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n.1
gennaio/febbraio 2015

 

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Il mondo giovanile:
problema o risorsa?

 
di
FRANCESCO MARCOCCIO

 

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I ragazzi, gli adolescenti e i giovani non li possiamo scegliere secondo i nostri desideri e le nostre aspirazioni, ma li troviamo esattamente lì dove la loro libertà si trova, in una "condizione" che non possiamo decidere.

Secondo il "principio di realtà", che sappiamo a volte opposto al "principio del piacere" dobbiamo, volenti o nolenti, confrontarci con la loro situazione e lavorare non solo per loro, ma anche con loro, incontrandoli così come sono e cercando di camminare con loro, esattamente come nell'icona biblica dei discepoli di Emmaus dove, «mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro» (Lc 24,15).

Solo se cogliamo lo scenario culturale e la temperatura ecclesiale del nostro tempo diviene relativamente più semplice e coerente parlare dei "giovani": essi sono, prima di tutto, figli del loro tempo e della loro Chiesa, crescono in un clima che non possono banalmente mettere tra parentesi, perché è come l'aria che respirano quotidianamente. Crescono e vivono in condizioni che non hanno scelto: essi sono, per usare un'immagine intuitiva, come i sismografi e le sentinelle di un'epoca, nel senso che colgono e registrano i minimi movimenti culturali, sociali e religiosi: sia dal punto di vista positivo, nella forma delle gioie e delle speranze, che dal punto vi vista negativo, nella forma delle tristezze e delle angosce. Sui giovani si possono dire tante cose e tanti sono gli studi sulla condizione giovanile1.

Come li vediamo? Cinque icone ricorrenti

Per vedere come il mondo degli adulti comprende e pensa ai giovani, possiamo utilizzare cinque figure idealtipiche, che ci possono orientare dentro la foresta in continuo movimento della condizione giovanile. Prometeo è la figura tipica della modernità occidentale: l'uomo dagli alti e nobili ideali, che però non ha un metodo adeguato al bene che vorrebbe fare. Simbolo della ribellione e della contrapposizione alla volontà di Zeus, dell'orgogliosa resistenza protratta fino alla pena eterna, dello slancio eroico che osa giungere con impertinenza fino alla dimora degli dei, costi quel che costi. È l'icona tipica del superamento: sicura di sé e capace di arrivare alla verità con le proprie forze. Ragazzi abitati da questo sentimento oggi non se ne vedono in giro molti, perché l'epoca dell'entusiasmo del progresso indefinito e della ricerca di un bene universale appare abbastanza lontana.

Dioniso segna l'insuccesso del tentativo precedente e l'avvento di una figura umana che soccombe tragicamente al suo progetto, entrando in un regime di contraddizione, perché l'impossibilità e la contraddittorietà dell'esistenza umana non viene risolta, ma accettata. Di fronte al fallimento di una prospettiva solipsistica nasce la disperazione e la tragicità dell'esistenza, che diventa uno stato di vita, incarnato perfettamente nella figura storica di Nietzsche che rende la sua vita una tragedia insuperabile.

La morte di Dio non porta con sé nulla di allegro e di trionfalistico, ma è l'inaugurazione dell'era del nichilismo, quella della morte dell'uomo. Anche questa figura è  sostanzialmente moderna, ed i giovani oggi difficilmente arrivano così in profondità per vivere una condizione esistenziale di questo genere: sono troppo leggeri per reggere i brividi e i venti delle altitudini prometeiche, ma non sono nemmeno così pesanti da affondare nella disperazione più cupa.

Una terza icona che è più vicina alla condizione giovanile odierna è quella di Icaro, a cui si offrono ali dai cardini insicuri e gli si impone di volare verso il cielo. Solo pensando alla fragile potenza dei personal media ci accorgiamo che i giovani sono invitati a volare nel mondo emotivamente surriscaldato della vita virtuale, che li condanna ben presto a precipitare nella durezza della vita ordinaria reale. Si tratta della virtualità, che impone una ricerca di felicità facile ma fragile e inconsistente. Soprattutto impone il vivere il momento presente, che tendenzialmente separa il presente dalle due ali del passato e del futuro: i giovani virtuali vivono essenzialmente solo del presente. L'elevata temperatura della nostra condizione ci rende un po' in balia delle emozioni del momento: ciò che ci manca è la solidità e la durevolezza, il confronto serrato con qualcosa di resistente e non immediatamente addomesticabile, che sia diverso dall'immagine scorrevole e sfuggevole. Il frastornamento realizzato dal bombardamento mediatico pone i giovani in una strutturale incapacità di concentrazione sull'essenziale.

