La
riflessione sull’Eucaristia, già iniziata nel mese di ottobre, si
intensifica sempre di più in questo anno 2005 che prevede la
celebrazione del Congresso Euca-ristico nazionale a Bari, nel mese di
maggio, e il Sinodo dei Vescovi nel mese di ottobre.
In questo tempo tutti i battezzati,
nutrendosi con il Corpo e il Sangue del Figlio di Dio, sono chiamati a
rinnovarsi e a rifondarsi nel Vangelo con rinnovato impegno.
Anche per noi consacrati/e questa è
un’occasione importante per ricentrarci in Cristo, per verificare se «la
partecipazione alle molteplici messe» cambia la nostra vita, se la
nostra presenza provoca un confronto all’insegna del Vangelo,
nell’ambiente in cui siamo, se stiamo trascinando l’esistenza
all’insegna dell’abitudine.
Riflettiamo insieme sul dono dell’Eucaristia…
Alla base dell’Eucaristia c’è l’esserci di
Dio, presente visibilmente attraverso Gesù Cristo sotto le specie del
pane e del vino, che ci chiama a stare con lui e tra di noi. «È lo
stesso Cristo che convoca i suoi fratelli e le sue sorelle per parlare
con loro e per unirli a sé e tra di loro nell’Eucaristia, per renderli
sempre più suo corpo vivo e visibile, animato dallo Spirito, in cammino
verso il Padre, mediante il contatto vivo con la Parola di Dio e con la
preghiera della Chiesa» (VFC nn. 12-13).
L’atteggiamento di fede ci chiede di stare
davanti all’Eucaristia con la stessa consapevolezza con la quale stiamo
davanti a Cristo stesso, conditio sine qua non per imparare a
stare l’uno/a accanto all’altro/a con affetto fraterno.
Riconoscendo il Risorto nell’Eucaristia, Gesù
che manifesta l’amore senza fine verso i suoi, noi consacrati/e ci
alleniamo a seguirlo con l’unico desiderio di fare la volontà di Dio
attraverso il gesto umile, semplice, familiare, ordinario della lavanda
dei piedi (cfr. Gv 13,1-15).
L’esperienza eucaristica ci conduce sulla
soglia del Mistero dove si coglie Dio e la bellezza della vita. La
presenza di Dio tra gli uomini e le donne del nostro tempo, attraverso
l’Eucaristia, è la prova del suo amore per sempre. Sperimentando il suo
essere in relazione costante con l’umanità, impariamo a rimanere in
relazione con i fratelli e le sorelle al di là della reciprocità.
In questo tempo in cui la maggior parte dei
contatti avviene sull’onda virtuale delle connessioni, noi consacrati/e
continuiamo a credere alla bellezza delle relazioni dirette, rimaniamo,
perciò, in relazione, costruiamo e ricostruiamo ponti di pace, anche
quando l’altro/a viene meno o ci tradisce, poiché l’Eucaristia ci
insegna il perdono ad oltranza, a dare la vita solo per amore, come ha
fatto Gesù.
Partecipando alla mensa eucaristica, ci
impegniamo a sentirci parte di un corpo, a vivere all’insegna del dono,
per custodire l’unità. Impariamo ad essere pane spezzato per chi non ha
da mangiare, a renderci prossimo all’altro/a, a compiere opere e gesti
di carità che rimandano all’amore gratuito di Dio. Ci mettiamo a servire
qualsiasi pane, a spezzarlo tra coloro che non vivono, o sono
rassegnati, o che cercano.
Chi si accosta alla mensa eucaristica con la
consapevolezza di accogliere nella propria vita la persona di Gesù
Cristo, sperimenta la sazietà che viene da Dio che continua a
distribuire il pane della vita e a saziare la fame di ogni vivente.
Quando la persona vive di Cristo, diventa
capienza che accoglie la sua Parola, la medita, la incarna, si nutre
nell’Eucaristia, del suo Corpo e del suo Sangue, per essere trasformata
in lui.
