Una breve storia della
finanza etica
La
finanza, è bene ribadirlo, è il “braccio armato” dell’economia e ha come
scopo quello della gestione dei suoi flussi. In parole povere è lo
spostamento di denaro da chi ha a chi non ha tramite la gestione del
risparmio.
In particolare negli U.S.A. intorno ai primi
anni del 1900, si assiste a un interessante dibattito sul rapporto tra
finanza e religione (protestante) e tra profitto e morale. Molte chiese
protestanti ritengono immorale per i propri fedeli il deposito di
risparmio in banche e società finanziarie che lo investono poi in armi e
nell’economia bellica, nell’industria dei vizi (alcool, tabacco,
“venere”, gioco d’azzardo), in pratica, tutto ciò che è contrario alla
morale protestante. I primi sono i Mennoniti. Nel 1928 nasce il primo
Fondo d’investimento etico: il “Pioner Fund”. I criteri sono tutti di
tipo negativo (si va ad esclusione). Una ulteriore evoluzione della
Finanza Etica si ha sempre negli U.S.A. (principalmente) dopo la guerra
del Vietnam (movimento pacifista) e lo sviluppo dell’energia nucleare
(movimenti antinucleari ed ambientalisti). Da criteri negativi si passa
poi a criteri propositivi, ossia vengono premiate imprese che oltre a
non fare certe cose, orientano la produzione verso beni e servizi
socialmente utili.
Ma «le prime esperienze “moderne”
significative di Finanza etica a livello mondiale risalgono agli anni
‘70. Le motivazioni che spinsero in tale direzione sono da ricercare
nello sviluppo di due grandi e complessi avvenimenti, quello sociale e
quello ambientale (ecologismo), sviluppo determinato anche
dall’incapacità dello stato a mettere in atto politiche di più equa
distribuzione delle risorse e di tutela dell’ambiente. Il credito, e più
in generale la finanza, diventano uno strumento sia per facilitare
l’accesso al credito ad alcune realtà/attività che sino all’ora ne erano
escluse, sia per affermare in campo economico l’importanza anche dei
valori non economici (la pace, la solidarietà, il rispetto
dell’ambiente, etc.).
Altro elemento che ha concorso allo sviluppo
della Finanza Etica è il cambiamento, negli anni ‘80, delle strategie
del sistema creditizio ufficiale, sempre più orientato a segmentare il
mercato ritirandosi da certe aree geografiche e da certi settori e
concentrandosi su settori specifici; viene meno, nello specifico, anche
lo stretto rapporto tra gestione del credito e sviluppo locale. Negli
anni ‘90, infine, “prende forma” la figura del risparmiatore etico
(anche come movimento d’opinione), che consapevolmente richiede sistemi
di risparmio sociale, e contestualmente lo Stato inizia a scoprire le
opportunità che la finanza etica offre nel settore dello sviluppo
sociale (partnership tra privato e pubblico). Banca Popolare
Etica rappresenta, in questo senso, un caso da pioniere, avendo tra i
suoi azionisti degli Enti locali e promuovendo una serie di progetti e
iniziative in partnership con la Pubblica amministrazione»1.
In Italia il movimento che sosterrà l’affermazione della Finanza Etica
nasce nel 1978, con la creazione, a Verona, della prima MAG (Mutua
Auto-Gestione), e che porterà alla costituzione della Banca Popolare
Etica. Ma della realtà italiana parlerò meglio nel prossimo articolo.
I Considerazione
Iniziando con una provocazione si può dire
che è assurdo parlare di questo tema: Finanza Etica, perché la finanza,
come istituto all’interno dell’Economia, dovrebbe di per sé essere
etica, non dico per definizione, ma quanto meno per prassi e logicità:
infatti, don Luigi Sturzo diceva che l’economia senza etica è
diseconomia. D’altro canto nell’affrontare questo argomento, la
conseguenza è che si entra nel campo di una patologia del sistema
economico, in cui ci si augura che la presenza di una branca del
pensiero, la finanza etica appunto, può essere dapprima una prognosi e
successivamente un farmaco per la cura di un qualcosa assolutamente
importante per la natura umana.
