n. 11
novembre 2009

 

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Sapienti ricettori
I religiosi esperti comunicatori
   

 

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La vita consacrata, sempre attenta ai segni dei tempi e docile alla voce dello Spirito che parla anche per mezzo di essi, non può chiudere gli occhi ai nuovi aeropaghi che il mondo di oggi le offre. Al riguardo, cito quanto Giovanni Paolo II scriveva nel n. 37 dell’enciclica Redemptoris missio (7 dicembre 1990): «Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione». Primo di molti altri, continuava, infatti: «l'impegno per la pace, lo sviluppo e la liberazione dei popoli; i diritti dell'uomo e dei popoli, soprattutto quelli delle minoranze, la promozione della donna e del bambino: sono altrettanti settori da illuminare con la luce del Vangelo. È da ricordare, inoltre, il vastissimo areopago della cultura, della ricerca scientifica, dei rapporti internazionali che favoriscono il dialogo e portano a nuovi progetti di vita».

Perché chiama primo aeropago il mondo della comunicazione? Lo spiega così: «I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali familiari, sociali. Le nuove generazioni soprattutto crescono in modo condizionato da essi [...], l'evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso». Il mondo della comunicazione – sottolinea ancora - «è un problema complesso, poiché questa cultura nasce, prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici […]. L’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso. Non basta, quindi, usarli per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa “nuova cultura” creata dalla comunicazione moderna». E ancora osservava: «Forse è stato un po' trascurato questo primo areopago: si privilegiano generalmente altri strumenti per l'annunzio evangelico e per la formazione, mentre i mass media sono lasciati all'iniziativa di singoli o di piccoli gruppi ed entrano nella programmazione pastorale in linea secondaria».

Le parole di Giovanni Paolo II, a quasi vent’anni dalla promulgazione dell’enciclica, sono anche per la vita consacrata estremamente chiare e incisive, illuminanti e attuali: vanno debitamente approfondite e coraggiosamente messe in pratica. Occorre che i consacrati si rendano pienamente conto del ruolo determinante della comunicazione sociale nel mondo di oggi. Essa sta unificando progressivamente l’umanità, trasformandola in “villaggio globale”, anzi in “teatro globale”, secondo gli ultimi scritti di McLuhan, a indicare che tutti siamo ”attori”, ugualmente coinvolti nelle vite degli altri e non semplici spettatori.

Si tratta allora di accogliere l’invito a far nascere una nuova paideia, a formare se stessi e a disegnare un modello di vita consacrata capace di essere davvero comunicativo, poiché - al dire degli studiosi della realtà mediatica - «una vita consacrata che non riesce ad essere comunicata è inutile». È urgente che le persone consacrate siano assetate di autenticità, di dialogo profondo e liberante; la loro vita sia intessuta di relazioni, gesti di vicinanza, parole di prossimità; siano segni credibili:una risposta chiara nella testimonianza di vita. Il punto decisivo non è il fascino dei media, ma la loro credibilità. Emerge forte l’urgenza formativa per “fare cultura” ed evangelizzare nella società mediatica.

Oggi la cultura della comunicazione in cui il mondo intero è immerso provoca dunque la vita consacrata a guardare con simpatia a questo primo areopago, a discernerne i valori e i rischi, ad abitare nel suo contesto con sapienza, a riconoscerne la “presenza amica” accanto a chi è alla ricerca dell’amorevole vicinanza di Dio nella propria vita. In breve, la vita consacrata è invitata alla riscoperta di un vivere comunicativo globale. La vorticosa evoluzione dei mass media, dei new media,e soprattutto dei my media, ha cambiato lo scenario delle nostre vite. Come ha scritto Neil Postman: «Le nuove tecnologie alterano la struttura dei nostri interessi: ciò a cui pensiamo; alterano il carattere dei nostri simboli: ciò con cui pensiamo; ed alterano la natura del contesto sociale: l’arena in cui i pensieri si sviluppano». Si pensi all’evoluzione tecnologica segnata dai media comunicativi quali internet, email, chat, blog, myspace, facebook, twitter, ecc., che in pochi anni hanno aggiunto il loro potenziale a quello pluridecennale della tv; si pensi alla centenaria attività della radio e al compito che la carta stampata  assolve da mezzo millennio. I media non vanno “mitizzati”, né “divinizzati”: restano delle realtà umane in continua evoluzione.

