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n.1
gennaio/febbraio 2015

 

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Il fuoco sotto la cenere
Che ne sarà della vita religiosa?

 
di
LORENZO PREZZI

 

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Un tentativo di lettura dal futuro

Negli anni '70 del secolo scorso si è sviluppata l'arte della previsione, dei cosiddetti futuribili, con la prospettiva di scenari politici, economici, culturali, ambientali che si sarebbero affermati nell'arco di vent'anni. Praticamente nessun si è davvero realizzato.

Le variabili della vita sono troppe per poter essere controllate. Ogni ipotesi per il futuro deve quindi avere l'umiltà di essere smentita. La consegna visibile nella celebrazione di un anno della vita consacrata (30 novembre 2014 – 2 febbraio 2016) è quella di preparare un futuro plausibile per la continuità e il rinnovamento dei carismi. Un mutamento che non parte, né può partire da zero. Non siamo padroni del carisma; ne siamo gli eredi. È una condizione simile all'arte del costruire tipico del medioevo (e non solo): quello cioè di agire sul manufatto esistente, smontando e ricostruendo, spostando e innovando. Avere i muratori per casa non è il massimo, ma è la condizione comune di quanti non ritengono che l'esistente sia l'orizzonte invalicabile anche per il futuro.

Riducendo all'essenziale, a semplici appunti, quanto è già presente nella vita consacrata ed è capace di futuro e quanto comincia solo ora a profilarsi, si possono indicare dodici punti.

1. La rilevanza della Parola di Dio. Quando la vita consacrata conosce la domanda sull'essenziale torna ad emergere il ruolo della Scrittura (oltre che delle celebrazioni sacramentali). Non solo studiata e letta, ma propriamente meditata e pregata. L'ampia pratica della lectio divina personale e comunitaria è il segnale buono che è già presente. Commentare il testo è comunicare tra fratelli e sorelle il proprio cammino di fede.

2. Il carisma da investire. Il carisma non è una bottiglia di acqua distillata da custodire (papa Francesco), è un valore da vivere e da investire. Non è fedeltà al carisma la rigidità del tradizionalismo. Esso vive soltanto nel concreto vissuto dei religiosi e delle religiose che, ad ogni generazione, reinterpretano il dono spirituale ricevuto dal Fondatore o dalla Fondatrice.

3. La vita fraterna. Corresponsabilità, servizio reciproco, austerità dei comportamenti, ospitalità: sono tutti segnali di un buon lavoro spirituale. La comunità ben vissuta ha una forza impressionante di attrazione e di moltiplicazione delle potenzialità. I conflitti non sono evitabili, ma sono in ogni caso superabili. L'attenzione è sulle relazioni. Non all'interno dell'esperienza psichica, quanto nel soffio dello Spirito.

4. Cura delle vocazioni. La direzione spirituale, l'accoglienza di gruppi giovanili, l'accompagnamento alle nuove povertà, l'intelligenza spirituale delle forme di vita percorse dai giovani: sono indicazioni da valorizzare. Il processo formativo ha bisogno di competenze, ma l'impegno per la fecondità vocazionale è di tutte le comunità.

5. Collaborazione coi laici. Il sistema dell'autarchia interna dove tutto è in capo a religiosi e religiose è tramontato da tempo. Abbiamo un crescente bisogno della collaborazione dei laici. È una strada obbligata, ma deve essere «scelta». Vi sono anche dei limiti da indicare in una collaborazione che è ormai un dato stabile. Inoltre la collaborazione ci ha resi avvertiti della domanda di condivisione spirituale che si va estendendo nel laicato cattolico. Si sta formando attorno a molte famiglie religiose un alone di laicato che cerca nelle spiritualità provate dalla tradizione la propria alimentazione interiore.

6. Governance. La forma strettamente gerarchica non è più in esercizio e comunque non avrà un futuro. Il pericolo, non tanto teorico, è quello dell'anarchia o, più diffusamente, quello di una sorta di dimissione dal proprio compito di governo. I processi di discernimento comunitario e congregazionale sono esercizi di democrazia, ma soprattutto esercizi di discernimento comunitario. Sono cioè funzionali a un governo che sappia decidere e dirigere secondo lo Spirito. L'obbedienza è ancora una virtù.

