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n.4
luglio/agosto 2014

 

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Rischiare il passaggio

 
di
FERNANDA BARBIERO

 

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“Se il tuo pensiero dimora in Dio,
la forza di Dio dimora in te”

Siamo davanti a un cambiamento storico della vita religiosa: è giunta alla fine l'era delle congregazioni di servizio dicono alcuni. La sfida per noi religiose è quella di sopravvivere in un contesto storico dove "la religiosa ha cambiato radicalmente di segno". L'evento di una vita nuova è il più bel dono del Risorto e ci chiede una inedita capacità di immaginare il nostro futuro con fiducia assoluta nell'amore di Dio, certe che "quello che noi siamo spinte a scegliere oggi sarà la scelta della Chiesa di domani" (L. Prezzi).

La nostra vita sta attraversando un passaggio difficile e doloroso. E se c'è un atteggiamento decisivo per stare nella grazia del passaggio è quello dell'umiltà. Umiltà ossia il coraggio di riconoscere e accettare che si riesce ad accogliere e a divenire solo ciò che si dona. Lo sostiene con intuito il teologo C. Molari: "Umiltà è riconoscere e accettare che non siamo niente di più di ciò che riceviamo, e che perciò riusciamo a comunicare soltanto ciò che abbiamo accolto. Questa è la legge dell'incarnazione che diventa nostra in un atteggiamento di umile obbedienza e abbandono: la vita si possiede solo nel momento in cui la si dona. Chi vuole tenere la vita per sé, la perde. Solo chi la offre, la possiede".

Quando arriverà il momento in cui vedremo e toccheremo una forma di vita feconda e significativa? Ci incoraggia la certezza che lo Spirito guida la nostra storia e modella i nostri Istituti verso qualcosa di nuovo. In Italia la vita religiosa sta scomparendo dalla percezione del popolo. Sta diventando invisibile. E per molti questo significa inutile.
In realtà la vita religiosa non sta terminando; sta finendo un modo di viverla. Deve nascere un altro stile attraversato dalla cultura della Pasqua, della Resurrezione di Cristo dai morti, che i Padri e le Madri della Chiesa hanno esaltato con straordinarie espressioni poetiche come il cuore della fede (Cf L. Cremaschi).

Il discorso sulla vita religiosa attualmente è delicato; si tratta di scegliere tra la vita e la morte. Essa nasce dalla fede nella risurrezione; da una ri-nascita, al modo di Nicodemo (cf Gv 3).
Si tratta di un passaggio complesso che chiede di osare il coraggio e scegliere la vita. Significa trovare il coraggio di passare dal "non ancora" del Regno e incominciare dal "già" umile ed esigente del Regno. Questo passaggio è molto difficile: si costruisce in un mai finito esercizio di carità e di speranza e nell'infaticabile lotta per abbassare le pretese del proprio orgoglio e della propria presunzione e "inchinare l'anima" davanti a Dio. È come dire a Dio: riconosciamo Te solo quale Signore della nostra vita e della storia, in Te solo confidiamo, perché Tu solo sei l'Amico e il Custode fedele. È la logica del vivere cristiano che trova nella speranza fondata sulle promesse di Dio la vera sorgente.

In concreto, dove la vita religiosa mette la speranza? Nel numero di coloro che entrano ogni anno nel noviziato e nella loro perseveranza? Nella continuità dell'istituzione e del carisma? Nel dinamismo della vita personale e comunitaria? Nell'impulso della vita spirituale, missionaria e pastorale?
Senza dubbio nel porre Gesù al centro della vita, nel povero che mostra il cammino per arrivare a Gesù. Noi religiose siamo chiamate a una vita simile alla vita nuova di Gesù risorto.
Allora diventa indispensabile chiedersi costantemente: quale Gesù si sta seguendo?
Quale volto di Dio soggiace alle nostre strutture o al nostro modo di esercitare il potere?

