n. 9
settembre 2003

 

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«Ecclesia in Europa», speranza per l'Europa
Un documento che ci coinvolge

+ Angelo Amato, SDB

 

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«Ai Consacrati e alle Consacrate»

 I Consacrati e le Consacrate sono i destinatari esplicitamente citati dal Santo Padre nel titolo di questa incoraggiante esortazione postsinodale, che raccoglie una straordinaria meditazione su Gesù Cristo, sorgente di speranza per l’Europa.

Oltre che lettori siamo quindi invitati a essere interpreti e realizzatori del vangelo di speranza che la Chiesa annunzia oggi ai popoli dell’Europa.

Con questa esortazione, il Santo Padre Giovanni Paolo II completa i documenti postsinodali che fanno riferimento ai cinque continenti.

Con la Ecclesia in Africa (14 settembre 1995) egli affrontò il tema dell’inculturazione della fede. Nella Ecclesia in America (22 gennaio 1999), per la prima volta considerò quel continente come un tutt’uno ecclesiale, valorizzando e incentivando la comunione e la solidarietà tra il Nord e il Sud. Alla fine dello stesso anno 1999, nella Ecclesia in Asia (6 novembre 1999), il Papa mise in rilievo l’urgenza e la necessità di proclamare soprattutto in Asia il vangelo di Gesù e l’unicità e l’universalità della salvezza in lui. Nel 2001 (22 novembre 2001) l’esortazione Ecclesia in Oceania, invitava i cattolici a camminare gioiosamente e fiduciosamente con Cristo, annunciando la sua verità e vivendo la sua vita. Ed ecco la quinta e ultima esortazione, Ecclesia in Europa (29 giugno 2003)1, che riguarda il continente europeo, tradizionale centro di irradiazione universale del messaggio di Gesù sin dalla predicazione apostolica di Pietro e Paolo.

Se tutti i documenti hanno una chiara intonazione cristocentrica - tema caro al Santo Padre e tema unificatore del suo magistero, - tale impostazione è soprattutto accentuata in quest’ultima esortazione tutta incentrata su Gesù Cristo, nostra speranza. È un accorato messaggio di speranza che il Papa indirizza all’Europa in questo particolare momento storico, che se da una parte vede una positiva tensione all’unità e alla comunione dei popoli e delle nazioni, dall’altra registra una problematica tendenza a dimenticare o a sottovalutare le radici cristiane della cultura europea. Si tratta di una meditazione che ha come guida il libro dell’Apocalisse, rivelazione profetica che apre alla comunità credente il senso nascosto e profondo delle cose che accadono:

«L’Apocalisse», scrive il Papa, «contiene un incoraggiamento rivolto ai credenti: al di là di ogni apparenza, e anche se non se ne vedono ancora gli effetti, la vittoria del Cristo è già avvenuta ed è definitiva» (n. 5). È, quindi, con atteggiamento di fiducia che il Santo Padre si pone di fronte alle vicende dell’Europa odierna.

 

 Luci e ombre nell’Europa contemporanea

 Il primo capitolo - Gesù Cristo è nostra speranza (n. 6-22) - offre un quadro abbastanza articolato delle sfide e dei segni di speranza della Chiesa in Europa oggi. Il Santo Padre constata anzitutto un certo offuscamento della speranza. L’Europa sembra vivere una stagione di smarrimento, con cristiani spesso disorientati e incerti.

Sono sei le note di questo canto sconfortante della non speranza. La prima - la nota dominante che verrà ripresa spesso nel documento - è lo smarrimento della memoria e dell’eredità cristiana, «per cui molti europei danno l’impressione di vivere senza retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio loro consegnato dalla storia» (n. 7). Sembrano dimenticare l’anima cristiana della loro cultura e della loro splendida civiltà: «in non pochi ambiti pubblici», rileva il Papa, «è più facile dirsi agnostici che credenti; si ha l’impressione che il non credere vada da sé mentre il credere abbia bisogno di una legittimazione sociale né ovvia né scontata» (ib.).

A questa nota ne seguono altre altrettanto sconfortanti come l’angoscia esistenziale nei confronti del futuro, di cui si ha più paura che desiderio (di qui, ad esempio, il calo della natalità e delle vocazioni sacerdotali e religiose, il rifiuto a operare scelte definitive di vita anche nel matrimonio); la frammentazione dell’esistenza per il prevalere di un certo individualismo egocentrico a tutti i livelli; l’affievolirsi della solidarietà (n. 8).

