n. 11
novembre 2011

 

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Introduzione alla bioetica
Principi fondamentali

di MASSIMO PETRINI

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Nel 1970, un oncologo, Van Rensslaer Potter pubblica sulla rivista Perspectives in Biology and Medicine un articolo intitolato:«Bioethics. The Science of Survival»: l’anno dopo costituisce il primo capitolo del suo libro Bioethics. Bridge to the Future.

Il sorgere della bioetica

Nasce così il termine bioetica per definire una nuova disciplina: la radice bio rappresenta la conoscenza biologica, il termine etica indica la conoscenza dei sistemi dei valori umani. Nella sua prospettiva, Potter era convinto che, per la sopravvivenza umana, fosse necessario considerare insieme il sapere scientifico e quello umanistico, poiché leggeva il progresso scientifico-tecnologico un pericolo per l’umanità e la stessa sopravvivenza della vita sulla terra. Infatti designa la bioetica come la scienza della sopravvivenza, la Science of Survival del titolo del suo articolo. Naturalmente, il pericolo non era il progresso considerato in toto, ma le degenerazioni che potevano nascere da un cattivo uso delle nuove potenzialità che l’uomo aveva a disposizione.

L’unica soluzione doveva essere realizzare un ponte (Bridge) tra le due culture, quella scientifica e quella morale; una bioetica, che nella prospettiva di Potter, doveva considerare l’appropriatezza di ogni intervento scientifico sulla vita in generale. Questa esigenza sollecitò un famoso ostetrico di origine olandese Andrè Hellegers a fondare il Kennedy Institute of Ethics of Human Reproduction and Bioethics, nel 1971, presso la Georgetown University a Washington, per realizzare un dialogo tra medicina, filosofia, etica. Così il termine bioetica entra nel mondo universitario.

Questa visione della bioetica, come disciplina applicata alle scienze biomediche, influenza la definizione del termine apparsa nell’edizione del 1978 della Encyclopedia of Bioethics, pubblicata dal Kennedy Institute, ove si configura come «studio sistematico della condotta umana nel campo delle scienze della vita e della salute, in quanto esaminata alla luce di valori e principi morali».

In Italia, mons. Elio Sgreccia pubblica nel 1988 il Manuale di Bioetica, riedito più volte, che conserva ancor oggi tutta la sua validità. Nel 1985 era stato istituito il Centro di Bioetica, cui si affiancherà nel 1992 l’Istituto di Bioetica, nella Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Unitamente alla rivista Medicina e Morale, il cui direttore è lo stesso Sgreccia, queste iniziative e le successive pubblicazioni, che estenderanno la loro importanza e influsso anche in ambito internazionale, contribuiscono in modo notevole nel nostro Paese al dibattito sulla bioetica.

L’oggetto di studio

Si può definire l’oggetto di studio della bioetica, nei suoi aspetti riguardanti la vita umana, con le parole di Giovanni Paolo II della Lettera enciclica Evangelium vitae. Il Papa ribadisce che - accanto alle minacce della vita quali: l’omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e le altre forme storiche di offesa alla dignità umana - «la stessa medicina, che per sua vocazione è ordinata alla difesa e alla cura della vita umana, in alcuni suoi settori si presta sempre più largamente a realizzare atti contro la persona e in tal modo deforma il suo volto, contraddice se stessa e avvilisce la dignità di quanti la esercitano» (EV 4).

Queste minacce alla vita umana derivano dal progresso scientifico che permette all’uomo di manipolare lo stesso sorgere della vita. Come denuncia la Carta degli Operatori Sanitari del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari che afferma: «Le conoscenze sempre più estese del patrimonio genetico (genoma) umano, l’individuazione e la mappatura in atto dei geni, con la possibilità di trasferirli, modificarli o sostituirli, apre inedite prospettive alla medicina e contemporaneamente pone nuovi e delicati problemi etici» (n. 12).

I nuovi problemi però non riguardano solo la nascita, ma il rispetto della vita umana in ogni sua fase e situazione. Accanto al progresso scientifico occorre anche sottolineare un diverso ethos culturale che dà meno valore alla vita umana nelle condizioni di disabilità e anzianità; nella fase terminale di una malattia, fino a far apparire la vita come un “bene disponibile” affidato alla volontà personale. Di conseguenza, minacce non meno gravi incombono sui malati inguaribili e sui morenti, in un contesto sociale e culturale che, rendendo più difficile affrontare e sopportare la sofferenza, acuisce la tentazione di risolvere il problema del soffrire eliminandolo alla radice, con l’anticipare la morte al momento ritenuto più opportuno.

In questo contesto si colloca la bioetica, che nel suo riflettere sul significato e il valore della vita umana, si pone come disciplina che si prefigge di stabilire i criteri fondamentali, perché gli interventi sulla vita umana siano sempre a misura dell’uomo stesso. Secondo Giovanni Paolo II la bioetica deve essere una riaffermazione precisa e ferma del valore della vita umana e della sua inviolabilità, un appello in nome di Dio a rispettare, difendere, amare e servire la vita, ogni vita umana (cf EV 5).

