n. 1
gennaio 2005

 

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La finanza etica
di Riccardo Milano*

 

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Una breve storia della finanza etica

La finanza, è bene ribadirlo, è il “braccio armato” dell’economia e ha come scopo quello della gestione dei suoi flussi. In parole povere è lo spostamento di denaro da chi ha a chi non ha tramite la gestione del risparmio.

In particolare negli U.S.A. intorno ai primi anni del 1900, si assiste a un interessante dibattito sul rapporto tra finanza e religione (protestante) e tra profitto e morale. Molte chiese protestanti ritengono immorale per i propri fedeli il deposito di risparmio in banche e società finanziarie che lo investono poi in armi e nell’economia bellica, nell’industria dei vizi (alcool, tabacco, “venere”, gioco d’azzardo), in pratica, tutto ciò che è contrario alla morale protestante. I primi sono i Mennoniti. Nel 1928 nasce il primo Fondo d’investimento etico: il “Pioner Fund”. I criteri sono tutti di tipo negativo (si va ad esclusione). Una ulteriore evoluzione della Finanza Etica si ha sempre negli U.S.A. (principalmente) dopo la guerra del Vietnam (movimento pacifista) e lo sviluppo dell’energia nucleare (movimenti antinucleari ed ambientalisti). Da criteri negativi si passa poi a criteri propositivi, ossia vengono premiate imprese che oltre a non fare certe cose, orientano la produzione verso beni e servizi socialmente utili.

Ma «le prime esperienze “moderne” significative di Finanza etica a livello mondiale risalgono agli anni ‘70. Le motivazioni che spinsero in tale direzione sono da ricercare nello sviluppo di due grandi e complessi avvenimenti, quello sociale e quello ambientale (ecologismo), sviluppo determinato anche dall’incapacità dello stato a mettere in atto politiche di più equa distribuzione delle risorse e di tutela dell’ambiente. Il credito, e più in generale la finanza, diventano uno strumento sia per facilitare l’accesso al credito ad alcune realtà/attività che sino all’ora ne erano escluse, sia per affermare in campo economico l’importanza anche dei valori non economici (la pace, la solidarietà, il rispetto dell’ambiente, etc.).

Altro elemento che ha concorso allo sviluppo della Finanza Etica è il cambiamento, negli anni ‘80, delle strategie del sistema creditizio ufficiale, sempre più orientato a segmentare il mercato ritirandosi da certe aree geografiche e da certi settori e concentrandosi su settori specifici; viene meno, nello specifico, anche lo stretto rapporto tra gestione del credito e sviluppo locale. Negli anni ‘90, infine, “prende forma” la figura del risparmiatore etico (anche come movimento d’opinione), che consapevolmente richiede sistemi di risparmio sociale, e contestualmente lo Stato inizia a scoprire le opportunità che la finanza etica offre nel settore dello sviluppo sociale (partnership tra privato e pubblico). Banca Popolare Etica rappresenta, in questo senso, un caso da pioniere, avendo tra i suoi azionisti degli Enti locali e promuovendo una serie di progetti e iniziative in partnership con la Pubblica amministrazione»1. In Italia il movimento che sosterrà l’affermazione della Finanza Etica nasce nel 1978, con la creazione, a Verona, della prima MAG (Mutua Auto-Gestione), e che porterà alla costituzione della Banca Popolare Etica. Ma della realtà italiana parlerò meglio nel prossimo articolo.

 

I Considerazione

Iniziando con una provocazione si può dire che è assurdo parlare di questo tema: Finanza Etica, perché la finanza, come istituto all’interno dell’Economia, dovrebbe di per sé essere etica, non dico per definizione, ma quanto meno per prassi e logicità: infatti, don Luigi Sturzo diceva che l’economia senza etica è diseconomia. D’altro canto nell’affrontare questo argomento, la conseguenza è che si entra nel campo di una patologia del sistema economico, in cui ci si augura che la presenza di una branca del pensiero, la finanza etica appunto, può essere dapprima una prognosi e successivamente un farmaco per la cura di un qualcosa assolutamente importante per la natura umana.

E’ ormai assodato da tempo che tutte le attività umane rispondono ai dettami dell’Economia: l’uso dei soldi e del mercato, in genere, fa sì che il proseguimento o la fine di un’azione dipendono in massima parte da un gradimento economico; con buona pace della politica che sembra da tempo aver gettato la spugna a favore di una presenza più marcatamente economico/mercantile. Se ciò è assodato, non vuol dire che è giusto: infatti, uno degli scopi che la finanza etica si propone è proprio quello, come vedremo, di ristabilire un ordine naturale dell’agire umano. Ed è proprio partendo da questo principio che deve cominciare il nostro cammino.