Alla radice di questo triste canto di smarrimento della speranza c’è un’apostasia silenziosa da parte dell’uomo che intende vivere come se Dio non esistesse. La persona umana si crede centro assoluto e creatore del proprio destino, dimenticando che non è l’uomo che fa Dio, ma è Dio che fa l’uomo. Dimenticando l’apporto del Vangelo e dando vita a una nuova cultura religiosamente agnostica, eticamente relativistica e produttrice di una vera e propria cultura di morte (n. 9), l’uomo europeo evade con crescente insoddisfazione verso paradisi intramondani, come il progresso della tecnica, il consumismo, l’edonismo, le spiritualità alternative ed esoteriche.

In questo cupo orizzonte, il Papa non manca di vedere tracce di speranza in alcuni segni concreti come il ricupero della libertà della Chiesa nell’est europeo; il concentrarsi della Chiesa sulla sua missione spirituale, soprattutto sulla evangelizzazione della realtà sociale e politica; l’accresciuta presa di coscienza dell’impegno proprio di tutti i battezzati, nella varietà e complementarietà dei doni e dei compiti; l’aumentata presenza della donna nelle strutture e negli ambiti della comunità cristiana. Altri elementi di speranza in Europa sono dati dalla riconciliazione dei popoli europei, dalla loro collaborazione e tendenza all’unione, dal rispetto dei diritti umani, dalla considerazione data al diritto e alla qualità della vita.

Il Papa poi sottolinea la straordinaria testimonianza dei martiri della fede vissuti nel secolo scorso sia all’Est come all’Ovest, che attestano la vitalità della Chiesa e l’efficacia della speranza cristiana; la santità di molti fedeli, sia di coloro che sono proclamati solennemente tali dalla Chiesa, sia di quanti vivono con semplicità la loro quotidiana esistenza di fedeltà a Cristo; il moltiplicarsi e il fiorire dei movimenti ecclesiali, di grande aiuto nel diffondere vivacità e gioia nella Chiesa.

Questo quadro di luci e ombre esige che la Chiesa riannunci all’inizio del terzo millennio la verità su Gesù Cristo, il Signore, nel quale solo c’è la salvezza e che solo costituisce il vero tesoro della Chiesa. La Chiesa oggi ha il compito di ravvivare nei cristiani d’Europa la fede nella Trinità, ben sapendo che tale fede è foriera di autentica speranza per il continente.

La fede trinitaria - rileva il Santo Padre - «contiene uno straordinario potenziale spirituale, culturale ed etico, in grado, tra l’altro, di illuminare anche alcune grandi questioni che oggi si agitano in Europa, come la disgregazione sociale e la perdita di un riferimento che dia senso alla vita e alla storia. Ne segue la necessità di una rinnovata meditazione teologica, spirituale e pastorale sul mistero trinitario» (n. 19).

In questa riscoperta trinitaria i consacrati, che sono l’epifania dell’amore trinitario nel mondo, sono chiamati a essere gli evangelizzatori della cultura europea.

 

 La Chiesa, maestra di speranza

 Richiamando l’esame di coscienza che il Signore fa alle sette chiese dell’Apocalisse, il capitolo secondo contiene due inviti, in intima consonanza con la speciale vocazione dei consacrati: la chiamata alla conversione e l’invio alla missione.

 

Chiamata alla conversione. - In questo momento storico il Signore chiama le Chiese particolari d’Europa alla grazia della conversione, a superare concezioni e mentalità incompatibili con la tradizione evangelica. La vita interna ecclesiale viene continuamente insidiata dalla mondanizzazione, dalla perdita della fede primitiva, dal compromesso con la logica del mondo: «Non di rado», afferma il Papa, riecheggiando l’Apocalisse, «le comunità non hanno più l’amore di un tempo (cfr. Ap 2,4)» (n. 23). Alle prese con debolezze, fatiche, contraddizioni, le nostre comunità ecclesiali hanno bisogno di riascoltare la voce dello Sposo, che le invita alla conversione, le sprona all’ardimento di cose nuove e le chiama alla nuova evangelizzazione.

Accogliendo l’invito al ravvedimento risalterà meglio l’eredità cristiana dell’Europa:

«La grave situazione di indifferenza religiosa di tanti europei, la presenza di molti che anche nel nostro Continente non conoscono ancora Gesù Cristo e la sua Chiesa e che ancora non sono battezzati, il secolarismo che contagia una larga fascia di cristiani che abitualmente pensano, decidono e vivono “come se Cristo non esistesse”, lungi dallo spegnere la nostra speranza, la rendono più umile e più capace di affidarsi solo a Dio. Dalla sua misericordia riceviamo la grazia e l’impegno della conversione» (n. 26).

