Se
hanno ancora valore i proverbi, in questo mondo globalizzato, è utile
citare l’antico adagio: «Paese che vai, usanze che trovi». In Africa è
ancora preponderante la “cultura orale” (comunicazione diretta,
personale) ed è importante la “presenza fisica del Capo”. Questo spiega
l’accorrere delle persone, non importa l’appartenenza religiosa, alla
visita di Benedetto XVI, soprattutto al suo primo viaggio in Africa
(17-23 marzo 2009). Il Camerun ha circa il 30% di cattolici, molto
attivi e impegnati. A questa comunità cristiana il Papa ha voluto
consegnare «la prima copia» dell’Instrumentum
laboris del
prossimo Sinodo speciale per l’Africa, che avrà luogo in Vaticano dal 4
al 25 ottobre 2009.
La parola di Dio e
il Sinodo
È bene precisare subito
che ogni Concilio, ma anche ogni Sinodo, è per sua natura un’azione
guidata dallo Spirito Santo per l’approfondimento e lo sviluppo della
fede della Chiesa intera, in un particolare momento della storia.
Tenendo conto di questa premessa, è possibile comprendere più a fondo il
tema che fa da
leit motiv
alla riflessione della
comunità cristiana del vecchio continente: «La Chiesa in Africa al
servizio della Riconciliazione, della Giustizia e della Pace», alla luce
di due versetti del Vangelo secondo Matteo. «Voi siete il sale della
terra […]. Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13.14).
Le tre parole-chiave:
Riconciliazione, Giustizia e Pace sono concetti e beni
della vita civile di ogni popolo. Esse entrano a pieno titolo anche nel
dizionario del cristianesimo. Le antiche tradizioni delle comunità
africane, anche di piccole dimensioni, hanno sempre avuto delle
strategie e regole per conservare e sviluppare queste condizioni
essenziali per la sopravvivenza stessa della società. È anche noto, e
noi cristiani ne siamo pienamente convinti, che la fragilità umana può
giocare “brutti scherzi” facendo saltare equilibri sociali costruiti nel
tempo.
Ne abbiamo avuto un
esempio eclatante nel gennaio 2008 in Kenya, quando brogli elettorali
accesero gli animi dei partiti rivali e procurarono più di mille morti e
circa 300.000 “sfollati in casa”, perché indesiderati da membri di altre
tribù. Abbiamo sentito numerose volte la parola
Riconciliazione
sulle labbra dei
politici, dei
leader
religiosi e di gente
comune, ma spesso con connotazioni e proposte diverse e scarse, deboli
riferimenti alla parola di Dio. Comunque, dopo un mese di schermaglie e
di guerriglia civile e un altro di riflessioni e dialogo a tutti i
livelli, la situazione si avviò verso la tradizionale normalità, ma con
tanti interrogativi sulla stabilità futura. Molti commentarono questa
evoluzione positiva dei fatti come un “miracolo del Signore”,
rammaricandosi però del fatto che la stragrande maggioranza dei
coinvolti fossero cristiani, visto che circa il 75% della popolazione si
dichiara tale.
Solo l’amore vince
tutte le difficoltà e non crea scuse giustificative. Per i cristiani,
questa è la strada maestra da seguire per una profonda e definitiva
riconciliazione. «Non c’è pace senza giustizia: e non c’è giustizia
senza verità», vanno gridando, in Kenya ed in quasi tutti i Paesi
africani, i giovani, i membri del partito avverso e gli uomini saggi.
Anche qui la stessa parola non ha sempre lo stesso significato. Quanto
lavorò Gesù - lui che è Via, Verità e Vita - per inculcare questi valori
nell’animo degli ascoltatori e, soprattutto, in coloro che avevano
responsabilità religiose e civili!
La
Pace
invece è frutto maturo
della Riconciliazione e della
Giustizia.
Il Signore Gesù scelse i due grandi momenti della sua vita terrena -
Nascita e Risurrezione - per annunziare e lasciare il dono della pace.
Furono gli angeli ad annunziarla al mondo in occasione della nascita e
fu Gesù stesso a portarla agli apostoli, la sera della sua risurrezione.
Siamo in pace con Dio e tra di noi grazie alla sua missione, alla sua
mediazione e riconciliazione.
Il testo evangelico di
Matteo: «Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo»
(5,13.14) sancisce, inequivocabilmente, il legame del messaggio con il
cristianesimo. Sono le parole messe a conclusione dell’elenco delle
beatitudini (Mt 5,1-12), ma ne richiedono anche l’esercizio per
raggiungere il fine indicato da Gesù. In altre parole: solo colui che
vive secondo le beatitudini - chiamate correttamente la
Costituzione
del Regno di Dio -
diventa “sale e luce” per gli altri.
Se si meditano le
beatitudini, si scopre anche che esse contengono gli elementi essenziali
per comprendere, vivere e promuovere la Riconciliazione, la Giustizia e
la Pace. Nello stesso contesto del Discorso della montagna (Mt cap.
5-7), Gesù insegna il
Padre nostro
che, a pensarci
bene, contiene - sotto forma di preghiera - molti elementi delle
beatitudini e quindi anche le tre parole-chiave, oggetto del Sinodo.
Infine, se la parola “servizio” sintetizza la vita terrena di Gesù
Cristo - totalmente donata per la salvezza dell’umanità - richiama
subito una qualità essenziale della Chiesa, Famiglia di Dio. Il servizio
che il cristiano deve rendere agli altri s’ispira a quanto avviene,
generosamente, nell’ambito della famiglia umana.
A quando un Sinodo
in Africa?
