n. 7-8-9
luglio-agosto-
 settembre 2010

 

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Il dono di un anno che darà frutto

di MARIAMARCELLINA PEDICO

 

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"Rendere grazie a Dio per tutti i benefici che da questo Anno sono venuti alla Chiesa universale. Nessuno potrà mai misurarli, ma certamente se ne vedono e ancor più se ne vedranno i frutti". Così si è espresso domenica, 13 giugno 2010, Benedetto XVI prima di guidare la recita dell’Angelus da piazza san Pietro, facendo riferimento all’Anno Sacerdotale che si era concluso due giorni prima. "Qui a Roma - ha ricordato il Papa - abbiamo vissuto giornate indimenticabili, con la presenza di oltre quindicimila sacerdoti di ogni parte del mondo". Per il Santo Padre "il sacerdote è un dono del Cuore di Cristo: un dono per la Chiesa e per il mondo. Dal Cuore del Figlio di Dio, traboccante di carità, scaturiscono tutti i beni della Chiesa, e in modo particolare trae origine la vocazione di quegli uomini che, conquistati dal Signore Gesù, lasciano tutto per dedicarsi interamente al servizio del popolo cristiano, sull’esempio del Buon Pastore".

Il sacerdote, dunque, "è plasmato dalla stessa carità di Cristo, quell’amore che spinse lui a dare la vita per i suoi amici e anche a perdonare suoi nemici. Per questo i sacerdoti sono i primi operai della civiltà dell’amore". E qui, ha aggiunto, "penso a tante figure di preti, noti e meno noti, alcuni elevati all’onore degli altari, altri il cui ricordo rimane indelebile nei fedeli, magari in una piccola comunità parrocchiale". Benedetto XVI ha quindi ricordato il Curato d’Ars, san Giovanni Maria Vianney, e il beato don Jerzy Popieluszko. L’intercessione del primo "ci deve accompagnare ancora di più da ora in avanti". "La sua preghiera, il suo "Atto d’amore" che tante volte abbiamo recitato durante l’Anno Sacerdotale - auspica il Papa - continui ad alimentare il nostro colloquio con Dio. Se guardiamo alla storia, ha continuato il Pontefice, possiamo osservare quante pagine di autentico rinnovamento spirituale e sociale sono state scritte con l’apporto decisivo di sacerdoti cattolici, animati soltanto dalla passione per il Vangelo e per l’uomo, per la sua vera libertà, religiosa e civile. Quante iniziative di promozione umana integrale sono partite dall’intuizione di un cuore sacerdotale!". Infine ha affidato "al Cuore Immacolato di Maria tutti i sacerdoti del mondo perché con la forza del Vangelo continuino a costruire in ogni luogo la civiltà dell’amore".

Venerdì, 11 giugno 2010, il Papa ha chiuso l’Anno Sacerdotale con un’ampia riflessione rivolta alle migliaia di sacerdoti radunati intorno all’altare della celebrazione da lui presieduta. Ha parlato ai preti e a noi. Ha detto dell’"audacia di Dio", di un Dio che sta dalla parte degli uomini e li ama a tal punto da permettere che qualcuno di loro possa parlare in nome suo, fino a rimettere i peccati; di un Dio che affida se stesso ad esseri umani pur conoscendone la loro fragilità. È questo dunque un sacerdote: un vaso di creta colmato di uno straripante tesoro. La chiamata non garantisce che quell’uomo sarà migliore degli altri; non impedisce - immensa essendo la nostra libertà - nemmeno che possa precipitare nel peggiore dei mali. L’audacia di Dio è proprio nel prendere degli uomini come gli altri, e sceglierli, e mandarli: a perdonare, e a consacrare il pane in nome suo. Straordinaria bellezza di una scelta imprudente: questa, ha detto il Papa, "è la cosa veramente grande che si nasconde sotto il nome di "sacerdozio"". Ma, ha aggiunto, c’era da aspettarsi che al "nemico" la festa del sacerdozio non sarebbe piaciuta: a quel "nemico" che vorrebbe che la Chiesa e Dio fossero dimenticati. Ecco allora proprio in questo anno l’emergere di un male che atterrisce, che esplode e va a seminare sgomento e a insinuare dentro di noi o a gridare sui giornali: vedete, in fondo, che di nessuno ci si può fidare! Certamente, ha continuato il Papa, "se l’Anno Sacerdotale avesse dovuto essere una glorificazione della nostra personale prestazione umana, sarebbe stato distrutto da questa vicenda". Ma si trattava invece del contrario: "diventare grati per il dono di Dio, che si nasconde in vasi di creta". Non "bravi", i sacerdoti, per un merito proprio, o per una severa ascesi che plasmi con la volontà le virtù; ma grati del dono ricevuto. Grati di essere stati chiamati, con le loro povere mani. Perché Dio vuole che "in un piccolo punto della storia i preti condividano le preoccupazioni degli uomini", ha detto il Papa. Ci ha parlato un padre, e ci ha indicato verso dove è la rotta, rendendoci consapevoli del dono ricevuto e del valore della propria testimonianza.