Questa conversione implica per le Chiese particolari d’Europa una duplice comunione: con Cristo risorto, diventando sua trasparenza nella storia; con il Papa, diventando luogo e strumento di comunione dell’intero popolo di Dio nella fede e nell’amore. Di qui l’esortazione ad atteggiamenti altamente edificanti:

«Coltivino, perciò, un clima di carità fraterna, vissuta con radicalità evangelica nel nome di Gesù e nel suo amore; sviluppino un contesto di rapporti amichevoli, di comunicazione, di corresponsabilità, di partecipazione, di coscienza missionaria, di attenzione e di servizio; siano animate da atteggiamenti di stima, di accoglienza e di correzione vicendevoli (cfr. Rm 12,10; 15,7-14), oltre che di servizio e sostegno reciproci (cfr. Gal 5,13; 6,2), di perdono scambievole (cfr. Col 3,13) e di edificazione gli uni degli altri (cfr. 1Ts 5,11); si adoperino per realizzare una pastorale che, valorizzando tutte le legittime diversità, promuova anche una cordiale collaborazione tra tutti i fedeli e le loro aggregazioni; rilancino gli organismi di partecipazione quali preziosi strumenti di comunione per una concorde azione missionaria, suscitando la presenza di operatori pastorali adeguatamente preparati e qualificati. In tal modo, le stesse Chiese, animate dalla comunione che è manifestazione dell’amore di Dio, fondamento e ragione della speranza che non delude (cfr. Rm 5,5), saranno riflesso più splendente della Trinità, nonché segno che interpella e invita a credere» (cfr. Gv 17,21) (n. 28).

 

Invio alla missione. - La Chiesa in Europa si fa maestra di speranza sia convertendosi sia aprendosi alla missione, nella quale sono implicati tutti i fedeli. Il Papa accenna anzitutto ai sacerdoti e al loro impegno missionario non solo con la loro azione, ma anche con la loro vita e soprattutto con la testimonianza del loro celibato. Sul celibato sacerdotale - che ha positivi riflessi anche sul voto di castità dei consacrati e delle consacrate - il Papa si sofferma con accenti decisi ed efficaci:

«Inseriti “nel” mondo ma non “del” mondo (cfr. Gv 17,15-16), nell’attuale situazione culturale e spirituale del Continente europeo, [i sacerdoti] sono chiamati ad essere segno di contraddizione e di speranza per una società malata di orizzontalismo e bisognosa di aprirsi al Trascendente. In questo quadro acquista rilievo anche il celibato sacerdotale, segno di una speranza riposta totalmente nel Signore. Esso non è mera disciplina ecclesiastica imposta dall’autorità; al contrario, esso è innanzitutto grazia, dono inestimabile di Dio per la Chiesa, valore profetico per il mondo attuale, fonte di intensa vita spirituale e di fecondità pastorale, testimonianza del Regno escatologico, segno dell’amore di Dio verso questo mondo, nonché dell’amore indiviso del sacerdote verso Dio e verso il suo popolo. Vissuto in risposta al dono di Dio e come superamento delle tentazioni di una società edonista, esso non solo favorisce la realizzazione umana di chi vi è chiamato, ma si rivela fattore di crescita anche per gli altri [...]. Una revisione della disciplina attuale, a questo riguardo, non permetterebbe di risolvere la crisi delle vocazioni al presbiterato cui si assiste in molte parti d’Europa» (n. 34-35).

 

 La testimonianza dei consacrati

 Alla missione sono chiamati a partecipare con un loro specifico contributo le persone consacrate, che, soprattutto col monachesimo, hanno avuto un ruolo fondamentale nella evangelizzazione dell’Europa e nella costruzione della sua identità cristiana:

«Tale ruolo oggi non deve venir meno, in un momento nel quale è urgente una “nuova evangelizzazione” del Continente e nel quale l’edificazione di strutture e legami più complessi lo pongono di fronte a una svolta delicata. L’Europa ha sempre bisogno della santità, della profezia, dell’attività di evangelizzazione e di servizio delle persone consacrate» (n. 37).

L’apporto specifico delle persone consacrate viene oggi incontro a tre specifiche esigenze dell’umanità contemporanea, europea e non: il bisogno di nuove forme di spiritualità, la testimonianza di una autentica fraternità umana, la disponibilità alla missio ad gentes.

