n. 6
giugno 2009

 

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Lettura sapienzale della condizione giovanile

di ARMANDO MATTEO

 

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«Anche se non sempre ne sono consci, i giovani stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui». Comincia con questa perentoria diagnosi il testo di Umberto Galimberti, L’ospite inquietante.  Il nichilismo e i giovani, un libro che presenta sufficienti prove a sostegno del diffuso disagio che in generale caratterizza la condizione attuale dei giovani.

I giovani stanno dunque male. Ed è ovviamente un male dell’anima, perché mai come nell’epoca presente le condizioni economiche, sociali, culturali ed elementari del vivere (salute, cibo, divertimenti, accesso alla formazione secondaria, soldi) sono state così elevate e a disposizione di moltissimi. E ha ancora ragione Galimberti nell’indicare che le cause di questa inedita situazione in cui versano i giovani siano da individuare proprio nella “cultura che respiriamo”.

Ma che cosa sta facendo la società per i giovani?

 

Il risentimento degli adulti

Al riguardo la prima cosa che colpisce è il fatto che, al frequente e preoccupato parlare che si fa di giovani, non corrisponda quasi mai, né sul piano legislativo né su quello delle decisioni operative, un’autentica attenzione nei loro confronti. Raramente si opera in modo da creare effettive condizioni perché i giovani possano trovare rimedio al loro malessere. Dal mondo della formazione a quello del lavoro, dalle politiche per la famiglia a quelle per la previdenza sociale, non sono quasi mai gli interessi dei giovani al centro del dibattito e poi delle riforme cui si mette mano.

Si rimuovono dall’orizzonte del pensiero dati di fatto elementari: senza un lavoro e una casa, è ovvio che i tempi del fidanzamento si allunghino a dismisura; senza asili-nido e congrui sgravi fiscali, è ovvio che uno ci pensa due volte prima di mettere al mondo dei figli; senza ricambio nei rappresentanti delle istituzioni, è ovvio che si diffonda il disinteresse per la politica; senza una giustizia efficiente, è ovvio che la sirena dell’illegalità non smetta di risuonare suadente.

Ma da che cosa nasce un tale interesse solo verbale per i giovani, cui non corrisponde alcun investimento reale nei loro confronti? Non mi pare ci possano essere dubbi nel sostenere l’esistenza di un consistente risentimento che il mondo degli adulti nutre verso i giovani. In un tempo e in un mondo in cui tutti desiderano sentirsi giovani, nell’anima e nel corpo, con effetti a volte che rasentano il ridicolo, la pura presenza di giovani di per sé ricorda che non tutti sono giovani, belli e prestanti.

I giovani diventano, allora e loro malgrado, quasi come uno specchio delle paure degli adulti: della paura di invecchiare, della paura della morte, della paura di comporre un bilancio delle proprie  scelte, della paura di contare le rughe e le ferite che la vita inesorabilmente imprime. Ebbene, tutto questo attiva un potente circolo vizioso tra le generazioni: gli adulti mantengono in uno stato di “minorità” i giovani, parcheggiandoli nelle Università, favorendo fidanzamenti infiniti, coccolandoli a casa fino a quarant’anni, riducendo oggettivamente le possibilità di mettere al mondo una bella famiglia con ampia cucciolata, e, da parte loro, i giovani si disinteressano della politica, dell’amministrazione pubblica, delle riforme scolastiche e universitarie, che rimangono in mano agli adulti…

E - si sa - il potere fa “belli” anche i brutti e “giovani” anche i vecchi…

Ovviamente la cosa ha i suoi costi. In un mondo in cui gli adulti vogliono essere “giovani” e non adulti, segue che i giovani non possano diventare adulti, perché giovani si nasce, adulti invece si diventa – confrontandosi, scontrandosi, emancipandosi con e da altri adulti.

Che cosa, allora, sta capitando?