E’ ormai assodato da tempo che tutte le
attività umane rispondono ai dettami dell’Economia: l’uso dei soldi e
del mercato, in genere, fa sì che il proseguimento o la fine di
un’azione dipendono in massima parte da un gradimento economico; con
buona pace della politica che sembra da tempo aver gettato la spugna a
favore di una presenza più marcatamente economico/mercantile. Se ciò è
assodato, non vuol dire che è giusto: infatti, uno degli scopi che la
finanza etica si propone è proprio quello, come vedremo, di ristabilire
un ordine naturale dell’agire umano. Ed è proprio partendo da questo
principio che deve cominciare il nostro cammino.
Preliminarmente, bisogna prendere atto che la
difficile situazione dell’odierna umanità dipende da una forte carenza
di una buona dottrina economica (globalmente) condivisa, che potrebbe,
di fatto, permettere una buona applicazione delle teorie politiche che
da tempo sono state elaborate; ma tali situazioni si scontrano sempre
con una realtà complessa che rende le applicazioni difficili se non
addirittura vane. Principi universali come Pace, Giustizia, Benessere,
Solidarietà, Fraternità, Libertà, Uguaglianza, Condivisione, eccetera,
sono possibili solo se ci potessero essere queste due condizioni
alternative: o una società con un’assoluta mancanza di economia (e
quindi una società decisamente utopica ai limiti dell’anarchia), oppure
una società con una forte presenza di responsabilità politica generale,
con un’economia aggregante e solidale; ma nella fase attuale non c’è né
l’una e né l’altra, e le cose vanno male. Com’è possibile, infatti,
continuare a lamentarci e poi accettare supinamente tutto quello che il
mercato ci offre, senza un briciolo di riflessione? Si dirà: “Ma ciò è
impossibile. Come mettere d’accordo tutti?” La risposta è semplice: “si
può”, specie se ci si riesce a muovere con un vero spirito ecumenico e
dando forza a quella che la nostra fede cristiana ci insegna come
l’ultimo e più grande comandamento: l’Amore per gli altri (d’altra parte
molte multinazionali non hanno già messo d’accordo, molto più
prosaicamente, le persone e i gusti di mezzo mondo sulle bevande, la
moda, le automobili, ecc.?)
Sappiamo bene qual è la nostra croce in
questo momento storico: il vivere in un mondo che non fa più tesoro
della saggezza che il pensiero, in genere, ci ha dato per millenni e il
ribaltamento di una visuale; infatti, mentre una volta, quando
scarseggiavano i beni materiali, si ragionava in termini di crescita
sociale per un distacco dalla povertà, con una visione economica al
servizio dei valori, oggi – visto che abbiamo molto, magari a
scapito di altri – tendiamo a vedere i valori al servizio della
ricchezza (e, per un certo verso, si potrebbe dire dell’edonismo e
dell’egoismo/avere personale), dimenticando quasi completamente la
povertà. Non è una cosa da poco, e difatti ci scopriamo ipocriti, se non
addirittura schizofrenici (ma sono sempre gli altri, mai noi!):
affermiamo di volere il bene della famiglia, ma intanto facciamo di
tutto perché viva sempre in modo difficile, specie, ed anche, per
problemi economici; desideriamo la pace, ma continuiamo a sovvenzionare
le guerre; parliamo di ecologia, ma intanto continuiamo ad aggravare le
condizioni naturali del pianeta; discutiamo di Fede, ma intanto
difficilmente siamo martiri, ossia testimoni dell’amore del Padre e così
facendo difficilmente capiamo e ci facciamo capire dagli altri;
disquisiamo di giustizia, ma intanto continuiamo a vivere con pratiche
di violenza; diciamo di amare l’uguaglianza, ma intanto continuiamo ad
accettare un mondo di discriminazioni; lavoriamo per la solidarietà, ma
intanto i parametri tra ricchezza e povertà sono oltre 20/80; e così
via.