Preliminarmente, bisogna prendere atto che la difficile situazione dell’odierna umanità dipende da una forte carenza di una buona dottrina economica (globalmente) condivisa, che potrebbe, di fatto, permettere una buona applicazione delle teorie politiche che da tempo sono state elaborate; ma tali situazioni si scontrano sempre con una realtà complessa che rende le applicazioni difficili se non addirittura vane. Principi universali come Pace, Giustizia, Benessere, Solidarietà, Fraternità, Libertà, Uguaglianza, Condivisione, eccetera, sono possibili solo se ci potessero essere queste due condizioni alternative: o una società con un’assoluta mancanza di economia (e quindi una società decisamente utopica ai limiti dell’anarchia), oppure una società con una forte presenza di responsabilità politica generale, con un’economia aggregante e solidale; ma nella fase attuale non c’è né l’una e né l’altra, e le cose vanno male. Com’è possibile, infatti, continuare a lamentarci e poi accettare supinamente tutto quello che il mercato ci offre, senza un briciolo di riflessione? Si dirà: “Ma ciò è impossibile. Come mettere d’accordo tutti?” La risposta è semplice: “si può”, specie se ci si riesce a muovere con un vero spirito ecumenico e dando forza a quella che la nostra fede cristiana ci insegna come l’ultimo e più grande comandamento: l’Amore per gli altri (d’altra parte molte multinazionali non hanno già messo d’accordo, molto più prosaicamente, le persone e i gusti di mezzo mondo sulle bevande, la moda, le automobili, ecc.?)

Sappiamo bene qual è la nostra croce in questo momento storico: il vivere in un mondo che non fa più tesoro della saggezza che il pensiero, in genere, ci ha dato per millenni e il ribaltamento di una visuale; infatti, mentre una volta, quando scarseggiavano i beni materiali, si ragionava in termini di crescita sociale per un distacco dalla povertà, con una visione economica al servizio dei valori, oggi – visto che abbiamo molto, magari a scapito di altri – tendiamo a vedere i valori al servizio della ricchezza (e, per un certo verso, si potrebbe dire dell’edonismo e dell’egoismo/avere personale), dimenticando quasi completamente la povertà. Non è una cosa da poco, e difatti ci scopriamo ipocriti, se non addirittura schizofrenici (ma sono sempre gli altri, mai noi!): affermiamo di volere il bene della famiglia, ma intanto facciamo di tutto perché viva sempre in modo difficile, specie, ed anche, per problemi economici; desideriamo la pace, ma continuiamo a sovvenzionare le guerre; parliamo di ecologia, ma intanto continuiamo ad aggravare le condizioni naturali del pianeta; discutiamo di Fede, ma intanto difficilmente siamo martiri, ossia testimoni dell’amore del Padre e così facendo difficilmente capiamo e ci facciamo capire dagli altri; disquisiamo di giustizia, ma intanto continuiamo a vivere con pratiche di violenza; diciamo di amare l’uguaglianza, ma intanto continuiamo ad accettare un mondo di discriminazioni; lavoriamo per la solidarietà, ma intanto i parametri tra ricchezza e povertà sono oltre 20/80; e così via.

 

II Considerazione

Quando le cose non sono più nel loro ordine naturale, scoppiano e succede quel che da sempre si sa: i disastri.

Una fattispecie. La mattina di domenica del 18 Gennaio 2004, il Vescovo di Parma ha celebrato una S. Messa in un paese della sua Diocesi ormai famosa: Collecchio, alle porte di Parma e sede di una fabbrica che le cronache hanno consegnato alla conoscenza di tutti: la Parmalat.

Nella sua omelia, l’alto prelato ha invocato e sottolineato con forza che l’attività economica dev’essere impostata all’eticità con un conseguente impegno di tutti a contribuire al benessere sociale e mai solo individuale. Tutto il lavoro, ha continuato, è finalizzato a una crescita della persona e bisogna, tra l’altro, discernere bene il ruolo dell’attività finanziaria all’interno del mondo economico. Le conseguenze nefaste causate da fatti illeciti e/o da cattiva amministrazione, infatti, ricadrebbero sulle famiglie più povere e indifese che, perdendo il lavoro, perderebbero anche la capacità di essere cellule vive e pulsanti della società.

