n. 2
febbraio 2009

 

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Promuovere la dignità della persona
La nuova Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede

di ANGELO AMATO

 

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Nessuno può ignorare i gravi problemi che pone ai cattolici la ricerca biomedica e biotecnologica. Accanto ai suoi numerosi meriti – e di questo dobbiamo ringraziare il Signore e anche i pazienti ricercatori, che con la loro perseveranza creativa spostano sempre più avanti gli orizzonti di conoscenza, di assistenza e di cura delle nostre deficienze fisiche e psichiche – ci sono anche proposte inaccettabili, che non rare volte vengono travasate in modo semplicistico in leggi non rispettose della dignità della persona umana.

Interrogativi circa le nuove prospettive terapeutiche

In non poche nazioni, ad esempio, è in atto una «biopolitica», che si arroga il diritto di legiferare sulla nascita, sulla crescita e sulla morte delle persone, decidendo su chi, come e quando deve nascere e su chi, come e quando deve morire. Non è solo una intrusione indebita, ma una violazione dei diritti fondamentali di ogni essere umano, soprattutto dei più deboli, dei senza voce e dei non ancora nati, ma vivi e in piena crescita umana. La persona viene espropriata della sua libertà di scelta.

La vicenda di Eluana è ammonitrice al riguardo. La giovane è in coma da anni, ma è ancora viva. E ha bisogno, come tutti noi, di acqua e di cibo. Non si tratta quindi di medicine né di accanimento terapeutico, ma solo di ordinario nutrimento. Nel caso specifico, ci si può chiedere: quando si sveglierà? Non si sa. Può essere oggi, domani, fra un anno, fra molti anni. Alla domanda poi: come fa la famiglia a prendersi cura per tanti anni di una giovane immobile in un letto? La risposta, nel caso specifico di Eluana, è data dalle Suore, che finora l’hanno assistita e intendono continuare a farlo. Negli altri casi, le famiglie, con sacrificio ma anche con grande amore, sostengono i loro cari in difficoltà, nella speranza, spessissimo avveratasi, che si riprendano e tornino al più presto alla normalità.

Vescovi, sacerdoti, teologi sono quotidianamente interpellati da queste e da altre situazioni. Ma sono soprattutto le consacrate a essere implicate esistenzialmente in queste nuove sfide culturali. Per la vicinanza alle famiglie, per la fiducia che i genitori hanno verso di loro, per la semplicità con cui i giovani si confidano con loro, le consacrate sono le persone più idonee a dare consiglio, a indicare il giusto comportamento morale e anche, all’occasione – come nel caso di Eluana –, a prendersi personalmente cura di esseri umani in difficoltà o abbandonati dai loro stessi genitori e parenti.

Le consacrate costituiscono il cuore misericordioso della Chiesa nei confronti di bambini rifiutati, di giovani sfruttate ed emarginate, di malati cronici, di anziani abbandonati. Esse, più di altri, riescono nte e al cuore delle mamme e dei papà, dando loro una parola di conforto e di consolazione, ma anche di discernimento e di guida. Come Maria, la nostra madre e maestra, anche la consacrata può essere per i fedeli magistra vitae», maestra non solo di esistenza spirituale, ma anche di vita umana realizzata, nella famiglia e nella società, offrendo orientamenti su come comportarsi di fronte alle molteplici proposte, che cercano di intaccare la vita umana nel suo sbocciare, nel suo crescere e nel suo tramontare.

È poi paradossale e contraddittoria da una parte, l’attenzione quasi maniacale che l’odierna società pone nella preservazione genetica di cibi, nella cura e difesa di ogni specie animale, e, dall’altra, la superficialità con cui permette la manipolazione sfrenata degli embrioni umani, trattati come semplice materiale biologico di cui disporre a piacimento. Mentre vengono severamente rifiutati gli organismi geneticamente modificati, si è invece molto permissivi nei confronti delle alterazioni genetiche dell’essere umano.