II Considerazione
Quando le cose non sono più nel loro ordine
naturale, scoppiano e succede quel che da sempre si sa: i disastri.
Una fattispecie. La mattina di domenica del
18 Gennaio 2004, il Vescovo di Parma ha celebrato una S. Messa in un
paese della sua Diocesi ormai famosa: Collecchio, alle porte di Parma e
sede di una fabbrica che le cronache hanno consegnato alla conoscenza di
tutti: la Parmalat.
Nella sua omelia, l’alto prelato ha invocato
e sottolineato con forza che l’attività economica dev’essere impostata
all’eticità con un conseguente impegno di tutti a contribuire al
benessere sociale e mai solo individuale. Tutto il lavoro, ha
continuato, è finalizzato a una crescita della persona e bisogna, tra
l’altro, discernere bene il ruolo dell’attività finanziaria all’interno
del mondo economico. Le conseguenze nefaste causate da fatti illeciti
e/o da cattiva amministrazione, infatti, ricadrebbero sulle famiglie più
povere e indifese che, perdendo il lavoro, perderebbero anche la
capacità di essere cellule vive e pulsanti della società.
Insomma, ha parlato praticamente di una
Finanza Etica.
Considerando i tanti scandali aziendali di
questi ultimi tempi in quasi tutte le nazioni più industrializzate del
mondo, come quelli della Enron e la Wordcome in USA, Vivendi in Francia,
Cirio e – appunto – Parmalat in Italia (per non citarne che i
principali), i problemi legati a un mercato economico e finanziario, che
non risponde più ad alcun pensiero etico, sia esso di matrice cristiana
o laica, sono enormi; si sta inconsapevolmente toccando il fondo di un
sistema che fa ormai acqua da tutte le parti, in quanto sembra venir
meno proprio ciò che dà sostegno all’Uomo, ossia una morale sociale
caratterizzata da un intendimento di benessere, inteso come gioia,
felicità e capacità dell’uomo di mettere in atto il sogno di Dio: la
continua creazione di un regno di Pace, di Giustizia e di Concordia
proprio perché si è tutti fratelli e sorelle, figli e figlie di uno
stesso Padre.
Tutto ciò avviene all’interno di un grande
problema (riallacciandomi a quanto prima dicevo): la caduta delle
“vecchie” teorie economiche che, sebbene abbiano fatto compiere
all’umanità un balzo in avanti per quanto riguarda la vita concreta
dell’uomo, non lo hanno aiutato sul piano esistenziale. Così oggi siamo
orfani e incapaci di creare nuove teorie, con i problemi che si sono via
via aggravati e con una Globalizzazione che fa sì che tutto il mondo sia
un vero “villaggio globale” e nel quale sembra che la concorrenza, il
potere, il denaro e il prestigio siano gli unici dèi a cui inchinarsi.
L’attività finanziaria, ossia l’uso del denaro, poi, ha così aggravato i
termini della questione che lo stesso denaro è divenuto il fine e non il
mezzo dell’attività produttiva: non è più il lavoro la base del
vivere, ma il capitale più o meno liquido, indipendente dalla
vera ricchezza data dalla produzione.