1. Per soddisfare la sete di interiorità, il Santo Padre esorta i religiosi a riscoprire la loro vocazione tutta concentrata sull’unico valore che è Dio:

«Così, la domanda di nuove forme di spiritualità, che oggi emerge dalla società, deve trovare una risposta nel riconoscimento del primato assoluto di Dio vissuto dai consacrati attraverso la totale donazione di sé, la conversione permanente di un’esistenza offerta come vero culto spirituale. In un contesto contaminato dal secolarismo e assoggettato al consumismo, la vita consacrata, dono dello Spirito alla Chiesa e per la Chiesa, diventa sempre più segno di speranza nella misura in cui testimonia la dimensione trascendente dell’esistenza» (n. 38).

2. Per venire incontro al desiderio di accoglienza e di solidarietà soprattutto per i più emarginati, il Santo Padre ripropone ai religiosi l’impegno a testimoniare una autentica fraternità evangelica:

«Nell’odierna situazione multiculturale e multireligiosa [...] viene sollecitata la testimonianza della fraternità evangelica che caratterizza la vita consacrata, rendendola stimolo alla purificazione e all’integrazione di valori diversi, mediante il superamento delle contrapposizioni. La presenza di nuove forme di povertà e di emarginazione deve suscitare la creatività nel prendersi cura dei più bisognosi, che ha caratterizzato tanti fondatori di Istituti religiosi» (ib.).

3. Per sottrarre i consacrati alla paralisi dell’inerzia, il Santo Padre li invita a riprendere la via della missio ad gentes:

«La tendenza, infine, a un certo ripiegamento su di sé chiede di trovare un antidoto nella disponibilità delle persone consacrate a continuare l’opera di evangelizzazione in altri Continenti, nonostante la diminuzione numerica che si verifica in diversi Istituti» (ib.).

 

 Annunciare il Vangelo della speranza

 Annunciare, celebrare e servire il Vangelo della speranza sono i titoli dei capitoli centrali dell’esortazione postsinodale (cap. III, IV e V).

L’annuncio è propiziato dall’imperativo dell’Apocalisse: «Prendi il libro aperto [...] e divoralo» (Ap 10,8.9). La Chiesa in Europa è chiamata a una nuova evangelizzazione. Anzi in non poche zone urge una prima evangelizzazione, una vera e propria missio ad gentes (cfr. n. 46).

Il Santo Padre ripete la domanda di Gesù:

«“Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8). La troverà su queste terre della nostra Europa di antica tradizione cristiana? È un interrogativo aperto che indica con lucidità la profondità e drammaticità di una delle sfide più serie che le nostre Chiese sono chiamate ad affrontare. Si può dire – come è stato sottolineato nel Sinodo – che tale sfida consiste spesso non tanto nel battezzare i nuovi convertiti, ma nel condurre i battezzati a convertirsi a Cristo e al suo Vangelo: nelle nostre comunità occorre preoccuparsi seriamente di portare il Vangelo della speranza a quanti sono lontani dalla fede o si sono allontanati dalla pratica cristiana» (n. 47).

Occorre non solo annunziare Gesù e la sua buona notizia, ma anche testimoniarlo, dal momento che «l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono testimoni (n. 49). La formazione di una fede adulta deve nutrirsi di soda dottrina - il Santo Padre fa esplicito riferimento al Catechismo della Chiesa Cattolica - , che diventa base indispensabile per il dialogo ecumenico e interreligioso.

A proposito di quest’ultimo, mette in guardia da un certo dilettantismo interreligioso, soprattutto nei confronti dell’Islam:

«In particolare, è importante un corretto rapporto con l’Islam. Esso, come è più volte emerso in questi anni nella coscienza dei Vescovi europei, “deve essere condotto con prudenza, con chiarezza di idee circa le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel progetto di salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli”. È necessario, tra l’altro, avere coscienza del notevole divario tra la cultura europea, che ha profonde radici cristiane, e il pensiero musulmano [...]. È peraltro comprensibile che la Chiesa, mentre chiede che le istituzioni europee abbiano a promuovere la libertà religiosa in Europa, abbia pure a ribadire che la reciprocità nel garantire la libertà religiosa sia osservata anche in Paesi di diversa tradizione religiosa, nei quali i cristiani sono minoranza» (n. 57).