Insomma, ha parlato praticamente di una Finanza Etica.

Considerando i tanti scandali aziendali di questi ultimi tempi in quasi tutte le nazioni più industrializzate del mondo, come quelli della Enron e la Wordcome in USA, Vivendi in Francia, Cirio e – appunto – Parmalat in Italia (per non citarne che i principali), i problemi legati a un mercato economico e finanziario, che non risponde più ad alcun pensiero etico, sia esso di matrice cristiana o laica, sono enormi; si sta inconsapevolmente toccando il fondo di un sistema che fa ormai acqua da tutte le parti, in quanto sembra venir meno proprio ciò che dà sostegno all’Uomo, ossia una morale sociale caratterizzata da un intendimento di benessere, inteso come gioia, felicità e capacità dell’uomo di mettere in atto il sogno di Dio: la continua creazione di un regno di Pace, di Giustizia e di Concordia proprio perché si è tutti fratelli e sorelle, figli e figlie di uno stesso Padre.

Tutto ciò avviene all’interno di un grande problema (riallacciandomi a quanto prima dicevo): la caduta delle “vecchie” teorie economiche che, sebbene abbiano fatto compiere all’umanità un balzo in avanti per quanto riguarda la vita concreta dell’uomo, non lo hanno aiutato sul piano esistenziale. Così oggi siamo orfani e incapaci di creare nuove teorie, con i problemi che si sono via via aggravati e con una Globalizzazione che fa sì che tutto il mondo sia un vero “villaggio globale” e nel quale sembra che la concorrenza, il potere, il denaro e il prestigio siano gli unici dèi a cui inchinarsi. L’attività finanziaria, ossia l’uso del denaro, poi, ha così aggravato i termini della questione che lo stesso denaro è divenuto il fine e non il mezzo dell’attività produttiva: non è più il lavoro la base del vivere, ma il capitale più o meno liquido, indipendente dalla vera ricchezza data dalla produzione.

Quanta strada si può ancora fare in questo modo? Poca, evidentemente, e così l’ingordigia umana, piena di avere, sembrerebbe che ai giorni nostri abbia avuto il sopravvento sull’essere e, la vita, inesorabilmente, si è fatta più difficile per tutti. Si fa fatica, oggi, a trovare un lavoro serio su cui poter costruire un futuro (come quello di una famiglia); i giovani dovranno sempre di più cambiare lavoro, affrontare nuove situazioni per poter sopravvivere, e tutto ciò con poche certezze di stabilità; le spese inutili del vivere hanno superato di gran lunga quelle utili e bisogna, di fatto, cercare altre modalità di introiti, magari con il ricorso ad attività finanziarie portatrici di effimera ricchezza. La speculazione finanziaria, nata per ben più alte problematiche, si utilizza per scopi molto più bassi: si cerca di investire per guadagnare il più possibile, senza guardare al bene o al male. Ma, così facendo, si innesca un circolo vizioso che serve solo ai “grandi speculatori professionisti”, in quanto tutti i piccoli, prima o dopo, verranno utilizzati per far sì che il loro patrimonio investito sia di supporto ai grandi capitali. A questi piccoli risparmiatori, utilizzati anche dalle aziende sopra citate, non resterà altro che leccarsi le ferite per investimenti, aprioristicamente giudicati buoni, che hanno generato solo perdite.

Questa realtà è stata ben espressa dal cardinale Dionigi Tettamanzi, che recentemente, affrontando il problema con grande lucidità, ha ricordato che, mentre l’economia produttiva conserva spesso, nelle proprie regole di funzionamento, tracce profonde e indelebili dell’etica, la finanza corre più facilmente il rischio di estraniarsi da essa.

Ha detto bene il Vescovo di Parma: occorre l’etica nel-l’Economia! Occorre che l’impegno di ogni uomo (e, senza forse, un cristiano dev’essere sicuramente in prima fila!) sia per la costruzione di un mondo dove il mercato sia di sviluppo per tutti e non solo per alcuni, i soliti pochi.