 

La «magia» della giovinezza

Al fondo e come fondamento di questa situazione sta quella che possiamo definire la “magia” della giovinezza, che consiste in quell’aver tempo per decidere quale tipo di persona diventare, in quel non aver fretta di de-finirsi. È necessario ora richiamare un’altra elementare verità: i giovani non sono sempre esistiti. Nel passato anche recente, la giovinezza era una sorte di malattia veloce, un “morbillo”, essendo il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta repentino e rapido. Non c’era letteralmente tempo per essere giovani. Bisognava darsi da fare.

Tutto questo oggi – grazie a Dio – è stato ampiamente superato. Ed essere giovani, cioè l’aver del tempo a propria disposizione, è possibile e ovviamente affascinante. Le famiglie possono sostenere gli oneri di una formazione intellettuale e professionale prolungata, molte malattie sono state debellate. Insomma vi è cibo e salute a sufficienza per chi è anagraficamente giovane. Qui origina lo straordinario sapore di magia dell’essere giovane, dovuto all’ampiezza di possibilità che si spalancano davanti a chi è appunto in crescita.

Una tale magia ha “ammaliato” tutti e così si diventa grandi ma non “adulti”.

 

Istruzioni cercasi

Il terreno su cui si sviluppa questa situazione, tuttavia, non è semplicemente quello di una crisi esistenziale del mondo adulto. Per parafrasare Galimberti, pure gli adulti, anche se non sempre ne sono consci, stanno male. E il loro è un male dell’anima, derivante anch’esso dall’attuale cultura, il cui tratto caratteristico è sicuramente l’accelerazione del progresso tecnologico. Secondo una recente e sapiente ricostruzione critica, proposta da Aldo Schiavone nel suo testo Storia e destino, infatti, non è offerta agli uomini e alle donne di oggi quella necessaria distanza temporale tra una innovazione tecnologica e l’altra, che permetterebbe di saggiare gli effetti e di giungere a valutazioni condivise delle stesse. E ovviamente molti interventi della tecnica sono su aspetti centrali della vita umana, come il concepimento e la nascita di nuovi esseri, la cura genetica di malattie molto gravi e la questione del “come” morire. In questo modo i confini del possibile non sono più tracciabili in modo univoco e universalmente apprezzato.

Tale stato di cose, unito ad un generale ripudio di una buona fetta della sapienza tradizionale sull’umano, rende coloro che dovrebbero  essere adulti sguarniti di adeguate e condivise “regole” per un esercizio felice della propria libertà. Le istruzioni di prima non  funzionano più, quelle nuove tardano ad arrivare. Senza di esse, però, non ci sono adulti; senza gli adulti, i giovani non sanno dove mirare e su che cosa scommettere la loro esistenza.

 

Adulti si diventa

La riflessione sulla condizione giovanile comporta di necessità uno sguardo generale sul tempo che stiamo vivendo, il quale si configura, più che come un’epoca di cambiamenti, quale un cambiamento di epoca. In questa situazione turbamenti e inquietudini sono all’ordine del giorno, perché legati alla ricerca di un nuovo equilibrio tra ciò che si può (tecnicamente) fare e ciò che si decide sia bene fare, alla ricerca dunque di “un nuovo alfabeto della libertà”, che sappia reggere alla scomparsa del “naturale” e delle sue leggi e alla sua sostituzione con il “tecnicamente possibile”. È dunque una situazione di passaggio, di svolta. Di vuoto: quel vuoto/nulla, da cui deriva il nichilismo denunciato da Galimberti.

 Ogni vuoto, però, può diventare anche spazio fecondo di creatività, di invenzione. Proprio dai giovani viene una richiesta ogni giorno più forte: la richiesta di chi invoca un insegnamento di vita, un insegnamento di libertà; la richiesta che gli adulti siano adulti.

È dunque sempre più urgente trovare una nuova grammatica della libertà che comunichi interpretazioni condivise su ciò che promuove la vita e ciò che la deturpa, su ciò che la avvia alla sua destinazione e ciò che la degrada.

Insomma: giovani si nasce, adulti si diventa – confrontandosi, scontrandosi, emancipandosi con e da altri adulti. 

Armando Matteo
Assistente ecclesiastico nazionale della FUCI
c/o Casa Assistenti
Via F. Marchetta Selvaggiani, 22
00165 Roma.

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