n. 1
gennaio 2009

 

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Libertà di Parola

   

 

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«L'apostolo Paolo, nella sua seconda lettera al discepolo Timoteo, scrive: “La parola di Dio non è incatenata” (2Tm 2,9). Al suo successore nella Chiesa di Efeso ricorda la sua condizione personale: si trova in catene a causa dell’annuncio del Vangelo che compie. […]. Il discepolo può soffrire e morire, ma la parola di Dio permane con la sua forza e con la sua efficacia che la rendono libera e operante senza conoscere alcun confine o limite che gli uomini possono opporre. Non può essere fermata da niente e da nessuno, non può rimanere inoperosa o inefficace per la ignavia dei discepoli dinanzi alla persecuzione o per la violenza di quanti ne vorrebbero contrastare la ricchezza».

Queste significative affermazioni di mons. Rino Fisichella trovano conferma nella vita della Chiesa. Di fatto, dopo la promulgazione della costituzione conciliare Dei Verbum (18 novembre 1965) si è sperimentato come la parola di Dio sia libera e liberatrice, non incatenata; sia Parola viva ed efficace (cf Eb 4,12), che agisce e trasforma (cf 1Ts 2,13). La Parola divina è la fonte della vita della Chiesa (cf DV 9); è la rivelazione del Padre che in Gesù chiama tutti ad una vita di comunione nello Spirito Santo (cf DV 2); è Parola che narra, evoca, impegna.

Citando la seconda lettera di Paolo ai Tessalonicesi, nella Dei Verbum i padri conciliari avevano espresso questo voto: «… con la lettura e lo studio dei sacri Libri, “la parola di Dio compia la sua corsa e sia glorificata” (2Ts 3,1)» (n. 26). La “parola di Dio” appare nella costituzione come personificata sotto l’immagine di chi deve compiere una corsa, sottolineando la forza intrinseca del Vangelo, la sua carica espan-siva. Esso è per definizione un messaggio, un annuncio destinato ad essere trasmesso a tutte le genti (cf Mt 28,19). Ha varcato infatti le mura della città santa, i confini della Palestina, e ha percorso il mondo intero. San Paolo usa più volte l’immagine della corsa a proposito della vita cristiana o del lavoro apostolico (Rm 9,16; Gal 2,2; 5,7; Fil 2,16; 3,12). L’esistenza cristiana, indicata spesso come cammino, la si paragona a una corsa quando si vuol dare l’idea di una obbedienza sollecita verso una meta oppure quando si vuol esprimere la tensione del portare a compimento la missione di testimoniare il Vangelo.

È doveroso allora domandarci: fino a che punto abbiamo recepito gli insegnamenti della Dei Verbum? È difficile rispondere. Tuttavia non si può non riconoscere che le indicazioni della costituzione conciliare si sono mostrate feconde, dando frutti abbondanti nella vita ecclesiale. Liturgia, teologia, vita quotidiana dei fedeli sono state indubbiamente segnate da una maggiore assiduità e frequentazione con la Scrittura (cf DV 25). In Italia si è avvertito un notevole impulso verso la Bibbia, come è registrato nel documento della CEI intitolato«La parola del Signore si diffonda e sia glorificata» (18 novembre 1995), e come testimoniato dalla crescita continua di gruppi di ascolto o del Vangelo, in svariate forme. Sul versante dell'evangelizzazione e della catechesi, rilevante è stato l'incontro con la Scrittura nel cammino di iniziazione cristiana per i fanciulli e per gli adulti; innegabile è stato pure il servizio offerto dagli esegeti per una pastorale ancorata alla Bibbia; significativo anche l'interesse suscitato dal rapporto tra Bibbia e cultura.

Tutto questo è vero. Ma non mancano né sono poche le ombre. Se consideriamo ad esempio il terreno dell’esperienza sono evidenti carenze e patologie che impediscono di illudersi. È decisamente minoritario il numero dei fedeli che sperimentano un effettivo incontro con la parola di Dio, sia mediante la partecipazione alla Messa domenicale che nelle altre forme di accostamento alla Sacra Scrittura. Nel recente Sinodo dei Vescovi (5-26 ottobre) è risuonata con forza la denuncia del cosiddetto «analfabetismo biblico», dove si intrecciano l’ignoranza di dati elementari circa la Bibbia con il rischio del fondamentalismo, la confusione di idee sull'identità «divino-umana» delle Scritture e la loro collocazione al centro della fede della Chiesa, soprattutto nella celebrazione liturgica. Emerge pure l'impreparazione dei pastori nel dedicarsi con passione ad alimentare correttamente l’incontro con la parola di Dio nella pastorale, a partire dall’omelia, specie nella celebrazione eucaristica domenicale. A questa situazione si aggiungono diversi ostacoli che impediscono la libertà di Parola: l’indifferenza, il frastuono, la cupidigia, l’idolatria. Su quest’ultimo impedimento scrive il biblista Claude Wiéner: «L’idolatria non è un atteggiamento superato una volta per sempre, ma rinasce sotto forme diverse: non appena si cessa di “servire il Signore”, si diventa schiavi delle realtà create: denaro (Mt 6,24 par.), vino (Tit 2,3), volontà di dominare il prossimo (Col 3,5; Ef 5,5), piacere, invidia ed odio (Rm 6,19; Tit 3,3), peccato (Rm 6,6). Tutto ciò porta alla morte (Fil 3,19), mentre il frutto dello Spirito è vita (Rm 6,21ss.). Dietro questi vizi, che sono idolatria, si nasconde un disconoscimento del Dio unico che, solo, merita la nostra fiducia».

