n. 12
dicembre 2005

 

Altri articoli disponibili

 

 

English

ALCUNI ASPETTI DELLA PREGHIERA CRISTIANA

di Luis Alfonso Orozco, LC*

 

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

La preghiera è l’elevazione dell’anima a Dio o la domanda a Dio di beni convenienti», da dove cominciamo? Dall’altezza del nostro orgoglio e della nostra volontà o “dal profondo” (cfr. Sl 130,1) di un cuore umile e contrito? È colui che si umilia ad essere esaltato. L’umiltà è il fondamento della preghiera. «Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare» (Rm 8,26). L’umiltà è la disposizione necessaria per ricevere gratuitamente il dono della preghiera: «L’uomo è un mendicante di Dio» (La preghiera come dono di Dio, Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2559).

 

L’amore per la preghiera

Un compito irrinunciabile nella formazione permanente delle persone consacrate è aiutarle a creare una solida abitudine di preghiera. Di fatto, i primi periodi formativi, come l’aspirantato e soprattutto il noviziato, tendono a questo, ma la formazione alla preghiera non finisce lì; essa continua in tutte le altre tappe della vita, dato che la preghiera è un cammino sicuro per conoscere, amare e imitare Cristo ed è, quindi, un cammino di continua conversione interiore. Esso richiede diversi sforzi per formare e formarsi all’amore per la preghiera, in tutte le tappe della vita.

Anzitutto sorge una domanda sul perché sia importante parlare sull’amore per la preghiera. Se la preghiera è un incontro con Dio Padre, un dialogo del cuore nell’amore, è grazie ad essa che può crescere in noi quell’amore personale per Dio, indispensabile se vogliamo imparare e insegnare a pregare. I cristiani, e tanto più le persone consacrate, dovrebbero essere maestri/e nella preghiera, esperti/e nella vita di orazione. Questo è indispensabile per diventare persone cristianamente mature, di solide convinzioni, persone che sentono la preghiera come una necessità vitale da cui non possono prescindere. Infatti, con il trascorrere del tempo tutti possiamo variare una o più volte l’attività apostolica: si può passare da un compito all’altro dentro al proprio istituto e svolgere diverse responsabilità, senza che per questo cambi l’essenza della nostra consacrazione, né tanto meno l’amore e l’esercizio costante della preghiera, e questo perché la vita consacrata è sequela di Cristo, e per seguire, conoscere e amare il Signore abbiamo bisogno di un grande amore per la preghiera.

 

Un aneddoto su papa Giovanni Paolo II, durante il suo pellegrinaggio del duemila in Terra Santa, riferisce che egli voleva a ogni costo pregare ancora una volta nel Santo Sepolcro, prima di lasciare Gerusalemme e, quindi, si dovette modificare il programma, perché lui potesse recarvisi a pregare per alcuni minuti. Se noi fossimo davvero persone che amano la preghiera sopra ogni altro valore, daremmo alla preghiera il primo posto nelle nostre attività, e Dio benedirebbe noi e le persone affidate al nostro impegno apostolico. Pregare con fede, speranza e carità è un modo bellissimo di praticare quella “maternità, o paternità spirituale”, verso le anime, che non può mancare nel cuore dei consacrati e delle consacrate. A tal fine, è importante che ci ricordiamo sempre che prima di parlare alla gente di Dio, dobbiamo aver parlato con Dio.

 

Il valore della preghiera

Un compito importante all’interno di ogni congregazione, o istituto, è quello di formare le persone consacrate all’importanza e al valore che la preghiera ha per tutta la vita. Di solito i primi passi della vocazione sono caratterizzati da un grande slancio spirituale. L’anima prova particolari consolazioni nella preghiera, dove scopre un mondo nuovo e ampio che, forse, prima non conosceva. Ama pregare e cerca di trovare sempre più spazi di tempo per farlo, e anche Dio si fa gustare un po’, e così l’anima trova un grande conforto nel proprio cammino vocazionale. Questo momento di slancio positivo deve essere gestito con intelligenza e con rispetto per la persona.

Con pazienza, la maestra di formazione deve introdurre le sue postulanti e novizie nell’arte della preghiera. Farà gustare loro l’importanza del pregare bene in tutte le situazioni, indipendentemente dagli stati d’animo che possono aiutare o meno. Insegnerà loro che il valore della preghiera non dipende dai sentimenti, ma dal desiderio e dalla volontà di unirsi a Dio, anche nei momenti di aridità spirituale e nella tentazione. Parlerà loro dell’importanza della preghiera per la perseveranza dell’amore, per la crescita spirituale, per aumentare l’amicizia con Dio, per avere frutti nell’apostolato. L’obiettivo è di far nascere nell’anima un grande desiderio di pregare e parlare con Dio in ogni circostanza. Che la preghiera diventi non un “compito” da svolgere durante la giornata, ma un atteggiamento vitale dell’anima, una tensione di tutto l’essere che cerca abitualmente di essere unito a Dio, per fare sempre la Sua volontà.