La consapevolezza di essere abitata dal
Figlio di Dio, rende la persona piena di vita. Il continuo riferimento
all’inabitazione di Cristo, il sentire di essere in sua compagnia, fa
riconoscere il naturale sentimento di solitudine come luogo privilegiato
della presenza di Dio. Ricevendo quotidianamente il Corpo e il Sangue di
Cristo, si impara ad essere in costante relazione con il Signore, a
«rimanere nel suo amore» (cfr. Gv 15,9).
Chi vive in relazione con Gesù Cristo è
presenza di pace in ogni ambiente. La pace donata dall’Eucaristia e
accolta nel cuore non può essere, infatti, trattenuta per sé. La
presenza di Dio, attraverso il Corpo e il Sangue del Figlio suo, nella
vita del consacrato/a che si dona come Gesù per amore, è la
dimostrazione della sua continua cura per l’umanità.
Offrire se stessi con Cristo al Padre è
rendersi disponibili ad essere il figlio di Dio oggi nell’ambiente in
cui si vive, a farsi mangiare da coloro che si incontrano perché siano
sazi anche loro (cfr. Mt 14,20). Il dare totalmente la propria vita per
gli altri, perché gli altri possano essere felici, comporta il
percorrere la strada della croce.
Testimonianza
La pienezza di vita testimoniata nel
quotidiano attraverso gesti semplici, familiari, spontanei, quali il
mangiare il pane e il bere il vino, può rimandare all’essenza della
nostra esistenza abitata da Dio. In questo tempo in cui la persona
sembra soffocare il desiderio, noi consacrati/e possiamo liberare nei
fratelli, e nelle sorelle, il desiderio di senso, di ricerca attraverso
il nostro stare con amore, animati dalla presenza di Cristo in noi.
Quando una fraternità, o una sororità, si
ciba dello stesso Corpo e Sangue di Gesù, si riunisce intorno al Figlio
di Dio e diviene una cosa sola con lui: è una fraternità, o una sororità,
in comunione che vive in festa, libera, gioiosa, piena di coraggio, dove
ognuno sperimenta l’amore gratuito.
Una fraternità, una sororità, evangelica che
ruota intorno a Gesù Cristo, fortificata dalla sua Parola e
dall’Eucaristia, è una fraternità che assume i tratti del Figlio di Dio
e che si fa proposta in ogni ambiente attraverso l’incarnazione dei
valori evangelici.
Il mondo, che vive nella frammentazione, ha
bisogno di incontrare persone unificate e unite, per potersi interrogare
sulle alternative del vivere corrente.
Lasciandosi determinare quotidianamente dalla
Parola e dall’Eucaristia, il/la consacrato/a accoglie da Gesù, il
Signore e il Maestro, l’invito a «lavarsi i piedi gli uni gli altri,
come ha fatto lui» (cfr. Gv 13,15), a rendere con amore dei servizi
anche materiali ai fratelli e alle sorelle che vivono già con noi o che
incontriamo sul nostro cammino (cfr. Mt 25,35-36).
La presenza di Gesù nella nostra vita ci
rende teneri, ci porta a prendere storicamente l’iniziativa del servizio
come il buon samaritano.
L’incontro con Gesù, attraverso la Parola e
l’Eucaristia, ci aiuta a realizzare l’amore: «Questo è il mio
comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri
amici» (Gv 15,12-13). È un chiaro percorso pedagogico che ci conduce ad
essenzializzare la nostra vita attraverso gesti di amore coerenti, per
non rischiare di rinchiuderci in uno sterile intimismo che segna la
morte delle vita consacrata. E se decidessimo di dare un volto nuovo al
voto di povertà, vendendo la maggior parte delle nostre sostanze, per
poter realizzare dei progetti mirati in favore dei fratelli bisognosi?
«Non possiamo illuderci: dall’amore
vicendevole e, in particolare, dalla sollecitudine per chi è nel bisogno
saremo riconosciuti come veri discepoli di Cristo» (MND 28).
Buon anno a tutti e a tutte!
Diana Papa