n. 5
maggio 2011

 

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L'azione dello spirito di verità

La prospettiva pneumatologica

BRUNO SECONDIN

 

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Il ruolo dello Spirito nei confronti delle Sacre Scritture è fondamentale quanto quello del Logos eterno: mentre questo è la definitiva incarnazione (uomo concreto e storico) e volto visibile della voce del Padre che ha attraversato i secoli, lo Spirito, è stato presente da sempre nella efficacia della voce del Padre e infine nella manifestazione del Logos fatto carne. Essi insieme sono come "le due mani del Padre" con cui è stato creato il mondo e viene guidata l’umanità: così definisce Ireneo di Lione i due protagonisti della comunicazione del Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Spirito della promessa e della verità

In parallelo con la promessa di un servo fedele e liberatore, sognato dai profeti e atteso dai cuori fedeli, esiste nell’Antico Testamento la promessa di una ruah, quale vento impetuoso e insieme soffio di vita, che agirà in piena efficacia nei tempi dell’Inviato. Dai primordi della creazione alla intraprendenza dei giudici, dalla irruenza infuocata degli oracoli profetici e fino alla serena saggezza dei sapienti, dalla audacia rischiosa delle matriarche alla danza amorosa dell’amata del Cantico: sempre è lo Spirito a fare da protagonista. E la sua azione orientatrice e lo stimolo ad abitare la verità senza perderla di vista, si è riflessa anche nella codificazione scritta delle memorie fondative, prima per secoli trasmesse solo attraverso tradizioni orali.

Appunto dice il Vaticano II: "La Sacra Scrittura è parola di Dio in quanto consegnata per iscritto per ispirazione dello Spirito Santo" (DV 9). Il per ispirazione non è un concetto semplice, e può prestarsi a molti equivoci, come la storia dimostra. Bisogna distinguere l’intendimento comunicativo dell’autore (cf DV 12), cioè quello di servire/mediare la verità eterna della parola divina - entro schemi e sistemi comunicativi diversi, spesso fragili e limitati – e la misteriosa identità e attività di Dio che tutto trascende, ma che vuole operare per la nostra salvezza e per condurci alla verità. "Dio scelse e si servì di uomini: essi usarono le loro facoltà e capacità, ed egli agì in loro e per mezzo loro, perché scrivessero come veri autori tutte e sole le cose che egli voleva" (DV 11).

Non si tratta semplicemente di un tema a monte della Bibbia, ma anche di un tema a valle: perché bisogna capire come la Parola "codificata" possa rimanere aperta e viva, come essa sia ancora l’orizzonte aperto al futuro della verità e come sia sotto la guida e la potenza (dynamis/ exousia) dello Spirito Santo. È appunto lo Spirito Santo, che è stato all’origine dell’irruenza e fecondità della Parola, e nel quale è stata trascritta la Parola, che accompagna il suo trasmigrare, per darle sempre nuova vivacità, per renderla veritas apportatrice di vita e feconda del futuro di Dio (Gv 16,13). "Non vi è alcuna comprensione autentica della Rivelazione cristiana al di fuori dell’azione del Paraclito" (VD 15), dice perentoriamente l’esortazione postsinodale.

Una sottolineatura importante

La missione dello Spirito in relazione con la Parola, nell’esortazione viene messa in risalto a partire da un breve accenno dell’attività vivace dello Spirito nella vita stessa di Gesù: dalla sua nascita per opera dello Spirito Santo (cf Mt 1,18; Lc 1,35), alla sua missione pubblica (Mt 3,16), alla sua esultanza per il diffondersi della buona novella (cf Lc 10,21), alla sua stessa oblazione sacrificale (Eb 9,14). E fino alle varie circostanze prepasquali e postpasquali, in cui Gesù parla esplicitamente di questo suo dono che porterà a pienezza di luce e di parresia la buona novella tra le genti (Gv 14,26; 15,26; 16,7.13; 20,22).

Le due missioni, quella del Figlio e quella dello Spirito, sono quindi inseparabili, "costituiscono un’unica economia della salvezza". E si conclude il primo dei due paragrafi dedicati al tema pneumatologico con una specie di sintesi: "Lo stesso Spirito, che ha parlato per mezzo dei profeti, sostiene e ispira la Chiesa nel compito di annunciare la parola di Dio e nella predicazione degli Apostoli: è questo lo Spirito, infine, che ispira gli autori delle Scritture" (VD 15).

