n. 6
giugno 2009

 

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tamorfosi

di ANTONIETTA AUGRUSO

 

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Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana,
dolce ottobre, e sui nidi.
Trema l’ultimo canto nelle altane
dove sole era l’ombra
e ombra il sole,
tra gli affanni sopiti.
E mentre indugia tiepida la rosa
l’amara bacca già stilla il sapore
dei sorridenti addii.

(CRISTINA CAMPO)

La natura è il testimone più attendibile delle metamorfosi che viviamo, nessuna stagione è perfettamente identica a quella precedente, i colori e i profumi si fanno messaggeri del tempo. Succede, non improvvisamente: le foglie ingiallite d’autunno sono più eloquenti dell’anno prima. E il ritorno della primavera ci trova “altri” da quello che eravamo. Così le sue gemme, quando non sia- mo più bambini, le vediamo diverse. Da piccoli la prima preoccupazione è quella di poter finalmente giocare al parco senza pioggia, o di mettersi i vestiti a mezze maniche. Con gli anni il sentimento che prevale è il silenzio dell’attesa, la domanda di uno stupore che si evolve.

Muta la percezione e il senso che si attribuisce agli eventi, ma dentro di noi rimane il puer aeternus, quel bimbo interiore con il quale certo bisogna dialogare: con tenerezza e determinazione. Diversamente, si rischia di rimanere vittime dei suoi capricci e vivere una sorta di disagio oscillante tra entusiasmi da giovani visionari e rassegnazioni spente, caratteristiche queste di chi si sente vecchio e fuori gioco. Ci vogliono tempi di sosta, perché la fuga è un inganno pericoloso, una soluzione apparente.

 

Sostare…

Per trovare motivi ispiratori di percorsi, nelle diverse stagioni della vita, bisogna sostare. Fermarsi significa anche essere disposti a conoscere la realtà e prepararsi all’accettazione di luci e ombre che abitano nell’interiorità non visibile. L’ambiente vitale nel quale si manifestano le inclinazioni profonde e si radicano le abitudini non è lo stesso per tutti. Se si è disposti a riflettere, sulla storia di ognuno si aprono spiragli di conoscenza intorno a vulnerabilità che appaiono inspiegabili: «È una curiosa creatura il passato. E a guardarlo in viso, si può approdare all'estasi. O alla disperazione» (Emily Dickinson). Ci sono persone mature molto infantili e bambini che sono stati costretti dalla vita a diventare adulti prima del tempo: «Essere anziani non significa essere sapienti, essere vecchi non significa saper giudicare », esclama il giovane Eliu nel libro di Giobbe (Gb 32,9).

Sostare significa anche valutare con serietà, disincanto e speranza, se stiamo vivendo il tempo che ci appartiene o cerchiamo per tanti motivi di spingerci in altre direzioni. I mezzi d’informazione, in particolare la televisione, nella cui compagnia si trascorre molto tempo, non sono uno strumento adeguato per educare ad un sano realismo: esiste tutta una campagna di consumi che propugna un ingenuo giovanilismo, da far rimanere col fiato

sospeso. Una sorta di falsificazione dei ritmi naturali. Donne con identico linguaggio e l’aspetto fisico molto simile impediscono, quasi per gioco, l’identificazione dei ruoli di madre e di figlia. Un vecchio slogan un po’ banale sostiene che il segreto è sentirsi giovani più che esserlo realmente!

Ma se lo stile di vita che si desidera vivere non è quello dei reality, dove il tempo è divorato dal vuoto, si comprende che fermarsi diventa una necessità vitale. Lo esprime bene l’implorazione del salmista: «Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore» (Sal 90,12).

 

… per dare un senso

Attorno a noi sono più affermate ben altre tendenze: i bambini vengono poco stimolati ad osservare, molti di loro hanno un taccuino dell’organizzazione quotidiana allarmante per le cose che contiene! E gli adulti devono poter guadagnare abbastanza per garantirne la realizzazione. Spesso le molteplici attività, anche professionali, annullano l’importanza dei tempi dedicati al silenzio e alla verifica. La sosta aiuta a prendere consapevolezza che i ritmi frenetici e l’ipervelocità (che è ben diversa dall’efficienza) provocano risultati imprevedibili, e mettono in fuga dalla naturale esigenza di dare un senso all’esperienza. Si tende a dare solo valutazioni razionali all’iperattività di tanti bambini e non pochi adulti manifestano segni di crisi, somatizzazioni diversificate, movimenti continui quasi privi di fine e scopo. Sono sintomi che esprimono disagi profondi e non sempre comprensibili solo con l’analisi del genoma! Se si concede un tempo sufficiente al discernimento, si comprende che c’è un tempo per tutto, come ricorda il saggio (cf Qo 3,28).