Il Vangelo della speranza deve raggiungere soprattutto la mentalità europea contemporanea:

«A tale scopo, la pastorale deve assumere il compito di plasmare una mentalità cristiana nella vita ordinaria: in famiglia, nella scuola, nella comunicazione sociale, nel mondo della cultura, del lavoro e dell’economia, nella politica, nel tempo libero, nella salute e nella malattia. Occorre un sereno confronto critico con l’attuale situazione culturale dell’Europa, valutando le tendenze emergenti, i fatti e le situazioni di maggiore rilievo del nostro tempo alla luce della centralità di Cristo e dell’antropologia cristiana» (n. 58).

In questa evangelizzazione della cultura un compito insostituibile hanno i fedeli impegnati nel mondo della scuola e quelli che conducono la ricerca e insegnano nelle università:

«Con il “servizio del pensiero”, essi tramandano alle giovani generazioni i valori di un patrimonio culturale arricchito da due millenni di esperienza umanistica e cristiana. Convinto dell’importanza delle istituzioni accademiche, chiedo pure che nelle diverse Chiese particolari venga promossa una adeguata pastorale universitaria, favorendo in tal modo ciò che risponde alle attuali necessità culturali» (n. 59).

Il Vangelo di Gesù è “il libro” per l’Europa di oggi e di sempre: i fedeli prendano questo libro, lo divorino, lo gustino e così saranno capaci di comunicare la speranza cristiana al mondo.

 

 Celebrare e servire il Vangelo della speranza

 Dopo l’annuncio, il Papa esorta a celebrare e a servire il Vangelo della speranza.

1. La celebrazione implica un duplice impegno: riscoprire la liturgia, come espressione di una Chiesa che celebra il mistero salvifico di Dio; celebrare i Sacramenti, soprattutto quelli della riconciliazione e della eucaristia, accompagnati dalla preghiera (quella liturgica, ma anche le pratiche della pietà popolare, come il rosario) e dalla celebrazione del giorno del Signore, alla domenica.

In un contesto spesso chiuso alla trascendenza, alla Chiesa spetta un compito importante:

«Esso consiste nel riscoprire il senso del “mistero”; nel rinnovare le celebrazioni liturgiche perché siano segni più eloquenti della presenza di Cristo Signore; nell’assicurare nuovi spazi al silenzio, alla preghiera e alla contemplazione; nel ritornare ai Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Penitenza, quali sorgenti di libertà e di nuova speranza» (n. 69).

Il Papa richiama il fatto che la celebrazione eucaristica è esperienza di comunione trinitaria mediante la nostra comunione con Gesù.

2. Il servizio al Vangelo della speranza è anzitutto il servizio della carità nella comunione e nella solidarietà. La Chiesa serve l’uomo ridando speranza ai poveri, riconfermando la verità del matrimonio e della famiglia, ribadendo il Vangelo della vita (accoglienza della vita nascente, condanna dell’aborto e dell’eutanasia), costruendo una città degna dell’uomo, e creando così una cultura dell’accoglienza (accoglienza e cura degli immigrati e rifugiati, soprattutto di quelli cattolici).

Particolarmente accorato è l’invito che il Papa rivolge con affetto a tutte le famiglie cristiane:

«“Famiglie, diventate ciò che siete!”. Voi siete ripresentazione vivente della carità di Dio: avete infatti la “missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa”.

Voi siete il “santuario della vita [...]: il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un’autentica crescita umana”.

Voi siete il fondamento della società, in quanto luogo primario dell’”umanizzazione” della persona e del vivere civile, modello per l’instaurazione di rapporti sociali vissuti nell’amore e nella solidarietà.

Siate voi stesse testimoni credibili del Vangelo della speranza! Perché voi siete “gaudium et spes”» (n. 94).

  

Il Vangelo della speranza per un’Europa nuova

 Il capitolo finale svela l’orizzonte luminoso che il Vangelo della speranza apre alla Chiesa in Europa. L’icona apocalittica della città santa, della nuova Gerusalemme che scende dal cielo (cfr. Ap 21,2) è altamente suggestiva. La vocazione spirituale dell’Europa è quella di promuovere i valori universali dell’uomo. Per questo essa deve ricuperare la sua vera identità:

«Per dare nuovo slancio alla propria storia, essa deve “riconoscere e ricuperare con fedeltà creativa quei valori fondamentali, alla cui acquisizione il cristianesimo ha dato un contributo determinante, riassumibili nell’affermazione della dignità trascendente della persona umana, del valore della ragione, della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto e della distinzione tra politica e religione”» (n. 109).

