n. 2 febbraio 2008

 

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Io cerco il tuo volto

 

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«Non c’è nell’uomo anelito più profondo di questo: cercare il volto di Dio. L’incessante e ripetuta preghiera veterotestamentaria del Salmista esprime questo ardente e insopprimibile desiderio d’incontrare l’Eterno: «Di te ha detto il mio cuore: cerca il suo volto. Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (Sal 27,8-9; 24,6; 105,4).

Nell’Antico Testamento l’espressione «cercare il volto del Signore» ha sapore cultuale, indica il pellegrinaggio del pio israelita verso l’unico tempio di Dio, e quindi l’aspirazione alla sua vicinanza nella preghiera. La frase è usata dunque come sinonimo per «accedere al tempio» in cui lo splendore della gloria di Dio si svela. Ma oltre al pellegrinaggio al tempio in senso stretto, la frase ha un’eco spirituale più profonda, che costituisce tra l’altro l’anima stessa del culto. Attraverso la liturgia il fedele attua un’esperienza interiore di Dio, lo può quasi «vedere», ne può parzialmente intuire il sorriso: il volto evoca sotto forma umana teofania, parola, comunione, benignità (Sal 4,7; 10,11).

Certo non è possibile «vedere il volto di Dio e restare in vita» (Es 33,20). Uno dei momenti più alti della spiritualità dell’Antico Testamento alla luce di questa dinamica della ricerca del volto di Dio – e quindi del desiderio dell’uomo di conoscerlo da vicino e di poterlo incontrare - è costituito dalla preghiera di Mosè sul Sinai: «Mostrami la tua Gloria», ossia «Mostrami lo splendore del tuo volto» (Es 33,18-33). Dio è trascendente anche per il fedele più puro e più vicino a lui come Mosè. È possibile però intuirne un bagliore; e il simbolo «volto» è appunto la categoria teologica attraverso la quale si dichiara e si nega la comunione tra creatura e Creatore. Se il volto di Dio si nasconde, l’uomo piomba nel nulla e nel male, così come se la parola di Dio tace, l’uomo è «come chi scende nella fossa» (Sal 28,1). Per questo la simbologia del volto di Dio ha rivestito una funzione altissima nella spiritualità di tutte le epoche. Due esemplificazioni soltanto. Sant’Agostino: «Tu ci hai

creati per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te» (Confessioni I,1). Santa Teresa di Lisieux: «Il tuo volto è la sola mia patria».

Ma dove cercare il volto di Dio? Dove incontrare il Dio invisibile? Nel Nuovo Testamento, un momento di somma importanza sulla viadel desiderio dell’uomo di conoscere Dio è costituito dall’invocazione fatta dai pellegrini greci a Filippo e poi, attraverso Filippo e Andrea, giunta a Cristo: «Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21). Come i Greci, saliti in pellegrinaggio duemila anni fa a Gerusalemme, ognuno di noi desidera «vedere Dio», anzi custodisce in cuore - a volte in maniera inconsapevole - questa richiesta. Secondo Paolo: «Dio non è lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo» (At 17,27-28). Possiamo dunque in certa misura trovare Dio nell’ordine, nella bellezza, nell’armonia delle cose create. Tuttavia, se vogliamo sapere qual è il vero e definitivo punto d’incontro con Dio, l’esperienza della comunità cristiana delle origini non lascia dubbi: Gesù Cristo è la suprema rivelazione del volto del Padre. Il volto di Gesù di Nazaret è un volto del tutto particolare, è unico e irripetibile. Come Verbo fatto carne (Gv 1,14), Gesù è l’«uomo nuovo» (Ef 4,24), è «immagine del Dio invisibile» (Col 1,15), poiché nel suo volto umano «rifulge» la gloria divina, ossia l’identità propria di Dio. È in questa linea che Gesù ha potuto rispondere alla richiesta di Filippo: «Mostraci il Padre, e ci basta», con la nota indicazione: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,8.9). In quanto Figlio,

Il problema diviene ora: dove trovare il volto di Cristo? In un delicato racconto di un monaco possiamo avere la risposta.

«Viveva nei tempi andati, in Sicilia, un monaco di nome Epifanio.

Un giorno scoprì in sé un dono del Signore che non aveva mai sospettato di possedere: sapeva dipingere bellissime icone. Epifanio non si dette più pace: voleva dipingerne una che fosse il suo capolavoro: voleva ritrarre il volto di Cristo. Ma dove trovare un modello adatto che esprimesse insieme sofferenza e gioia, morte e risurrezione, divinità e umanità? Gesù è nel Padre e il Padre è in lui (cf Gv 14,9-11; 17,21).

