La
domanda del titolo è tratta dal Salmo 8 che recita esattamente: «Quando
vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai
fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio
dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere
delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi».
La
domanda è quindi l’espressione dello stupore davanti allo splendore del
creato ed insieme davanti al potere dato all’uomo di dominare sulle
opere create da Dio.
Il
Salmo 8 fa eco alle parole che si leggono nella prima pagina della Sacra
Scrittura: «Dio
disse:
“Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza:
domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su
tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla
terra”. E Dio creò l’uomo a sua immagine: a immagine di Dio lo creò,
maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate
fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui
pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che
striscia sulla terra”» (Gen 1,26-28).
Creazione ferita e
redenta
Il
primo approccio biblico al tema della creazione è, dunque, quello della
lode di Dio creatore e salvatore, dello stupore per le sue opere
meravigliose nei diversi aspetti dell’universo e della vita di ogni
essere (cf anche i Salmi 19, 104, 139, 147, 148).
Nella visione biblica della creazione entra poi sempre la dimensione del
peccato. L'uomo, del quale parla la Bibbia, è sempre l'uomo che ha
peccato, ed il suo peccato consiste nel voler essere come Dio, negando
di essere creatura. Il primo peccato dell'uomo ha così necessariamente
delle conseguenze sul rapporto dell'uomo con la natura (cf Gen 3,17-19).
Il
progressivo diffondersi del peccato dell'uomo sulla terra porta poi
addirittura a quello che nel linguaggio antropomorfico della Bibbia si
chiama il pentimento di Dio - l’aver fatto l'uomo sulla terra (cf Gen
6,6) - e al diluvio universale. Il castigo però non è l'ultima parola di
Dio: ogni discorso biblico sul peccato e sulle sue conseguenze parte
sempre dalla visuale della redenzione. Così dopo il diluvio
nell'alleanza con Noè Dio promette solennemente: «Finché durerà la
terra, seme e messe, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte
non cesseranno» (Gen 8,22), e pone l'arco sulle nubi come segno
dell'alleanza.
Forse bisogna rilevare che il riferimento a Dio creatore e garante della
vita costituisce il fondamento nei giorni più cupi della storia del
popolo d’Israele. Il Deutero-Isaia, che scrive al tempo dell’esilio
d’Israele, annunziando al popolo la liberazione non può fare altro che
richiamare la grandezza di Dio creatore (cf Is 40,12-27). Un’analoga
argomentazione si ritrova nella sciagura personale: di fronte alla
chiamata di Giobbe, nella cui vita sono entrate le forze caotiche del
dolore e la cui fede è messa a dura prova, Dio risponde con il mirabile
ordine della creazione (Gb capp. 38-41).
Nuova relazione
con Dio
Gli
scritti del Nuovo Testamento presuppongono la fede in Dio creatore e
redentore sviluppata nell’Antico Testamento. In Gesù stesso, nella sua
predicazione, nelle sue guarigioni, ma anche nella sua passione, morte e
risurrezione si realizza in maniera definitiva l’opera di Dio creatore e
redentore. La riflessione di Paolo apre alla convinzione che la
creazione è fatta in vista di Gesù Cristo. Questo nesso è espresso nella
prima lettera ai Corinzi: «Per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale
tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in
virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui»
(1Cor 8,6; cf Col 1,15-16). La lettera ai Romani, che nel primo capitolo
parla della possibilità di conoscere Dio attraverso la sua creazione (cf
Rm 1,18-32), nel capitolo 8 afferma che tutto il creato entra nella
storia salvifica operata per gli uomini, e gli assegna la mèta nella
partecipazione alla gloria di Cristo risorto (cf Rm 8,19-23).
La
Bibbia non conosce l’approccio moderno - incentrato troppo sulla
causalità - che discute se l’origine e lo sviluppo dell’universo siano
dovuti al caso oppure se dietro a tutto ci sia un disegno
provvidenziale.
La
Scrittura parte dalla relazione di fede in Dio creatore e si chiede
quale scopo abbia avuto Dio riguardo alla creazione e alla redenzione.
L’unica risposta, ripetuta in tanti modi, è: perché Dio è
misericordioso, perché è amore, perché vuole che ogni cosa partecipi al
suo amore, alla pienezza della sua vita.
L’amore vero e proprio presuppone un essere dotato di ragione, ma anche
gli altri esseri creati contraccambiano a loro modo e con la propria
esistenza l’amore che li ha creati; sono per la gloria e la lode di Dio.
Il concetto di creazione insomma è un concetto di relazione: dire che
Dio ha creato tutti gli esseri, vuol dire che Dio con ciò stesso è
entrato in relazione con loro e che le creature a loro volta sono
riferite a Dio creatore.
L’uomo
responsabile del creato
Se
spostiamo lo sguardo da Dio creatore e redentore all’uomo creato e
redento, troviamo l’umanità di oggi in piena crisi in merito al proprio
comportamento verso il mondo creato. È innegabile, infatti, lo
sfruttamento della terra con il conseguente degrado ecologico che mina
la sopravvivenza stessa della vita. La radice di ciò sta in un
atteggiamento sbagliato dell’uomo verso la natura.
Mentre gli esseri umani dovrebbero in primo luogo sentirsi inseriti in
un cosmo mirabilmente ordinato che permette la vita di tutti, invece
nella storia umana, e soprattutto nel pensiero occidentale, questo
rapporto si è sbilanciato. L’uomo si è collocato al centro del creato ed
ha visto la natura soltanto come risorsa da sfruttare per i propri scopi
di dominio e di possesso.
L’uomo moderno deve rimparare ad aprire gli occhi davanti alle
meraviglie della vita, della vita umana in particolare, per riconoscere
dietro a questo stupendo e immenso miracolo il suo Autore, per lodarlo e
ringraziarlo (cf per es. Sal 8). Abbiamo qui le virtù dell’approccio
rispettoso, della capacità di ammirazione, della lode e del
ringraziamento.
Inoltre molto importante è l’atteggiamento della “cura”, riscoperta
dalle scienze della vita. Il mondo e la vita sono affidati alla nostra
cura e custodia (cf Gen 2,15) e sappiamo quanto siano vulnerabili nei
loro equilibri. Infine, il difetto più grave del pensiero moderno è
quello di concepire il soggetto umano come totalmente autonomo,
dimenticando la sua relazione con Dio creatore e redentore e con tutto
l’universo creato.
Al
riguardo, Benedetto XVI all’Udienza generale del 26 agosto 2009, facendo
prima riferimento ai numeri 48-51 della sua enciclica
Caritas in veritate,
così esprimeva questo concetto: «Non è forse vero che l’uso sconsiderato
della creazione inizia laddove Dio è emarginato o addirittura se ne nega
l’esistenza? Se viene meno il rapporto della creatura umana con il
creatore, la materia è ridotta a possesso egoistico, l’uomo ne diventa
“l’ultima istanza” e lo scopo dell’esistenza si riduce ad essere
un’affannata corsa a possedere il più possibile». Invece - continuava il
Santo Padre - «è indispensabile lo sviluppo di “quell’alleanza tra
essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell’amore creatore di
Dio”, riconoscendo che noi tutti proveniamo da Dio e verso lui siamo
tutti in cammino». E concludeva il suo discorso con le parole di san
Francesco nel
Cantico delle creature:
«Altissimo, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore
et omne benedictione … Laudato si’, mi’ Signore, cum tucte le tue
creature».
Karl
Golser
Vescovo di Bolzano-Bressanone
Piazza Duomo, 1- 39100 Bozen/Bolzano