Quanta strada si può ancora fare in questo
modo? Poca, evidentemente, e così l’ingordigia umana, piena di avere,
sembrerebbe che ai giorni nostri abbia avuto il sopravvento sull’essere
e, la vita, inesorabilmente, si è fatta più difficile per tutti. Si fa
fatica, oggi, a trovare un lavoro serio su cui poter costruire un futuro
(come quello di una famiglia); i giovani dovranno sempre di più cambiare
lavoro, affrontare nuove situazioni per poter sopravvivere, e tutto ciò
con poche certezze di stabilità; le spese inutili del vivere hanno
superato di gran lunga quelle utili e bisogna, di fatto, cercare altre
modalità di introiti, magari con il ricorso ad attività finanziarie
portatrici di effimera ricchezza. La speculazione finanziaria, nata per
ben più alte problematiche, si utilizza per scopi molto più bassi: si
cerca di investire per guadagnare il più possibile, senza guardare al
bene o al male. Ma, così facendo, si innesca un circolo vizioso che
serve solo ai “grandi speculatori professionisti”, in quanto tutti i
piccoli, prima o dopo, verranno utilizzati per far sì che il loro
patrimonio investito sia di supporto ai grandi capitali. A questi
piccoli risparmiatori, utilizzati anche dalle aziende sopra citate, non
resterà altro che leccarsi le ferite per investimenti, aprioristicamente
giudicati buoni, che hanno generato solo perdite.
Questa realtà è stata ben espressa dal
cardinale Dionigi Tettamanzi, che recentemente, affrontando il problema
con grande lucidità, ha ricordato che, mentre l’economia produttiva
conserva spesso, nelle proprie regole di funzionamento, tracce profonde
e indelebili dell’etica, la finanza corre più facilmente il rischio di
estraniarsi da essa.
Ha detto bene il Vescovo di Parma: occorre
l’etica nel-l’Economia! Occorre che l’impegno di ogni uomo (e, senza
forse, un cristiano dev’essere sicuramente in prima fila!) sia per la
costruzione di un mondo dove il mercato sia di sviluppo per tutti e non
solo per alcuni, i soliti pochi.
Che economia sana è quella dove si permette a
miliardi di persone di vivere da miseri, da schiavi, da esclusi, quando
ci sarebbe pane, lavoro e benessere per tutti? Credo che questa sia la
vera bestemmia dell’uomo riguardo a Dio: un Dio che si pensa sia
incapace di sfamare l’umanità, un Dio che si pensa si rimangi la sua
attenzione all’Uomo manifestata alle nozze di Cana, dove gli ha dato in
abbondanza tutto ciò di cui aveva e ha bisogno!
Che fare, nell’attesa di una teoria economica
nuova per il Terzo Millennio?
Occorre forse riprendere, per continuare,
quel percorso di cui abbiamo parlato nel primo articolo: Pensare,
Discernere, Fare.
Nel nostro piccolo, se fino ad adesso abbiamo
sottolineato l’importanza del “pensare”, ora è arrivato il momento di
“discernere” sulla realtà finanziaria; nel prossimo articolo, poi,
parlando più specificamente della Banca Etica, ci interpelleremo su di
un possibile modo di fare.
L’ultima avvertenza è quella della
partecipazione che ciascuno/a di noi deve a questa realtà mondiale di
coinvolgimento, per un migliore futuro dell’umanità, per portarla avanti
in modo costruttivo e sincero, scevro da personalismi e da una difesa ad
oltranza, ancorché inconscia del proprio status quo, qualunque
esso sia.
Forse la cosa più giusta è proprio quella di
ripensare l’Uomo e tornare all’Etica di un giusto comportamento, specie
per quanto riguarda i soldi: la Finanza Etica, appunto.
La Finanza Etica
Ma di fatto esiste e che cos’è la Finanza
Etica? Se lo chiedono in molti, oggigiorno2.
Ebbene sì, esiste ed è anche in forte
espansione in tutto il mondo, Italia compresa, dove la punta di diamante
è la Banca Popolare Etica. Esiste, però, un altro dato: proprio a causa
delle realtà negative sopra descritte, molte istituzioni, sotto
l’impulso di cittadini responsabili, ma anche di conquista di nuovi
segmenti di mercato, stanno offrendo prodotti finanziari definiti
“etici”.
