n. 7
luglio/agosto 2009

 

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Riconciliazione e giustizia
Parole per l'Africa assetata di pace

di PIETRO CAGGIANO

 

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Se hanno ancora valore i proverbi, in questo mondo globalizzato, è utile citare l’antico adagio: «Paese che vai, usanze che trovi». In Africa è ancora preponderante la “cultura orale” (comunicazione diretta, personale) ed è importante la “presenza fisica del Capo”. Questo spiega l’accorrere delle persone, non importa l’appartenenza religiosa, alla visita di Benedetto XVI, soprattutto al suo primo viaggio in Africa (17-23 marzo 2009). Il Camerun ha circa il 30% di cattolici, molto attivi e impegnati. A questa comunità cristiana il Papa ha voluto consegnare «la prima copia» dell’Instrumentum laboris del prossimo Sinodo speciale per l’Africa, che avrà luogo in Vaticano dal 4 al 25 ottobre 2009.

La parola di Dio e il Sinodo

È bene precisare subito che ogni Concilio, ma anche ogni Sinodo, è per sua natura un’azione guidata dallo Spirito Santo per l’approfondimento e lo sviluppo della fede della Chiesa intera, in un particolare momento della storia. Tenendo conto di questa premessa, è possibile comprendere più a fondo il tema che fa da leit motiv alla riflessione della comunità cristiana del vecchio continente: «La Chiesa in Africa al servizio della Riconciliazione, della Giustizia e della Pace», alla luce di due versetti del Vangelo secondo Matteo. «Voi siete il sale della terra […]. Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13.14).

Le tre parole-chiave: Riconciliazione, Giustizia e Pace sono concetti e beni della vita civile di ogni popolo. Esse entrano a pieno titolo anche nel dizionario del cristianesimo. Le antiche tradizioni delle comunità africane, anche di piccole dimensioni, hanno sempre avuto delle strategie e regole per conservare e sviluppare queste condizioni essenziali per la sopravvivenza stessa della società. È anche noto, e noi cristiani ne siamo pienamente convinti, che la fragilità umana può giocare “brutti scherzi” facendo saltare equilibri sociali costruiti nel tempo.

Ne abbiamo avuto un esempio eclatante nel gennaio 2008 in Kenya, quando brogli elettorali accesero gli animi dei partiti rivali e procurarono più di mille morti e circa 300.000 “sfollati in casa”, perché indesiderati da membri di altre tribù. Abbiamo sentito numerose volte la parola Riconciliazione sulle labbra dei politici, dei leader religiosi e di gente comune, ma spesso con connotazioni e proposte diverse e scarse, deboli riferimenti alla parola di Dio. Comunque, dopo un mese di schermaglie e di guerriglia civile e un altro di riflessioni e dialogo a tutti i livelli, la situazione si avviò verso la tradizionale normalità, ma con tanti interrogativi sulla stabilità  futura. Molti commentarono questa evoluzione positiva dei fatti come un “miracolo del Signore”, rammaricandosi però del fatto che la stragrande maggioranza dei coinvolti fossero cristiani, visto che circa il 75% della popolazione si dichiara tale.

Solo l’amore vince tutte le difficoltà e non crea scuse giustificative. Per i cristiani, questa è la strada maestra da seguire per una profonda e definitiva riconciliazione. «Non c’è pace senza giustizia: e non c’è giustizia senza verità», vanno gridando, in Kenya ed in quasi tutti i Paesi africani, i giovani, i membri del partito avverso e gli uomini saggi. Anche qui la stessa parola non ha sempre lo stesso significato. Quanto lavorò Gesù - lui che è Via, Verità e Vita - per inculcare questi valori nell’animo degli ascoltatori e, soprattutto, in coloro che avevano responsabilità religiose e civili!

La Pace invece è frutto maturo della Riconciliazione e della Giustizia. Il Signore Gesù scelse i due grandi momenti della sua vita terrena - Nascita e Risurrezione - per annunziare e lasciare il dono della pace. Furono gli angeli ad annunziarla al mondo in occasione della nascita e fu Gesù stesso a portarla agli apostoli, la sera della sua risurrezione. Siamo in pace con Dio e tra di noi grazie alla sua missione, alla sua mediazione e riconciliazione.

Il testo evangelico di Matteo: «Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo» (5,13.14) sancisce, inequivocabilmente, il legame del messaggio con il cristianesimo. Sono le parole messe a conclusione dell’elenco delle beatitudini (Mt 5,1-12), ma ne richiedono anche l’esercizio per raggiungere il fine indicato da Gesù. In altre parole: solo colui che vive secondo le beatitudini - chiamate correttamente la Costituzione del Regno di Dio - diventa “sale e luce” per gli altri.

Se si meditano le beatitudini, si scopre anche che esse contengono gli elementi essenziali per comprendere, vivere e promuovere la Riconciliazione, la Giustizia e la Pace. Nello stesso contesto del Discorso della montagna (Mt cap. 5-7), Gesù insegna il Padre nostro che, a pensarci bene, contiene - sotto forma di preghiera - molti elementi delle beatitudini e quindi anche le tre parole-chiave, oggetto del Sinodo. Infine, se la parola “servizio” sintetizza la vita terrena di Gesù Cristo - totalmente donata per la salvezza dell’umanità - richiama subito una qualità essenziale della Chiesa, Famiglia di Dio. Il servizio che il cristiano deve rendere agli altri s’ispira a quanto avviene, generosamente, nell’ambito della famiglia umana.

A quando un Sinodo in Africa?