7. Intercongregazionalità e interculturalità. È comune l'esperienza di convivere con fratelli e sorelle di alte nazioni e altre culture. Sappiamo tutti che questo non è una passeggiata. Ci preoccupa non solo la distanza delle culture e dei modi di vita, ma soprattutto la    necessità di inculturare un carisma. Ma la sfida è da affrontare dando per scontato che ci saranno errori e difficoltà. Sono in crescita anche le esperienze di collaborazione tra famiglie religiose. È sempre più auspicabile che i servizi ecclesiali (dalle missioni ai compiti in diocesi) siano condivisi fra Chiese locali e famiglie religiose.

8. L'Europa. Se è vero che assistiamo per la prima volta a un radicamento della vita religiosa fuori del quadrante europeo, è altrettanto vero che questo processo ha bisogno di più Europa, non di meno. Non solo in ordine alla memorie e custodia delle tradizioni fondative, ma anche per dare figure e riconoscimento alla province che formano l'insieme continentale. Le difficoltà linguistiche e, ancora più, tradizioni inveterate, non dovrebbero impedire di dare una figura forte alla rappresentanza continentale sia dentro le congregazioni (alcune la indicano come «progetto Europa») sia all'esterno, in parallelo con quanto è già successo per gli altri continenti.

9. Far scoppiare e chiudere gli scandali. Benedetto XVI ci ha insegnato che gli abusi non vanno nascosti. È necessario denunciarli e risolverli. Che una quindicina di fondatori siano sotto inchiesta e che 39 istituti siano variamente commissariati è una situazione assai indicativa. Va anche detto che gli scandali più gravi sono in via di soluzione e mostrano che si può uscire anche da condizioni apparentemente insostenibili. Due i fronti da tenere d'occhio: gli abusi nei comportanti dei singoli e i «buchi» economici nel comportamento delle istituzioni. Il governo dell'economia interna non può essere delegato ad altri ed è parte della serietà del carisma. Faccendieri e falchi sono all'opera per spolpare il patrimonio di molte famiglie religiose.

10. Segni e rete. Detto in uno slogan: dobbiamo passare dall'ottica delle opere e dei numeri a quella dei segni e della rete. Non ci viene chiesto di continuare quella presenza massiccia nel corpo delle nostre chiese locali come la tradizione ci ha consegnato. Ci viene chiesto di seguire con generosità e in anticipo i segni dei tempi che la Chiesa intuisce, e farlo nella disponibilità all'aiuto reciproco, alla comunicazione profonda, alla consapevolezza di formare come corpi religiosi e come vita consacrata una rete di presenze.

11. Non impicchiamoci alla opere. Se hanno espresso bene il carisma nel passato non è detto che lo esprimano oggi. Ma dobbiamo fare anche attenzione a non seppellire le opere che hanno ancora senso, che costituiscono un servizio non sostituibile da altri nelle nostre Chiese. Non sempre «piccolo è bello» e non sempre è giusto acconsentire alle resistenza ad impegnarsi in strutture complesse.

12. L'alleanza dei radicali. Intendo dire l'alleanza fra le forme radicali del vivere cristiano. È vero che ogni credente è chiamato alla radicalità, ma non tutti gli stili concreti di vita ne portano immediatamente il segno (in particolare escatologico). La diminuzione dei numeri rende plausibile una alleanza fra le forme in cui la radicalità cristiana si può esprimere oggi: dalla vita comune dei movimenti all'Ordo virginum, dalle nuove fondazioni a esperienza di vita famigliare allargata. La nostra tradizione ci abilita a un discernimento utile per l'intera Chiesa.

C'è una figura che può accompagnarci in questo cammino: l'abbadessa del monastero delle clarisse di Norimberga, Caritas Pirkheimer (1467-1532). Nel mezzo della tempesta della Riforma, unico monastero della città, ha tenuto ferma la vita comune, l'appartenenza alla Chiesa di Roma e la tradizione carismatica, pur in un dialogo fitto e creativo con le istanze positive del luteranesimo. Dopo cinque secoli le danno ragione tutti. Per noi i tempi sono, purtroppo, assai più brevi.

 

 

Lorenzo Prezzi

Direttore di Testimoni

Str. Montanara, 8

41100 SALICETO PANARO –MODENA

lorenzo.prezzi@dehoniani.it

 

 

 

 

 
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