Questo orizzonte pneumatologico rivela bene l’indispensabile attività dello Spirito nell’autentica esperienza di ascolto e di obbedienza alla Parola: impossibile comprendere, e anche mettere in pratica la Parola, "senza l’azione efficace dello Spirito di Verità" (VD 16). Anzi il paragrafo si spinge oltre, richiamando l’analogia con il corpo eucaristico, e di cui già s’era fatto cenno nel messaggio sinodale: "Come la parola di Dio viene a noi nel Corpo di Cristo, nel corpo eucaristico e nel corpo delle Scritture mediante l’azione dello Spirito Santo, così essa può essere accolta e compresa veramente solo grazie al medesimo Spirito" (VD 16).

Come si vede si tratta di un ruolo attivo, da protagonista: che non può certo essere relegato nella meditazione personale, o nelle formule iniziali di invocazione dello Spirito. Ci troviamo alle radici dello stesso rivelarsi di Dio: che non corre autonomo, circondato da un’aura vaga di divino impalpabile o suggestivo perché parla di cose sacre. Ma nell’orizzonte vitale del comunicarsi di Dio a noi, della sua azione ad extra, del suo progetto di comunione e alleanza.

La Tradizione guidata dallo Spirito

Benedetto XVI cerca di rafforzare questa prospettiva, citando una serie di spunti dalla tradizione patristica e liturgica, a conferma di quanto detto. Troviamo il richiamo a Giovanni Crisostomo e Girolamo, a Gregorio Magno e Riccardo di san Vittore. Bella l’immagine di quest’ultimo tratta dal Cantico dei Cantici sugli "occhi di colomba" che rappresentano i sensi: illuminati e istruiti dallo Spirito, riescono a conoscere per connaturalità (sapientes) le ricchezze della Scrittura.

Ma un’ulteriore conferma viene riportata e accentuata: quella della celebrazione liturgica, presente nei sacramentari. L’esempio è quello del Sacramentario di Serapione che riporta delle preghiere prima e dopo la proclamazione delle letture: in entrambi i casi con una formula di preghiera viene chiesta al Padre la luce dello Spirito per la mente e la docilità del cuore, per ascoltare e assimilare le "Scritture da lui ispirate" (VD 16).

Però il tema della Tradizione è molto più ampio, anzi costituisce una realtà dinamica e viva: è il progresso nella comprensione e nella custodia fedele. Che può avvenire, come diceva Dei Verbum, qui citato ancora (VD 17), con la "comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse" sia con la contemplazione e lo studio, sia con una intelligenza spirituale vitale più profonda, sia per mezzo della predicazione magisteriale (DV 8). "Mediante l’opera dello Spirito Santo e sotto la guida del magistero, la Chiesa trasmette a tutte le generazioni quanto è stato rivelato in Cristo […]. Così la sacra Scrittura nasce dal grembo della Chiesa per opera del medesimo Spirito" (VD 18-19). È questa una suggestiva analogia, che fa rassomigliare il grembo della Chiesa al grembo di Maria, divenuta madre del Verbo di Dio, per opera dello Spirito. Analogia che riappare anche più avanti, nei paragrafi dedicati alla figura di Maria: "Ella è la figura della Chiesa in ascolto della parola di Dio che in lei si fa carne. Maria è anche simbolo dell’apertura per Dio e per gli altri; ascolto attivo, che interiorizza, assimila, in cui la Parola diviene forma della vita" (VD 27).

Il senso "spirituale"

Logicamente un settore molto esteso di questa relazione fra Parola e Spirito nella vita della Chiesa è l’ascolto vitale, coinvolgente, come appello di conversione e fonte di speranza: appunto la "lettura spirituale", o "senso spirituale" della Scrittura. Viene così definito dalla Pontificia Commissione Biblica: "Il senso espresso dai testi biblici quando vengono letti sotto l’influsso dello Spirito Santo nel contesto del mistero pasquale di Cristo e della vita nuova che ne risulta" (cf VD 37).

Si tratta in fondo - come ha detto Benedetto XVI agli uomini di cultura a Parigi - di "un trascendimento e un processo di comprensione, che si lascia guidare dal movimento interiore dell’insieme e perciò deve diventare anche un processo di vita" (citato in VD 38). La grande tradizione patristica ha sviluppato ampiamente l’interpretazione tipologica, che era strumento di applicazione alla pienezza della salvezza in Cristo, ma anche via per far risaltare l’unità intrinseca delle Scritture. "L’unità interna di tutta la Bibbia [è] criterio decisivo per una corretta ermeneutica della fede" (VD 39).