Può capitare che in un determinato momento di maturazione spirituale, la persona non provi tanto gusto nella preghiera come all’inizio della propria vocazione: sa che deve pregare, ne vede la necessità, ma fugge dai momenti di preghiera, sperimenta delle difficoltà particolari per raccogliersi e per mettersi all’ascolto di Dio. Sembra che le preoccupazioni e gli altri impegni quotidiani l’invadano proprio nei momenti di preghiera, personale o comunitaria. E questo può avvenire perché Dio non è percepito come le altre realtà fisiche. Quelle sono lì, si vedono, si sentono, attraggono… Invece Dio, nonostante che è più reale di ogni altra cosa e che dà fondamento all’essere e a tutto il creato, non lo si vede così: Dio non è un oggetto immediato della nostra esperienza sensibile. Lo vede solo l’occhio della fede, lo sperimenta solo l’anima che sa amare, lo segue solo la volontà ben affinata nell’amore. Quindi, bisogna spiegare alle persone in formazione la natura della preghiera, per introdurle progressivamente nell’arte e nell’esercizio della preghiera. Sarà importante spiegare loro il grande valore della preghiera nel cammino della propria santificazione, perché lo imparino non solo come una dottrina, ma facendone un’esperienza diretta e personale.

È importante anche ricordare che nel pregare bisogna impegnare tutta la persona: intelligenza, volontà, immaginazione, sentimenti e, soprattutto, cuore, che è la sede degli affetti. Non dobbiamo avere nessun timore di mostrarci davanti al Signore tali quali siamo, perché Lui ci conosce molto meglio di noi e sa di che cosa abbiamo bisogno. La preghiera cristiana non è mai un “trattato di teologia” che noi facciamo davanti a Dio, né una lettura spirituale molto edificante. Nel primo caso avremmo uno studio di teologia e nel secondo una lettura spirituale, ma non la meditazione. Questa è, invece, un dialogo intimo con Dio, che è l’Amore personificato.

Sono note alcune definizioni sulla preghiera tratte dall’esperienza dei santi, come quelle di santa Teresina di Lisieux, che diceva: «Per me la preghiera è uno slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il cielo, un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia». Teresa d’Avila definiva la preghiera come un «parlare di amore con Colui che sappiamo che ci ama», mentre, per san Giovanni Damasceno la preghiera era una «Elevatio mentis in Deum», una elevazione dell’anima verso Dio, ecc.

Quindi, dall’esperienza vissuta dai santi si può evincere che la preghiera è un dialogo intimo con Dio che fortifica nell’anima la ragione d’essere della propria vita: compiere la volontà di Dio. Il grande valore della preghiera sta nel fatto di essere un rinnovamento spirituale continuo, a partire da Dio. Pregare diventa così quel ripartire ogni giorno da Cristo nella nostra vita di consacrazione esposta ai pericoli e alle sfide che presenta il mondo relativista e consumista. La preghiera cristiana è, quindi, un rapporto di alleanza tra Dio e l’uomo, rapporto che costituisce una vera alleanza di amore sponsale. Ed è nella preghiera, quindi, che anche noi, persone consacrate, coltiviamo il nostro amore sponsale con Cristo.

 

Il fervore nella preghiera

È pure opportuno distinguere la differenza che esiste tra il fervore sensibile e il fervore risoluto nel pregare. Il fervore è un atteggiamento permanente di generosità dell’anima, nel cammino della perfezione spirituale. Questa chiarificazione è importante, perché nasconde il successo di tante anime fervorose. Difatti, nella vita spirituale, il lavoro fatto con purezza di intenzione è sinonimo di vittoria. Le attività sono permanenti e varie, ma come segno di disponibilità totale a Dio. Un esempio, fra i tanti, è quello di santa Giuseppina Bakhita, religiosa del Sudan, che dopo aver sofferto la schiavitù da fanciulla, trovò la fede e si fece religiosa nell’Istituto delle Canossiane. Per oltre cinquant’anni, quest’umile Figlia della Carità, vera testimone dell’amore di Dio, visse prestandosi in diverse occupazioni nella casa di Schio: fu cuoca, guardarobiera, ricamatrice, portinaia. Trovò la santità in quelle umili attività, unendosi sempre a Dio con grande fervore spirituale.

