n.9
settembre 2007

 

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Limiti e valori dell'età anziana

 

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Anche per le persone consacrate arriva l’ora dell’anzianità, a meno che non muoiano prima, come può avvenire per ogni mortale. Come per tutti, anche per i religiosi l’età anziana è accumulo di esperienze e di maturità: senso dell’essenziale e del relativo, mescolanza di serenità e di insicurezza, alternanza di speranze e di timori, ai quali occorre aggiungere i molti limiti di salute, le stanchezze e le fragilità di ogni tipo.

Lo sappiamo tutti: lo stile di vita è la variabile più importante per godere di una luminosa salute fino a tarda età. L'attenzione ad una alimentazione sana, al quotidiano movimento fisico, al giusto equilibrio tra tempi di attività e di riposo (sonno incluso!), all'ecologia dell’ambiente in cui si vive, alla qualità dell'equilibrio emotivo - che si nutre di affetti e di stimoli culturali e spirituali - e alla vivacità di sguardo sulla vita, che rinnova il piacere di sorprendersi e imparare, costituisce il pilastro più affidabile su cui fondare l'arte di invecchiare.

Imparare a invecchiare è uno dei compiti fondamentali di ogni persona, e quindi di ogni consacrato. Sulla vecchiaia sono state scritte fin dall’antichità cose sapienti. In queste opere la vecchiaia è considerata sotto i più disparati punti di vista. Ci sono i medici, che descrivono i processi fisici dell’invecchiamento e le malattie senili; gli psicologi, che informano sui cambiamenti che avvengono nell’autocoscienza; i sociologi, che vedono con timore crescere il numero delle persone anziane a causa di una longevità assicurata dal progresso scientifico e di una paurosa denatalità che rende precari gli equilibri sociali. Altri analizzano il modo in cui vivono gli anziani nella società e il modo in cui la società li tratta. I teologi rivolgono alla Bibbia domande sulla vecchiaia, i parroci cercano nuove forme di pastorale per la terza età. Ci sono non poche descrizioni in libri e filmati della propria e altrui esperienza della vecchiaia.

La vecchiaia ha dunque molte facce e può essere osservata da diversi aspetti. Vi è anche la vecchiaia o la giovinezza dello spirito. Qui i parametri cronologici e sociologici si possono capovolgere. Ci sono, infatti, giovani secondo l’anagrafe che sembrano avere già un piede nella tomba, perché senza ideali, senza progetti e senza speranza. Ci sono vecchi d’età che hanno in sé la freschezza della palma cantata dal Salmo 91: "Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi".

Oltre al Salmo 91 l’anziano dovrebbe far proprio nella sua preghiera quanto espresso nel Salmo 70. Commentando questo salmo di supplica fiduciosa in Dio, mons. Gianfranco Ravasi osserva che il protagonista, un anziano amareggiato, ricorre a preghiere già note e lungamente usate, per esprimere a Dio la nostalgia del suo passato sereno e il lamento del presente intessuto di umiliazioni, di ostilità, di prove, di un affievolirsi delle forze. Eppure esso non si risolverà in un disperato sprofondare nei gironi infernali dello Sheol, l’abisso degli inferi, e della morte. Infatti questo anziano attende ancora un futuro di liberazione sperato nonostante l’esiguità degli anni che ancora restano.

In questo ritratto della vecchiaia del Salmo 70 [ripreso e sviluppato da Qoèlet nella sua conclusione (12,1-7)] è particolarmente commovente il ricordo tenero e nostalgico dell’infanzia, anzi l’evocazione della nascita stessa in cui Dio toglieva dal grembo materno la sua creatura e, come una madre, se la poneva tra le ginocchia per tenerla in piedi: "Sei tu, Signore la mia speranza / la mia fiducia fin dalla mia giovinezza. / Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno, / dal seno di mia madre tu sei il mio sostegno;/ a te la mia lode senza fine" (vv. 5-6).

È uno sguardo retrospettivo su un’esistenza posta tutta sotto il sigillo della fedeltà e dell’amore. Ad essa fa da contrasto la presente vita perseguitata. Di grande efficacia è l’amara descrizione dello stato in cui l’anziano versa attualmente: "Non mi respingere nel tempo della vecchiaia, / non abbandonarmi quando declinano le mie forze. / Contro di me parlano i miei nemici, / coloro che mi spiano congiurano insieme" (vv. 9-10).

Nonostante il deperimento fisico e la crisi interiore, l’anziano in preghiera apre il cuore alla fiducia e alla speranza. La sua vita è stata una lode a Dio; questa non verrà meno ora, come non mancheranno l’arpa e la lira per ritmare il canto dello Spirito: "Io, invece, non cesso di sperare / moltiplicherò le tue lodi. / La mia bocca annunzierà la tua giustizia, / proclamerà sempre la tua salvezza, / che non so misurare. […]. Tu mi hai istruito o Dio fin dalla giovinezza / e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi. / E ora, nella vecchiaia e nella canizie, Dio non abbandonarmi, / finché io annunzi la tua potenza, / a tutte le generazioni le tue meraviglie. […]. Mi hai fatto provare molte angosce e sventure: / mi darai ancora vita, / mi farai risalire dagli abissi della terra, / accrescerai la mia grandezza / e tornerai a consolarmi. / Allora ti renderò grazie sull’arpa, / per la tua fedeltà, o mio Dio; / ti canterò sulla cetra, o santo d’Israele. / Cantando le tue lodi, esulteranno le mie labbra / e la mia vita, che tu hai riscattato" (vv. 14-23).

Come non vedere in questa preghiera una luce che anima la spiritualità della vecchiaia? Se si riesce a scoprire una serie di valori come sostegno personale, tutto si trasfigura. Il nostro orante nutre anzitutto la fede nel Signore, unico rifugio, sostegno, baluardo, rupe di difesa. Coltiva poi la fedeltà nelle prove che gli piombano addosso senza pietà, né rispetto per la canizie, umiliandolo. Si lascia rianimare dalla speranza, che lo ha guidato fin dalla giovinezza. Sa anche valorizzare la musica e il canto per lodare il Signore e rasserenare lo spirito contrastato.

Questo discorso appena accennato fa da prologo al ventaglio di prospettive che colorano l’età anziana delle persone consacrate. L’arte di invecchiare nel servizio di Dio e del prossimo ci insegna a combattere con l’energia dello Spirito il venir meno delle forze umane. La vecchiaia è vocazione, è profezia, è contemplazione dalla soglia, è dire "eccomi" ad appelli mai uditi, è tempo di ritiro spirituale, è risorsa da ben impiegare da parte di persone e comunità. Non solo invecchia il consacrato; anche le Congregazioni invecchiano, soprattutto oggi quando le vocazioni sono rare e si attendono come rugiada dal cielo.

Sono questi i temi accostati nel Dossier del presente numero di Consacrazione e Servizio affidati alla lettura personale e allo scambio fraterno in comunità. Anche il ritiro mensile, la riunione comunitaria, gli Esercizi Spirituali, l’anniversario del 50° di Professione religiosa sono motivi e occasioni perché ancora oggi siano vere le parole dell’antico salmista: "Nella vecchiaia daranno ancora frutti".

Maria Marcellina Pedico
delle Serve di Maria Riparatrici