n. 2
febbraio 2010

 

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Dare voce alle ingiustizie

di MARIE JUSTINEMPAKA BABEKI
L
INDA NDALA FUIKA

 

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Siamo tutti convinti che non vi è pace senza giustizia e che non vi è riconciliazione senza pace e senza giustizia. Riflettiamo perciò insieme sul tema: «Dare voce alle ingiustizie». Parlare delle ingiustizie in Africa ed essere esaustiva sull’argomento è un sogno, perché l’Africa non è un paese, l’Africa è un continente. Noi abitanti dell’Africa siamo tanti popoli con diverse lingue e culture ed io, benché il mio paese, la Repubblica Democratica del Congo, sia molto grande e situato nel cuore dell’Africa, appartengo ad esso e non a tutto il Continente.

Se la giustizia è una virtù morale che risiede nella conoscenza, nel rispetto dei diritti, della dignità umana e del merito altrui; o ancora, se la giustizia è l’equità tra i membri nella società, l’ingiustizia è il suo contrario. Là dove mancano questi valori, l’ingiustizia costruisce il proprio domicilio.

Dio è stanco delle nostre ingiustizie.
E noi?

Dio è stanco della nostra ingiustizia, grida il profeta Abacuc: «Perché mi fai vedere l'iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese» (Ab 1,3).

Dio non solo vieta le ingiustizie, ma ne è stanco. Anche noi africani ne siamo stanchi.

Le ingiustizie hanno un molteplice volto in Africa. Esse ci fanno mancare realmente la pace.

Pensiamo a tutte le guerre nel continente. Anche dove non ve ne sono vi è un’altra forma di guerra latente, la cui manifestazione concreta è la povertà. Pensiamo «alla sofferenza dei popoli africani, alla disumanizzazione e all’oppressione che sussistono nel continente in cui siamo di fronte ad un insieme di conflitti e problemi che costituiscono il nodo centrale delle sfide all’evangelizzazione nell’Africa contemporanea » (Lineamenta 10).

Nonostante tutto questo, l’Africa, ricca in umanità, è ancora in grado di offrire al mondo la sua gioia, quella gioia radiosa che traspare sui volti dei suoi figli e figlie, il suo calore umano nelle relazioni interpersonali, la sua accoglienza: valori che superano il suo oro, rame, acqua, cobalto, diamante, petrolio o ogni altra ricchezza. La sua terra tanto bramata è sorgente di molteplici conflitti. Benedetto XVI nel giorno di apertura del Sinodo (4 ottobre 2009) ha detto all’Angelus: «L’Africa è una terra feconda di vita umana, ma questa vita è segnata purtroppo da tante povertà e patisce talora pesanti ingiustizie. La Chiesa è impegnata a superarle con la forza del Vangelo e la solidarietà concreta di tante istituzioni ed iniziative di carità».

Vari problemi affliggono il continente africano: la guerra e la circolazione delle armi; lo sfruttamento e la gestione delle risorse naturali; i conflitti fondiarie i problemi della terra; gli accordi di partenariato economico tra i paesi ricchi e i paesi poveri; la nuova etica mondiale;

la pace, la giustizia e la riconciliazione. Non potrò sviluppare a fondo ciascuno di questi punti, ma voglio comunque comunicare quanto mi sta più a cuore.

La guerra e la circolazione delle armi

La guerra e la circolazione delle armi possono essere collocatesotto l’ingiustizia socio-politica(cf Instrumentum laboris 56). Facilmente certe minoranze etniche impugnano le armi e provocano guerre. Dubito che l’africano solo possa accanirsi contro suo fratello che ha sempre considerato tale! Oso crede re allora che una mano nera, che possiamo definire «grandi potenze », utilizzi qualche testa ben istruita approfittando dell’ignoranza della gente semplice, per perpetrare l’odio degli uni contro gli altri, di generazione in generazione.

Le sommosse e le espulsioni di popolazioni miste in uno stesso paese sono gravi problemi di ingiustizia che restano spesso impuniti. Perché questa impunità? «Sovente nelle istituzioni giudiziarie e in tutte quelle che lottano contro la corruzione sono infiltrate forze politiche» (Instrumentum laboris 56).

Un’altra ingiustizia da non asciar passare sotto silenzio è la pena di morte. Su 53 paesi che conta l’Africa, 15 soltanto hanno abolito la pena di morte e circa 38 ancora oggi la utilizza.

Va considerato anche il trattamento inumano verso i prigionieri alloggiati spesso in soprannumero nelle prigioni, i tempi e le attese lunghissime dei processi, i prigionieri eterni senza documentazione, le espulsioni dei rifugiati disprezzati nella loro dignità.

Pochi soldati sono coscienti delle violazioni dei loro diritti da parte dello Stato. In sostituzione il furto comincia a diventare una cosa normale nel loro lavoro. Preferiscono terrorizzare i civili fino a ucciderli, piuttosto che rivendicare i loro diritti presso la loro gerarchia. La gente molte volte non reagisce alle violenze e alle ingiustizie a causa della paura. Da qui l’urgenza di crescere nella capacità di reagire come popolo.

