della Chiesa per la famiglia e a dare indicazioni opportune per un rinnovato impegno pastorale in questo fondamentale settore della vita umana ed ecclesiale. Anche il presente Editoriale si pone su questa prospettiva.

Oltre alle consuete esplorazioni sui film (Teresa Braccio) e le segnalazioni di libri (Rita Bonfrate e Emma Zordan), va posta l’attenzione alla lettura del volume indicata dal "Libro del mese": Luce del mondo di Benedetto XVI, presentato da Armando Matteo, Assistente Nazionale della FUCI.

Con un vivo ringraziamento per le espressioni di stima e simpatia che ci giungono da più parti, auguriamo ad ogni lettrice e lettore: buona lettura!

Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it