n. 9
settembre 2005

 

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di Tiziana De Rosa
 

 

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Siamo all’inizio di un nuovo anno sociale, e mentre ringraziamo il Signore per l’anno appena terminato, gli chiediamo l’abbondanza del Suo Spirito e della Sua misericordia per poter iniziare un nuovo cammino con slancio rinnovato e con nuova passione, nella Sua volontà e nel Suo amore.

Chiamate a seguire Cristo più da vicino, con il dono della vocazione religiosa, il Padre ci fa fatto il grandissimo dono di associarci al Suo divin Figlio per annunciare al mondo il Suo amore infinito per ogni persona e per ogni creatura, la sua misericordia perenne per i nostri limiti e per i nostri peccati, il Suo disegno eterno di renderci felici e averci per sempre con sé, come Sua famiglia, riunita attorno alla Sua mensa per l’eternità.

è ovvio che per comunicare al mondo questa Buona Novella, dobbiamo dotarci di un linguaggio comprensibile da tutte e da tutti. La fede, infatti, deve essere vissuta, annunciata, donata, comunicata, condivisa. Gli Atti degli apostoli, al capitolo 2,1-11, ci insegnano che questo linguaggio universale, questa sorta di esperanto, capace di essere codificato e decodificato da ogni persona, è il linguaggio dell’amore. Solo l’amore, quello vero, autentico, oblativo è capace, infatti, di farsi comprendere dagli occidentali e dagli orientali, dai sudisti e dai nordisti, dai bianchi e dai neri, dai ricchi e dai poveri, dai credenti e dai non-credenti, dalle donne e dagli uomini, dai piccoli e dai grandi… L’amore supera ogni barriera di spazio e di tempo, ed è solo l’amore che può farci comprendere le “grandi opere di Dio”.

Noi, che dovremmo essere esperte nell’amore, viviamo in un mondo complesso, eterogeneo, diversificato, globalizzato, a volte alienante… ma questo non ci deve impedire di essere segni significanti e comunicatrici dell’Amore con il quale il Signore ci ama da sempre e per sempre, come non dovrebbe impedire alle nostre comunità religiose di testimoniare al mondo «quanto è buono e quanto è soave che i fratelli, [o le sorelle], vivano insieme (Sl 133,1). Dall’amore che vivremo nelle nostre comunità, infatti, il mondo potrà riconoscerci come discepole del Cristo: «Guardate come si amano!...», dicevano, infatti, i pagani, vedendo le prime comunità cristiane. I non-credenti di oggi potrebbero dire la stessa cosa, vedendo le nostre comunità? Ci amiamo veramente come Gesù ci ama? San Paolo ci ricorda, poi, se ce ne fosse bisogno, che la diversità che esiste tra di noi (di età, cultura, provenienza, opinioni, razza, ecc.) non è un inciampo o un ostacolo alla comprensione reciproca, bensì una grande ricchezza e una grande opportunità, perché è vero che: «vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti» (1Cor 12,4-6).

Noi dobbiamo soltanto confidare nell’aiuto paterno e materno di Dio, che in Cristo Gesù, dopo la sua risurrezione, ci ha donato la Sua pace e ci ha inviato nel mondo per annunciare a tutti che la vita ha vinto la morte, l’amore ha sconfitto l’odio, la pace ha sopraffatto la guerra, il bene ha vinto il male per sempre e che d’ora in poi possiamo e dobbiamo vivere come creature nuove, perché siamo state riscattate a caro prezzo…

Questa pace che Gesù ci ha donato, e continua a donarci, possiamo farla nostra e inverarla nella nostra vita, a patto che sappiamo perdonarci di cuore le une con le altre, gli uni con gli altri, non sette volte, ma settanta volte sette… Gesù, infatti, apparendo agli apostoli, disse: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi… Ricevete lo Spirito santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20,19-23).

Questo messaggio di Gesù è molto chiaro: è con la forza dello Spirito santo, vivente in noi, che troviamo la forza, se lo desideriamo veramente, di perdonarci a vicenda, perché abbiamo fatto l’esperienza, e la facciamo continuamente, di essere persone perdonate, accolte, riconciliate, nonostante le nostre debolezze e i nostri continui peccati…

E altrove, Gesù dice ancora: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con la misura con la quale misurate, sarete misurati» (Mt 7,1).

Alla luce di questa Parola, vogliamo, allora, iniziare questo nuovo anno sociale ponendo un’attenzione particolare al discorso che Gesù fece nella Pentecoste della Chiesa nascente. Esso, come abbiamo visto, ruota attorno a tre perni, che sono indispensabili anche per noi, oggi, se vogliamo essere vere apostole del nostro Maestro divino. Questi tre perni sono: 1) avere nella nostra vita, nei nostri pensieri, gesti, azioni e manifestazioni la lingua universale dell’amore con tutti e verso tutti; 2) costruire, perseguire, accogliere e condividere, a qualsiasi prezzo, la Pace che il Signore ci ha donato, evitando ogni contrasto, giudizi negativi, irrigidimenti e pregiudizi verso il prossimo; 3) perdonare sempre: noi stesse e coloro che ci hanno fatto qualche torto, vero o immaginario che sia, per vivere in pace con noi, con coloro che ci stanno vicino e con Dio.

Solo così potremo annunciare e comunicare con efficacia il Vangelo di Cristo Gesù al mondo, ed essere sue discepole.

Preghiamo le une per le altre, perché le persone consacrate a Dio siano realmente sale della terra e luce del mondo.

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