Da dove vengono queste guerre? Perché tanta povertà in questo continente?

Lo sfruttamento e la gestione delle risorse naturali

Quali contrasti troviamo in Africa? Quale paradosso tra le risorse immense dell’Africa e lo stato di miseria dei popoli impoveriti in Africa? (cf Instrumentum laboris 14). Se la finalità della giustizia è il bene comune per tutti, le nostre guerre avvengono attorno alle risorse naturali. Coloro che hanno delle armi proteggono lo sfruttamento e creano delle condizioni che ci mantengono in situazioni senza via d’uscita.

Le multinazionali non cessano di impadronirsi gradualmente del continente alla ricerca di risorse naturali, eliminando le compagnie locali; comprano milioni di ettari espropriando le popolazioni delle loro terre, con la complicità dei dirigenti africani. Sì, l’Africa è oggi più che mai dipendente dai paesi ricchi,più vulnerabile di ogni altro continente alle loro manovre, i quali donano con una mano e riprendono il doppio con l’altra. Questi paesi mirano a tenere in pugno e gestire direttamente la vita politica, economica, sociale e culturale dei paesi africani. Allora a noi tocca promuovere gli Stati di diritto, aiutare il popolo a partecipare al proprio benessere. Lo ha dichiarato anche il Presidente Obama nel suo viaggio in Africa (Ghana, 12 luglio 2009): «Noi dobbiamo partire dal principio che spetta agli Africani decidere dell’avvenire dell’Africa». Sì, questo principio è la base, è il fondamento. Ma in sé, un principio può rimanere teorico. Passare dai principi ai fatti è la speranza di tutti noi.

Conflitti fondiari e problemi della terra

Quanti morti innocenti e quanti spostamenti di popolazioni locali che chiedono solo di vivere in pace nella loro terra, con i loro fratelli dei paesi vicini: è il caso della Repubblica Democratica del Congo con il Rwanda, Burundi, Uganda e altri. Privare qualcuno della propria terra è un’ingiustizia. Oggi tanti conflitti sono causati dalla brama di possedere la terra; dall’oggi al domani le famiglie si ritrovano senza casa perché il terreno o un intero territorio sono stati venduti abusivamente da qualcuno.

Una rivista africana così riportava: «Per far fronte all’aumento delle loro popolazioni, la Cina, la Corea del Sud e l’India, che mancano di terre e di acqua, come pure paesi arabi finanziariamente potenti, stipulano accordi con i governi africani per coltivare in Africa e poi, dopo il raccolto, esportare i prodotti nei loro paesi». Quale Stato africano sfuggirà a questa insidia?

Bravi saranno coloro che riusciranno a venir fuori da questo circolo vizioso. Quanto a noi della Repubblica Democratica del Congo, ormai siamo presi nell’ingranaggio. Non possiamo più sfuggire alla rete dei cacciatori! Il Kenya, il Mozambico, il Madagascar, il Senegal, il Mali e tanti altri paesi africani sono pure nel mirino.

Un’Africa «spogliata» e «dimenticata»

Quale posto occupa l’Africa nei media? È disgustoso vedere talvolta come le TV di altri Paesi parlano di problemi dell’Africa. Nessuno però ha mai parlato dei 3,9 milioni di morti in questi ultimi sei anni nella Repubblica Democratica del Congo, per non citare quelli dimenticati e che nessuno conosce. La persona, creata a immagine di Dio, merita rispetto e considerazione.

È proprio necessario, in nome di una falsa pietà o per propagandare opere caritative, esporre qua e là fotografie di capanne, di bambini mal nutriti? È questa l’Africa o semplicemente una delle sue realtà? Gesù non ha avuto pietà, ha avuto compassione!

Spesso lo sguardo verso i popoli africani è più di pietà che di compassione. Mentre il pianeta intero è impegnato nel processo di mondializzazione-globalizzazione, il continente africano è teatro di ogni genere di crimine. La mondializzazione dell’economia accentua la povertà in Africa.

Prendiamo ad esempio alcuni casi tra i tanti.

Nella commercializzazione delle produzioni agricole, i prodotti coltivati dai contadini che faticano sotto il peso di un sole rovente, sono spesso pagati a prezzi molto bassi. Il colmo è riscontrare che in certe regioni i prezzi sono fissati dai compratori stessi. La conseguenza è l’impoverimento delle popolazioni già svantaggiate.

Tagliare gli alberi senza un successivo rimboschimento delle foreste, impoverisce i paesi dove si esercita questo sfruttamento, e la gente rimane sempre più povera. Coloro che costruiscono le strade lo fanno al solo scopo di portare via i loro prodotti, ma la situazione locale rimane come prima per non dire peggio.

Un eterno problema in alcuni paesi africani sono le infrastrutture stradali! Certo, questo non è il caso di tutti i paesi d’Africa, ma è comunque una grande difficoltà.

I salari indecenti o non pagati. Quanti lavoratori guadagnano l’equivalente di cento euro come salario di base in Africa? Si potrebbero contare sulle dita. Recentemente ho saputo che un infermiere pensionato, con più di 35 anni di servizio, prendeva l’equivalente di 0,03 Euro alla fine del mese. Cosa inaudita ma reale! Questa somma non può nemmeno coprire il costo di un biglietto andata e ritorno in autobus.

