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La
vita consacrata, sempre attenta ai segni dei tempi e docile alla voce dello
Spirito che parla anche per mezzo di essi, non può chiudere gli occhi ai nuovi
aeropaghi che il mondo di oggi le offre. Al riguardo, cito quanto Giovanni Paolo
II scriveva nel n. 37 dell’enciclica
Redemptoris missio (7 dicembre 1990): «Il
primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione». Primo di molti
altri, continuava, infatti: «l'impegno per la pace, lo sviluppo e la liberazione
dei popoli; i diritti dell'uomo e dei popoli, soprattutto quelli delle
minoranze, la promozione della donna e del bambino: sono altrettanti settori da
illuminare con la luce del Vangelo. È da ricordare, inoltre, il vastissimo
areopago della cultura, della ricerca scientifica, dei rapporti internazionali
che favoriscono il dialogo e portano a nuovi progetti di vita».
Perché chiama
primo aeropago il mondo della
comunicazione? Lo spiega così: «I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto
una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e
formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali familiari,
sociali. Le nuove generazioni soprattutto crescono in modo condizionato da essi
[...], l'evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal
loro influsso». Il mondo della comunicazione – sottolinea ancora - «è un
problema complesso, poiché questa cultura nasce, prima ancora che dai contenuti,
dal fatto stesso che esistono nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi,
nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici […]. L’evangelizzazione stessa
della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso. Non basta,
quindi, usarli per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della
Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa “nuova cultura”
creata dalla comunicazione moderna». E ancora osservava: «Forse è stato un po'
trascurato questo primo areopago: si privilegiano generalmente altri strumenti
per l'annunzio evangelico e per la formazione, mentre i mass media sono lasciati
all'iniziativa di singoli o di piccoli gruppi ed entrano nella programmazione
pastorale in linea secondaria».
Le parole di Giovanni Paolo II, a quasi vent’anni
dalla promulgazione dell’enciclica, sono anche per la vita consacrata
estremamente chiare e incisive, illuminanti e attuali: vanno debitamente
approfondite e coraggiosamente messe in pratica. Occorre che i consacrati si
rendano pienamente conto del ruolo determinante della comunicazione sociale nel
mondo di oggi. Essa sta unificando progressivamente l’umanità, trasformandola in
“villaggio globale”, anzi in “teatro globale”, secondo gli ultimi scritti di
McLuhan, a indicare che tutti siamo ”attori”, ugualmente coinvolti nelle vite
degli altri e non semplici spettatori.
Si tratta allora di accogliere l’invito a far nascere
una nuova paideia, a formare se stessi e a disegnare un modello di vita
consacrata capace di essere davvero comunicativo, poiché - al dire degli
studiosi della realtà mediatica - «una vita consacrata che non riesce ad essere
comunicata è inutile». È urgente che le persone consacrate siano assetate di
autenticità, di dialogo profondo e liberante; la loro vita sia intessuta di
relazioni, gesti di vicinanza, parole di prossimità; siano segni credibili:una
risposta chiara nella testimonianza di vita. Il punto decisivo non è il fascino
dei media, ma la loro credibilità. Emerge forte l’urgenza formativa per “fare
cultura” ed evangelizzare nella società mediatica.
Oggi la cultura della comunicazione in cui il mondo
intero è immerso provoca dunque la vita consacrata a guardare con simpatia a
questo primo areopago, a discernerne i valori e i rischi, ad abitare nel suo
contesto con sapienza, a riconoscerne la “presenza amica” accanto a chi è alla
ricerca dell’amorevole vicinanza di Dio nella propria vita. In breve, la vita
consacrata è invitata alla riscoperta di un vivere comunicativo globale. La
vorticosa evoluzione dei mass media,
dei new media,e
soprattutto dei my media,
ha cambiato lo scenario delle nostre vite. Come ha scritto Neil Postman: «Le
nuove tecnologie alterano la struttura dei nostri interessi: ciò a cui pensiamo;
alterano il carattere dei nostri simboli: ciò con cui pensiamo; ed alterano la
natura del contesto sociale: l’arena in cui i pensieri si sviluppano». Si pensi
all’evoluzione tecnologica segnata dai media comunicativi quali internet, email,
chat, blog, myspace, facebook, twitter, ecc., che in pochi anni hanno aggiunto
il loro potenziale a quello pluridecennale della tv; si pensi alla centenaria
attività della radio e al compito che la carta stampata assolve da mezzo
millennio. I media non vanno “mitizzati”, né “divinizzati”: restano delle realtà
umane in continua evoluzione.