Ora, il fervore può essere sensibile se alla volontà si accompagna anche il gusto nel compimento della volontà di Dio, che si manifesta nella preghiera e nel dovere di ogni giorno. Diciamo risoluto, invece, quel fervore al quale manca il gusto sensibile, ma la volontà resta ferma in ciò che deve compiere come suo dovere. È molto importante conoscere bene il ruolo dei sentimenti nel fervore, perché alle volte le giovani novizie, e le religiose, pensano di non saper più pregare, solo perché non sperimentano una particolare soddisfazione sensibile. Credono che se manca il sentimento, o il fervore sensibile, non pregano bene, credono di essere state abbandonate da Dio e, quindi, si abbandonano allo scoraggiamento… Santa Teresa di Gesù, una grande maestra della preghiera cristiana, sostiene invece che «colui che ha cominciato una vita di preghiera, non deve ritornare indietro; deve perseverare per trovare i frutti». La preghiera, infatti, non consiste nel sentire emozioni speciali o nella mancanza di distrazioni; essa è un dialogo con Dio, nel quale la volontà ha l’impegno portante e, quindi, dobbiamo conformare la nostra volontà su quella di Dio, sapendo che la preghiera perseverante è anche lotta e conquista di noi stesse, ogni giorno.

 

Le difficoltà nella preghiera

Le distrazioni sono le difficoltà più comuni che trovano le persone che desiderano pregare. Nonostante i propri sforzi per raccogliersi, l’immaginazione vola qua e là. Appena uno si mette a pregare, all’improvviso vengono in mente cento cose da fare, da ricordare, pensieri da scacciare, ecc. Sembra che qualsiasi cosa sia più importante, in quel momento, del pregare! Ora, la distrazione è interessante, perché ci rivela ciò a cui siamo attaccati. Questo cercare di concentrare la mente fa soffrire l’anima, che vorrebbe essere raccolta del tutto nel suo Dio, almeno durante il tempo della preghiera.

Una difficoltà, specialmente per coloro che vogliono sinceramente pregare, è l’aridità. Fa parte della vita di orazione nella quale il cuore sembra sia diventato insensibile, senza più gusto per i pensieri, i ricordi e i sentimenti spirituali. Questo può avvenire nel noviziato, una volta che sono passate le consolazioni di Dio, ma può accadere anche nella vita religiosa matura e nella persona che svolge l’apostolato. L’aridità è una prova. È il momento in cui siamo chiamati/e ad esercitare la fede pura, come quella di Gesù nell’agonia dell’orto degli ulivi.

Un’altra difficoltà è la routine e la tiepidezza: si cerca di pregare perché bisogna farlo, ma senza entusiasmo, senza ardore; in questo caso, la preghiera ci sembra un compito difficile da assolvere. Questa situazione è pericolosa, perché pian piano l’anima si affievolisce, s’indebolisce, fugge dall’incontro con Dio e da se stessa. È una perdita progressiva di energia spirituale. È qualcosa di simile al caso di un malato che non mangia più e che ogni giorno, senza rendersene conto, si indebolisce. Questa situazione, nella persona consacrata, può dare origine al peccato veniale e preparare così la rovina della vocazione. Le grandi personalità, i grandi successi nella vita spirituale, così come le grandi disfatte, non si fanno in un giorno; si vanno preparando lentamente nell’anima. A questo riguardo serve considerare il buon esempio di santa Maria Faustina Kolawska, suora della Beata Vergine Maria della Misericordia. Nella vita di convento lei era una in più. Tutti i doni e le rivelazioni erano nascosti agli occhi delle consorelle. La sua vita, apparentemente ordinaria, monotona e grigia nascondeva in sé una profonda e straordinaria unione con Dio. Che cosa ci sarà mai nelle cose piccole, che a Dio piacciono tanto?

Una ulteriore difficoltà è costituita dall’accidia. Con questo termine, nella vita spirituale, si intende una certa forma di depressione, uno svuotamento di interesse per le cose spirituali, una forma di indifferenza... «Lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (Mt 26,41). Non bisogna scoraggiarsi per queste difficoltà che troviamo nel pregare. Il Signore ci conosce bene e sa che siamo creature deboli e limitate: l’importante è ricominciare nuovamente, superando ogni tentazione, quando ci accorgiamo di esserci allontanate in qualche modo dalla preghiera e dal Signore Gesù.

