n. 4
aprile 2010

 

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«... che cosa è mai l’uomo?»
Responsabili del creato

di KARL GOLSER

 

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La domanda del titolo è tratta dal Salmo 8 che recita esattamente: «Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi».

La domanda è quindi l’espressione dello stupore davanti allo splendore del creato ed insieme davanti al potere dato all’uomo di dominare sulle opere create da Dio.

Il Salmo 8 fa eco alle parole che si leggono nella prima pagina della Sacra Scrittura: «Dio  disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. E Dio creò l’uomo a sua immagine: a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e Dio disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra”» (Gen 1,26-28).

Creazione ferita e redenta

Il primo approccio biblico al tema della creazione è, dunque, quello della lode di Dio creatore e salvatore, dello stupore per le sue opere meravigliose nei diversi aspetti dell’universo e della vita di ogni essere (cf anche i Salmi 19, 104, 139, 147, 148).

Nella visione biblica della creazione entra poi sempre la dimensione del peccato. L'uomo, del quale parla la Bibbia, è sempre l'uomo che ha peccato, ed il suo peccato consiste nel voler essere come Dio, negando di essere creatura. Il primo peccato dell'uomo ha così necessariamente delle conseguenze sul rapporto dell'uomo con la natura (cf Gen 3,17-19).

Il progressivo diffondersi del peccato dell'uomo sulla terra porta poi addirittura a quello che nel linguaggio antropomorfico della Bibbia si chiama il pentimento di Dio - l’aver fatto l'uomo sulla terra (cf Gen 6,6) - e al diluvio universale. Il castigo però non è l'ultima parola di Dio: ogni discorso biblico sul peccato e sulle sue conseguenze parte sempre dalla visuale della redenzione. Così dopo il diluvio nell'alleanza con Noè Dio promette solennemente: «Finché durerà la terra, seme e messe, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno» (Gen 8,22), e pone l'arco sulle nubi come segno dell'alleanza.

Forse bisogna rilevare che il riferimento a Dio creatore e garante della vita costituisce il fondamento nei giorni più cupi della storia del popolo d’Israele. Il Deutero-Isaia, che scrive al tempo dell’esilio d’Israele, annunziando al popolo la liberazione non può fare altro che richiamare la grandezza di Dio creatore (cf Is 40,12-27). Un’analoga argomentazione si ritrova nella sciagura personale: di fronte alla chiamata di Giobbe, nella cui vita sono entrate le forze caotiche del dolore e la cui fede è messa a dura prova, Dio risponde con il mirabile ordine della creazione (Gb capp. 38-41).

Nuova relazione con Dio

Gli scritti del Nuovo Testamento presuppongono la fede in Dio creatore e redentore sviluppata nell’Antico Testamento. In Gesù stesso, nella sua predicazione, nelle sue guarigioni, ma anche nella sua passione, morte e risurrezione si realizza in maniera definitiva l’opera di Dio creatore e redentore. La riflessione di Paolo apre alla convinzione che la creazione è fatta in vista di Gesù Cristo. Questo nesso è espresso nella prima lettera ai Corinzi: «Per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo grazie a lui» (1Cor 8,6; cf Col 1,15-16). La lettera ai Romani, che nel primo capitolo parla della possibilità di conoscere Dio attraverso la sua creazione (cf Rm 1,18-32), nel capitolo 8 afferma che tutto il creato entra nella storia salvifica operata per gli uomini, e gli assegna la mèta nella partecipazione alla gloria di Cristo risorto (cf Rm 8,19-23).

La Bibbia non conosce l’approccio moderno - incentrato troppo sulla causalità - che discute se l’origine e lo sviluppo dell’universo siano dovuti al caso oppure se dietro a tutto ci sia un disegno provvidenziale.

La Scrittura parte dalla relazione di fede in Dio creatore e si chiede quale scopo abbia avuto Dio riguardo alla creazione e alla redenzione.

L’unica risposta, ripetuta in tanti modi, è: perché Dio è misericordioso, perché è amore, perché vuole che ogni cosa partecipi al suo amore, alla pienezza della sua vita.

L’amore vero e proprio presuppone un essere dotato di ragione, ma anche gli altri esseri creati contraccambiano a loro modo e con la propria esistenza l’amore che li ha creati; sono per la gloria e la lode di Dio. Il concetto di creazione insomma è un concetto di relazione: dire che Dio ha creato tutti gli esseri, vuol dire che Dio con ciò stesso è entrato in relazione con loro e che le creature a loro volta sono riferite a Dio creatore.

L’uomo responsabile del creato

Se spostiamo lo sguardo da Dio creatore e redentore all’uomo creato e redento, troviamo l’umanità di oggi in piena crisi in merito al proprio comportamento verso il mondo creato. È innegabile, infatti, lo sfruttamento della terra con il conseguente degrado ecologico che mina la sopravvivenza stessa della vita. La radice di ciò sta in un atteggiamento sbagliato dell’uomo verso la natura.

Mentre gli esseri umani dovrebbero in primo luogo sentirsi inseriti in un cosmo mirabilmente ordinato che permette la vita di tutti, invece nella storia umana, e soprattutto nel pensiero occidentale, questo rapporto si è sbilanciato. L’uomo si è collocato al centro del creato ed ha visto la natura soltanto come risorsa da sfruttare per i propri scopi di dominio e di possesso.

L’uomo moderno deve rimparare ad aprire gli occhi davanti alle meraviglie della vita, della vita umana in particolare, per riconoscere dietro a questo stupendo e immenso miracolo il suo Autore, per lodarlo e ringraziarlo (cf per es. Sal 8). Abbiamo qui le virtù dell’approccio rispettoso, della capacità di ammirazione, della lode e del ringraziamento.

Inoltre molto importante è l’atteggiamento della “cura”, riscoperta dalle scienze della vita. Il mondo e la vita sono affidati alla nostra cura e custodia (cf Gen 2,15) e sappiamo quanto siano vulnerabili nei loro equilibri. Infine, il difetto più grave del pensiero moderno è quello di concepire il soggetto umano come totalmente autonomo, dimenticando la sua relazione con Dio creatore e redentore e con tutto l’universo creato.

Al riguardo, Benedetto XVI all’Udienza generale del 26 agosto 2009, facendo prima riferimento ai numeri 48-51 della sua enciclica Caritas in veritate, così esprimeva questo concetto: «Non è forse vero che l’uso sconsiderato della creazione inizia laddove Dio è emarginato o addirittura se ne nega l’esistenza? Se viene meno il rapporto della creatura umana con il creatore, la materia è ridotta a possesso egoistico, l’uomo ne diventa “l’ultima istanza” e lo scopo dell’esistenza si riduce ad essere un’affannata corsa a possedere il più possibile». Invece - continuava il Santo Padre - «è indispensabile lo sviluppo di “quell’alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio”, riconoscendo che noi tutti proveniamo da Dio e verso lui siamo tutti in cammino». E concludeva il suo discorso con le parole di san Francesco nel Cantico delle creature: «Altissimo, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et omne benedictione … Laudato si’, mi’ Signore, cum tucte le tue creature».

Karl Golser
Vescovo di Bolzano-Bressanone
Piazza Duomo, 1- 39100 Bozen/Bolzano

 

 

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