Che economia sana è quella dove si permette a miliardi di persone di vivere da miseri, da schiavi, da esclusi, quando ci sarebbe pane, lavoro e benessere per tutti? Credo che questa sia la vera bestemmia dell’uomo riguardo a Dio: un Dio che si pensa sia incapace di sfamare l’umanità, un Dio che si pensa si rimangi la sua attenzione all’Uomo manifestata alle nozze di Cana, dove gli ha dato in abbondanza tutto ciò di cui aveva e ha bisogno!

Che fare, nell’attesa di una teoria economica nuova per il Terzo Millennio?

Occorre forse riprendere, per continuare, quel percorso di cui abbiamo parlato nel primo articolo: Pensare, Discernere, Fare.

Nel nostro piccolo, se fino ad adesso abbiamo sottolineato l’importanza del “pensare”, ora è arrivato il momento di “discernere” sulla realtà finanziaria; nel prossimo articolo, poi, parlando più specificamente della Banca Etica, ci interpelleremo su di un possibile modo di fare.

L’ultima avvertenza è quella della partecipazione che ciascuno/a di noi deve a questa realtà mondiale di coinvolgimento, per un migliore futuro dell’umanità, per portarla avanti in modo costruttivo e sincero, scevro da personalismi e da una difesa ad oltranza, ancorché inconscia del proprio status quo, qualunque esso sia.

Forse la cosa più giusta è proprio quella di ripensare l’Uomo e tornare all’Etica di un giusto comportamento, specie per quanto riguarda i soldi: la Finanza Etica, appunto.

 

La Finanza Etica

Ma di fatto esiste e che cos’è la Finanza Etica? Se lo chiedono in molti, oggigiorno2.

Ebbene sì, esiste ed è anche in forte espansione in tutto il mondo, Italia compresa, dove la punta di diamante è la Banca Popolare Etica. Esiste, però, un altro dato: proprio a causa delle realtà negative sopra descritte, molte istituzioni, sotto l’impulso di cittadini responsabili, ma anche di conquista di nuovi segmenti di mercato, stanno offrendo prodotti finanziari definiti “etici”.

Per il risparmiatore italiano, uno dei più forti del mondo, la domanda su che cos’è la “finanza etica” è quindi pertinente, vista l’offerta di tanti prodotti finanziari cosiddetti etici perchè, come si dice, il prodotto si vende bene… Il prodotto, appunto. Ma questa volta dietro a questo “prodotto” non c’è un trucco, ma una parola che genera turbamento: Etica. Che cosa voglia dire non è così chiaro per la gran parte delle persone, così come per gli “esperti finanziari”. Gli unici che sanno che cos’è l’etica sono i filosofi e i teologi: ma le loro spiegazioni rischiano di confondere ancor di più le idee.

Oggi il termine “finanza etica” è di moda, ma il suo significato è pur sempre oscuro: la corsa al vocabolario è certa. Si intuisce che tale termine ha a che fare con un comportamento, con un modo di vivere; legato però al denaro, lo si tende a considerare normalmente come una sorta di far del bene, di beneficenza e non come un adeguato comportamento e una spinta ideale a modificare delle situazioni economiche quanto meno discutibili.

La confusione è poi ingigantita dal fatto che ognuno tende, secondo la propria coscienza, a dire che ciò che fa è spesso più giusto (ed etico) di quello che fanno gli altri e si aggiunge una soggettività a uno schema che dovrebbe essere il più oggettivo possibile.

E’ necessario, perciò, chiarire bene che cosa significhi Finanza Etica, per non generare più confusioni. D’altra parte, bisogna sottolineare che non esiste nessuna norma nel nostro ordinamento giuridico (ma anche in altri) riguardo l’uso della parola “etica” coniugato a prodotti finanziari, il che comporta che chiunque può utilizzare questo termine senza restrizioni di sorta3.

Di fatto, possiamo dire che la parola “etica” attualmente nel mondo finanziario ha una connotazione meno ampia riguardo al suo posizionamento filosofico4. Infatti, nel mondo anglosassone la parola “etica” viene molte volte tradotta con: Politically correct, Gentlemen’s agreement; si parla poi di Customer satisfation e Customer service, Socially responsible investing, Responsabilità sociale delle imprese, sostenibilità economica, ecc.; Relativamente agli investimenti etici, considerando lo strumento Fondi Comuni, si parla di Fondi etici, umanitari, ecologici, verdi, Mutual Funds, a devoluzione, ecc. Si può intuire come si tenti di ridurre moltissimo il campo di azione della parola “etica”.