In che modo ha influito tutto ciò su un’esperienza
antica come la consacrazione religiosa? Come ha risposto, sta rispondendo o
dovrebbe sempre più rispondere la vita consacrata alla sfida posta da queste
nuove realtà che ormai sono divenute familiari, ambiti quotidiani? Assuefazione
o, anche qui, come è nel carisma proprio di ciascuna espressione di vita
consacrata, visione profetica? Inoltre, come conciliare una cultura della
comunicazione che bada sempre più all’istante, alla gratificazione, allo scoop,
ai mezzi facili e grossolani di intrattenimento, al business, con uno stile di
vita di conformazione a Cristo povero, casto, obbediente al Padre?
Alla vita consacrata è richiesto quanto già auspicava
il Congresso Internazionale del 2004 dedicato a
Passione per Cristo passione per
l’umanità:
«Abbiamo bisogno di cambiare la nostra mentalità nei confronti della
comunicazione, e saper rischiare: sia all’interno della Chiesa, dove spesso
siamo divisi o censurati o troppo clericali, sia all’esterno, nei confronti del
mondo e dei media. Siamo chiamati a formare religiosi e religiose specialisti in
questo campo, incoraggiare chi vi opera, collaborare tra noi per provvedere
risorse e lavorare a stretto contatto con laici competenti. Occorre interagire
con i mass media in modo creativo, pronti a rispondere e non a fuggire; e avere
il coraggio di mostrarci come siamo realmente, con i nostri valori e le nostre
debolezze, e parlare una lingua che la gente di oggi possa comprendere» (Milano
2005, p. 255-256).
Intorno a questi temi c’è ancora molto da esplorare e
approfondire; sono poche anche le pubblicazioni che presentano questi argomenti.
Al riguardo, qui mi piace richiamare due volumi: il primo è del nostro Centro
Studi USMI, ossia il Supplemento
al n. 2/1996 di
Consacrazione
e Servizio,
dedicato al tema: Comunicazione e vita
consacrata, articolato in aspetti
antropologico-sociali, biblico-teologici e pastorali ,i cui contributi sono
stati affidati a specialisti del settore. Il secondo testo raccoglie le
relazioni del convegno che si è svolto a Roma nel 2004 su
Vita consacrata e cultura della comunicazione (San
Paolo, Cinisello
Balsamo 2005), i
cui Atti offrono chiavi di lettura per articolare delle risposte in vista di una
corretta formulazione del rapporto media-vita consacrata con un’attenzione
particolare al periodo della formazione. Rimane fondamentale l’interrogativo:
quale simbologia e quale iconicità trasmette la vita consacrata nella cultura
contemporanea?
Amiche lettrici e cari lettori, il numero di
Consacrazione e Servizio
che avete tra mano - l’undicesimo dell’anno 2009
- si apre con la rubrica «Anno
Sacerdotale». L’intervista di Paola
Bignardi dà la parola a
don Franco Carnevali, parroco a Gallarate e decano
del decanato della
stessa città. Quanto dice aiuta a riflettere sul
rapporto tra preti e laici.
Continuano le rubriche:
«L’uomo nascosto in fondo al cuore»,
a cura della prof.ssa Antonietta Augruso e
«Orizzonti», che
arricchisce il fascicolo con due contributi. Il primo, di Giuseppina Alberghina,
delle suore Pastorelle, si sofferma sull’esperienza di circa un centinaio di
giovani religiose riunite a Roma presso la sede dell’USMI nazionale per una
settimana di spiritualità, in preparazione alla Professione perpetua. Il
secondo, della biblista Silvia Zanconato, presenta il volume
L’intelligenza spirituale delle Scritture
del monaco Elia Citterio, la cui lettura diviene un
momento di grazia: fa riscoprire ed incontrare davvero Gesù nella sua Parola.
Una parola particolare per il
«Dossier». Sotto
l’espressione biblica riferita da Luca 5,4: «Prendi il largo…», sono raccolti
otto studi su un argomento di attualità, come esplicita il sottotitolo: «La
comunicazione multimediale». Affidati a vari specialisti in materia, gli
articoli risultano un contributo di formazione e di aggiornamento nel settore
della comunicazione sociale. Anche il presente
Editoriale
intende porsi su questa linea.
Oltre alle consuete esplorazioni sui film e le
segnalazioni di libri, la rubrica «Sorelle
in libreria», affidata alla teologa Cettina
Militello, presenta il volume: «Per sempre?» di Fabrizio Mastrofini, giornalista
di Radio Vaticana.
Un numero di particolare importanza per l’oggi e su cui soffermarsi e
riflettere.
Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it
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