n. 11
novembre 2008

 

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Camminate secondo lo Spirito
(Galati 5,16)

di Innocenzo Gargano

 

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Chiamati a vivere in libertà

Paolo, restando molto umano, riesce perfino a scherzare in questa parte della lettera ai Galati e di tanto in tanto esprime anche la sua vena ironica.

Forse l’apostolo si diverte anche nel polemizzare. In ogni caso il discorso resta sempre molto alto e molto esigente. Ha rivendicato per sé la libertà e sa anche benissimo a quale caro prezzo si può sperimentare, vivere, difendere, la propria libertà, ma non torna indietro, e non vorrebbe che tornassero indietro neppure i suoi Galati.

Non era stato Dio stesso a scendere dal cielo in terra per garantire la libertà del suo popolo? Paolo può dunque stabilire con forza: «… Siete stati chiamati a libertà…» (v. 5,13a).

Vivere nella libertà non significa però fare spazio all’anarchia e al disordine, ma piuttosto crescere con rapporti armonici e ordinati.

E godere della libertà in modo ordinato significa soprattutto non dimenticare di essere continuamente sotto lo sguardo di Dio senza prevaricare gli uni nei confronti degli altri e stando bene attenti a proteggersi dall’idolatria.

Senza libertinismo

Paolo, che forse ha piena consapevolezza di essere il nuovo Mosè della nuova alleanza, ci tiene tantissimo a precisare che la libertà alla quale sono stati chiamati i Galati non è libertinismo, non è anarchia e non deve perciò diventare un pretesto per vivere secondo la carne, ma semmai per far esplodere la carità (cf v. 5,13b).

L’amore nasce dalla libertà, si nutre di libertà, è orientato e si conclude nella libertà. Si può persino dire che la stessa libertà nasce dall’amore, si nutre d’amore e orienta verso l’amore. Dunque amore e libertà sono uno dentro l’altra. Infatti si è liberi quando si ha la disponibilità, la generosità, appunto la libertà, di mettersi a servizio dell’altro, facendosi servi gli uni degli altri (cf v. 5,13).

Anche Mosè si riteneva soltanto servo; c’è un bellissimo libro di Gregorio di Nissa: La vita di Mosè, che si conclude proprio con questa piena realizzazione di Mosè, in quanto doulos in quanto servo di Dio. In Occidente è rimasta famosa l’autodefinizione di papa Gregorio Magno: servus serv rum Dei, cioè: sono servo dei servi di Dio!

Compimento della legge è l’amore

Paolo conia in questo preciso contesto una frase lapidaria: «Tutta la legge infatti trova il suo compimento in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso» (v. 5,14).

Dice «tutta la legge» ma avrebbe potuto dire anche: «ogni legge». In realtà Paolo sintetizza in un comando, in un logos, in una parola sola, (en hení logo¯), il precetto dell’amore. Dunque ogni volta che si fa riferimento ad una legge, non si può dimenticare mai la funzione che ha avuto questa legge all’interno di quell’esperienza di libertà che era stata garantita al popolo eletto e di cui Mosè era stato il difensore, l’animatore. Libertà e legge, delle quali Paolo si sente a sua volta animatore e difensore, si concretizzano sempre nell’amore.

C’è dunque un compimento che si può concretizzare solo in questo unico precetto: «amerai il prossimo tuo come te stesso» (v. 5,14; Lv 19,18; Mt 22,39; Mc 12,31; Rm 13,9; Gc 2,8; cf Lc 10,27). Ma questo precetto, che è il secondo della Torah, ha come presupposto il primo che chiede: «Ama Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze» (cf Mt 22,37; Lc 10,27; cf Dt 6,5; 10,12; ).

Dio è stato infatti l’unico che ha liberato Israele dall’Egitto. Soltanto lui poteva farlo, e lo ha effettivamente fatto (cf Es 20,13; Dt 5,6).

Paolo dà certamente per scontato tutto questo. La libertà resta un dono di Dio.

Nella discrezione dello Spirito

Dopo questa sintesi straordinaria Paolo, che sa benissimo che non è così semplice essere servi gli uni degli altri e vivere l’amore a livelli così alti, scherza ironico: «Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri» (v. 5,15).

Non si riesce a trovare una spiegazione adeguata di questa frase senza chiamare in campo l’ironia. Facendosi di nuovo serio, Paolo aggiunge: «Vi raccomando però (légo ¯ dé): camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne» (v. 5,16b).

Una indicazione di vita molto semplice, che sottolinea il positivo e relativizza, ridimensiona, quel continuo analizzarsi, esaminare la coscienza la mattina, a mezzogiorno, la sera, ogni ora, ogni mezz’ora, ogni quarto d’ora, spaccando, se possibile, il capello in quattro, come facevano gli stoici, assetati di perfezionismo moralistico.

No.

Basta restare aperti alle sollecitazioni dello Spirito.

Il resto verrà da sé.