Una qualche precisazione va poi fatta per le società emittenti i Fondi: nella maggioranza dei casi i prodotti “etici” provengono da realtà profit e vanno incontro ad un particolare tipo di sottoscrittore, indicato come “buonista”. Ossia c’è una possibilità in più per il risparmiatore. In questi casi, a meno che non si costituisca un prodotto a devoluzione, ci si rivolge a una società di “rating etico” che seleziona i vari titoli (azionari, ecc.) in base a sue specifiche e molte volte soggettive motivazioni. Così si può anche affermare il principio della “prevalenza”, ossia considerare che l’attività esercitata da un’azienda è etica se “il buono” è maggioritario sul “non buono”! Va da sé che questa situazione lascia numerosi dubbi…

Facendo però tesoro di quanto il pensiero più profondo ha prodotto nel mondo e in Italia (si leggano, per esempio, i testi, facili, del premio Nobel per l’Economia A.K. Sen); tenendo presente da una parte l’idea filosofica di etica e dall’altra il cammino teoretico economico (si ricordi che la “scienza economica” è nata nel 1700: prima era all’interno della Filosofia Morale), si può affermare, con una certa sicurezza, quanto segue su che cos’è la Finanza Etica, raggruppando le motivazioni in due grandi aree: l’area teorica e l’area pratica o attuativa.

Nell’area teorica si possono fornire le seguenti affermazioni:

- L’attività di Finanza Etica comporta una riflessione (e una denuncia) delle attuali storture del sistema economico e si propone, allo stesso tempo, come spunto per la ricerca di un nuovo modo di vivere le relazioni economiche.

- Il profitto ottenuto dal possesso e dallo scambio di denaro deve essere conseguenza di attività orientate al bene comune e deve essere equamente distribuito fra tutti i soggetti che concorrono alla sua realizzazione.

- L’arricchimento basato sul solo possesso e scambio di denaro viene considerato illegittimo. Il denaro è, quindi, un mezzo e non il fine di un’attività finanziaria.

- Si assume come criterio di riferimento, sia per operazioni di deposito che di impiego, la responsabilità sociale e ambientale.

- La finanza eticamente orientata è sensibile alle conseguenze non economiche delle azioni economiche.

- Il credito in tutte le sue forme è un diritto umano.

- Si prevede la partecipazione alle scelte importanti dell’impresa non solo dei soci, ma anche dei risparmiatori.

- Come dice il Nobel dell’Economia Sen: «Nell’etica della finanza è cruciale un’attenta valutazione delle conseguenze. In materia finanziaria, non meno che in altri campi dell’economia, ciò che è veramente significativo va ben al di là di ciò che abbiamo sotto gli occhi; va ben al di là di ciò che è immediato, di ciò che è vicino»5.

 

Nell’area pratica:

- Si considerano la trasparenza e l’efficienza componenti etiche ed essenziali.

- Non si intende il dono di una parte degli interessi a eventuali associazioni beneficiarie, ma un prestito che, pur tenendo conto del rischio, mette l’intero capitale a disposizione dei progetti in cui si riflettono i valori di riferimento.

- Non significa rinunciare ad una parte del profitto, conseguito finanziando i settori tradizionali, per destinarlo a imprese e soggetti che si fanno carico di obiettivi etici socialmente rilevanti.

- Si richiede un’adesione globale e coerente da una parte del gestore che orienta tutta l’attività.

In definitiva la Finanza Etica si presenta come l’insieme di strumenti di raccolta e d’impiego, che rispettano i seguenti requisiti:

- Un tasso d’interesse “sganciato” dal mercato: il risparmiatore ha la possibilità di definire il tasso da applicare sul proprio risparmio, scegliendolo tra uno massimo prefissato dalla banca e il tasso zero; il vantaggio in questo caso non è economico, ma permette al risparmiatore una maggior adesione e partecipazione ai progetti finanziati.

- Una gestione della raccolta del risparmio e degli impieghi in modo trasparente: si dà al risparmiatore la possibilità di conoscere il funzionamento della struttura che gestisce il risparmio e la destinazione di ogni singolo finanziamento.

- Una politica degli impieghi rivolta a valorizzare le persone.

Quest’ultimo requisito rappresenta senz’altro l’aspetto peculiare della Finanza Etica: essa è, infatti, orientata allo sviluppo umano che si realizza attraverso una diversa e più equa produzione e distribuzione della ricchezza.

