n. 5
maggio 2011

 

Altri articoli disponibili

English

 

Nuove forme del dono di sé
Inventare un altro volontariato

di ROSARIO CARELLO

 

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

trasp.gif (814 byte)

Se incontrate un ateo, che mette tanti se e tanti ma ai segni che Dio lascia nella nostra vita e nella natura, parlategli del volontariato. Il volontariato è una vertigine: è guardare il mondo dall’alto. Se incontrate un ateo, chiedetegli: perché, secondo te, milioni di persone in tutto il pianeta, persone normali, coi loro difetti e ingiustizie, non superuomini, né eroi e non tutti santi, dedicano la cosa più preziosa che hanno (cioè se stessi e il proprio tempo) agli altri? Perché e per chi, in un tempo frenetico e un po’ egoista come quello che viviamo, si è affermata questa felice sosta di uomini in mezzo ad altri uomini, che li rende fratelli e amici? E che solo in Italia vede impegnati 1 milione 125 mila persone (dati Fondazione Roma - Terzo Settore), di cui oltre la metà in maniera sistematica, cioè un vero e proprio lavoro non retribuito che si affianca al lavoro vero?

Un diffuso donarsi

Temo che l’ateo non abbia risposta, perché il volontariato, cioè il dono di sé gratuito e appassionato, è inspiegabile senza Dio. Se, infatti, l’uomo fosse autonomamente capace di prossimità così misericordiose, vivremmo nella pace da millenni e se tutto dipendesse solo dall’uomo, senza neppure una scintilla di Dio ad illuminare questo diffuso donarsi, quale logica spiegherebbe il fatto che, mentre milioni di estranei si aiutano tra di loro, volontari nelle mense, negli ospedali, nelle parrocchie, accanto agli anziani, agli immigrati, ai disoccupati, nello stesso momento c’è una mamma che decide di far morire il suo bambino, talmente solo suo, che ne è custode unica. Viene in mente quella meravigliosa e terribile domanda di Madre Teresa: "Se una madre può eliminare il proprio figlio, come possiamo pretendere che esista la pace fra gli uomini?".

Credo che siano troppe le contraddizioni nel cuore umano, perché il mistero del dono di sé, cioè il volontariato, si possa spiegare guardandosi allo specchio da soli. Il volontariato è un pezzo di paradiso rimasto sulla terra, come pegno e prova che il paradiso esiste sul serio. È una grande contraddizione, se confrontato con il male che c’è nel mondo, un vera follia. Come può un ateo spiegare il volontariato? Potrà dire che è solo una parentesi d’amore persa in un universo nichilista. Che tristezza! Il cristiano, invece, sa. Sa che dietro ogni sofferenza c’è Cristo sofferente, e quindi non ci si può stancare di servire il sofferente. Ma sa anche che il dono di sé, in se stesso, appare come una piccola goccia, ma in realtà è immensa, visto quello che ha detto Gesù: "Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". Solo Cristo dà senso pieno al volontariato perché è lui il primo dei sofferenti ed è contemporaneamente lui il primo dei volontari: lui che avrebbe potuto evitarsi il calvario e la Croce e non lo ha fatto.

Meriti e responsabilità

I cristiani hanno un grande merito e una terribile responsabilità. Il merito è di non essersi mai tirati indietro: se esiste – ed esiste – una fantasia dello Spirito, loro l’hanno rincorsa, invocata e perfino piegata con la forza dolce della preghiera (i grandi santi, i grandi fondatori, maestri del dono di sé, sono stati spesso grandi mistici). Questo dialogo tra cielo e terra ha permesso che il mondo conoscesse gli ospedali, le farmacie, le scuole, prima ancora che fossero servizi sociali statali, e quando il "per tutti" ancora non esisteva, i cristiani hanno spalancato le porte ai poveri e nelle loro strutture è stato dato spazio alla carità, alla giustizia, alla ricerca scientifica (le prime scuole di chirurgia nascono nei monasteri). "Venite e mangiatene tutti" è stato declinato letteralmente: il dono di sé. Vogliamo riconoscere che hanno del miracoloso le migliaia di mense sparse nelle nostre parrocchie, gestite a staffetta tra decine di mamme, papà e ragazzi, con l’aiuto di sacerdoti, religiosi e religiose, e che funzionano perfettamente? Ma come? Falliscono le banche, ma le mense delle parrocchie vanno avanti? Chiudono le aziende, le multinazionali, ma le mense delle parrocchie e delle diocesi restano lì a presidiare la strada? Sì. Cito il caso di Radio Maria. Senza pubblicità e contributi pubblici, con la sola forza del volontariato e delle offerte, è la radio italiana con la migliore copertura, con il più alto numero di ripetitori. Nessun’altra emittente, né la Rai né le private, con dietro colossi dell’editoria, riescono a tenerne il ritmo. Ed è contemporaneamente capofila di un network mondiale che non ha paragoni su tutto il pianeta. Questi sono segni, segni di benedizione, strade e ponti che dovrebbero condurci verso una riflessione felice e amara. Felice: Dio è con noi e quando realizziamo il bene è uno scudo e una corazza invincibili.