Un altro problema è quello della formazione. L’educazione dei giovani è spesso sacrificata a causa della non retribuzione degli insegnanti e dei professori. È così che il grado di alfabetizzazione in Africa è tra i più bassi del mondo, anche se vi sono paesi che hanno progredito in questo senso. Inoltre questa situazione procura la “fuga dei cervelli” in altri paesi dove vengono valorizzati per la loro preparazione e competenza.

Lo sfruttamento delle materie prime senza licenza. Le zone con miniere e giacimenti di petrolio diventano dei focolai di guerre e conflitti. Nel nostro paese, inoltre, molti bambini nascono con gravi malformazioni a causa delle radiazioni provocate dalle materie inquinanti.

La salute delle popolazioni a chi interessa? I capi degli Stati africani hanno come sola preoccupazione quella di rimanere al potere.

Ingiustizie verso la donna

Rivolgendomi particolarmente a delle donne quali noi siamo, devo dire con immenso dolore che la donna, simbolo della vita in Africa, è fortemente colpita nella sua dignità (cf Instrumentum laboris 59). Le pratiche dell’infibulazione delle bambine o delle adolescenti continuano ancora in qualche paese dell’Africa. Il caso della prostituzione della donna (spesso fonte di pandemie come il virus HIV).

Lo stupro di ragazze e di donne. Stupro accentuato in tempi di guerra dove spesso è utilizzato come arma di guerra.1  Queste violenze causano danni e devastazioni fisiche e psicologiche. Inoltre, la donna continua a essere assoggettata in tutti i paesi dell’Africa, e sotto diverse forme, alle violenze domestiche.

Oggi nel mio paese, per esempio, un buon numero di donne si dedica al commercio per nutrire la famiglia a scapito dell’educazione dei bambini. La donna è ancora dominata dall’uomo, nella famiglia, come pure nel mondo del lavoro. La poligamia (o il fenomeno ‘secondo ufficio’) deturpa il volto sacro del matrimonio e della famiglia.

La giustizia in nome di Dio

In ambito religioso, la Chiesa in Africa si trova di fronte ad una grande sfida. I nuovi movimenti religiosi si sono moltiplicati in tutta l’Africa e sono tutti presenti nel nome del “Vangelo”. Purtroppo, molte persone si organizzano in gruppi fingendosi movimenti religiosi e, approfittando dell’ignoranza e della miseria dei popoli africani, usano il nome della Chiesa e del Vangelo solo per fare entrare armi e fare uscire risorse naturali.

Invece, lodiamo gli sforzi della Chiesa, dei tanti missionari e altre organizzazioni nazionali o internazionali che cercano di fare uscire l’Africa da queste situazioni. Per fare un esempio, l’anno scorso nel mio paese, l’Unione Superiori Maggiori del Congo ha proposto alle congregazioni delle grandi città di aiutare le altre congregazioni che vivono nella provincia occupata dai ribelli. Questo impegno, che continua ancora oggi, è finalizzato anche a realizzare centri di ascolto e di aiuto per quelle donne traumatizzate dalle violenze sessuali. Esiste anche un movimento nella Chiesa, “Donna cattolica”, che con l’aiuto della Chiesa e soprattutto dell’Unione Superiori Maggiori del Congo organizza tante manifestazioni per gridare il “no alla violenza sulle donne”.

Conclusione

Termino con un breve racconto e qualche riflessione. Un giorno, durante il telegiornale, abbiamo sentito la notizia della liberazione di un attore famoso, era in prigione da un anno, perché accusato di aver violentato una minorenne. Il giorno dopo è stata organizzata una grande manifestazione di donne. Ricordo che sono andata anch’io con altre sorelle per esprimere la nostra solidarietà. La manifestazione era stata promossa dal gruppo del «Quadro Permanente della Concertazione della donna Congolese» (CAFCO). Dopo due giorni ho saputo che il famoso attore era stato riportato in prigione. Questo dimostra l’incisività dell’azione della Chiesa; impegnarsi in nome di Cristo porta sempre frutti buoni!

Ci sono tanti altri esempi che confermano l’impegno della Chiesa. Certo, noi africani dobbiamo costruire una mentalità nuova che ci permetterà di rispettare la dignità della persona.

Nonostante tutte le sofferenze, le guerre, le violenze fatte alle donne, le malattie, la corruzione, la povertà, l’ingiustizia, il popolo africano spera sempre in un futuro migliore e crede che un giorno la voce dei più deboli sarà ascoltata. L’Africa sogna di avere al governo persone più umane e più oneste che si impegnano a «rimettere l’uomo al centro», come esorta Benedetto XVI nell’Enciclica Caritas in Veritate.

Ripeto anch’io con il Messaggio finale del Sinodo: «Africa, alzati!».

1 È il caso di Paesi come: Burundi, Rwanda, Repubblica Centro-africana, Sudan, R.D. Congo.

Marie Justine Mpaka Babeki
Linda Ndala Fuika
Figlie di San Paolo
Via San Giovanni Eudes, 25

 

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