Per il risparmiatore italiano, uno dei più
forti del mondo, la domanda su che cos’è la “finanza etica” è quindi
pertinente, vista l’offerta di tanti prodotti finanziari cosiddetti
etici perchè, come si dice, il prodotto si vende bene… Il prodotto,
appunto. Ma questa volta dietro a questo “prodotto” non c’è un trucco,
ma una parola che genera turbamento: Etica. Che cosa voglia dire non è
così chiaro per la gran parte delle persone, così come per gli “esperti
finanziari”. Gli unici che sanno che cos’è l’etica sono i filosofi e i
teologi: ma le loro spiegazioni rischiano di confondere ancor di più le
idee.
Oggi il termine “finanza etica” è di moda, ma
il suo significato è pur sempre oscuro: la corsa al vocabolario è certa.
Si intuisce che tale termine ha a che fare con un comportamento, con un
modo di vivere; legato però al denaro, lo si tende a considerare
normalmente come una sorta di far del bene, di beneficenza e non come un
adeguato comportamento e una spinta ideale a modificare delle situazioni
economiche quanto meno discutibili.
La confusione è poi ingigantita dal fatto che
ognuno tende, secondo la propria coscienza, a dire che ciò che fa è
spesso più giusto (ed etico) di quello che fanno gli altri e si aggiunge
una soggettività a uno schema che dovrebbe essere il più oggettivo
possibile.
E’ necessario, perciò, chiarire bene che cosa
significhi Finanza Etica, per non generare più confusioni. D’altra
parte, bisogna sottolineare che non esiste nessuna norma nel nostro
ordinamento giuridico (ma anche in altri) riguardo l’uso della parola
“etica” coniugato a prodotti finanziari, il che comporta che chiunque
può utilizzare questo termine senza restrizioni di sorta3.
Di fatto, possiamo dire che la parola “etica”
attualmente nel mondo finanziario ha una connotazione meno ampia
riguardo al suo posizionamento filosofico4.
Infatti, nel mondo anglosassone la parola “etica” viene molte volte
tradotta con: Politically correct, Gentlemen’s agreement;
si parla poi di Customer satisfation e Customer service,
Socially responsible investing, Responsabilità sociale
delle imprese, sostenibilità economica, ecc.; Relativamente
agli investimenti etici, considerando lo strumento Fondi Comuni, si
parla di Fondi etici, umanitari, ecologici,
verdi, Mutual Funds, a devoluzione, ecc. Si può
intuire come si tenti di ridurre moltissimo il campo di azione della
parola “etica”.
Una qualche precisazione va poi fatta per le
società emittenti i Fondi: nella maggioranza dei casi i prodotti “etici”
provengono da realtà profit e vanno incontro ad un particolare
tipo di sottoscrittore, indicato come “buonista”. Ossia c’è una
possibilità in più per il risparmiatore. In questi casi, a meno che non
si costituisca un prodotto a devoluzione, ci si rivolge a una società di
“rating etico” che seleziona i vari titoli (azionari, ecc.) in
base a sue specifiche e molte volte soggettive motivazioni. Così si può
anche affermare il principio della “prevalenza”, ossia considerare che
l’attività esercitata da un’azienda è etica se “il buono” è
maggioritario sul “non buono”! Va da sé che questa situazione lascia
numerosi dubbi…
Facendo però tesoro di quanto il pensiero più
profondo ha prodotto nel mondo e in Italia (si leggano, per esempio, i
testi, facili, del premio Nobel per l’Economia A.K. Sen); tenendo
presente da una parte l’idea filosofica di etica e dall’altra il cammino
teoretico economico (si ricordi che la “scienza economica” è nata nel
1700: prima era all’interno della Filosofia Morale), si può affermare,
con una certa sicurezza, quanto segue su che cos’è la Finanza Etica,
raggruppando le motivazioni in due grandi aree: l’area teorica e l’area
pratica o attuativa.
