n. 12
dicembre 2006

 

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È NATALE: FERMIAMOCI ALLA GROTTA
di Diana Papa

 

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Uno sguardo sull’oggi

Natale è alle porte e questo appuntamento annuale ci invita ancora una volta a meditare sull’evento straordinario dell’incarnazione del Figlio di Dio.

Se per un certo verso il cammino di fede porta il credente a rientrare in se stesso, l’atmosfera che si respira orienta questo evento in piazza, tra il frastuono, il rumore, la frenesia.

Gli uomini e le donne del nostro tempo, occupati da mille cose, sembrano avere perso la dimensione contemplativa della vita. C’è chi struttura il tempo nella ricerca di qualcosa che lo soddisfi; chi, influenzato dal relativismo, fuga le domande profonde; chi, per paura, non si coinvolge, non cerca, non rischia.

L’individuo di oggi, che continua ad essere attratto contemporaneamente da tanti idoli o dall’idolo di se stesso, vive, talvolta, il momento presente in compagnia del vuoto esistenziale che reclama i suoi diritti. Assetato di indipendenza, si libera di tutto: religione, tradizione, autorità… Si erge soggetto e padrone del suo destino, artefice della sua storia, riferimento e misura di se stesso e, quando si preoccupa di nutrire solo l’immagine grandiosa di sé, non si accorge né di chi gli sta intorno, né di ciò che sta oltre il sé.

Il soggettivismo, l’onda delle emozioni, mentre rallentano il suo cammino verso l’infinito, fanno perdere il contatto con la freschezza delle sorgenti dell’umanità.

Nell’apparente scorrere della vita, si avverte, a volte, tutta la fatica degli uomini e delle donne che non riescono a fermarsi, per guardare con il cuore i frammenti e unificarli, per accogliere con gratitudine la bellezza dell’umanità ricevuta in dono.

Fermiamoci alla grotta

Il Bambino che nasce, si pone in mezzo alla ferialità di questi avvenimenti. Molti lo conoscono, altri lo ignorano. Sembra che la nascita del Bambino non parli più agli uomini e alle donne di oggi, proprio ora che la paura e lo smarrimento vogliono prendere il sopravvento. Infuria in tanti luoghi la guerra, vengono calpestati i diritti fondamentali della persona e il creato con la sua bellezza viene deturpato e sfruttato in modo irrazionale. L’umanità sembra perdere la capacità di riconoscere la presenza di Dio nel mondo, poiché l’individuo non riesce più a coltivare spazi di profonda interiorità.

È nel silenzio che la persona individua i confini del terreno abitato dal proprio io e rispetta quelli degli altri. È nel silenzio che impara a credere al mistero che avvolge l’universo.

È nel silenzio della solitudine che Dio si rivela al cuore della creatura nuda, vulnerabile, a chi non ha cose da esibire, da dimostrare o da difendere, si svela ai pastori che vegliano di notte e che sono avvolti dalla gloria del Signore (Cfr. Lc 2,8-9).

È nel silenzio che Dio ancora oggi si fa trovare in un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia.

È nel silenzio che Dio continua a rispondere a chi continuamente cerca. È nel silenzio che si fa trovare in un Bambino, un indifeso, tenero, venuto nella povertà ad annunciare all’umanità solo l’amore del Padre.

Se in questi giorni di festa la gente si lascia prendere da mille cose e il grande assente sembra essere proprio Gesù Bambino, per il quale non c’è posto e per cui si fa festa, forse è tempo di fermarsi davanti alla grotta.

Guardando l’Emmanuele, in silenzio, ognuno può acquistare la consapevolezza di se stesso come dono e come valore. Dallo stupore per l’incarnazione del Figlio di Dio, nasce la capacità di risignificare le azioni più piccole con gioia, con entusiasmo e di penetrare quelle grandi con la semplicità di un bambino.

Entrando nella grotta, si può ritrovare in Gesù Bambino il coraggio di osare, condizione per essere anche “una porta aperta a ogni estraneo” (E. Mounier), a chi è emarginato, a chi è solo e rifiutato, a chi pensa di non esistere per nessuno.

Partiamo dalla grotta

Il fermarsi davanti all’Emmanuele, aiuta a entrare nel profondo di sé per scoprire la capacità di tenerezza, di amore delicato, sensibile, non possessivo, disarmato e disarmante.

La fede nell’incarnazione del Figlio di Dio che «spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini» (Fil 2,7), porta la persona ad accogliere Dio nella sua vita con rinnovata fedeltà.

«… e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Nella grotta l’Emmanuele, il Bambino povero e indifeso, ha ancora qualcosa da dire agli uomini e alle donne di questo tempo.

Accanto a lui vi sono anche Maria e Giuseppe che vivono l’esistenza come risonanza del loro essere in Dio. Nella grotta ripropongono un nuovo modo di essere vissuto nell’essenzialità, nella sobrietà e nella semplicità, fondato sulla gratuità dell’amore e sulla certezza che ognuno è accolto e amato dal Signore.

Nella grotta non ci sono individui che lottano per raggiungere il potere o per elemosinare consensi generalizzati attraverso il protagonismo e la spettacolarità. Ci sono soltanto testimoni dell’amore che si donano nella gratuità, persone che senza calcoli o attese realizzano la chiamata del Signore.

La grotta è aperta, non c’è sbarramento o difesa. Nella casa scelta da Dio per il Figlio suo c’è posto per tutti. Ancora oggi gli uomini e le donne di buona volontà possono far festa per il Natale del Signore, per la presenza di Dio sulla terra, per l’ azione visibile dello Spirito in ogni storia.

Solo dopo aver adorato l’Emmanuele alla grotta di Betlemme, ciascuno può far ritorno nel proprio ambiente, per portare la speranza agli smarriti di cuore e comunicare loro la gioia del Natale.

Diana Papa

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