Animati da questi principi cristiani il compito oggi dell’Europa è quello della promozione della solidarietà e della pace nel mondo: «Dire “Europa” vuol dire “apertura”»:

«“L’Europa non è in realtà un territorio chiuso o isolato; si è costruita andando incontro, al di là dei mari, ad altri popoli, ad altre culture, ad altre civiltà”. Perciò deve essere un Continente aperto e accogliente, continuando a realizzare nell’attuale globalizzazione forme di cooperazione non solo economica, ma anche sociale e culturale» (n. 111).

Dando poi uno sguardo all’Europa che si sta costruendo il Papa urge per l’ennesima volta la dimensione religiosa, che è la salda roccia dei valori autentici:

«Una e universale, pur presente nella molteplicità delle Chiese particolari, la Chiesa cattolica può offrire un contributo unico all’edificazione di un’Europa aperta al mondo. Dalla Chiesa cattolica, infatti, viene un modello di unità essenziale nella diversità delle espressioni culturali, la consapevolezza dell’appartenenza a una comunità universale che si radica ma non si estingue nelle comunità locali, il senso di quello che unisce aldilà di quello che distingue» (n. 117).

 

 Dal Vangelo un nuovo slancio per l’Europa

 L’Europa ha bisogno di un salto qualitativo nella presa di coscienza della sua eredità spirituale:

«Riprendendo questo invito alla speranza, ancora oggi ripeto a te, Europa che sei all’inizio del terzo millennio: “Ritorna te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici”. Nel corso dei secoli, hai ricevuto il tesoro della fede cristiana. Esso fonda la tua vita sociale sui principi tratti dal Vangelo e se ne scorgono le tracce dentro le arti, la letteratura, il pensiero e la cultura delle tue nazioni. Ma questa eredità non appartiene soltanto al passato; essa è un progetto per l’avvenire da trasmettere alle generazioni future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli che hanno forgiato insieme il Continente europeo.

«Non temere! Il Vangelo non è contro di te, ma è a tuo favore. Lo conferma la constatazione che l’ispirazione cristiana può trasformare l’aggregazione politica, culturale ed economica in una convivenza nella quale tutti gli europei si sentano a casa propria e formino una famiglia di Nazioni, cui altre regioni del mondo possono fruttuosamente ispirarsi» (n. 120-121).

Non temere, abbi fiducia e sii certa! Il Vangelo della speranza non delude.

Con queste affermazioni il Papa consegna alla Chiesa in Europa il prezioso dono della speranza. Con l’affidamento a Maria, madre della speranza, maternamente presente ed efficace nella storia, la Chiesa è guidata a realizzare la sua vocazione di popolo cristiano in modo nuovo e creativo.

 

 Spunti di riflessione

 1. Oggi come ieri l’Europa è avvolta da una fitta rete di presenza attiva dei consacrati, le cui istituzioni si trovano al Nord come al Sud, all’Est come all’Ovest. In Europa sono sorte e continuano a sorgere le più significative presenze religiose della Chiesa, a partire da san Benedetto a san Francesco, da san Domenico a sant’Ignazio di Loyola, da santa Teresa d’Avila a san Giovanni Bosco.

2. Non ci sono campi nella cultura e nella società dove i consacrati non siano presenti: nella scuola come nell’università, negli ospedali come nelle miriadi dei centri di accoglienza e di assistenza ai piccoli, ai poveri, agli stranieri, agli anziani. In questo le innumerevoli congregazioni religiose femminili sono testimonianze probanti dell’influsso innegabile della Chiesa alla costruzione di una società europea con un alto livello di qualità evangelica.

3. Dall’Europa sono partite migliaia di uomini e donne consacrate impegnate nella missio ad gentes. Questa straordinaria espansione ad extra della vita consacrata ancora oggi vive una feconda stagione di sporgenza missionaria.

Questi tre fatti - ma altri si potrebbero elencare - sono concreti segni di vitalità di un continente da molti chiamato “vecchio”, ma che in realtà, proprio attingendo alla linfa evangelica, risponde creativamente non solo alle esigenti domande della raffinata cultura europea, ma anche ai bisogni di fratelli sparsi in tutto il mondo, che attingono alla generosità di uomini e donne europee speranza e gioia di vivere.

Siamo consapevoli di questa nostra dote e accresciamola.

 

 

1.      Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Europa, 29 giugno 2003. I numeri tra parentesi si riferiscono a questo documento.

 

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