Dati tecnici
Titolo Originale:The
King's Speech
Genere:
Drammatico
Regia:
Tom
Hooper
Interpreti:
Colin Firth (Albert/Re Giorgio VI), Geoffrey Rush (Lionel Logue), Helena
Bonham Carter (Elisabetta), Guy Pearce (David), Jennifer Ehle (Myrtle
Logue), Derek Jacobi (Cosmo Lang, Arcivescovo di Canterbury), Michael
Gambon (Re Giorgio v), Timothy Spall (Winston Churchill), Anthony
Andrews (Stanley Baldwin).
Nazionalità:
Gran
Bretagna
Distribuzione:
Eagle Pictures
Anno
di uscita:
2011
Origine:
Gran
Bretagna (2010)
Soggetto e sceneggiatura:
David Seidler
Fotografia (Panoramica/a colori):
Danny Cohen
Musica:
Alexandre Desplat
Montaggio:
Tariq Anwar
Durata:
118'
Produzione:
Iain
Canning, Emile Sherman, Gareth Unwin
Note:
Golden Globe 2011 a Colin Firth come miglior attore protagonista di film
drammatico. Oscar 2011 per miglior film, regia, attore protagonista
(Colin Firth) e sceneggiatura originale. Presentato al 61° Festival di
Berlino (2011) nella Sezione “Berlinale Special”. David di Donatello
2011 come miglior film dell'Unione Europea. Candidato al Nastro
d'Argento 2011 come miglior film europeo.
La trama
Siamo nell’Inghilterra degli anni Trenta del secolo scorso. Dopo la
morte di re Giorgio V la legittima successione porta al trono il
primogenito Edoardo VII il quale però desidera sposare Wallis Simpson,
un'americana divorziata. Essendo egli anche il capo della Chiesa non può
farlo e allora, per non lasciare la donna che ama, abdica in favore del
fratello Bertie. Il nuovo re, incoronato come re Giorgio VI, soffre da
sempre di una grave forma di balbuzie che gli rende molto difficile
parlare in pubblico. Ad aiutarlo ci pensa sua moglie Elisabetta, la
futura Regina Madre, che organizza per lui un incontro con il
logopedista Lionel Logue.
I
metodi dello stravagante terapista del linguaggio riusciranno a
migliorare la voce e il prestigio del sovrano e, nello stesso tempo, a
sconfiggere il suo limite e i suoi timori. Per comunicare l’entrata in
guerra del Paese farà uno straordinario discorso alla radio ottenendo il
plauso dei propri sudditi. Dopo aver ringraziato il suo maestro, insieme
a tutta la famiglia, saluta le migliaia di persone accorse per rendergli
omaggio.
Ripercorriamo le
tappe
Il discorso del re
rappresenta un prodotto cinematografico dalla tipica confezione
anglosassone: ricostruzione storica precisa, situazioni e personaggi
delineati in modo sobrio e reale. Il nucleo di tutta la storia è
concentrato nel rapporto di re Giorgio VI con il suo logopedista
australiano. Attraverso la rieducazione della voce assistiamo al dramma
intenso e tormentato dell’amicizia tra un re e il suo tutore che sfocerà
nella stima vicendevole. Il regista ama focalizzare la storia attraverso
i dialoghi dei personaggi, tratteggiati con umorismo e rigore,
alternando momenti dolorosi con quelli ironici e liberatori.
Il
blocco della voce non è solo un problema personale, ma una
preoccupazione per tutto il Regno, l’autorità si manifesta, si rivela,
si fortifica anche attraverso una comunicazione libera e coinvolgente.
Con l’aiuto di Lionel, re Giorgio riuscirà a infondere nel suo popolo la
fiducia necessaria per sostenere la dura prova della guerra contro la
Germania nazista.
Interpretazione
Del regista Tom Hooper…
«Quando abbiamo trovato i diari di Lionel Logue nove mesi prima delle
riprese ci siamo resi conto di aver trovato una storia completamente
nuova. Le dinamiche tra il re e il suo terapista australiano sono
l'anima del film e permettono al pubblico di essere testimone di un
pezzetto di storia ignota fino a oggi. Nella realtà Colin non somiglia
molto al re, soprattutto dal punto di vista fisico, e questo mi fa molto
piacere, ma sia lui che Helena hanno incarnato i reali per le nuove
generazioni».
…
dell’attore Colin Firth…
«Ero
molto disorientato dai miei modelli di linguaggio, imparare a balbettare
è una esperienza che coinvolge la memoria. Se ti alleni a modificare il
ritmo del tuo modo di parlare succede che poi il tuo cervello te lo
ricorda e tu lo segui, insomma alla fine io stesso balbettavo. Ho
costruito questo personaggio partendo da me stesso e ho interiorizzato
il suo modo di parlare. Al termine delle riprese parlavo più lentamente
di prima. Non è stato un lavoro intellettuale, ma solo un lavoro
d'istinto.