Un sì alla vita

Per questo già nel 1987 la Congregazione per la Dottrina della Fede aveva pubblicato una Istruzione, Donum Vitae (22 febbraio 1987), sulla dignità degli embrioni e sulla illiceità della fecondazione artificiale. Dopo poco più di venti anni, lo stesso dicastero della Santa Sede pubblica una seconda Istruzione, intitolata Dignitas personae, per venire incontro alle nuove prospettive terapeutiche.

L’Istruzione, che porta la data dell’8 settembre 2008, festa della Natività della Beata Vergine Maria, intende rispondere ad alcune nuove questioni di bioetica, che provocano attese e perplessità in vasti settori della società. In tal modo cerca di «promuovere la formazione delle coscienze» (n. 10) e di incoraggiare la ricerca biomedica al rispetto della dignità di ogni essere umano e della procreazione.

L’Istruzione inizia con le parole Dignitas personae, una dignità che va riconosciuta ad ogni essere umano, dal suo concepimento alla morte naturale. Questo principio fondamentale esprime un grande “sì” alla vita umana, che deve essere al centro della riflessione etica sulla ricerca biomedica. L’Istruzione è «di natura dottrinale» (n. 1), approvata espressamente da Benedetto XVI. Appartiene, quindi, ai documenti che partecipano del magistero ordinario del successore di Pietro, da accogliere con religioso assenso (n. 37).

Preparazione e struttura

La preparazione dell’Istruzione è stata lunga e laboriosa. Nel procedere all’esame di alcune nuove questioni, si è inteso sempre tenere presenti gli aspetti scientifici, giovandosi dell’analisi della Pontificia Accademia per la Vita e di un gran numero di esperti, per confrontarli con i principi dell’antropologia cristiana. I destinatari sono tutti i fedeli della Chiesa e tutti coloro che cercano la verità. Nel proporre principi e valutazioni morali per la ricerca biomedica sulla vita umana, la Chiesa «attinge alla luce sia della ragione sia della fede, contribuendo ad elaborare una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione, capace di accogliere tutto ciò che di buono emerge dalle opere degli uomini e dalle varie tradizioni culturali e religiose, che non raramente mostrano una grande riverenza per la vita » (n. 3).

L’Istruzione comprende tre parti: la prima richiama alcuni aspetti antropologici, teologici ed etici di importanza fondamentale; la seconda affronta nuovi problemi riguardanti la procreazione; la terza prende in esame alcune nuove proposte terapeutiche che comportano la manipolazione dell’embrione o del patrimonio genetico umano.

Due principi fondamentali

Nella prima parte si riaffermano due principi fondamentali della bioetica. Anzitutto si ribadisce la dignità inalienabile di ogni essere umano: «L’essere umano va rispettato e trattato come una persona fin dal suo concepimento e, pertanto, da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona, tra i quali anzitutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente alla vita» (n. 4).

Il secondo principio è la riconferma del matrimonio come ambito di amore interpersonale da cui nasce la vita: «L’origine della vita umana […] ha il suo autentico contesto nel matrimonio e nella famiglia, in cui viene generata attraverso un atto che esprime l’amore reciproco tra l’uomo e la donna. Una procreazione veramente responsabile nei confronti del nascituro deve essere il frutto del matrimonio» (n. 6).

A questo proposito si sottolinea la sacralità degli atti matrimoniali, riflesso dell’amore divino trinitario: «Lo Spirito Santo effuso nella celebrazione sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di una comunione nuova d’amore che è immagine viva e reale di quella singolarissima unità, che fa della Chiesa l’indivisibile Corpo mistico del Signore Gesù» (n. 9).

Nella valutazione etica di alcuni risultati scientifici la Chiesa non intende interferire nella scienza medica come tale, ma solo richiamare la responsabilità etica e sociale della ricerca. Il valore etico della scienza biomedica si misura in riferimento sia al rispetto incondizionato dovuto ad ogni essere umano, in tutti i momenti della sua esistenza, sia alla tutela della specificità degli atti personali che trasmettono la vita.