Il luogo dove emerge con più efficacia il senso spirituale e la potenza viva della Parola è quando la Chiesa - vera "casa della Parola" (VD 52) - proclama, ascolta, celebra, annuncia la Parola: cioè nella liturgia. Su questo intrinseco legame e sul posto privilegiato della Parola nella liturgia insiste per vari paragrafi l’esortazione. La stessa cosa del resto aveva fatto già l’Instrumentum laboris: "La Parola deve essere vissuta nell’economia sacramentale, come ricezione di potenza e di grazia, non solo come comunicazione di verità, di dottrina e di precetto etico. Essa suscita un incontro in chi ascolta con fede, diventando celebrazione dell’alleanza" (IL 36). Perché "è grazie al Paraclito che la parola di Dio diventa fondamento dell’azione liturgica, norma e sostegno di tutta la vita… mentre rinsalda l’unità di tutti, favorisce anche la diversità dei carismi e ne valorizza la molteplice azione" (VD 52).

È qui che si innesta il nuovo discorso sulla sacramentalità della Parola, aspetto in parte nuovo e ancora bisognoso di chiarificazione, collegato anche al carattere detto performativo (che spinge all’azione) della Parola: a questo tema l’esortazione dedica un paragrafo (VD 56), che è come un primo approccio a questo nuovo aspetto, cui in futuro certamente si darà più importanza. E dopo aver sviluppato l’analogia fra il mistero dell’incarnazione proprio per capire questo concetto, conclude: "Approfondire il senso della sacramentalità della parola di Dio, dunque, può favorire una comprensione maggiormente unitaria del mistero della Rivelazione in "eventi e parole intimamente connessi" (DV 2), giovando alla vita spirituale dei fedeli e all’azione pastorale della Chiesa" (VD 56).

Parola e carismi della vita consacrata

Infine vorrei accennare al legame che viene istituito in questa esortazione fra i carismi della vita consacrata e la Parola, sotto l’impulso dello Spirito Santo. Non solo si ripete la nota espressione "la vita consacrata si può considerare una esegesi vivente della parola di Gesù" (cf VC 82), ma anche si applica la prospettiva al campo dei carismi: "Lo Spirito Santo, in forza del quale è stata scritta la Bibbia, è il medesimo che illumina "di luce nuova la parola di Dio ai fondatori e alle fondatrici. Da essa è sgorgato ogni carisma e di essa ogni regola vuole essere espressione" (Ripartire da Cristo 24), dando origine ad itinerari di vita cristiana segnati dalla radicalità evangelica" (VD 83).

Questo legame fra parola di Dio e carisma di vita consacrata, fra itinerari di spiritualità e parola di Dio, grazie all’intreccio che stabilisce lo Spirito, deve favorire allora una continua conversione alla familiarità con la Parola: per comprendere sempre meglio il senso della fonte ispiratrice e le nuove dimensioni della sua incarnazione nelle sfide storiche. Ma anche per lasciare allo Spirito lo spazio del protagonista: chiamando ad ascolto obbediente dei suoi appelli e delle sue ispirazioni.

Troppo spesso queste fonti bibliche delle origini (nei vari istituti) sono trasformate in slogans roboanti, privi di qualsiasi approfondimento esegetico, con apertura al mistero di tutta la Parola. Restano come delle frasi bibliche "magiche", buttate là con convinzione taumaturgica per la propria identità: non sono questi giochetti che ci salveranno (cf Ger 7,49). Lo Spirito dovrebbe essere ascoltato ancora di nuovo, per capire cosa lui intende dire oggi con quelle frasi, nei nostri contesti e alla luce di una coscienza ecclesiale vigile, aperta ad un discernimento vivo.

Avremo modo di ritornare su questa questione, attraverso altri temi, in particolare attraverso l’approccio orante e riflessivo – personale e comunitario – alla Parola. È probabile che il futuro della vita consacrata si giochi proprio su questo terreno, per una rifondazione feconda.

Bruno Secondin o.carm
Pontificia Università Gregoriana
Borgo Sant’Angelo, 15 - 00193 Roma

 

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