Nell’area teorica si possono fornire le
seguenti affermazioni:
- L’attività di Finanza Etica comporta una
riflessione (e una denuncia) delle attuali storture del sistema
economico e si propone, allo stesso tempo, come spunto per la ricerca di
un nuovo modo di vivere le relazioni economiche.
- Il profitto ottenuto dal possesso e dallo
scambio di denaro deve essere conseguenza di attività orientate al bene
comune e deve essere equamente distribuito fra tutti i soggetti che
concorrono alla sua realizzazione.
- L’arricchimento basato sul solo possesso e
scambio di denaro viene considerato illegittimo. Il denaro è, quindi, un
mezzo e non il fine di un’attività finanziaria.
- Si assume come criterio di riferimento, sia
per operazioni di deposito che di impiego, la responsabilità sociale e
ambientale.
- La finanza eticamente orientata è sensibile
alle conseguenze non economiche delle azioni economiche.
- Il credito in tutte le sue forme è un
diritto umano.
- Si prevede la partecipazione alle scelte
importanti dell’impresa non solo dei soci, ma anche dei risparmiatori.
- Come dice il Nobel dell’Economia Sen:
«Nell’etica della finanza è cruciale un’attenta valutazione delle
conseguenze. In materia finanziaria, non meno che in altri campi
dell’economia, ciò che è veramente significativo va ben al di là di ciò
che abbiamo sotto gli occhi; va ben al di là di ciò che è immediato, di
ciò che è vicino»5.
Nell’area pratica:
- Si considerano la trasparenza e
l’efficienza componenti etiche ed essenziali.
- Non si intende il dono di una parte degli
interessi a eventuali associazioni beneficiarie, ma un prestito che, pur
tenendo conto del rischio, mette l’intero capitale a disposizione dei
progetti in cui si riflettono i valori di riferimento.
- Non significa rinunciare ad una parte del
profitto, conseguito finanziando i settori tradizionali, per destinarlo
a imprese e soggetti che si fanno carico di obiettivi etici socialmente
rilevanti.
- Si richiede un’adesione globale e coerente
da una parte del gestore che orienta tutta l’attività.
In definitiva la Finanza Etica si presenta
come l’insieme di strumenti di raccolta e d’impiego, che rispettano i
seguenti requisiti:
- Un tasso d’interesse “sganciato” dal
mercato: il risparmiatore ha la possibilità di definire il tasso da
applicare sul proprio risparmio, scegliendolo tra uno massimo prefissato
dalla banca e il tasso zero; il vantaggio in questo caso non è
economico, ma permette al risparmiatore una maggior adesione e
partecipazione ai progetti finanziati.
- Una gestione della raccolta del risparmio e
degli impieghi in modo trasparente: si dà al risparmiatore la
possibilità di conoscere il funzionamento della struttura che gestisce
il risparmio e la destinazione di ogni singolo finanziamento.
- Una politica degli impieghi rivolta a
valorizzare le persone.
Quest’ultimo requisito rappresenta senz’altro
l’aspetto peculiare della Finanza Etica: essa è, infatti, orientata allo
sviluppo umano che si realizza attraverso una diversa e più equa
produzione e distribuzione della ricchezza.
Quindi, la finanza etica non è una finanza
“altra”; non è una “alternativa” come per altre discipline (es. la
medicina “non ufficiale” nei confronti di quella “ufficiale”, il
“paranormale” nei confronti della scienza ufficiale). E’ una finanza
classica con tutte le sue regole; la diversità sta nel suo scopo, nel
benessere dell’uomo globale e non solo di uno “spicchio” di mondo. E’
una disciplina per l’uomo, e non solo per “alcuni” uomini.