Epifanio si mise in viaggio. Percorse l’Italia, la Francia, la Germania scrutando ogni volto. Nulla: il volto adatto per rappresentare Cristo non c'era. Stanco, si addormentò ripetendo le parole del salmo: “Il tuo volto, Signore, iocerco. Non nascondermi il tuo volto". Fece un sogno. Gli apparve un angelo che lo riportò dalle persone incontrate e per ognuno gli indicò un particolare che rendeva quel volto simile a quello di Cristo: la gioia di una giovane sposa, l'innocenza di un bambino, la forza di un contadino, la sofferenza di un malato, la paura di un condannato, la bontà di una madre, lo sgomento di un orfano, la severità di un giudice, l'allegria di un giullare, la misericordia di un confessore, il mistero nel volto bendato di un lebbroso.

Epifanio tornò al suo convento e si mise al lavoro. Dopo un anno l'icona di Cristo era pronta e la presentò all'abate che rimase attonito: il volto di Cristo era meraviglioso! Volle sapere di quale modello si era servito, perché desiderava mostrarlo anche agli altri artisti del monastero. Il monaco rispose: Nessuno, padre, mi è stato di modello, perché nessuno è uguale a Cristo, ma Cristo è simile a tutti».

Morale: non cercare il Cristo nel volto di un solo uomo, ma cerca in ogni uomo un frammento del volto di Cristo.

L’esperienza del monaco Epifanio c’invita a vedere dappertutto, perfino negli esseri più reietti e bisognosi, un frammento del volto di Cristo, anzi – come c’insegna il vangelo (Mt 25,34-40) – il Cristo stesso in persona. Queste parole richiamano l’omelia pronunciata da Paolo VI alla chiusura del Concilio Vaticano II: «Se ci ricordiamo che nel volto di ogni uomo, specialmente se reso trasparente dalle lacrime e dalle sofferenze, noi possiamo e dobbiamo riconoscere il volto di Cristo (Mt 25,40), il Figlio dell’uomo, e se nel volto di Cristo possiamo riconoscere il volto del Padre celeste: “Chi vede me - dice Gesù – vede anche il Padre” (Gv 14,9), il nostro umanesimo diventa cristianesimo, e il nostro cristianesimo si fa teocentrico, tanto che possiamo altresì affermare: per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo» (Omelia, 7 dicembre 1965).

Amiche lettrici e cari lettori, questo secondo numero di Consacrazione e Servizio che avete tra le mani, si presenta quanto mai ricco sotto il profilo qualitativo.

Sotto il titolo-interrogativo: «Chi dite che io sia?», il Dossier si concentra sulla figura di Gesù, un tema oggi tra i più discussi, sollecitato anche dalla pubblicazione del libro di Papa Benedetto XVI. In questa sezione della rivista sono raccolti quattro studi e una proposta per un momento contemplativo sul volto di Cristo. Al di fuori del primo contributo di mons. Francesco Lambiasi, gli altri tre sono stati presentati il 27 ottobre 2007 all’incontro-dibattito promosso e organizzato dal Centro Studi-Consacrazione e Servizio, presso la sede dell’USMI. Due studiosi autorevoli, il biblista Romano Penna e il teologo Gianni Colzani, e l’esperta in comunicazione, la paolina Battistina Capalbo, hanno presentato le loro lezioni con chiarezza ed essenzialità. Riprendere quei testi per la lettura personale o comunitaria di questoDossier era l’obiettivo dell’iniziativa: leggere e soffermarsi ad approfondire la figura di Gesù con calma, dopo aver ascoltato gli esperti in materia, ci sembra un modo felice per un arricchimento spirituale e teologico.

Le altre rubriche del fascicolo: «Vicino a te è la Parola» (Cristina Caracciolo), «Sapienza dei Padri» (Mario Maritano), «Orizzonti» (Mons. Angelo Amato, Grazia Paris), «Vedere-Leggere-Ascoltare» (Teresa Braccio e Luciagnese Cedrone), continuano ad offrire interessanti indicazioni biblico-patristico-pastorali-attuali.

A tutte le lettrici e lettori auguriamo di accogliere l’invito insistente che promana dal Gesù del Papa teologo: «Ritorniamo al Vangelo, ritorniamo all’autentico Gesù» (Gesù di Nazaret, p. 78). Tu, dunque, chi dici che Lui sia?

Maria Marcellina Pedico
delle Serve di Maria Riparatrici
m.pedico@smr.it