n. 7/8
luglio/agosto 2008

 

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Donne gioiose e credenti

Omelia

di Mons. Italo Cstellani

 

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Questa celebrazione eucaristica, nel contesto dei vostri lavori tematizzati su «La vita religiosa risorsa ecclesiale per il bene comune», rinnova per noi il duplice dono di Gesù ai discepoli di Emmaus: «lo riconobbero allo spezzare il pane» (Lc 24,35) e «aprì loro la mente all’intelligenza delle Scritture» (Lc 24,45).

La nostra intelligenza e fede sono costantemente sollecitate a fare propria la testimonianza dei due discepoli nel riconoscere il Signore: «il pane della Parola e il pane dell’Eucaristia, sono lo stesso pane, Gesù Cristo» (cf CEI, Evangelizzazione e testimonianza della carità, 2).

Riconoscere il Signore – e far conoscere la sua opera – è anche l’atteggiamento di Pietro richiamato dalla prima lettura ascoltata (At 11,3-26). Pietro, consapevole che «tutto il popolo è fuori di sé per lo stupore», di fronte allo storpio guarito e saltellante, non esita un istante a confermare la sua fede in Gesù di Nazaret e a orientare la fede della gente sul «servo Gesù». «Perché - dice - continuate a fissarci come se per nostro potere e nostra pietà avessimo fatto camminare quest’uomo? Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù», che è stato costituito Signore e Cristo.

Per la verità le stesse parole che Pietro rivolge alla folla, sorpresa e stupita per la guarigione dello storpio, sono una coscienza che deve rimanere costante nella nostra vita di discepoli del Signore e nella Chiesa chiamata essa stessa permanentemente al discepolato del suo «Maestro e Signore» (Gv 13,13): «Dio dopo aver risuscitato il suo servo, l’ha mandato prima di tutto a voi per portarvi la benedizione» (At 3,26).

Resta in noi, come nei due discepoli, la fatica del cammino quotidiano e la paura della morte e delle morti che segnano la nostra vita. Anche a noi, malgrado che Gesù in persona ripetutamente si sia accostato e abbia camminato con noi (cf Lc 24,15), di fronte agli imprevisti quotidiani  che toccano la nostra vita personale, alle reali situazioni di invecchiamento e di contrazione numerica dei nostri Istituti, ai rapidi cambiamenti culturali che ci stan-no investendo e così via, siamo stupiti e spaventati come di fronte ad un «fantasma» (Lc. 24,37).

Gesù non manca di venirci incontro, rincuorandoci con un dolce e amorevole rimprovero. «Perché siete turbati e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?» (Lc. 24,38). Ma soprattutto chiedendoci «qualche cosa da mangiare» (Lc 24,41), di fatto desidera sedersi a mensa con noi, alla sua mensa, dove ci rende di volta in volta ancora più discepoli: «Di questo voi siete testimoni» (Lc 24,48). Basta solo rimettere in moto l’amore e la gioia: «e così possano giungere i tempi della consolazione da parte del Signore» (At 3,20).

Donne gioiose e umili

Cosa è chiesto alle religiose oggi dal mandato evangelico di Gesù: «Di questo voi siete testimoni», perché la vita religiosa sia davvero risorsa ecclesiale per il bene comune? L’umanità ha bisogno di religiose: il segno profetico di volti femminili che dicano l’amore di Dio. L’urgenza oggi è di risvegliare – o di accendere – la fede. Ora il nostro tempo per credere ha bisogno, più che mai di ‘volti’: religiose che diano visibilità al vangelo, facciano vedere Cristo.

Per incontrare Gesù i nostri contemporanei hanno bisogno di vedere volti gioiosi e umili: di religiose abitate dalla gioia del Vangelo e dall’umiltà di Cristo.

La vera gioia del discepolo di fatto evangelizza! La cosa più importante non è quello che le religiose fanno, organizzano, intraprendono, ma quello che sono: ciò che conta è la vostra offerta, in semplicità di vita e gioia, a Cristo. Se Cristo è il Signore della nostra vita, e se Egli è il Signore della vita delle comunità, la vita religiosa sarà fermento profetico nella gioia e nell’umiltà.

Donne che credono alla vocazione alla santità

Mi sembra che ci sia oggi, nelle comunità religiose, un’urgenza: credere alla chiamata alla santità. Si deve credere alla vocazione alla santità nella propria e per la propria comunità, nella e per la propria vocazione personale, attingendo alla fede, attingendo alla grazia di Cristo. È urgente credere nella vostra vocazione alla santità. come donne di preghiera anzitutto!

Stiamo attenti a non lasciare che si diffonda nelle nostre comunità un vento sottile di poca speranza, che può tradursi in una espressione, se non esternata, coltivata nel cuore «Ormai…!»; o che si diffonda un certo spirito di abitudinarietà o di negligenza.

Questi atteggiamenti lentamente rovinano le anime e la comunità.

Il nostro tempo è un momento di grazia e un momento opportuno per scegliere di credere di nuovo alla santità, per guardare la propria vocazione come un cammino di santità.

Ai Superiori, in particolare, non è chiesto in primo luogo di gestire un patrimonio, o di organizzare la vita dell’Istituto, ma di condurre le comunità su questo cammino, e di coltivare, se necessario recuperare, “la santa ambizione alla santità” (Giovanni Paolo II).

Donne fedeli al Vangelo

Abbiate il coraggio del Vangelo: non lasciatevi cioè sedurre dallo spirito del mondo. Dalla nostra fedeltà dipende la fedeltà di tanti e Dio ce ne chiederà conto!

Non lasciate che lo spirito del mondo si introduca nelle vostre comunità.

Siate libere nei confronti del mondo! In altre parole, siate profeti! Altrimenti la vita religiosa sarà vana e sterile.

C’è un legame particolare tra vita consacrata e profezia.

A voi spetta un servizio profetico a beneficio di tutta la Chiesa. Siate profeti con la vostra vita. Dio ha bisogno della vostra disponibilità personale e comunitaria al suo Spirito, per indirizzare alla Chiesa e al mondo di oggi la sua Parola.

Siate profeti nella verginità: è un grande dono di Dio. I giovani aspettano la vostra testimonianza per credere nell’amore. La vostra verginità vissuta per amore di Gesù è profetica oggi più che mai. È l’espressione di una libertà adulta e di un grande amore.

Siate profeti nella povertà: scegliete e testimoniate la sobrietà come ‘stile di vita’. Liberatevi del superfluo, di ogni lusso e di ciò che ingombra le vostre comunità e la vostra vita. Mostrerete che Gesù è per voi una vera ricchezza.

Siate profeti nell’obbedienza: un’obbedienza, fondata sull’esempio e sulla grazia di Gesù. Non lasciate che l’individualismo invada le vostre comunità: la comunione vissuta come vita fraterna, costi quel che costi, è il “carisma dei carismi” della vita consacrata!

Mons. Italo Castellani
Arcivescovo di Lucca

 

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