 

I tipi di preghiera

Preghiera vocale. Nella vita comunitaria religiosa e nella vita cristiana di tutti i fedeli, la preghiera vocale occupa un posto molto importante. Esprime, in gesti e parole, l’intimo del cuore, la risposta data a Dio come corpo ecclesiale che vive il mistero della comunione. La preghiera vocale aiuta molto a formare l’unità della comunità, nel pregare insieme come gli apostoli con Maria. Se in comunità ci sono dei momenti per pregare insieme, allora si rende a Dio la lode a Lui dovuta. L’importante è che le parole esprimano il desiderio del cuore.

Preghiera liturgica. Liturgia eucaristica e liturgia delle ore. Anche queste sono preghiere prevalentemente vocali. In forza della nostra consacrazione religiosa, siamo chiamati in un modo particolare a santificare il corso del giorno e della sera con la lode di Dio. Celebrare la liturgia delle ore richiede non soltanto di far concordare la voce con il cuore che prega, ma anche di procurarsi una più ricca istruzione liturgica e biblica, specialmente riguardo ai Salmi: Quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum! (quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!, Sl 133).

La meditazione o preghiera mentale. Qui si parla della preghiera discorsivo-affettiva. Sicuramente si tratta di un metodo molto conosciuto, noi lo vogliamo ricordare al fine di offrire dei mezzi per aiutare nel lavoro di formazione alla preghiera. Parliamo della preghiera personale e individuale, quella cioè che si fa mentalmente in cappella o nella propria stanza. Le parti che la compongono sono:

a)                     Preamboli. La meditazione di solito si prolunga per un’ora, o mezz’ora, d’accordo con le diverse regole degli istituti. Si fa all’inizio della giornata, perché dia l’impronta e segni il ritmo del giorno. Si comincia, di solito, con il canto del Veni Creator per chiedere l’aiuto dello Spirito santo. Dopo, già in cappella o nella propria stanza, si rinnova la nostra fede nella presenza di Dio durante alcuni brevi istanti, del tipo: «Signore, io so che tu sei qui, io credo in te, ti amo, ti adoro. Tu sei il mio Dio, Tu sei l’amore della mia anima…». L’importante è fare un sincero atto di umiltà, di riconoscenza davanti al nostro Creatore e Signore. Dice il Catechismo della Chiesa Cattolica: «L’umiltà è il fondamento della preghiera» (n. 2559). In verità, quando siamo davanti a Dio ci deve prendere lo stupore: «Signore allontanati da me perché sono un uomo peccatore!». Si iniquitatis observaveris Domine, Domine quis sustinebit? Dopo, mettiamo nelle mani di Dio il frutto che vogliamo raggiungere. Questo è di grande importanza, perché la preghiera scorra con interesse.

b)         La composizione di luogo: serve ad aiutare la nostra immaginazione nel ricreare una scena evangelica per favorire la contemplazione e il colloquio con Dio, con Gesù e con Maria. Quindi, avviene lo sviluppo della meditazione. Dopo i primi passi enunciati, si fanno quelli che sono tradizionalmente chiamati i “punti” di lettura, che hanno due parti: quella discorsiva con riflessioni e considerazioni, e quella affettiva fatta di colloqui: la conversazione intima con Dio nel cuore.

Un consiglio utile per istruire le novizie in questo metodo è che la Superiora, o la Maestra di noviziato, faccia a voce alta la meditazione (un poco come la nostra mamma a casa, quando eravamo bambini) durante un periodo di tempo. La novizia scopre, così, pian piano come si può pregare, come ci si può rivolgere a Dio, e comincia da sola a farlo. Molto importante è far calare nel cuore le considerazioni fatte con l’intelligenza.

c) I punti per la meditazione. Si dovrebbero preparare la sera precedente e si possono prendere:

- dalla Sacra Scrittura, soprattutto dal Vangelo;

- dal Magistero della Chiesa (le encicliche: Redemptor hominis, Dives in misericordia, Redemptoris Mater, Evangelium vitae, Fides et ratio. Esortazioni apostoliche: Vita consecrata, Redemptionis donum, Reconciliatio et poenitentia, Familiaris consortio. Lettere apostoliche: Mulieris dignitatem, Novo millennio ineunte..., dai discorsi del Santo Padre durante i suoi viaggi e dai suoi insegnamenti ordinari...);

- dalla liturgia (tanti testi bellissimi dalla liturgia eucaristica e dalla liturgia delle ore);

- dagli scritti della Fondatrice o Fondatore;

- dai Padri della Chiesa (sceglierne uno e approfondirlo);

- da autori spirituali sicuri.