Alcuni principi

Naturalmente, nel formulare un giudizio etico, assume un’importanza di base il riferimento a un sistema di principi su cui fondare le argomentazioni. Qui si farà riferimento ai due sistemi più diffusi: il sistema dei principi nordamericani e la bioetica personalista.

Quando si parla del sistema dei princípi si fa riferimento a T. L. Beuchamp e F.F. Childress, autori del volume Principles of biomedical ethics, (trad. in italiano: Principi di etica biomedica). Tali Autori propongono l’utilizzo di tre principi - autonomia, beneficialità/non maleficenza, giustizia – per risolvere le controversie etiche nelle situazioni pratiche.

Il principio di autonomia sottolinea la libertà della persona malata che deve poter esprimere il proprio consenso autonomo e informato e poter scegliere un trattamento medico basato sui valori personali. Basti pensare al rifiuto consapevole delle cure, alla comunicazione della verità sulle reali condizioni cliniche, all’espressione di richieste di sospensione di eventuali terapie. Naturalmente possono esistere delle obiezioni se si pensa che non può esistere una autonomia illimitata e, ancor più rilevante, se si pensa all’impossibilità di poter esprimere una propria scelta nelle situazioni di non consapevolezza.

Il principio di beneficialità/non maleficenza trova le sue radici nella tradizione ippocratica, per la quale il medico s’impegna a non far nulla che possa danneggiare il suo paziente, ma, attraverso l’elementodella beneficialità, a prevenire la sofferenza e ad agire avendo come fine il bene del paziente. La non maleficenza richiama stati clinici come l’accanimento terapeutico, cioè il caso di terapie eccessive nella situazione clinica ormai irrecuperabile della persona malata; la beneficialità richiama situazioni quali la terapia del dolore e la donazione degli organi. La difficoltà maggiore che tale principio sottende è nel definire il bene e il male in assenza di una teoria etica di riferimento, motivo per cui si può generare una condizione di conflitto con il principio di autonomia nel momento in cui l’idea del bene del medico curante non coincide con quella del paziente.

Il principio di giustizia, infine, richiede di valutare casi uguali allo stesso modo, razionalizzando gli interventi medici allo scopo di garantire le cure a ogni paziente. Anche in questo caso si possono sollevare obiezioni sia sulla possibilità di casi clinici da poter valutare uguali sia sulla mancanza di un criterio oggettivo che consenta di determinare il minimo delle cure da garantire e le priorità da rispettare nella allocazione delle risorse, molte volte limitate.

Quale antropologia?

Le critiche che si muovono a questi principi è che sono puramente formali, perché non viene mai affermato che cosa si debba in  tendere praticamente per autonomia e giustizia o quale sia il bene o il male per la persona. Ciò è reso ancora più evidente per la mancanza di una chiara gerarchia fra essi, la quale permetta di risolvere le situazioni conflittuali, per l’assenza di una antropologia di riferimento.

Nell’ambito del modello personalista, che troviamo nell’opera di E. Sgreccia, il riferimento ai princípi risulta inserito nel quadro teorico unitario del personalismo ontologicamente fondato, nel quale il centro della decisione etica è la visione unitaria della persona. Il principio diviene così una chiave di lettura delle singole situazioni reali e il riferimento alla globalità della persona determina una gerarchia di principi che evita le situazioni di conflitto.

Il personalismo vede nella persona un’unità, una unitotalità di corpo e spirito che rappresenta il suo valore oggettivo. Di fronte ad ogni riflessione, la persona si presenta come punto di riferimento, fine e non mezzo, realtà trascendente per la società, l’economia, il diritto. La rivelazione cristiana, con la verità della creazione, dà poi a questa visione personalista un ampliamento di orizzonti e di valori che tocca il divino.

La bioetica personalista analizza, nella determinazione della liceità di un intervento sull’uomo, tre diverse componenti: analisi del dato biomedico nella sua fondatezza scientificamente accertata; approfondimento antropologico-filosofico, ossia l’insieme dei valori riferiti alla vita, all’integrità e alla dignità della persona; la soluzione del problema etico, cioè l’individuazione dei valori da tutelare e delle risorse da rispettare in rapporto alla centralità del valore persona ed alla gerarchia dei valori in essa armonizzati. Dal momento del concepimento fino alla morte, in ogni situazione di sofferenza o salute, la persona deve essere punto di riferimento e di misura tra il lecito e non lecito.

Un’ultima considerazione: oggi i Comitati Etici, costituiti da un’équipe di esperti multidisciplinari sono chiamati a risolvere i problemi etici che possono sorgere in determinati contesti (istituti assistenziali, istituti di ricerca, laboratori, ecc.).

Massimo Petrini
Università Cattolica Gemelli – Roma
petrinimassimo.m@libero.it

 

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