All’inizio dell’Anno Sacerdotale Benedetto XVI aveva avvertito che lo scopo principale era di favorire "la tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale" e rilanciare la figura del prete, denigrata, in crisi e a rischio sparizione. Se si ripercorre la predicazione del Papa in questo Anno Sacerdotale, si mettono in fila parole che danno nuova dignità a un ministero che, forse, s’era smarrito tra le tante cose da fare e il poco tempo che il prete rischia di dedicare alla preghiera, allo studio, e alla spiegazione della Parola. Ha addirittura chiesto ai sacerdoti di riposarsi di più. Che non vuol dire oziare, ma dedicarsi alle cose essenziali. Il prete non deve sostituire né la vocazione di tutti, né l’impegno di altri.

La comunità non può chiedere al sacerdote di sostituirsi in compiti e carismi dei fedeli laici. Ma vale anche il contrario. Perché la tentazione del potere danneggia il ministero e il ministro di Dio.

Alcune indicazioni si possono ricavare dall'iniziativa voluta da Benedetto XVI. "Al primo posto - ha dichiarato mons. F. Lambiasi, neoPresidente della Commissione CEI per il clero e la vita consacrata - metterei il messaggio teologico che riguarda i ministri ordinati. Per il presbitero è fondamentale la 'relatività' a Cristo e alla Chiesa. La funzione assegnata ai pastori dalla Chiesa è proprio quella di ri-presentare l'unico pastore. Il sacerdote non è un rappresentante che rende presente per delega una persona assente: Cristo non è latitante, e la Chiesa non è una sede vacante da duemila anni. Nella Chiesa Cristo non è mai assente, come ha fatto notare Benedetto XVI all'udienza generale del 14 aprile: la Chiesa è il suo Corpo vivo e il Capo della Chiesa è lui, presente e operante in essa. L'ordinazione rende i sacerdoti rappresentanti 'insostituibili' ma non 'sostitutivi' di Cristo Pastore" (Avvenire 2 giugno 2010).

Amiche lettrici e cari lettori, il presente fascicolo di Consacrazione e Servizio che avete tra le mani assomiglia più a un libro che all’usuale numero doppio della rivista. Contiene nel Dossier gli Atti della 57° Assemblea annuale dell’USMI, riunita a Roma nei giorni 7-9 aprile 2010 presso la Pontificia Università Urbaniana. Si tratta di una documentazione quindi non solo di qualità, ma che merita anche attento studio e approfondimento. Per questo la redazione ha pensato di raccogliere in un unico fascicolo relativo ai mesi luglio-agosto-settembre tutti i testi delle conferenze proposte nell’Assemblea. Il nostro auspicio è che essi possano davvero diventare in questo periodo estivo occasione e strumento di lettura piacevole e di riflessione per un tempo più prolungato.

Le nostre lettrici e i nostri lettori non si allarmino a causa della mancanza del numero di settembre: per ottobre è in programma un Supplemento sul tema dell’Anno Sacerdotale.

Il presente fascicolo, oltre agli Atti dell’Assemblea, conserva pure le altre rubriche. Nella consueta rubrica: "Figlie della promessa", in sintonia con il tema annuale indicato dalla Presidenza USMI, il biblista Tiziano Lorenzin indugia sulla notte della fede di Abramo.

"Anno Sacerdotale" e "Orizzonti". Nella prima rubrica la Dott.ssa Paola Bignardi intervista padre Amedeo Cencini, canossiano, formatore e psicoterapeuta, autore di numerose pubblicazioni a carattere teologico e spirituale. La seconda rubrica arricchisce il numero con tre contributi di indole diversa. Nel primo, mons. F. Lambiasi - vescovo di Rimini - nello stile di una lettera scrive ai giovani sul perché oggi "essere felici si può", contribuendo a tenere desto il cammino verso Madrid. Il secondo contributo del teologo Ugo Sartorio, direttore de Il Messaggero di Sant’Antonio, risponde alla domanda: Perché la Sindone fa discutere? Il terzo, di suor Luciagnese del Centro Studi USMI, rievoca l’esperienza del "pomeriggio a più voci" vissuto il 2 maggio 2010 da oltre cento religiose presso la sede dell’USMI su un argomento quanto mai oggi fondamentale: relazioni tra religiose, sacerdoti e laici nella Chiesa.

Seguono, la scheda sul film Bella proiettato l’8 aprile durante i lavori dell’Assemblea (Teresa Braccio); le segnalazioni di libri (Rita Bonfrate), tra i quali figurano testimonianze di vita; la rubrica: "Facce di preti", affidata alla teologa Cettina Militello, rilegge in maniera critica il romanzo Il miracolo di padre Malachia dello scrittore scozzese Bruce Marshall.

Ad ogni lettrice e lettore buona lettura e buona estate.

Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it