E qui arriviamo alla terribile responsabilità che anticipavo prima Amara: ma lo operiamo questo bene? Abbiamo confinato il volontariato in un solo tipo di sociale, quello delle povertà materiali, e invece c’è un’altra povertà che fatichiamo a riconoscere: quella del cuore, della Verità. Fare la carità della Verità è diventata la nuova emergenza. L’uomo di oggi è frastornato dai mille cicalecci che gli risuonano nella testa: a volte è la banalità di letture e spettacoli vuoti (non per forza sporchi o cattivi in sé, ma inconsistenti) a renderlo un automa incapace di riflettere sui grandi valori, spesso è il fascino di teorie ascoltate dai più svariati pulpiti ad impoverire mente e cuore.

Urge un nuovo volontariato

È arrivato il momento di un nuovo volontariato: dei libri, delle librerie, dei giornali, delle tv, dei siti internet, delle radio. Un volontariato culturale che abbia il suo inizio nelle parrocchie, nelle associazioni, che si ramifichi nelle diocesi, nelle regioni, che costituisca un’ossatura culturale sulla quale transitino i valori umani, spirituali. Un volontariato che per contagio generi iniziative personali, associative. Si dirà che c’è già. Ci sono già la San Paolo e le Paoline, nate dalla mente fervida e innamorata di Cristo del beato Alberione. È vero, esistono già e insieme a loro ci sono anche altre esperienze. Ma accanto a queste, chiamiamole capofila, è arrivato il momento di una nuova diffusione virale di iniziative che seminino dal basso.

Un Progetto culturale diffuso, disseminato, che incroci le grandi esperienze nazionali e le rilanci o addirittura le anticipi, un’esplosione di Centri culturali vivaci e attivi per interpretare, leggere, scrivere la realtà cristianamente. I vescovi lo chiedono: animatori della cultura e della comunicazione. Mi pare invece che si preferisca fare il catechismo a 10 bambini della comunione, che pensare a tutti gli altri, grandi e piccoli. Su questo dobbiamo interrogarci, perché, se non comprendiamo che la pastorale tradizionale rischia di diventare un binario morto, senza un contesto intorno che accolga quei bambini e quei ragazzi, se non rivediamo l’offerta delle nostre parrocchie, diocesi e associazioni, vuol dire solo una cosa: abbiamo smesso di leggere i segni dei tempi, camminiamo per abitudine su orme che conosciamo; in definitiva è l’immagine di un volontario che avanza guardando a terra, afflitto, e non al cielo. Che soddisfa un suo bisogno di abitudine e non si chiede mai: Signore, cosa vuoi che faccia, oggi?

Il mistero del dono ricevuto

E infine c’è il grande mistero del dono ricevuto. Perché Dio non può essere battuto in generosità da nessuno e per questo il volontariato non è mai veramente gratuito: Dio non ci chiama senza darci una giusta ricompensa. Lo comprendiamo dall’esperienza di chi dice: "Ho preso più di quello che ho dato". "Non mi stanco, anzi: mi rigenero", così parlano i volontari più entusiasti. Che paga è mai questa? Come arriva? Come la sento? Come mi cambia? Cosa mi resta? La promessa di Gesù del centuplo già su questa terra (Marco, 10 29-30) è mantenuta. E ci sono milioni di testimoni, in ogni epoca e in ogni tempo, che guardando la loro mano generosa, non la trovano vuota e consumata ma ricca e florida, come pianta rigogliosa, come mamma di tanti figli, generati se non nel corpo, certamente nello spirito.

Rosario Carello
Responsabile di "A Sua Immagine"
posta@rosariocarello.it 

 

Torna indietro