Ma è l'immagine di Narciso a connotare la nostra epoca. La nostra è indubitabilmente l'era del narcisismo: quello dell'autorealizzazione, della centratura mortifera sul sé, quella del godimento autistico. Il nostro tempo, che vive nella "dittatura del narcisismo" – che in sostanza è la versione esistenziale e feriale della "dittatura del relativismo" – sta pagando prezzi in tutte le direzioni: l'io minimo, il sé autoreferenziale, l'imperativo del godimento fine a se stesso sono i segni inequivocabili di questo tempo. In sintesi potremmo pensare alla cultura del narcisismo nella linea dell'imperativo per cui se non c'è niente per cui vale la pena di morire… allora non c'è niente per cui vale la pena di vivere. Il narcisismo si presenta dunque nella forma di un pieno appagamento che lascia paradossalmente vuoti, perché privo di qualsiasi forma di riconoscimento reciproco nella forma di un legame buono: i rapporti personali basati sul bisogno di ammirare e di essere ammirati si rivelano effimeri e inconsistenti. Non per nulla le malattie epocali dei giovani sono l'anoressia e la bulimia, malattie siamesi che affermano la distanza radicale tra appagamento e riconoscimento: mentre la prima è il rifiuto dell'appagamento in mancanza di riconoscimento, la seconda è il tentativo di sopperire ad un mancato riconoscimento attraverso un esagerato appagamento.

Un'ultima immagine di grande interesse per noi, che si sta finalmente affacciando nella mente e nel cuore dei giovani, è quella di Telemaco che segna l'avvento, in una società senza padri, della nostalgia, dell'attesa e dell'invocazione. Si sta sempre di più affacciando, seppur timidamente, una figura epocale che desidera il ritorno della buona autorità, dell'autorità paterna giusta e logicamente attraente, segnata da una volontà di ritrovare legami buoni che rifondino la propria condizione filiale. È questa la condizione di tanti giovani, che in fondo si augurano di trovare adulti significativi con cui entrare in una positiva alleanza. Li attendono con nostalgia e sanno riconoscerli non appena qualcuno gli si avvicina con il giusto stile e la retta intenzione. Il vero problema qui sta nella narcisizzazione della condizione adulta, che condanna i giovani ad avere a che fare con adulti che non sono tali, ovvero che sono ancora alle prese con se stessi e non hanno alcun desiderio di tenere al prossimo come a se stessi.

Come ci vedono? Cinque aspetti decisivi

Non solo però noi abbiamo un'idea dei giovani che frequentiamo. Anche loro hanno un'idea di noi: del cristianesimo, della Chiesa cattolica, dei cristiani e della questione religiosa. In un testo 2 che tratta della condizione giovanile in Italia emergono alcuni tratti sintetici dell'immaginario giovanile che è opportuno conoscere. Le dimensioni valutative su cui si sviluppa il discorso sulla Chiesa cattolica sono essenzialmente cinque, una positiva e le altre sostanzialmente negative.

Innanzitutto i giovani hanno un'idea di Chiesa che vive una dinamica di potere poco trasparente, che vuole essere non solo incisiva politicamente, ma che in fondo vorrebbe sostituirsi alla coscienza personale di ognuno e che sa ben occultare e mimetizzare i propri mali, soprattutto quelli che riguardano la mancata "moralità" dei suoi ministri (aspetto su cui il pontificato di papa Benedetto si è mosso in maniera ferma e decisa).

Un secondo aspetto degno di nota è la fastosità della Chiesa. In un tempo di crisi troppe volte la Chiesa è presentata come un luogo di benessere e di ricchezza, oltremodo scandalosa in questo tempo di crisi. Certamente lo stile innovativo di papa Francesco è tendenzialmente una ventata di ossigeno su questo punto dolente che caratterizza purtroppo alcuni aspetti di vita della Chiesa e dei suoi ministri.

Un terzo aspetto di valutazione è quello della chiusura conservativa di fronte al cammino dell'umanità. Un aspetto positivo è invece il riconoscimento che la Chiesa rimane l'agenzia fondamentale che custodisce i valori fondanti dell'esistenza umana. È un aspetto sorprendente, ma ben attestato nell'immaginario giovanile. Un quinto e ultimo aspetto con cui la Chiesa è compresa dai giovani è l'immagine di una montagna di divieti, in cui la Chiesa è vista come un'agenzia produttrice di norme che regolano autoritariamente la vita dei suoi fedeli.