Le prospettive di futuro non mancano, però non hanno ancora la forza necessaria per fare emergere il nuovo paradigma. Il Risorto apre il passaggio, "transitus", così dice Agostino, recuperando la corretta etimologia
dell'ebraico pasqua: ossia "passaggio dalla morte alla vita", "da questo mondo al Padre" (Gv 13,1). Il significato spirituale del passaggio dalla morte alla vita è insito nella passione e risurrezione del Signore. Sempre Agostino osserva che "la stessa parola Pascha (Πάσχα), non è greca, come si crede comunemente, ma ebraica" e che il termine "non deriva da passione, ossia sofferenza, per il fatto che in greco patire si dice paschein (πάσχειυ), ma dal fatto che si passa dalla morte alla vita, com'è indicato dalla parola ebraica: in questa lingua infatti passaggio si dice Pascha. A cos'altro volle accennare lo stesso Signore col dire: Chi crede in me, passerà dalla morte alla vita (Gv 5, 24)?" (Epistula 55, 1, 2-2, 3).
La Pasqua, vale a dire, la vittoria della vita sulla morte è l'originalità dell'esperienza cristiana, è la forma mentis del cristiano. Oggi la vita religiosa è interpellata a far vedere, mostrare la forma mentis e lo stile di vita che costituisce la novità cristiana, a rinascere in un nuovo paradigma.

Che vorrà dire, realmente, Pasqua forma mentis del cristiano? In che consiste questa esperienza fondante? La Pasqua è la radice, vale a dire, ciò che sta oltre le strutture nelle quali la vita religiosa si realizza. Nuovi stili, nuove scelte, nuove attenzioni, nuove priorità per la vita religiosa verranno dalla radice, rifondata su una profonda vita spirituale.

Si parla oggi di "vino nuovo in otri nuovi": ci dobbiamo chiedere seriamente se il vino nuovo le nostre comunità lo abbiano veramente. Perché vanno custodite comunità dove la tensione spirituale sia evidente, altrimenti si rendono inutili, così come è utile curare che ci siano in esse la coscienza della missione, senza fughe dalla storia; dove sia visibile la passione per il Regno da annunciare.
Comunità nel segno della pasqua che travolge la logica comune, comunità in cui si pratica l'arte di morire all'egoismo per nascere alla comunione.

Perciò lo stile cristiano è "stile della Pasqua". Pasqua è la parola di riconoscimento della persona che vive grazie allo Spirito. Lo Spirito, fedele alla propria identità d'amore, educa al dono di sé e al sacrificio per l'altro. Apre necessariamente alla comunione, alla capacità di fare corpo, di accogliere, perdonare, guarire, edificare, illuminare. Perciò, di per sé, la bellezza dello stile cristiano non è manifestata anzitutto dalle opere, ma dalla mentalità della comunione, cioè dalla ricerca di una autenticità dell'amore. Il passaggio pasquale apre un ingresso ampio nell'orizzonte di senso, di vita, di relazioni, di responsabilità per l'altro.
"È un ingresso nella vita di Dio come vita di comunione, dunque un ingresso nella Chiesa. Si spalanca un orizzonte le cui radici sono nel futuro più che nel passato. Si impara a guardare l'esistenza umana dal punto di vista del suo orientamento, della sua direzione o, se lo vogliamo dire con le parole della fede, impariamo a vedere la nostra vita dal punto di vista del suo compimento. Così la novità della speranza cristiana è fondata su questa mentalità che considera tutto come passaggio, come "pasqua" appunto! Perché "se si può passare dall'essere peccatori all'essere figli di Dio, se si può passare dalla non-vita alla vita, allora tutto è possibile perché la pasqua è il tutto reso possibile"(M. Tenace).

Rischiamo il coraggio di lanciarci nella grazia del passaggio, con una nuova docilità allo Spirito, disposti a non avere tutte le risposte alle domande che poniamo. Ci sono zone d'ombra, c'è l'attraversamento della morte, ma nessuno può impedire di vivere fino in fondo il nostro essere associate al mistero di Cristo, al suo stile di vita, alla sua Pasqua.
Il coraggio trova sempre spazi imprevisti. Esso consiste nella scelta della direzione contraria a quella che ci viene confezionata dalla sorte. Il coraggio segue la vita sempre, anche quando farlo sembra inutile. "Cor habeo" cioè ho cuore è il senso etimologico della parola coraggio.
Esso orienta a una risorsa fatta di cuore e perciò una risorsa che si affida al vento della vita per spargere ovunque segni di amore e di libertà.

***

Introduciamo, in tal modo, il ricco materiale degli Atti della 61aAssemblea USMI che accoglie e sviluppa la visione della Vita Religiosa come passaggio; lo riconosce come luogo teologico dove il Signore ci attende, ci chiama e ci invia. Si tratta di vivere la vita come processo, vivere cambiando, sul paradigma della Pasqua del Signore Gesù. Un passaggio di grazia che ci può condurre ad una vita nuova, a una profezia nuova.

Fernanda Barbiero smsd
Docente di Teologia - PUU

Via R. Conforti, 25 - 00166 Roma
fernandabarbiero@smsd.it

 

 

 
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