Nuovi problemi riguardanti la procreazione

Tra le tecniche volte a superare l’infertilità sono attualmente poste in atto sia le tecniche di fecondazione artificiale eterologa, volte a ottenere artificialmente un concepimento umano a partire da gameti  provenienti almeno da un donatore diverso dagli sposi, che sono uniti in matrimonio; sia le tecniche di fecondazione artificiale omologa, volte a ottenere artificialmente un concepimento umano a partire dai gameti di due sposi uniti in matrimonio. Ci sono inoltre tecniche che si configurano come un aiuto all’atto coniugale e alla sua fecondità; interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale. C’è, infine, la procedura dell’adozione.

Cosa dire di tutto ciò? Anzitutto, si possono ritenere lecite tutte le tecniche che rispettano sia il diritto alla vita e all’integrità fisica di ogni sorta il diritto dei coniugi a diventare padre e madre soltanto l’uno attraverso l’altro, in modo che la procreazione umana sia il frutto dell’atto coniugale specifico dell’amore tra gli sposi.

Sono quindi ammissibili quelle tecniche che si configurano come un aiuto all’atto coniugale e alla sua fecondità. L’intervento medico è in questo ambito rispettoso della dignità delle persone, dal momento che mira ad aiutare l’atto coniugale per facilitarne il compimento e per consentirgli di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto. Sono quindi certamente leciti gli interventi che mirano a rimuovere gli ostacoli che si oppongono alla fertilità naturale. È, poi, altamente auspicabile incoraggiare, promuovere e facilitare la procedura dell’adozione dei numerosi bambini orfani. Si tratta di una via che permette a quegli sposi, impossibilitati a generare figli propri, di donare il loro affetto a piccoli rifiutati e abbandonati, che così trovano una famiglia e un nido di amore. È l’incontro provvidenziale di due povertà che crea una famiglia completa con genitori e figli, uniti dal dono dell’amore accogliente e generoso.

Cosa dire, invece, delle tecniche di fecondazione artificiale in laboratorio? L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che nel contesto delle tecniche di fecondazione in vitro il numero di embrioni sacrificati è altissimo: al di sopra dell’80% nei centri più sviluppati. Vengono, infatti, scartati gli embrioni difettosi. Alcune coppie, poi,  ricorrono alle tecniche di procreazione artificiale con l’unico scopo di poter operare una selezione genetica dei loro figli. Infine, la tecnica del trasferimento di un numero maggiore di embrioni rispetto al figlio desiderato, nella previsione che alcuni vengano perduti, comporta di fatto un trattamento puramente strumentale degli embrioni.

Le tecniche di fecondazione illecite

Dato l’altissimo tasso di abortività delle tecniche di fecondazione in vitro esse sono gravemente illecite e dimostrano eloquentemente come la sostituzione dell’atto coniugale con una procedura tecnica contribuisca ad indebolire il rispetto dovuto ad ogni essere umano. Tale rispetto viene invece favorito dall’intimità degli sposi animata dall’amore coniugale. Di fronte alla strumentalizzazione dell’essere umano allo stadio embrionale, occorre ripetere che l’amore di Dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l’impronta della propria immagine e somiglianza. Per questo il magistero della Chiesa ha costantemente proclamato il carattere sacro e inviolabile di ogni vita umana, dal suo concepimento sino alla sua fine naturale (n. 16).

Una variante della fecondazione artificiale è l’Intra Cytoplasmic SpermInjection (ICSI). Anche questa tecnica è moralmente illecita, perché opera una completa dissociazione tra la procreazione e l’atto coniugale ed è attuata al di fuori del corpo dei coniugi mediante gesti di terze persone la cui competenza e attività tecnica determinano il successo dell’intervento. In tale tecnica la vita e l’identità dell’embrione vengono affidate al potere dei medici e dei biologi, instaurando così un dominio della tecnica sull’origine e sul destino della persona umana (n. 17).

Anche il congelamento degli embrioni o “crioconservazione” è incompatibile con il rispetto dovuto agli embrioni umani: presuppone la loro produzione in vitro; li espone a gravi rischi di morte o di danno per la loro integrità fisica, in quanto un’alta percentuale non sopravvive alla procedura di congelamento e di scongelamento; li priva almeno temporaneamente dell’accoglienza e della gestazione materna; li pone in una situazione suscettibile di ulteriori offese e manipolazioni (n. 18).