Questi cinque aspetti valutativi siano per noi importanti per cogliere il pensiero giovanile sulla Chiesa e anche su di noi, che comunque sia, operiamo al suo interno che nel suo nome.

Come possiamo vedere insieme nella stessa direzione?

Nell'anno in cui ricorre il bicentenario della nascita di don Bosco, padre e maestro dei giovani, non possiamo non fare riferimento alla sua esperienza educativa per trovare ispirazione e raggiungere ciascun giovane nel punto in cui si trova.

La familiarità porta l'affetto e l'affetto confidenza: nell'attuale contesto familiare dove molte sono le situazioni di genitori separati, divorziati e risposati, gli adolescenti e i giovani accumulano ferite su ferite e rischiano di cercare in vie compensative l'affetto che tutti desideriamo. L'unica realtà che può attirare un giovane è una casa dove si respira il clima di famiglia, dove la vicinanza, l'affetto e la tenerezza sono manifestazioni che indicano attenzione a ciascuno di loro, desiderio di condivisione di vita.

La spiritualità della relazione e la fraternità mistica tra educatori in una comunità di fede generano una sorte di corrente elettrica che dà luce al buio presente nel cuore dei giovani e come negli Atti degli Apostoli la prima comunità risultava simpatica, allo stesso modo una comunità nella quale ci si vuole bene, risulta attraente e bella da visitare e da vivere.

Basta che siate giovani perché io vi ami assai: è necessario un a-priori di simpatia per il mondo giovanile, per ciascuno di loro che vive situazioni di disagio, incertezza, spaesamento. È proprio dell'artista intuire in un pezzo di marmo un'opera d'arte, è compito di ogni educatore, attraverso un contatto che parte dal cuore e raggiunge il cuore, vedere in ogni giovane il punto accessibile al bene, trovarlo e guidare il giovane stesso all'incontro con Gesù, via, verità e vita.

Amate quello che amano i giovani: lo sguardo simpatico sul mondo giovanile ci porta ad amare i loro interessi, a comprendere ed entrare nel loro mondo. Anche se siamo persone adulte o anziane non troveremo ostacoli se staremo in mezzo a loro, se ci interesseremo a quello che loro piace, se condivideremo in modo semplice la loro vita e mostreremo senza paura la nostra. San Paolo ricorda di valorizzare ciò che è buono, quindi negli interessi che i giovani vivono, è fondamentale sottolineare il positivo e a partire da quello mostrare un oltre che inizialmente non avvertono per differenti motivi.

Affinché i giovani amino ciò che amate voi: tale passaggio implica nell'educatore/ trice un radicamento nel Signore Gesù, un amore appassionato per lui e per le anime, un desiderio apostolico di salvezza per tutti. In questo punto i giovani non sono soltanto destinatari, contenitori da riempire, ma piuttosto corresponsabili nella missione educativa ed evangelizzatrice per altri giovani. È il delicato passaggio dall'essere discepolo al divenire apostolo di altri ed essere lievito nella massa. È necessario predisporre cammini di gruppo dove la fede e l'esperienza di Dio vengano messi al centro della proposta educativa in ogni ambiente ecclesiale.

Il più bel dono che Dio possa fare a una famiglia è un figlio sacerdote: il frutto più maturo della pastorale giovanile è l'animazione vocazionale da non vedere come reclutamento di nuove forze, ma come coronamento di un processo che, con la grazia di Dio, giunge a compimento grazie ad una testimonianza personale e comunitaria di un clima di famiglia in un ambiente ricco di proposte diversificate.

1 Per il primo e secondo punto cfr. R. SALA, Andate e fate discepoli tutti i giovani. Percorso di

pastorale giovanile fondamentale, Università Pontificia Salesiana, Roma 2013, dispense ad uso

studenti, 93-100.

2 A. CASTEGNARO (con G. Dal Piaz e E. Biemmi), Fuori dal recinto. Giovani, fede, Chiesa:

uno sguardo diverso, Ancora, Milano 2013.

 

 

Francesco Marcoccio sdb

Direttore e Preside

Istituto Salesiano "Villa Sora"

Via Tuscolana, 5

00044 FRASCATI - ROMA

direttore@villasora.it

 

 

 

 

 
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