Paolo esorta dunque: «Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne» (v. 5,16b, in greco: kaì epithymian sarkòs ou me¯ telése ¯te). Che cos’è questo desiderio della carne? Per capirlo non dobbiamo dimenticare l’indicazione fondamentale, della quale abbiamo già parlato, di non perdersi a fare tutte quelle analisi, distinzioni e sottodistinzioni che fanno coloro che amano sciaguattare nel fango, ma di restare invece generosamente aperti alle sollecitazioni dello Spirito.

Infatti: «La carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; ma queste cose traduco si oppongono affinché non facciate qualsiasi cosa vi venga in testa di fare» (v. 5,17).

Ho corretto un po’ il testo della traduzione italiana ufficiale, perché sono convinto che corrisponda meglio al pensiero di Paolo. Mi sembra infatti che l’Apostolo stia dicendo più o meno questo: la contrapposizione che sentite dentro di voi, fra la epithymia (un desiderio che spinge forte, dalla e nella carne) e l’idealità dello spirito, è provvidenziale, perché vi impedisce di fare qualsiasi cosa vi venga voglia di fare. E questo vi obbliga a fare discernimento. Cioè: questa tensione provvidenziale vi libera dall’istintualità, dimostrando che la vostra struttura umana è assolutamente diversa da tutte le altre strutture creaturali. Infatti le altre strutture creaturali, da quelle inanimate a quelle animate, sono in qualche modo condizionate a realizzare tutto ciò che istintualmente sentono, come una forza d’inerzia, a cui non possono contrapporsi.

Con personale responsabilità

Occorre ricordare che siamo in un contesto culturale e religioso in cui alcuni gruppi, che.cercano di essere puri ad oltranza, non credono nella possibilità del libero arbitrio e pensano che ogni scelta sia già stata predeterminata da Dio, per cui preferiscono semplicemente lasciarsi condurre dall’istinto. Tendenze simili esistevano anche nel mondo ebraico. Gesù e Paolo non accettano affatto un simile presupposto rivendicando invece la possibilità, da parte dell’uomo, di dire si o di dire no! Essi sottolineano che nessuno è costretto al male e nessuno è costretto al bene, fondando così il principio universale della responsabilità personale.

In realtà soltanto la possibilità di scegliere in piena libertà fonda la dignità umana e le permette di esprimersi in tutti gli aspetti della vita. Con questa precisazione possiamo capire meglio adesso le parole di Paolo: «La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne…» (v.

15,17a), con l’aggiunta consequenziale: «Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge» (v. 5,18).

Quali siano poi le opere che restano sotto la condanna della legge, compiendo le quali si resta schiavi della legge, cioè della condanna che viene dalla legge, Paolo le sintetizza brevemente, dandole in qualche modo per scontate: «Le opere della carne sono ben note…» (v. 5,19). In realtà elenca una lista non comprensiva di tutto, ma solo esemplificativa, che forse attinge a ciò che noi oggi chiameremmo “morale corrente”.

Oggi potremmo fare liste anche più articolate, perché ognuno dei termini utilizzati da Paolo potrebbe essere studiato nel suo contesto con conclusioni non necessariamente univoche: <<Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio» (5,1921).

Il frutto dello Spirito

Dopo aver fatto questa lista ‘negativa’ Paolo ne aggiunge una ‘positiva’ scrivendo: «Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé – e poi aggiunge – contro queste cose non c’è legge» (v. 5,22-23).

Anche questa lista è però solo una esemplificazione, e quindi non pretende di essere completa. Due liste dunque: una, che rimane sotto il giudizio della legge, e quindi è condannata, e richiama una pena; l’altra invece che è libera dalla legge, perché è frutto dello Spirito.

La dichiarazione conclusiva di Paolo è, anche questa volta, lapidaria: «Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri» (v. 5,24). In Cristo infatti si trova la completezza cercata, perché in Lui si trova tutto, per cui chi si ritrova in Lui non ha bisogno di andare a cercare altro.

Cristo Gesù è l’absolutum.

Tutto il resto verrà di conseguenza.

Perciò nel Vangelo leggiamo:«Seguite me e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta» (cf Mt 6,33; Lc 12,31). L’unificazione di se stessi con Cristo comporta una assolutezza d’amore, che non lascia spazio, tempo, per altri tipi di desideri o di passione.

Di qui la conclusione: «Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito» (v. 5,25). Lo Spirito del Figlio, quello Spirito inviato dal Padre, del quale Paolo ha già parlato, è la guida sicura del cammino cristiano.

Paolo, che conosceva certamente lo sforzo etico compiuto da tanti moralisti, spirituali e filosofi del suo tempo, li relativizza tutti per fare spazio unicamente allo Spirito che, grazie all’opera di Cristo, grida dalle profondità di ogni credente: Abbà Padre, che diventa di fatto guida sicura verso la piena realizzazione della vita che ha, appunto nel Padre, la fonte che scorre dall’eternità.

Innocenzo Gargano
Camaldolese osb
Piazza San Gregorio al Celio, 1
00184 Rom
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