Spesso durante la lavorazione del film mi sono ritrovato a pensare
all'idea che avevo della monarchia. Alla fine è successo qualcosa che
mi
ha portato ad avere sempre più rispetto per il personaggio che
interpretavo,
ad
amarlo. Non volevo che fosse compatito; il pericolo era
solamente l’autoindulgenza e il sentimentalismo, che avrebbero ucciso
la
storia. Io e Tom, il regista, abbiamo lavorato molto perché non
ci
fosse questo aspetto, mettendo insieme umanità e ironia».
…
dell’attrice Helena Bonham Carter
«Ho
sempre rispettato la famiglia reale non tanto nel suo complesso quanto
come singoli individui, ma dopo aver recitato ne
Il
discorso
del
re
la
mia opinione è cambiata perché, per interpretare la Regina Madre, ho
dovuto conoscere a fondo il personaggio e con la conoscenza è aumentato
anche il rispetto».
Utilizzo pastorale:
alcune piste
Il
racconto cinematografico non si sofferma molto nella descrizione della
sventura che affligge il sovrano, ma mette in mostra tutta la fragilità
e la prepotenza dell’uomo-re.
- II
re balbuziente si libera dal suo
handicap
grazie all’amore premuroso e deciso della moglie e all’intervento
singolare dell’esperto del linguaggio che farà di tutto per migliorare
la sua voce fino a portarlo alla proclamazione del discorso più
importante della sua vita, quello che rende noto ai sudditi del Regno
Unito la loro partecipazione alla Seconda guerra mondiale.
- Il
rituale di corte entra in collisione con la balbuzie di Giorgio VI, ma
anche con le sue ansie e le sue paure. Una balbuzie, descritta con
raffinatezza e accenti garbati, che diventa non solo lo scoglio da
superare, ma il vero avversario da sconfiggere, una paura ancestrale che
blocca la parola e il futuro del giovane sovrano, spettri nascosti
impersonati da un padre invadente, da un senso di insufficienza e da una
scarsa autostima.
-
Educando la balbuzie del suo illustro allievo, Logue lo stimolerà
a
prendere in mano la propria vita per sconfiggere la guerra delle parole
come
quella delle potenze nemiche. Il balbuziente Bertie-Giorgio
VI
d’Inghilterra e i metodi dell’eccentrico Lionel Logue, rappresentano
le
due facce di una stessa medaglia: la resa e la vittoria. Soggetti
diversi
di
un'unica realtà che si dibattono tra il calore della vita privata
e il
cerimoniale della vita pubblica.
- La
radio, nuovo mezzo di comunicazione del secolo, rappresenta il luogo del
confronto e della prova, del riscatto e del potere.
Tematiche:
Malattia; Matrimonio - coppia; Potere; Storia.
Valutazione del CNVF:
Consigliabile/realistico * *
Il film nella stampa
«Il
discorso del re
è
uno di quei rari film che riescono ad essere estremamente accessibili al
grande pubblico ed estremamente raffinati nella sostanza come nella
confezione. La sceneggiatura, ma anche la regia e la recitazione
costruiscono il racconto in modo apparentemente semplice, consentendo
allo spettatore una forte identificazione emotiva con il re e il suo
problema, e allo stesso tempo arricchiscono la narrazione di dettagli
quasi subliminali, in modo che anche il pubblico più esigente e
sofisticato possa trovare pane per i propri denti» (Paola Casella,
Europa,
29 gennaio 2011).
«Ci
sono stati tempi e luoghi in cui un primo ministro si dimetteva per non
aver capito in tempo la gravità di una situazione politica. È per questo
che un film fatto benissimo come
Il
discorso del re
oggi ci commuove per come il duca di York, afflitto da una terribile
balbuzie proprio negli anni in cui l'avvento della radio spinse anche i
Reali a sottomettersi alla comunicazione di massa, costretto contro la
sua volontà a salire sul trono d'Inghilterra col nome di Giorgio VI,
riuscì almeno in parte a vincere la sua minorazione e a diventare un
monarca rispettato e amato» (Roberto Nepoti,
La
Repubblica,
29 gennaio 2011).
«Il
re non è nudo, ma balbuziente. E si spoglia: grazie a una moglie che lo
ama e un logopedista tanto eterodosso quanto bravo, lotterà per far
sentire la propria voce, fino a tenere il discorso più importante,
quello che accompagna il Regno Unito nella Seconda guerra mondiale»
(Federico Pontiggia,
Il
Fatto Quotidiano,
27 gennaio 2011).
«Il
microfono è enorme, la folla immensa, l'ansia insostenibile. Così la
voce si increspa, si strozza, inciampa sulle consonanti, erompe
rotolando a singhiozzo sulle sillabe fino a quando, Dio sia lodato, la
frase finisce. E si ricomincia... Se per chiunque balbettare è un
supplizio, per un principe ereditario è una vergogna, una mutilazione,
una tragica perdita di autorità. Se poi siamo negli anni Trenta, l'età
d'oro della radio, l'epoca in cui Hitler soggioga le folle e incendia
l'Europa con la sua oratoria, il dramma del duca di York, secondogenito
di re Giorgio V, afflitto fin dall'infanzia da quel difetto misterioso,
diventa anche un vero problema politico» (Fabio Ferzetti,
Il
Messaggero,
28 gennaio 2011).
Teresa
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