n. 2 febbraio 2008

 

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San Giustino, l'uomo alla ricerca della verità

di Mario Maritano

 

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Introduzione

Nel II secolo dopo Cristo, di fronte all’ostilità e ai pregiudizi dei pagani, alcuni cristiani sentono il dove-re di difendere la loro religione, di confutare le accuse addotte contro i cristiani, rivendicando il diritto di esistere e di professare il cristianesimo. Allo stesso tempo fanno «propaganda» della nuova religione con lo scopo missionario di convertire. Presentando la fede cristiana, pongono le prime basi della teologia e iniziano un dialogo col mondo circostante, utilizzando la cultura del loro tempo. Essi accettano anche quanto di valido e positivo era presente nella filosofia e nella mentalità pagana (come l’anelito alla verità, l’aspirazione ad una religiosità più autentica, il richiamo ad una moralità più alta …), anche come preparazione alla venuta del cristianesimo. Allo  stesso tempo richiamano i cristiani all’importanza della coerenza e della testimonianza di vita, anche come prova della verità che essi proclamano. Il più importante apologista greco è appunto Giustino, una delle più illustri e significative personalità della letteratura cristiana antica.

Giustino ricerca la verità e la testimonia

Giustino nasce verso il 100 d.c a Sichem (odierna Nablus) da una famiglia pagana. Assetato di verità (come ci racconta lui stesso nel suo Dialogo con Trifone 1-9), si reca presso varie scuole filosofiche (stoica, peripatetica, pitagorica, platonica), ma ne rimane deluso. Alla fine un misterioso personaggio incontrato nella solitudine lungo la spiaggia del mare, dapprima gli dimostra l'impossibilità dell’uomo di giungere a Dio con le sole forze della sapienza umana, poi gli indica le persone a cui rivolgersi per trovare la via che lo conduca a Dio: gli antichi profeti, che hanno lasciato le loro testimonianze nella Sacra Scrittura. Nel congedarlo, il vegliardo lo esorta alla preghiera: «Tu prega innanzitutto che le porte della luce ti siano aperte, poiché nessuno può vedere e comprendere, se Dio e il suo Cristo non gli concedono di capire» (Dialogo 7,3). Al termine di un lungo itinerario spirituale, all’età di circa 30 anni si convertì al cristianesimo, sollecitato anche dal comportamento eroico dei cristiani: se sopportavano il martirio «era impossibile che vivessero nel male e nella brama dei piaceri» (2 Apologia 12,1).

Dopo la conversione, Giustino si impegnò con sincero entusiasmo a difendere e propagare la religione cristiana, da lui ritenuta la «vera filosofia». Verso il 140 si recò a Roma e vi fondò una scuola ove gratuitamente iniziava gli allievi al cristianesimo: «Se qualcuno voleva venire da me, io gli comunicavo le dottrine della verità» (Atti del martirio 3,3), dirà lui stesso durante il processo, che terminerà col martirio. Denunciato come cristiano, verso il 165 d.C., fu condannato alla decapitazione: concluse dunque la sua vita con una esemplare testimonianza di fede, insieme ad altre sei persone, forse suoi studenti.

Semi di verità in ogni persona umana

Giustino riconosce che anche tra i pagani si trovano scintille di verità, proprio perché ogni persona umana, in quanto creatura razionale, partecipa del Logos e riproduce in se stessa qualcosa di Lui: dunque ne porta in sé un seme e può cogliere i barlumi della verità. Questa in modo parziale è presente nella filosofia greca, invece nella sua totalità si trova solo nel Logos, che si è manifestato storicamente e personalmente in Cristo incarnato: dunque conclude il nostro Apologista «tutto ciò che di bello è stato espresso da chiunque, appartiene a noi cristiani (2 Apologia 13,4). Ogni verità perciò è orientata a Cristo, come la parte che si volge al tutto. Anche i pagani, nella filosofia, hanno avuto una strada che li guidava a Cristo, li preparava alla sua venuta, così come l’Antico Testamento aveva predisposto gli Ebrei ad accogliere il Messia. Quindi anche i cristiani possono attingere alla filosofia come ad un bene proprio, anche se con cauto e illuminato discernimento. Ciò che il Logos ha operato nel mondo pagano illuminando le menti, risvegliando le coscienze, indirizzando verso la ricerca del bene, è stato realizzato con pienezza nel cristianesimo. Giustino è convinto che il cristianesimo include i più veri e autentici valori umani e religiosi: ogni persona umana, in quanto immagine di Dio, ha in sé scintille di verità e di bontà e quindi va stimata e accolta come un dono.

Maria come la nuova «madre di vita»

Giustino mette a confronto due avvenimenti importanti e decisivi nella storia dell’umanità: il peccato originale e l’Annunciazione. Un profondo legame li collega e guida la storia: la persona umana pecca e introduce la morte nel mondo, Dio interviene e salva il mondo sulla stessa linea: come per mezzo di una donna, Eva, cadde il primo uomo, Adamo, così per mezzo di un’altra donna, Maria, nasce l’uomo nuovo, il Cristo.

Il nostro Apologista scrive che Cristo «si fece uomo dalla Vergine, af-finché per quella stessa via per la quale ebbe principio la disobbedienza causata dal serpente, per la medesima via venisse similmente distrutta. Eva infatti, essendo vergine e incorrotta, dopo aver concepito la parola del serpente, generò disobbedienza e morte. Invece Maria, la Vergine, concepì fede e gioia quando l’angelo Gabriele le annunziò che lo Spirito del Signore sarebbe sceso sopra di lei e la Potenza dell’Altissimo l’avrebbe adombrata - perciò il santo nato da lei sarebbe stato il Figlio di Dio - e rispose: “Avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38). Da lei è nato colui [= Cristo] […] per mezzo del quale il Padre distrugge il serpente, gli angeli e gli uomini che ad esso si rendono simili, ma opera la liberazione dalla morte per tutti coloro che si convertono dal male e credono in Lui» (Dialogo 100,4-5). Giustino da una parte espone la situazione identica in cui si trovano le due donne e dall’altra contrappone il loro opposto atteggiamento e le diverse conseguenze che ne derivano. Ambedue sono vergini, ascoltano una parola e sono generatrici di futuro per i discendenti. Eva, con la sua disobbedienza, accoglie la parola seduttrice del serpente, introduce nel mondo la morte e conseguentemente trascina nella mortalità la razza umana; Maria invece, obbedendo, accoglie la parola di Dio e genera la vita e la gioia; di conseguenza l’umanità con Cristo nato da Maria è reintrodotta nell’immortalità. Ella dunque è la donna «nuova», vera «madre di vita», che apre la via della salvezza con la sua fede e la sua disponibilità a Dio: con lei la storia riprende il corso secondo il piano prestabilito da Dio, per la stessa via per cui era stato rovinato: due donne, due vergini, due responsabili della storia.

Una persona umana distrugge, e Dio - con un’altra persona umana - riedifica: egli dunque nella sua bontà crea una nuova occasione per riprendere dall’inizio ciò che era stato rovinato, per dare nuove possibilità di salvezza. Dio non vuole che la storia dell’umanità si concluda nella tragedia e nella morte, ma con la collaborazione attiva e paziente di una persona «nuova», la Vergine Maria, ripristina la situazione e la porta al compimento positivo e felice, redimendo l’umanità. L’amore di Dio è sempre più forte del peccato dell’uomo.

 

Mario Maritano
Università Pontificia Salesiana Piazza dell’Ateneo Salesiano, 1 - 00139 Roma

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