Come già rilevato in
apertura, il Sinodo ha significato universale e, pertanto, non sembra
così importante il luogo dove è celebrato. Gli africani si aspettavano,
ed ancora lo desiderano, che le “due assemblee speciali per l’Africa” si
celebrassero su questo Continente. In occasione della prima, nel 1994,
la partecipazione della comunità ecclesiale fu piuttosto povera: che
cosa avrebbero dovuto fare i cristiani locali di fronte ad un evento
nuovo come il Sinodo, ma lontano, perché celebrato in Vaticano, e
avvertito come qualcosa venuto dal di fuori, quasi estraneo alla vita e
al comune sentire dei cristiani e delle comunità ecclesiali africane?
Sono aspetti della cultura locale che non possono essere disattesi.
Nei quindici anni
trascorsi da allora, la sensibilità ecclesiale e l’impegno alla
partecipazione, grazie al sistema pastorale delle piccole comunità, sono
molto cresciuti in Africa. Da quanto ho personalmente visto in Kenya e
da quanto ho saputo delle altre Nazioni, la preparazione è stata
effettiva, attraverso la lettura e l’approfondimento del documento
iniziale (Lineamenta)
e una preghiera frequente per il buon esito dell’iniziativa sinodale. A
queste si è accompagnata la denunzia dei mali ancora presenti e
pressanti su cittadini inermi e poveri.
Alcune indicazioni
fondamentali
Con questa premessa
sarà più facile rileggere alcune sottolineature della dimensione
biblico-teologica della Prefazione, a firma del Segretario Generale
mons. Nikola Eterovic’, e alcuni brani dell’Instrumentum
laboris (nn.
37.38.47).
Iniziamo dalla
Prefazione. «Lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20). Questo invito
pressante ai cristiani di Corinto e di tutto il mondo è, in modo
particolare, rivolto ai fedeli e agli uomini di buona volontà in Africa,
sconvolta da tante discordie e divisioni etniche, sociali e religiose,
che spesso confluiscono in dimostrazioni di odio e di violenza. Esse
sono manifestazioni di peccati personali che hanno connotazioni sociali
negative e che rendono urgente l’opera di riconciliazione con Dio e con
il prossimo.
«Conviene che adempiano
ogni giustizia» (Mt 3,15). Insistendo con il Battista per ricevere il
battesimo, Gesù Cristo volle compiere ciò che era giusto davanti a Dio
Padre, adempiendo la sua volontà. Seguendo l’esempio del Maestro, i
discepoli devono soprattutto cercare il Regno e la giustizia di Dio (cf
Mt 6,33).
«Pace a voi» (Gv
20,19). Il Signore Gesù dà lo Spirito senza misura e offre ai discepoli
la pace (cf Gv 20,21; 3,34). Si tratta di una pace particolare, che il
mondo non può dare (cf Gv 14,27) perché non conosce né il Signore Gesù,
né lo Spirito Santo (cf Gv 14,17). Purtroppo non tutti accettano Gesù e
il dono della pace. Nella lotta con le tenebre del peccato e della
morte, il Signore diventa segno di contraddizione (cf Lc 2,34). «Pace a
questa casa» (Lc 10,5). Nella sequela di Gesù Cristo, i fedeli sono
chiamati ad essere operatori di pace. Per tale opera saranno beati,
chiamati figli di Dio (cf Mt 5,9).
E ora riprendiamo
alcuni brani dal capitolo I del documento. «I due simboli del sale e
della luce esprimono una duplice dimensione nell’identità del discepolo.
L’immagine del “sale della terra” caratterizza i discepoli come agenti
di trasformazione tra i propri fratelli e sorelle che abitano la terra.
In effetti, come il sale cambia il sapore degli alimenti nei quali è
aggiunto, così i discepoli di Cristo sono chiamati a vivere in maniera
da dare al loro ambiente un sapore migliore d’umanità. Questo impatto
della vita del discepolo sfugge allo sguardo, come il sale che si
dissolve e diventa invisibile. E, come al gusto, il mondo sentirà
l’effetto trasformatore della presenza efficace del discepolo » (n. 37).
«Per quanto riguarda
la seconda immagine, la luce, essa invita i discepoli a identificarsi
con la “luce del mondo”. Gesù non li incoraggia a mettersi in mostra;
egli, del resto, denuncia gli ipocriti (cf Mt 6,1ss). Ad ogni modo,
però, la luce destinata a illuminare non può restare nascosta; come una
città collocata sopra un monte, essa sarà sempre visibile (cf Mt
5,14-16)» (n. 38).
«La missione di
servire la pace (ma anche la riconciliazione e la giustizia ad essa
legate come fondamento) consisterà, per noi, nel costruirla in ciascuno
dei membri del Corpo di Cristo, affinché tutti noi diventiamo donne e
uomini nuovi, capaci di operare la pacificazione dell’Africa. La pace,
in effetti, non è anzitutto il prodotto di strutture o di realtà
esterne, ma nasce soprattutto dal di dentro, dall’interno delle singole
persone e delle comunità stesse. La conversione del cuore in “un cuore
nuovo” e “uno spirito nuovo” (Ez 36,26) è la fonte di un’azione
trasformatrice efficace» (n. 47).
Abbiamo rilevato, come
del resto fa il documento sinodale, l’aspetto religioso che è valido,
come principio, per tutto il mondo dove ancora ci sono diversi focolai
di odio, ingiustizia e guerra.
Una vera e duratura
liberazione da questi peccati e mali deve necessariamente partire dalle
nostre convinzioni religiose. Vale la pena ripetere che se la
globalizzazione - ora assolutamente limitata negli effetti positivi
universali - vuol raggiungere la comunione dei Paesi e Stati,
aggiungiamo noi, deve ispirarsi ai migliori valori umani, religiosi e
cristiani.
Pietro Caggiano
della diocesi di Pompei
Missionario
in Kenia