n. 3
marzo 2009

 

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La vita consacrata
esegesi vivente della Parola


   

 

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Tra le molteplici luci e suggestioni racchiuse nell’esortazione apostolica Vita consecrata (25 marzo 1996) troviamo la singolare frase posta nel nostro titolo. Siamo nella terza parte del documento dedicata al Servitium caritatis dove Giovanni Paolo II al n. 82 - nel contesto dell’«Amore sino alla fine» - afferma: «Il Vangelo si rende operante attraverso la carità, che è gloria della Chiesa e segno della sua fedeltà al Signore. Lo dimostra tutta la storia della vita consacrata, che si può considerare una esegesi vivente della parola di Gesù:“Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40)». L’espressione viene ripresa più volte nei documenti vaticani (ad es. Ripartire da Cristo 24). In modo suggestivo Benedetto XVI la colloca in un contesto particolare: «È stato lo Spirito Santo ad illuminare di luce nuova la parola di Dio ai fondatori e alle fondatrici. Da essa è sgorgato ogni carisma e di essa ogni Regola vuole essere espressione. In effetti – continua il Papa – lo Spirito Santo attira alcune persone a vivere il Vangelo in modo radicale e a tradurloin uno stile di sequela più generosa. Ne nasce così un’opera, una famiglia religiosa che, con la sua stessa presenza, diventa a sua volta “esegesi”vivente della parola di Dio. Il succedersi dei carismi della vita consacrata può dunque essere letto come un dispiegarsi di Cristo nei secoli, come un Vangelo vivo che si attualizza in sempre nuove forme (cf Lumen gentium 46). Nelle opere delle fondatrici e dei fondatori si rispecchia un mistero di Cristo, una sua parola, si rifrange un raggio della luce che emana dal suo volto, splendore del Padre».

Con queste parole, pronunciate al termine della celebrazione eucaristica nella festa della Presentazione di Gesù al tempio, Benedetto XVI si è rivolto alle migliaia di membri di istituti di vita consacrata radunati in San Pietro in occasione della Giornata mondiale della vita onsacrata il 2 febbraio 2008. Nel brano l’affermazione sulla vita consacrata come «esegesi vivente della Parola di Dio» è messa in rapporto con l’azione ispiratrice dello Spirito Santo. Possiamo dire che lo Spirito si posa sui fondatori e sulle fondatrici ed apre loro le Scritture. Le fa loro  comprendere in maniera nuova e in loro le compie. La loro vita diventa un’esegesi vivente essendo essi stessi resi Vangelo tradotto in vita, e quindi in azione apostolica e ministeriale

con un proprio stile di sequela (Fabio Ciardi). Ogni carisma è come un evangelium abbreviatum: cioè si presenta come incarnazione e testimonianza di una parola o situazione evangelica.

Benedetto XVI, oltre al richiamo dello Spirito Santo, aggiunge un elemento particolarmente efficace: tale esegesi – dice – è data, prima ancora che da quello che la vita consacrata fa, dal fatto stesso di esserci, ossia dalla sua stessa presenza. Il Consolatore permette che la parola di Dio si illumini in modo nuovo agli occhi e al cuore di un determinato fondatore o fondatrice, così da dare inizio ad una realtà nuova, che come tale diviene spiegazione viva del Vangelo. Le nuove famiglie religiose con la loro stessa presenza diventano a loro volta esegesi vivente collettiva di quei determinati aspetti del Vangelo. Questo significa che non siamo di fronte solo ad una messa in pratica di un preciso versetto della Sacra Scrittura, ma ad una forma di vita che come tale parla e comunica la verità del Vangelo: l’esegesi attuata dalla vita consacrata riguarda il suo essere. La nostra espressione risuona più volte durante il recente Sinodo dei vescovi sulla Parola, ed è indicata tra le 55 Proposizioni finali al n. 24, dove si legge: «La vita consacrata nasce dall’ascolto della parola di Dio e accoglie il Vangelo come sua norma di vita. Alla scuola della Parola, riscopre di continuo la sua identità e si converte in evangelica testificatio per la Chiesa e per il mondo. Chiamata ad essere “esegesi” vivente della parola di Dio, è essa stessa una parola con cui Dio continua a parlare alla Chiesa e al mondo».

Di recente, nell’ambito del Convegno promosso dal Claretianum sul tema:«Parola di Dio e vita consacrata» (9-12 dicembre 2008), il nostro argomento è stato oggetto di un approfondito studio da parte del cappuccino Paolo Martinelli, Preside dell’Istituto di Spiritualità all’Antonianum. L’orizzonte del relatore abbracciava gli elementi finora considerati e soprattutto andava al cuore del suo specifico significato teologico-spirituale. Alla luce della relazione del p. Martinelli ci poniamo un interrogativo: «Perché proprio la vita consacrata può essere compresa come una peculiare esegesi vivente della parola di Dio?». Secondo il relatore il vissuto cristiano della vita consacrata va così compreso, in quanto acquista una singolare forma espressiva caratterizzata dai consigli evangelici. Più in specifico, ciò che distingue la forma peculiare della consacrazione è la verginità obbediente e povera, la quale è un modo particolare di considerare il corpo in rapporto alla Parola. Basti a questo proposito ricordare che Cristo stesso, Parola fatta carne, vive nella forma della verginità la sua dedizione sponsale, e Maria di Nazaret è colei che accoglie nel suo corpo verginale la parola di Dio che prende carne dalla sua carne e sangue dal suo sangue. Il carattere paradossale della verginità consacrata rende l’esistenza del consacrato linguaggio peculiare della parola di Dio. Certo, la verginità cristiana ha dei termini assolutamente paradossali: è forma sponsale, senza contrarre matrimonio, è fecondità materna e paterna senza generare figli nella propria carne. La vita consacrata è esegesi della parola di Dio perché la verginità implica la modalità originaria di vivere la risposta alla parola di Dio che segna radicalmente il corpo.