In conclusione, la differenza tra Economia di
Mercato ed Economia Civile (ossia ciò che propone la finanza etica) è
data da:
• denaro
come forza di decostruzione sociale; denaro morto;
• denaro
per progetti volti alla costruzione del legame sociale; denaro vivo;
•
massimizzazione dei profitti individuali;
•
massimizzazione del bene comune;
• indifferenza per le conseguenze
sull’ambiente;
• responsabilità per le conseguenze
sull’ambiente;
• concorrenza e competizione esasperata;
• collaborazione e competizione solidale;
• mercato libero e assoluto;
• mercato solidale;
• modello di sviluppo che crea esclusione;
• modello di sviluppo che crea inclusione;
• creazione di multinazionali in concorrenza;
• creazione di reti di imprese e di alleanze;
• sradicamento dal territorio;
• radicamento nel territorio;
• concentrazione della ricchezza;
• distribuzione della ricchezza.
Anche in questo campo, si potrebbe affermare
che “non è tutto oro quel che luccica”, nel senso che non è di poco
conto distinguere tra ciò che è veramente etico e ciò che non lo è. Il
rischio, non più di tanto occulto, è quello di un possibile
annacquamento dei prodotti veramente etici, nel senso di uno sminuire la
grande valenza e portata della Finanza Etica, ossia “cambiare tutto per
non cambiare niente”.
Conclusione
Oggi la Finanza Etica è presente
rigogliosamente in tutti gli Stati del mondo, sia in modo pieno – ossia
facendo più o meno riferimento a quasi tutti i requisiti e ai problemi
da me descritti, nei Paesi ricchi dell’Occidente, – sia come
Microcredito in quelli poveri, chiamati eufemisticamente in “via di
sviluppo” (tornerò più largamente sul microcredito nel prossimo
articolo). Le sue espressioni sono varie: dalle Banche alle Finanziarie,
alle Cooperative, alle Società di Gestioni (le SGR) di Fondi Comuni
d’investimento, ai Fondi Pensione (si ricordi che i più grandi e potenti
sono quelli, nei Paesi Anglosassoni, degli insegnanti; da una loro
iscritta/pensionata, in Inghilterra, è iniziata la campagna contro la
Glaxo – società produttrice dei farmaci anti AIDS e da sempre inserita
nel portafoglio dei Fondi Etici, ma che non voleva vendere i suoi
prodotti a basso costo nei paesi poveri – per l’esclusione della stessa
da questi fondi, a causa del suo comportamento non etico. L’azienda, per
non perdere la reputazione e il proprio valore, ha abbandonato la causa
che la vedeva protagonista attiva in Sud Africa. Potenza delle donne e
della Finanza Etica!), ecc. Tutte, però, rivendicano e rivogliono un
ruolo attivo nella gestione umanitaria delle cose economiche,
ristabilendo una gradualità di valori in base alle esigenze della
Persona.
Se fino a pochissimi anni fa chi si occupava
di questa materia veniva visto non tanto con sospetto, quanto con
sufficienza, oggi la situazione è profondamente cambiata, costringendo i
grandi economisti a prendere conoscenza di ciò e facendo anche sì che le
Università cominciassero a trattare questi temi sia nei loro corsi
curricolari, sia nei loro master. Una prova di ciò è stata data dal
conferimento della laurea Honoris Causa, dell’Università di Parma, al
Presidente della Banca Popolare Etica, Fabio Salviato, come
rappresentante ufficiale della Finanza Etica. Insomma, pian piano il
mondo finanziario sta prendendo coscienza, così come migliaia di
risparmiatori, tra cui Enti Pubblici, Diocesi e Parrocchie e molti
Istituti Religiosi. Proprio questi ultimi, nell’Assemblea degli Economi
generali del 2003, hanno affrontato il tema del vivere eticamente il
denaro e la Finanza Etica.
Possiamo allora veramente sperare che il
nostro mondo, quello che abbiamo di più caro, ossia il mondo ecclesiale,
prenda con vigore, con scienza e coscienza, questo tema come paradigma
di un aiuto concreto all’Uomo? Io spero ardentemente di sì.