Per quanto riguarda il gran numero di embrioni congelati già esistenti si pone la domanda: che fare di loro? Finora le soluzioni proposte risultano moralmente insoddisfacenti: occorre constatare che le migliaia di embrioni in stato di abbandono determinano una situazione di ingiustizia di fatto irreparabile. Perciò Giovanni Paolo II lanciò un appello alla coscienza dei responsabili del mondo scientifico ed in modo particolare ai medici perché venga fermata la produzione di embrioni umani, tenendo conto che non si intravede una via d’uscita moralmente lecita per il destino umano delle migliaia e migliaia di embrioni “congelati”, i quali sono e restano pur sempre titolari dei diritti essenziali e quindi da tutelare giuridicamente come persone umane (n. 19).

L’Istruzione dà poi valutazioni etiche sul congelamento degli ovociti, sulla riduzione embrionale, sulla diagnosi preimpiantatoria, sulle nuove forme di intercezione e contragestazione. Data la loro particolare specificità, si invitano le lettrici e i lettori a ricorrere al testo dell’Istruzione per avere una informazione più dettagliata al riguardo.

Proposte terapeutiche con manipolazione dell’embrione

1. Tra le nuove proposte, l’Istruzione considera, nella sua terza parte, anzitutto la terapia genica, che è l’applicazione all’uomo delle tecniche di ingegneria genetica con una finalità terapeutica, vale a dire, con lo scopo di curare malattie su base genetica (n. 25). C’è sia una terapia genica somatica, che si propone di eliminare o ridurre difetti genetici presenti a livello delle cellule somatiche, sia una terapia genica germinale, che mira a correggere difetti genetici presenti in cellule della linea germinale, al fine di trasmettere gli effetti terapeutici ottenuti sul soggetto all’eventuale discendenza del medesimo.

            Quanto agli interventi di terapia genica somatica, essi sono in linea di principio moralmente leciti. Tuttavia, bisogna osservare il principio deontologico generale, secondo cui, per attuare un intervento terapeutico, è necessario assicurare previamente che il soggetto trattato non sia esposto a rischi per la sua salute o per l’integrità fisica, che siano eccessivi o sproporzionati rispetto alla gravità della patologia che si vuole curare. È anche richiesto il consenso informato del paziente o di un suo legittimo rappresentante (n. 26). Quanto alla terapia genica germinale, i rischi legati ad ogni manipolazione genetica sono significativi e ancora poco controllabili e, pertanto, allo stato attuale della ricerca non è moralmente ammissibile agire in modo che i potenziali danni derivanti si diffondano nella progenie (n. 26).

Quanto all’ipotesi di applicare l’ingegneria genetica per presunti fini di miglioramento e potenziamento della dotazione genetica, si deve osservare che tali manipolazioni favorirebbero una mentalità eugenetica, enfatizzando doti apprezzate da determinate culture e società, che non costituiscono di per sé lo specifico umano. Ciò contrasta con la verità fondamentale dell’uguaglianza tra tutti gli esseri umani. Inoltre, nel tentativo di creare un nuovo tipo di uomo si ravvisa una dimensione ideologica, secondo cui l’uomo pretende di sostituirsi al Creatore (n. 27).

2. Cosa dire, poi, della clonazione umana, e cioè della riproduzione asessuale e agamica dell’intero organismo umano, allo scopo di produrre una o più “copie” dal punto di vista genetico sostanzialmente identiche all’unico progenitore?

La clonazione è intrinsecamente illecita, in quanto intende dare origine ad un nuovo essere umano senza connessione con l’atto di reciproca donazione tra due coniugi e, più radicalmente, senza legame alcuno con la sessualità. Tale circostanza dà luogo ad abusi e a manipolazioni gravemente lesive della dignità umana (n. 28).