Le superiore hanno il dovere di aiutare le consorelle in formazione a trovare autori sicuri, fedeli alla dottrina e al magistero della Chiesa. Per le consacrate, poi, la preghiera della fondatrice, o del fondatore, può diventare una vera “scuola di orazione”. Dio ha voluto darvi un carisma tramite il fondatore o la vostra fondatrice, perciò gli scritti, le lettere, le preghiere dei fondatori e delle fondatrici sono tesori inestimabili per tutti i consacrati e le consacrate.

d) La meditazione si conclude con un proposito. È molto conveniente che questo proposito, e le principali luci avute nella meditazione, venga ricordato durante la giornata. Esso può aiutarci a convertirci al Signore Gesù: metanoia. La meditazione, quindi, deve illuminare la mia giornata, mi deve aiutare a vedere tutto con fede, ad avere fortezza, a essere coraggiosa nella mia vocazione, a coltivare i colloqui con il Signore, presente nel mio cuore, durante tutta la giornata.

Non bisogna dimenticare, poi, che ci sono altre parti complementari della meditazione: ossia la preparazione remota, fatta con il silenzio, il raccoglimento, la consapevolezza della presenza di Dio; la preparazione prossima, che comincia con il grande silenzio durante la notte e nel mattino all’alzarsi, prima della preghiera; la lettura per la preparazione dei punti durante la preghiera della sera; la preparazione immediata, che va dal momento di svegliarsi fino al momento di cominciare la preghiera: ricordare i punti della meditazione, coltivare il raccoglimento, il silenzio, la dedizione, l’offerta delle opere.

 

Una considerazione finale sul raccoglimento
e il suo ruolo nella vita di preghiera

Raccoglimento significa “diventare calmo/a”. Abitualmente la persona è divisa fra la molteplicità delle cose da fare, eccitata da incontri amichevoli o ostili, angustiata da desideri e dal timore, dalle preoccupazioni o dalle passioni. Sempre occupata a combattere o a difendersi, ad acquistare o a respingere qualche cosa, a costruire o a distruggere. Bisogna, dunque, allontanare da sé i desideri disordinati e rivolgersi all’unico che ora ha importanza; rinunciare alla propria volontà e dire a se stesso: “Ora non ho nient’altro da fare che pregare. I prossimi trenta minuti – o qualunque altro tempo prefissato – non devono servire che a questo. Tutto il resto non esiste più. Io sono completamente libera, e solo per questo sono qui”.

«L’uomo, infatti, è una creatura piena di astuzia e l’astuzia del suo cuore appare anzitutto nella vita religiosa. Quando comincia a pregare, subito qualche altro pensiero chiamato dalla sua inquietudine interna s’insinua nella preghiera e pretende di essere ascoltato. Qualsiasi cosa, un lavoro, un colloquio, un incarico, una ricerca, un libro, un giornale, gli sembra più importante e la preghiera un puro perditempo. Ma appena egli l’ha interrotta, in seguito a questa riflessione, il tempo, che prima gli sembrava così scarso, ora gli avanza ed egli lo sciupa nelle cose più inutili... Raccogliersi significa vincere quest’inganno dell’inquietudine e diventare calmi, liberarsi da tutto ciò che è estraneo alla preghiera e mettersi a disposizione di Colui che ora solo ha importanza, ossia del Signore (...). II raccoglimento non è facile da raggiungere, specialmente quando, dopo il primo slancio, l’interesse scompare e tutto il disordine interiore appare chiaramente... Dal raccoglimento dipende tutto. Nessuna fatica impiegata a questo scopo è sprecata. E se anche tutto il tempo destinato alla preghiera trascorresse nel cercarlo, sarebbe bene impiegato, poiché in sostanza il raccoglimento è già preghiera. Anzi nei giorni di inquietudine, di malattia o di grande stanchezza può essere bene, qualche volta, accontentarsi di questa “preghiera del raccoglimento”. Questo ci calmerà, ci darà forza e aiuto. E chi dapprima non ottenesse altro che vedere chiaramente le proprie difficoltà a questo proposito, avrebbe già guadagnato molto. Avrebbe in qualche modo già toccato il punto che sta dietro alla distrazione»1.

 

* * *

«Non pensare a ciò
che può portarti l’avvenire,
ma sforzati sempre di essere
interiormente calma e serena,
poiché non da come
si forma il tuo destino,
ma dal modo in cui
ti comporti dinanzi a esso
dipende la felicità della tua vita.

                                               (Erich Fromm)

 

Note

* Docente al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum di Roma

1 Sul raccoglimento, cfr. Romano Guardini,Introduzione alla preghiera, Morcelliana, brescia 1987, pp. 20-26.

Torna indietro