Per comprendere quanto stiamo dicendo è necessario richiamare il carattere rivelativo, già nell’Antico Testamento, del “corpo” dei profeti: un’esistenza scelta non solo a servizio della parola di Dio, ma anche essa stessa parola, cioè manifestazione della Parola, di cui è portatore. Questo è evidente nel profeta Geremia, come manifestano recenti studi. La parola di Dio afferra l’esistenza del profeta e fa della sua vita una parola che Dio dice al suo popolo per richiamarlo all’alleanza. La carne del profeta, quindi la sua esistenza, le cose che vivrà, saranno la Parola che Dio dice al suo popolo.

Tutto questo culmina in Gesù: in lui la Parola e la carne semplicemente coincidono (Gv 1,14). In Giovanni 1,18 troviamo un’espressione greca ad indicare che Dio «nessuno lo ha mai visto», ma il Figlio che è nel seno del Padre, «lui lo ha rivelato», come dice la traduzione italiana. Il verbo greco exegesato significa «ne ha fatto l’esegesi»: la carne del Logos è l’esegesi di Dio.

Questo corpo cristologico coinvolge con sé fin dall’inizio altri corpi, altre persone nel proprio essere “carne”. Ad esso, integralmente e verginalmente donato, corrisponde un altro corpo verginale, quello della Chiesa, che trova in Maria il suo prototipo concreto. Come la carne del Figlio è l’esegesi di Dio, così il corpo verginale della Chiesa è l’esegesi vivente del Cristo. In questo senso si può comprendere perché la storia della vita consacrata proprio nella sua concretezza di uomini e donne, di corpi sessuati, appare parola che interpella anche la fecondità biologica e l’amore matrimoniale tra l’uomo e la donna, aprendoli ad una nuova speranza che redima gli affetti e li liberi dalla paura della morte.

Amiche lettrici e cari lettori, il numero di Consacrazione e Servizio che avete tra mano - il secondo dell’anno 2009 – si apre con la rubrica «Speciale Anno Paolino», dove mons. Francesco Lambiasi attira la nostra attenzione sull’insondabile mistero dell’amore di Dio annunciato da Paolo all’inizio della Lettera ai Romani.

Nella rubrica: «L’uomo nascosto in fondo al cuore», la prof.ssa Antonietta Augruso si sofferma sull’«ascolto», uno dei temi inerenti alla nostra interiorità.

La rubrica «Orizzonti» arricchisce il fascicolo con due contributi. La teologa domenicana Antonietta Potente si sofferma ad evidenziare l’importanza di coltivare l’attitudine a leggere la realtà che ci circonda in modo sapienziale;mons. Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle cause dei santi, aiuta a chiarire le ragioni positive delle posizioni etiche della Chiesa col presentare la nuova Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede.

         Una parola particolare per il «Dossier». Sotto il titolo: «Ascoltare la Parola nella città» sono raccolte riflessioni di sette esperti già esposte nella «Tavola rotonda» del 9 ottobre 2008 a Roma, in concomitanza con la XII Assemblea del Sinodo dei vescovi sulla parola di Dio. Lo scopo dell’incontro mirava ad una adeguata valutazione a livello interdisciplinare - esegetico, teologico, pedagogico, spirituale e pastorale - dell’esperienza di lectio divina che da tredici anni si svolge nella chiesa romana di Santa Maria in Traspontina. Una delle difficoltà più rilevate dai padri sinodali è stata la mancanza di modelli collaudati di lettura orante e di lectio divina. Le esperienze sono tante e spesso sono legate alla sensibilità di chi le guida e al contesto ecclesiale dove si fanno. L’esperienza che presentiamo è guidata fin dalle origini dal nostro collaboratore p. Bruno Secondin, che molti conoscono. La proposta aiuterà certamente tante religiose e religiosi a percorrere strade simili e così educare i fedeli a valorizzare la

Parola nella loro esistenza quotidiana, secondo l’invito di Benedetto XVI.

Oltre alle consuete esplorazioni sui film (Teresa Braccio) e sulle segnalazioni (Luciagnese Cedrone), la nuova rubrica: «Sorelle in libreria», affidata alla teologa Cettina Militello, presenta un volume singolare, anche nel titolo: Meterikon. I detti delle madri del deserto (secoli III-IV) ci interpellano ancora e ci testimoniano le modalità radicali della sequela Christi.

Facciamo nostro l’invito di sant’Efrem: «Il campo e la vigna danno frutti solo in tempo determinato, le Sacre Scritture offrono insegnamenti vivificanti ogni volta che sono lette. Campi e vigne si esauriscono e non danno due raccolti all’anno, dalle Scritture invece si può fare raccolto quotidianamente, vi si può far vendemmia ogni giorno. Avviciniamoci dunque a questo “campo” e gustiamo i suoi prodotti che elargiscono la vita: raccogliamo da esso spighe di vita, cioè parole del nostro Signore Gesù Cristo».

Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it