In che modo ha influito tutto ciò su un’esperienza antica come la consacrazione religiosa? Come ha risposto, sta rispondendo o dovrebbe sempre più rispondere la vita consacrata alla sfida posta da queste nuove realtà che ormai sono divenute familiari, ambiti quotidiani? Assuefazione o, anche qui, come è nel carisma proprio di ciascuna espressione di vita consacrata, visione profetica? Inoltre, come conciliare una cultura della comunicazione che bada sempre più all’istante, alla gratificazione, allo scoop, ai mezzi facili e grossolani di intrattenimento, al business, con uno stile di vita di conformazione a Cristo povero, casto, obbediente al Padre?

Alla vita consacrata è richiesto quanto già auspicava il Congresso Internazionale del 2004 dedicato a Passione per Cristo passione per l’umanità: «Abbiamo bisogno di cambiare la nostra mentalità nei confronti della comunicazione, e saper rischiare: sia all’interno della Chiesa, dove spesso siamo divisi o censurati o troppo clericali, sia all’esterno, nei confronti del mondo e dei media. Siamo chiamati a formare religiosi e religiose specialisti in questo campo, incoraggiare chi vi opera, collaborare tra noi per provvedere risorse e lavorare a stretto contatto con laici competenti. Occorre interagire con i mass media in modo creativo, pronti a rispondere e non a fuggire; e avere il coraggio di mostrarci come siamo realmente, con i nostri valori e le nostre debolezze, e parlare una lingua che la gente di oggi possa comprendere» (Milano 2005, p. 255-256).

Intorno a questi temi c’è ancora molto da esplorare e approfondire; sono poche anche le pubblicazioni che presentano questi argomenti. Al riguardo, qui mi piace richiamare due volumi: il primo è del nostro Centro Studi USMI, ossia il Supplemento al n. 2/1996 di Consacrazione e Servizio, dedicato al tema: Comunicazione e vita consacrata, articolato in aspetti antropologico-sociali, biblico-teologici e pastorali ,i cui contributi sono stati affidati a specialisti del settore. Il secondo testo raccoglie le relazioni del convegno che si è svolto a Roma nel 2004 su Vita consacrata e cultura della comunicazione (San Paolo, Cinisello Balsamo 2005), i cui Atti offrono chiavi di lettura per articolare delle risposte in vista di una corretta formulazione del rapporto media-vita consacrata con un’attenzione particolare al periodo della formazione. Rimane fondamentale l’interrogativo: quale simbologia e quale iconicità trasmette la vita consacrata nella cultura contemporanea?

Amiche lettrici e cari lettori, il numero di Consacrazione e Servizio che avete tra mano     - l’undicesimo dell’anno 2009 - si apre con la rubrica «Anno Sacerdotale». L’intervista di Paola Bignardi dà la parola a don Franco Carnevali, parroco a Gallarate e decano del decanato della

stessa città. Quanto dice aiuta a riflettere sul rapporto tra preti e laici.

Continuano le rubriche: «L’uomo nascosto in fondo al cuore», a cura della prof.ssa Antonietta Augruso e «Orizzonti», che arricchisce il fascicolo con due contributi. Il primo, di Giuseppina Alberghina, delle suore Pastorelle, si sofferma sull’esperienza di circa un centinaio di giovani religiose riunite a Roma presso la sede dell’USMI nazionale per una settimana di spiritualità, in preparazione alla Professione perpetua. Il secondo, della biblista Silvia Zanconato, presenta il volume L’intelligenza spirituale delle Scritture del monaco Elia Citterio, la cui lettura diviene un momento di grazia: fa riscoprire ed incontrare davvero Gesù nella sua Parola.

Una parola particolare per il «Dossier». Sotto l’espressione biblica riferita da Luca 5,4: «Prendi il largo…», sono raccolti otto studi su un argomento di attualità, come esplicita il sottotitolo: «La comunicazione multimediale». Affidati a vari specialisti in materia, gli articoli risultano un contributo di formazione e di aggiornamento nel settore della comunicazione sociale. Anche il presente Editoriale intende porsi su questa linea.

Oltre alle consuete esplorazioni sui film e le segnalazioni di libri, la rubrica «Sorelle in libreria», affidata alla teologa Cettina Militello, presenta il volume: «Per sempre?» di Fabrizio Mastrofini, giornalista di Radio Vaticana.

Un numero di particolare importanza per l’oggi e su cui soffermarsi e riflettere.

Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it