Quindi, la finanza etica non è una finanza “altra”; non è una “alternativa” come per altre discipline (es. la medicina “non ufficiale” nei confronti di quella “ufficiale”, il “paranormale” nei confronti della scienza ufficiale). E’ una finanza classica con tutte le sue regole; la diversità sta nel suo scopo, nel benessere dell’uomo globale e non solo di uno “spicchio” di mondo. E’ una disciplina per l’uomo, e non solo per “alcuni” uomini.

In conclusione, la differenza tra Economia di Mercato ed Economia Civile (ossia ciò che propone la finanza etica) è data da:

denaro come forza di decostruzione sociale; denaro morto;

denaro per progetti volti alla costruzione del legame sociale; denaro vivo;

massimizzazione dei profitti individuali;

massimizzazione del bene comune;

• indifferenza per le conseguenze sull’ambiente;

• responsabilità per le conseguenze sull’ambiente;

• concorrenza e competizione esasperata;

• collaborazione e competizione solidale;

• mercato libero e assoluto;

• mercato solidale;

• modello di sviluppo che crea esclusione;

• modello di sviluppo che crea inclusione;

• creazione di multinazionali in concorrenza;

• creazione di reti di imprese e di alleanze;

• sradicamento dal territorio;

• radicamento nel territorio;

• concentrazione della ricchezza;

• distribuzione della ricchezza.

 

Anche in questo campo, si potrebbe affermare che “non è tutto oro quel che luccica”, nel senso che non è di poco conto distinguere tra ciò che è veramente etico e ciò che non lo è. Il rischio, non più di tanto occulto, è quello di un possibile annacquamento dei prodotti veramente etici, nel senso di uno sminuire la grande valenza e portata della Finanza Etica, ossia “cambiare tutto per non cambiare niente”.

 

Conclusione

Oggi la Finanza Etica è presente rigogliosamente in tutti gli Stati del mondo, sia in modo pieno – ossia facendo più o meno riferimento a quasi tutti i requisiti e ai problemi da me descritti, nei Paesi ricchi dell’Occidente, – sia come Microcredito in quelli poveri, chiamati eufemisticamente in “via di sviluppo” (tornerò più largamente sul microcredito nel prossimo articolo). Le sue espressioni sono varie: dalle Banche alle Finanziarie, alle Cooperative, alle Società di Gestioni (le SGR) di Fondi Comuni d’investimento, ai Fondi Pensione (si ricordi che i più grandi e potenti sono quelli, nei Paesi Anglosassoni, degli insegnanti; da una loro iscritta/pensionata, in Inghilterra, è iniziata la campagna contro la Glaxo – società produttrice dei farmaci anti AIDS e da sempre inserita nel portafoglio dei Fondi Etici, ma che non voleva vendere i suoi prodotti a basso costo nei paesi poveri – per l’esclusione della stessa da questi fondi, a causa del suo comportamento non etico. L’azienda, per non perdere la reputazione e il proprio valore, ha abbandonato la causa che la vedeva protagonista attiva in Sud Africa. Potenza delle donne e della Finanza Etica!), ecc. Tutte, però, rivendicano e rivogliono un ruolo attivo nella gestione umanitaria delle cose economiche, ristabilendo una gradualità di valori in base alle esigenze della Persona.

 Se fino a pochissimi anni fa chi si occupava di questa materia veniva visto non tanto con sospetto, quanto con sufficienza, oggi la situazione è profondamente cambiata, costringendo i grandi economisti a prendere conoscenza di ciò e facendo anche sì che le Università cominciassero a trattare questi temi sia nei loro corsi curricolari, sia nei loro master. Una prova di ciò è stata data dal conferimento della laurea Honoris Causa, dell’Università di Parma, al Presidente della Banca Popolare Etica, Fabio Salviato, come rappresentante ufficiale della Finanza Etica. Insomma, pian piano il mondo finanziario sta prendendo coscienza, così come migliaia di risparmiatori, tra cui Enti Pubblici, Diocesi e Parrocchie e molti Istituti Religiosi. Proprio questi ultimi, nell’Assemblea degli Economi generali del 2003, hanno affrontato il tema del vivere eticamente il denaro e la Finanza Etica.

Possiamo allora veramente sperare che il nostro mondo, quello che abbiamo di più caro, ossia il mondo ecclesiale, prenda con vigore, con scienza e coscienza, questo tema come paradigma di un aiuto concreto all’Uomo? Io spero ardentemente di sì.

 

 

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