Carismi e testimonianza di carità e amore
 

di MARIAMARCELLINA PEDICO

 

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La grande sfida che abbiamo davanti a noi, fatta emergere dalle problematiche dello sviluppo in questo tempo di globalizzazione e resa ancor più esigente dalla crisi economico-finanziaria, è di mostrare […] che nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. […]. Si tratta di una esigenza ad un tempo della carità e della verità». I valori della solidarietà e della gratuità, richiamati sopra da Benedetto XVI (Caritas in Veritate 36), sono elementi che hanno sempre caratterizzato la vita religiosa. «Siamo eredi di una capacità profetica e creativa di servire con cuore generoso, fraterno e solidale i fratelli e le sorelle in difficoltà. Tutte le nostre opere in fondo non sono che attestazione di questo principio di gratuità, e segno sacramentale della nostra vita donata a beneficio degli altri, senza pretesa di ritorno o di profitto mercantile» (B. Secondin).

Al riguardo, rinvio ad una lettura meditata dell’articolo di padre Cabra (vedi pp. 6-10) che richiama il significato della «gratuità» quale contributo della vita consacrata al miglioramento della società e all’attenzione agli ultimi. La vita religiosa è «segno di gratuità e di amore in una società che rischia di essere soffocata nel vortice dell’effimero e dell’utile». Così il Santo Padre ha definito la vita consacrata nell’omelia dei Vespri presieduti per la festa della Presentazione del Signore del 2 febbraio del 2010, giorno in cui si celebra anche la Giornata Mondiale della vita consacrata. Anzi, «se essa non ci fosse, quanto sarebbe più povero il mondo». «La vita consacrata - ha insistito con forza il Papa - rimane una scuola della fiducia nella misericordia di Dio, nel suo amore che mai abbandona. In realtà più si è vicini a lui, più si è utili agli altri. Le persone consacrate sperimentano la grazia, la misericordia, il perdono di Dio non solo per sé, ma anche per i fratelli, essendo chiamate a portare nel cuore e nella preghiera le angosce e le attese degli uomini, specie di quelli che sono lontani da Dio».

 

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Per non lasciar ancora troppo nascosto il contributo delle opere di carità, la Conferenza dei Superiori maggiori (Cism) e l’Unione delle Superiore maggiori d’Italia (Usmi) hanno pensato di far conoscere agli studiosi e all’opinione pubblica una parte della loro storia, non abbastanza approfondita nella storiografia, circa gli Istituti di vita consacrata che si occupano di solidarietà e di opere di carità. I primi risultati sono stati presentati ad Assisi nei giorni 12-15 ottobre 2009 in un convegno che ha avuto una partecipazione di circa 600 tra religiosi e religiose sul tema: «Il Vangelo nelle opere di carità. Come passare dalle opere della legge a quelle della fede», i cui Atti sono stati editi dalla casa Editrice Elledici nel 2010.

Il convegno è stato impostato non solo come raccolta di relazioni, di esperienze e di interventi assembleari, ma soprattutto come strumento di lavoro e di riflessione per aiutare le comunità religiose ad un ritorno alle sorgenti carismatiche per un presente tutto da reinventare. In particolare, è stata richiamata la spinta profetica delle fondatrici e fondatori. Essi hanno avviato le loro opere per rispondere a situazioni di degrado e di povertà dovute alle condizioni socio-economiche del tempo. Sentirono il dovere cristiano di dare aiuto, accoglienza, assistenza/cura, educazione e istruzione alle persone più emarginate e bisognose. I loro interventi furono profetici e anticipatori di risposte e di servizi che in seguito sarebbero stati fatti propri dallo Stato. L’opera delle congregazioni religiose, grazie alla creatività, alla generosità, alla gratuità che esprimevano, costituiva un germe di ottimismo per la società, alimentava la speranza nei poveri, stimolava la solidarietà dei credenti e di persone di buona volontà, diventava una grossa spinta vocazionale per tanti giovani. Oggi, quale significato assume l’impegno di servizio ai poveri, ai sofferenti, agli emarginati, derivante dalla consacrazione religiosa? Esiste un “valore aggiunto” percepibile all’esterno? L’anima della presenza religiosa, offerta attraverso i servizi e le opere di carità all’umanità di oggi e di sempre, è costituita dai valori insiti nella consacrazione. Essi mantengono il loro pieno significato a livello personale ed ecclesiale, costituendo un forte richiamo alla radicalità evangelica.

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È necessario qui richiamare il valore della gratuità che ci riguarda molto da vicino, valore che è sempre stato il vanto dei nostri fondatori. Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est ha un’espressione che è un inno alla gratuità: «Chi esercita la carità in nome della Chiesa non cercherà mai di imporre agli altri la fede della Chiesa. Egli sa che l’amore nella sua purezza e nella sua gratuità è la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo» (n. 31c). La ricerca e gli studi del convegno di Assisi hanno costituito la base per ulteriori approfondimenti, grazie a un progetto condiviso dai Padri Generali e dalle Madri Generali di Cism e Usmi. I risultati della fase di studio da Assisi ad oggi sono raccolti nel volume: «Per carità e giustizia: il contributo degli Istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano»,  edito dalla Fondazione “Emanuela Zancan” nel 2011.

La ricerca contiene studi, esperienze e dati sulle innovazioni introdotte nei 150 anni dell’Unità di Italia dai religiosi e dalle religiose. È una storia ricca e documentata dell’assistenza in Italia dalla parte degli ultimi, e un quadro degli interventi e delle prestazioni “inventate” dalla Chiesa e trasfuse poi, negli anni, nella legislazione sociale italiana. Da quanto rilevato dagli autori, emerge una Chiesa in cammino, radicata nella società, che imbocca nuove strade ed è attenta ai nuovi bisogni delle persone e delle famiglie, alle situazioni ancora non tutelate dall’intervento pubblico.

Oggi si avverte «una maggiore necessità del ruolo di testimonianza e di profezia dei consacrati, perché il prendersi cura di tante vite ferite rappresenta un formidabile annuncio di speranza ed è in se stesso una straordinaria risorsa sia per l’educazione alla fede sia per la convivenza civile» (M. Crociata). Si tratta, dunque, di essere capaci di innovazione, dando risposte originali ai nuovi bisogni, così come sono emersi nel corso del tempo, in stretto rapporto con i cambiamenti sociali. Ci sono vecchie e nuove povertà rispetto alle quali l’intervento pubblico si rivela impreparato e, soprattutto, c’è uno spazio che solo l’amore può colmare.

Gli studi del Dossier di questo fascicolo, mentre indugiano a riflettere sui 40 anni e oltre della Caritas italiana (1971-2011), aiutano a porre lo sguardo al futuro nell’ottica di una significativa presenza della carità cristiana integrata con l’intervento pubblico e legata al territorio.

Offriamo alle lettrici e ai lettori un numero ricco di proposte e sollecitazioni su cui soffermarsi e riflettere.

Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it