Come già rilevato in apertura, il Sinodo ha significato universale e, pertanto, non sembra così importante il luogo dove è celebrato. Gli africani si aspettavano, ed ancora lo desiderano, che le “due assemblee speciali per l’Africa” si celebrassero su questo Continente. In occasione della prima, nel 1994, la partecipazione della comunità ecclesiale fu piuttosto povera: che cosa avrebbero dovuto fare i cristiani locali di fronte ad un evento nuovo come il Sinodo, ma lontano, perché celebrato in Vaticano, e avvertito come qualcosa venuto dal di fuori, quasi estraneo alla vita e al comune sentire dei cristiani e delle comunità ecclesiali africane? Sono aspetti della cultura locale che non possono essere disattesi.

Nei quindici anni trascorsi da allora, la sensibilità ecclesiale e l’impegno alla partecipazione, grazie al sistema pastorale delle piccole comunità, sono molto cresciuti in Africa. Da quanto ho personalmente visto in Kenya e da quanto ho saputo delle altre Nazioni, la preparazione è stata effettiva, attraverso la lettura e l’approfondimento del documento iniziale (Lineamenta) e una preghiera frequente per il buon esito dell’iniziativa sinodale. A queste si è accompagnata la denunzia dei mali ancora presenti e pressanti su cittadini inermi e poveri.

Alcune indicazioni fondamentali

Con questa premessa sarà più facile rileggere alcune sottolineature della dimensione biblico-teologica della Prefazione, a firma del Segretario Generale mons. Nikola Eterovic’, e alcuni brani dell’Instrumentum laboris (nn. 37.38.47).

Iniziamo dalla Prefazione. «Lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20). Questo invito pressante ai cristiani di Corinto e di tutto il mondo è, in modo particolare, rivolto ai fedeli e agli uomini di buona volontà in Africa, sconvolta da tante discordie e divisioni etniche, sociali e religiose, che spesso confluiscono in dimostrazioni di odio e di violenza. Esse sono manifestazioni di peccati personali che hanno connotazioni sociali negative e che rendono urgente l’opera di riconciliazione con Dio e con il prossimo.

«Conviene che adempiano ogni giustizia» (Mt 3,15). Insistendo con il Battista per ricevere il battesimo, Gesù Cristo volle compiere ciò che era giusto davanti a Dio Padre, adempiendo la sua volontà. Seguendo l’esempio del Maestro, i discepoli devono soprattutto cercare il Regno e la giustizia di Dio (cf Mt 6,33).

«Pace a voi» (Gv 20,19). Il Signore Gesù dà lo Spirito senza misura e offre ai discepoli la pace (cf Gv 20,21; 3,34). Si tratta di una pace particolare, che il mondo non può dare (cf Gv 14,27) perché non conosce né il Signore Gesù, né lo Spirito Santo (cf Gv 14,17). Purtroppo non tutti accettano Gesù e il dono della pace. Nella lotta con le tenebre del peccato e della morte, il Signore diventa segno di contraddizione (cf Lc 2,34). «Pace a questa casa» (Lc 10,5). Nella sequela di Gesù Cristo, i fedeli sono chiamati ad essere operatori di pace. Per tale opera saranno beati, chiamati figli di Dio (cf Mt 5,9).

E ora riprendiamo alcuni brani dal capitolo I del documento. «I due simboli del sale e della luce esprimono una duplice dimensione nell’identità del discepolo. L’immagine del “sale della terra” caratterizza i discepoli come agenti di trasformazione tra i propri fratelli e sorelle che abitano la terra. In effetti, come il sale cambia il sapore degli alimenti nei quali è aggiunto, così i discepoli di Cristo sono chiamati a vivere in maniera da dare al loro ambiente un sapore migliore d’umanità. Questo impatto della vita del discepolo sfugge allo sguardo, come il sale che si dissolve e diventa invisibile. E, come al gusto, il mondo sentirà l’effetto trasformatore della presenza efficace del discepolo » (n. 37).

 «Per quanto riguarda la seconda immagine, la luce, essa invita i discepoli a identificarsi con la “luce del mondo”. Gesù non li incoraggia a mettersi in mostra; egli, del resto, denuncia gli ipocriti (cf Mt 6,1ss). Ad ogni modo, però, la luce destinata a illuminare non può restare nascosta; come una città collocata sopra un monte, essa sarà sempre visibile (cf Mt 5,14-16)» (n. 38).

«La missione di servire la pace (ma anche la riconciliazione e la giustizia ad essa legate come fondamento) consisterà, per noi, nel costruirla in ciascuno dei membri del Corpo di Cristo, affinché tutti noi diventiamo donne e uomini nuovi, capaci di operare la pacificazione dell’Africa. La pace, in effetti, non è anzitutto il prodotto di strutture o di realtà esterne, ma nasce soprattutto dal di dentro, dall’interno delle singole persone e delle comunità stesse. La conversione del cuore in “un cuore nuovo” e “uno spirito nuovo” (Ez 36,26) è la fonte di un’azione trasformatrice efficace» (n. 47).

Abbiamo rilevato, come del resto fa il documento sinodale, l’aspetto religioso che è valido, come principio, per tutto il mondo dove ancora ci sono diversi focolai di odio, ingiustizia e guerra.

Una vera e duratura liberazione da questi peccati e mali deve necessariamente partire dalle nostre convinzioni religiose. Vale la pena ripetere che se la globalizzazione - ora assolutamente limitata negli effetti positivi universali - vuol raggiungere la comunione dei Paesi e Stati, aggiungiamo noi, deve ispirarsi ai migliori valori umani, religiosi e cristiani.

Pietro Caggiano
della diocesi di Pompei
Missionario in Kenia

 

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