La libertà di Parola quali vie può percorrere in noi per ovviare a tanti freni e ostacoli? Senza assolutizzare mezzi e strutture, sono indispensabili alcuni ambiti, quali: ascolto, silenzio, accoglienza, umiltà, conversione, ascesi, preghiera. Alla parola del Signore - segno del suo gratuito auto-donarsi a noi - occorre corrispondere con l’accoglienza libera e gioiosa, che è l’ascolto obbediente della fede, come ha sottolineato la Dei Verbum: «A Dio che si rivela è dovuta l’obbedienza delle fede, per la quale l’uomo si abbandona a Dio tutto intero liberamente, prestando il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà a Dio che si rivela e dando il proprio assenso volontario alla rivelazione fatta da lui»(n.5). Il Dio che si comunica al nostro cuore ci chiama ad offrirgli non semplicemente qualcosa di noi, ma noi stessi. Questo ascolto coinvolgente ha la forza di renderci liberi: «Se rimanete fedeli alla mia Parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31-32).

Ascoltare e meditare la Parola, gustarla, amarla, celebrarla, viverla e annunciarla in parole ed opere: è questo l’itinerario che si apre dinanzi a chi comprende che nella parola di Dio sta la sorgente della vita cristiana. Chi decide di entrare in rapporto dialogico e personale con Dio è chiamato ad assumere atteggiamenti che dicano tensione a crescere, decisione di offrire totalità di attenzione a Dio che parla, sfrondando via via dal proprio ascolto tutte quelle realtà che, in qualsiasi maniera, minacciano la priorità dell’ascoltare-praticare la Parola. Questo è il frutto di una vita convertita e sempre in stato di conversione. Occorre porsi docilmente alla scuola dell’esegeta della Parola divina, che è lo Spirito Santo, il quale sussurra al nostro cuore: «Chi ha orecchi per intendere, intenda» (Mc 4,9). La nostra vita consacrata provoca la nostra responsabilità ad essere maggiormente liberi per ascoltare meglio e praticare meglio la Parola, lasciandoci trasformare secondo le radicali esigenze della sequela Christi.

Amiche lettrici e cari lettori, il numero di Consacrazione e Servizio che avete tra mano - il primo dell’anno 2009 - si presenta con qualche nuovo accorgimento grafico, indice dell’attenzione della Redazione per una efficace accoglienza dei suoi contenuti. Apre il fascicolo la consueta rubrica «Speciale Anno Paolino», con l’articolo di mons. Francesco Lambiasi su un argomento fondamentale per la nostra vita: la preghiera in san Paolo.«L’uomo nascosto in fondo al cuore» è la frase, tratta dalla prima lettera di san Pietro (1Pt 3,4), che sostituisce la precedente «Vicino a te è la Parola». La rubrica, affidata alla prof.ssa Antonietta Augruso, si prefigge di rielaborare lungo l’anno alcuni temi inerenti alla nostra interiorità. In questo numero accosta il tema della «semplicità».

Continua la rubrica «Orizzonti», arricchendo il fascicolo con due contributi. Il primo rievoca l’esperienza singolare della lettura continuata della Bibbia presso la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme il 5-6 ottobre 2008 (Silvia Guidi); il secondo presenta il tema raro sulle religiose e gli emigranti italiani (Raffaella Iadanza).

Una parola particolare per il «Dossier». Sotto il titolo: «La parola di Dio nella trama della storia» sono raccolti sei contributi affidati a bibliste (Nuria Calduch-Benages, Rosanna Virgili), esperti di spiritualità (Bruno Secondin, Elia Citterio), testimoni di carità (Giovanni Paolo Ramonda), responsabili di Congregazioni (Madre Viviana Ballarin). Dalla loro angolatura essi trattano il tema della parola di Dio, a partire dall’esperienza sinodale. Anche le riflessioni del presente Editoriale intendono arricchire la tematica a quarant’anni dalla promulgazione della costituzione conciliare Dei Verbum, con particolare attenzione al vissuto ecclesiale.

Oltre alle consuete rubriche sul film (Teresa Braccio) e sulle segnalazioni (Luciagnese Cedrone), il numero ospita una nuova rubrica: «Sorelle in libreria». In essa di volta in volta la teologa Cettina Militello presenta la vita religiosa alla luce di alcuni volumi che si occupano di questo filone letterario.

L’augurio che rivolgo ad ognuna/o desidero esprimerlo con le parole della proposizione n. 55 che il Sinodo dedica a «Maria, mater Dei et mater fidei»: «Il Sinodo, che intende anzitutto rinnovare la fede della Chiesa nella parola di Dio, guarda a Maria, la Vergine madre del Verbo incarnato, che con il suo sì alla Parola d’alleanza e alla sua missione compie perfettamente la vocazione divina dell’umanità. […]. I padri sinodali invitano pastori e fedeli a rivolgere lo sguardo a Maria e domandare allo Spirito Santo la grazia di una fede viva nella parola di Dio fatta carne».

Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it