È importante vigilare per evitare di cadere nella trappola meschina di rimuovere la propria età e perdere il lume della ragione come i due anziani del libro del profeta Daniele che: «distolgono lo sguardo dal cielo per non ricordare i giusti giudizi» (Dn 13,9). Al contrario il giovane Daniele sa che il discernimento autentico fugge dalla presunzione che si possa afferrare e possedere il mistero nascosto negli eventi della vita: «Al Signore appartengono la sapienza e la potenza. Egli alterna tempi e stagioni» (Dn 2,20-21). «Ci si deve allora domandare: esiste veramente dal punto di vista spirituale e personale nel corso delle esperienze fatte, una linea di sviluppo passante per le varie età?».1

 

Maturare

Quando la vita cambia è importante non essere del tutto sprovvisti di sogni e di realismo. «Bisogna trovare il proprio sogno perché la strada diventi facile. Ma non esiste un sogno perpetuo. Ogni sogno cede il posto a un sogno nuovo, e non bisogna volerne trattenere alcuno».2 Apparentemente contrapposti, il sogno e il realismo sono i piedi della speranza. I cambiamenti fisiologici, gli eventi lieti e quelli tristi ci ridefiniscono, se si coltiva l’abitudine a fermarsi, e si avverte la necessità di comporre un’altra immagine di sé e ripartire. Ma ci sono partenze e partenze. Chi pensa che i progetti di un uomo di mezza età possano essere identici a quello di un adolescente, si sta semplicemente opponendo ad un processo inevitabile. È naturale avvertire gli anni che passano come una perdita di potere e di possibilità, ma è saggio pensare che non siamo un prodotto finito, in ogni momento della vita ci sono possibilità di cambiamento, c’è sempre qualcosa da scoprire, dimensioni e orizzonti nuovi da acquisire e abitare: bisogna desiderare di vivere oltre!

Non è superfluo ricordare che ogni tappa dell’esistenza rimane segnata dalla finitezza. La vita è come una bisaccia, contiene grazia e abisso, scelte generose e chiusure egoistiche. La maturità è diversa dal- la semplice vecchiaia, è un processo che comincia da quando si ha il desiderio di capire e costruire con gli altri un mondo più abitabile, senza dimenticare che non siamo gli unici protagonisti della storia.

Le parole di Gesù a Nicodemo sono chiare: maturare è come rinascere, anche se si è vecchi (Gv 3,3-4), è la prospettiva attraverso la quale guardiamo alla vita che conta  (Gv 3,7). Gli anni segnati all’anagrafe certo non sono irrilevanti, ma è il bambino il discepolo autentico(cf Mt 18,3-4). Il contesto delle parole di Gesù nel vangelo di Matteo è indicativo.

Alla domanda: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?» (Mt 18,1), Gesù dà una risposta inequivocabile, perché attira l’attenzione su un bambino. Ci si incammina verso la maturità quando si prende coscienza che il delirio e la bramosia del potere fanno di ogni essere umano un vecchio avido e crudele, anche se non ha ancora i capelli bianchi. Paradossalmente, tornando ad essere quieti e sereni «come bimbo svezzato in braccio alla madre» (Sal 131,2), ci si incammina verso una saggezza radicalmente nuova, fatta di pazienza e illuminata dalla quieta certezza che ogni giorno ha il suo affanno (cf Mt 6,34)! Lo aveva capito profondamente Giovanni XXIII, l’anziano «papa buono», il cui sorriso da fanciullo, nonostante gli anni, ha lasciato un segno nella storia del secolo scorso:

«Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a sedere in silenzio ascoltando Dio, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così il silenzio e l'ascolto sono necessari alla vita dell'anima [...]. Solo per oggi, compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno. Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò perfettamente, ma lo farò. E mi guarderò dai due malanni: la fretta e l'indecisione».3

Note

1 K. RAHNER, Saggi di spiritualità, Paoline, Roma 1969, 67.

2 H. HESSE, Le stagioni della vita, Mondadori, Milano 1985, 76.

3 http://www.romaexplorer.it/divertimento-online/poesie/poesia_vita.htm

 

 Antonietta Augruso
Docente di Religione
Via Eurialo, 91 - 00181 Roma

 

 

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