Quanto alla clonazione riproduttiva, essa imporrebbe al soggetto clonato un patrimonio genetico preordinato, sottoponendolo di fatto ad una forma di schiavitù biologica dalla quale difficilmente potrebbe affrancarsi. Il fatto che una persona si arroghi il diritto di determinare arbitrariamente le caratteristiche genetiche di un’altra persona, rappresenta una grave offesa alla dignità di quest’ultima e all’uguaglianza fondamentale tra gli uomini (n. 29).

Quanto alla clonazione terapeutica, occorre precisare che creare embrioni con il proposito di distruggerli, anche se con l’intenzione di aiutare i malati, è del tutto incompatibile con la dignità umana, perché fa dell’esistenza di un essere umano, pur allo stadio embrionale, niente di più che uno strumento da usare e distruggere. È gravemente immorale sacrificare una vita umana per una finalità terapeutica (n. 30).

3. L’Istruzione tratta anche l’uso terapeutico delle cellule staminali, che sono cellule indifferenziate che possiedono due caratteristiche fondamentali: a) la capacità prolungata di moltiplicarsi senza differenziarsi; b) la capacità di dare origine a cellule progenitrici di transito, dalle quali discendono cellule altamente differenziate, per esempio, nervose, muscolari, ematiche. Per la valutazione etica occorre considerare soprattutto i metodi impiegati per la raccolta delle cellule staminali. Si rileva, comunque, che numerosi studi tendono ad accreditare alle cellule staminali adulte risultati più positivi rispetto a quelle embrionali.

Ci sono anche tentativi di ibridazione con l’utilizzazione di ovociti umane, al fine di estrarre cellule staminali embrionali senza dover ricorrere all’uso di ovociti umani. Dal punto di vista etico simili procedure rappresentano un’offesa alla dignità dell’essere umano, a causa della mescolanza di elementi genetici umani ed animali capaci di turbare l’identità specifica dell’uomo (n. 33).

4. Quanto poi all’impiego da parte di ricercatori di materiale biologico di origine illecita, che è stato prodotto fuori dal loro centro di ricerca o che si trova in commercio, vale sempre l’esigenza morale che non vi sia stata complicità alcuna con l’aborto volontario e che si sia evitato il pericolo di scandalo. A tale proposito è insufficiente il criterio dell’indipendenza formulato da alcuni comitati etici, vale a dire, affermare che sarebbe eticamente lecito l’utilizzo di “materiale biologico” di illecita provenienza, sempre che esista una chiara separazione tra coloro che producono, congelano e fanno morire gli embrioni e i ricercatori che sviluppano la sperimentazione scientifica: «il dovere di rifiutare quel “materiale biologico” […] scaturisce dal dovere di separarsi, nell’esercizio della propria attività di ricerca, da un quadro legislativo gravemente ingiusto e di affermare con chiarezza il valore della vita umana. Perciò il sopra citato criterio di indipendenza è necessario, ma può essere eticamente insufficiente» (n. 35).

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L’insegnamento morale della Chiesa è quindi un insieme di divieti? No. Esso riconosce e promuove tutti i doni che il Creatore ha concesso all’uomo, come la vita, la conoscenza, la libertà, l’amore. Purtroppo, talvolta questi doni sono usati contro la dignità dell’essere umano, soprattutto dei più deboli e indifesi. Anche la società civile ammette divieti giuridico-politici, quando, ad esempio, proibisce ogni forma di razzismo, di schiavitù, di ingiusta discriminazione delle donne, dei bambini, delle persone malate o disabili. La legittimità di ogni divieto si fonda sulla necessità di tutelare un autentico bene morale.

Similmente la Chiesa quando dice “no” ai tentativi di manipolazione genetica in realtà dice un “sì” chiaro e convinto alla dignità di ogni essere umano, a partire dal suo concepimento fino alla sua morte naturale: «Dietro ogni “no” rifulge, nella fatica del discernimento tra il bene e il male, un grande “sì” al riconoscimento della dignità e del valore inalienabile di ogni singolo ed irripetibile essere umano chiamato all’esistenza» (n. 37).

Questo prezioso richiamo del magistero della Chiesa è un importante sussidio per il la missione delle consacrate a favore delle famiglie cristiane.

Angelo Amato
Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi
Piazza Città Leonina, 1 - 00193 Roma

 

 

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