n. 3
maggio/giugno2013

 

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Maria, la «credente» nel cammino ecclesiale

ALFONSO LANGELLA

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In che modo la fede di Maria, vissuta due millenni fa in una società totalmente diversa dal nostro mondo frenetico, è ancora significativa per le donne e gli uomini del nostro tempo? In realtà i dati evangelici lasciano trasparire numerosi elementi della fede della Vergine che appartengono anche alle molteplici esperienze dei credenti che camminano sulle strade dell’oggi. Maria «viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro», ha scritto il Concilio Vaticano II.1

Esemplarità di Maria

Le famiglie

La Virgo fidelis, che ha vissuto la sua fede innanzi tutto nelle relazioni con il Figlio e con Giuseppe, ha molto da dire a coloro che riconoscono nella famiglia l’unica istituzione capace ancora di rispondere al bisogno di affetto e di sostegno stabile presente in ogni persona. I coniugi, chiamati a confrontarsi oggi con la cultura delle relazioni «liquide», che li spinge, di fronte alle prime difficoltà, a rinunciare alla promessa di fedeltà per tutta la vita, incontrano nella sposa del falegname di Nazaret, una donna capace di perseverare nella fede nel Dio dell’Alleanza che, nella profonda crisi provocata dalla sua gravidanza misteriosa, ha impedito che andassero in porto i disegni umani di separazione dai quali era stato tentato Giuseppe (Mt 1,18-25).

Nella loro funzione di genitori, i coniugi cristiani possono guardare a Maria, che per fede accoglie la vita nascente nella situazione di grave precarietà e povertà e con tenerezza «avvolse in fasce» (Lc 2,7) l’eterno Figlio del Padre, che da lei aveva preso la carne; durante gli anni dell’infanzia di Gesù è ancora la fede di Maria e Giuseppe a permettere al Bambino di crescere «in età sapienza e grazia» (Lc ,52).

Così essa è esempio da imitare nel compito educativo di fronte ai figli che rivendicano la loro autonomia. La coppia di Nazaret, nell’episodio dello smarrimento e del ritrovamento di Gesù dodicenne a Gerusalemme (Lc 2,41-50), senza che le fosse risparmiata l’angoscia per l’enorme responsabilità, ha continuato ad affidarsi a Dio e alla sua Parola, anche se non ha compreso fino in fondo il mistero che si nascondeva nel Figlio (Lc 2,51).

I figli, che soprattutto oggi appaiono lontani da una fede proposta loro con categorie alle quali non prestano attenzione (c’è chi ha parlato dei giovani dei nostri giorni come della «prima generazione incredula»),2 possono trovare un riferimento fondamentale nella fede vissuta in modo responsabile e libero dalla ragazza di Nazaret, che nell’annunciazione, nonostante il profondo «turbamento» (Lc 1,29) provocato dalla prospettiva di un futuro ignoto che comportava di trasformare completamente i suoi progetti, si è generosamente e coraggiosamente tuffata nell’avventura “anticonformista” che Dio le proponeva.

Le donne

Maria, che vive la sua fede come donna del I secolo, continua ad essere un riferimento anche per il mondo femminile del nostro tempo. Senza dubbio, leggere la fede di Maria «con occhi di donna»,3 vuol dire recuperare tutti quegli elementi che la teologia e la predicazione tradizionale hanno trascurato.

Se in passato la fede di Maria era proposta solo come modello per la donna “tutta casa e chiesa”, enfatizzando le virtù del silenzio, dell’obbedienza, della docilità, della sottomissione, è evidente che le donne emancipate dei nostri giorni possano considerarla una figura ormai superata. Invece, la fede della «donna tutt’altro che passivamente remissiva o di una religiosità alienante», come Paolo VI ha definito Maria,4 diventa estremamente significativa anche per la fede delle donne impegnate nella vita sociale, che devono far valere ogni giorno la loro dignità e che sono chiamate ad esercitare, per mezzo del loro «genio», la critica profetica al mondo che non sa riconoscere la loro peculiare missione.

Così pure la contemplazione del lato femminile della fede della Vergine consente di sottolineare il suo «sentire materno», la sua particolare esperienza “viscerale” dell’incontro col Figlio, che si formava nel suo grembo. Questa esperienza può essere compresa solo dalle madri (donne) ed è negata ai padri (maschi), che quindi hanno bisogno di imparare dalle donne a percepire intimamente e non solo per via di pensiero la grandezza del mistero in cui credono. In questo modo Maria insegna ai credenti la possibilità di accostarsi ai misteri della fede per via “estetica” (nel doppio significato di “sensibile” e di “relativo al bello”): si tratta, cioè, di riconoscere che la rivelazione di Dio entra nel cuore dell’uomo non solo attraverso la comprensione intellettuale delle verità dottrinali, ma anche attraverso le emozioni e le sensazioni che danno sapore all’esistenza e aprono il cuore alla contemplazione gioiosa della bellezza del mistero divino.

Le persone sofferenti

Anche per tutti coloro che sono oppressi dall’esperienza del dolore e della fragilità dell’esistenza umana la fede di Maria appare significativa. La Vergine di Nazaret ha continuato ad affidarsi al Dio «che si prende cura del povero» nelle difficoltà che ha incontrato a causa delle relazioni con gli altri: ha vissuto la solitudine di chi deve decidere senza appoggi umani (Lc 1,38), l’incomprensione da parte di Giuseppe (Mt 1,19), l’angoscia per la separazione dal Figlio adolescente (Lc 2,44-45), la frustrazione dell’impotenza di fronte all’ingiusta condanna a morte di Gesù. Pure nelle situazioni di povertà e di precarietà sociale ha continuato a credere: così ha fatto nella condizione di donna gravida che non trova un posto in cui partorire (Lc 2,7) o di profuga in Egitto per sfuggire alle persecuzioni di Erode (Mt 2,13-14).

Giovanni Paolo II ha dedicato la sua più importante enciclica mariana, la Redemptoris Mater, al cammino di fede di Maria, sul quale si modella il cammino di fede dei cristiani, sottolineando particolarmente la presenza del dolore in tale percorso. La fede che ha attraversato tutti i momenti della vita della Vergine, infatti, è connotata dalla «fatica del cuore» e l’ha condotta fino all’annientamento di sé, esperienza che l’accomuna a tutti i credenti che decidono nel loro cuore il “santo viaggio” verso il Dio trinitario.

Giovanni Paolo II scorge, sin dall’inizio del rapporto di Maria con Gesù fanciullo, durante la vita nascosta a Nazaret, «una particolare fatica del cuore, unita a una sorta di “notte della fede” -per usare le parole di san Giovanni della Croce -; quasi un “velo” attraverso il quale bisogna accostarsi all'Invisibile e vivere nell'intimità col mistero. È infatti in questo modo che Maria, per molti anni, rimase nell'intimità col mistero del suo Figlio, e avanzava nel suo itinerario di fede, a mano a mano che Gesù “cresceva in sapienza... e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2,52)».5

Questo cammino di fede la spinse sempre più “in basso”, rendendola fedele compagna nel processo di umiliazione del Figlio di Dio, che «spogliò sé stesso» fino alla morte: «Ai piedi della Croce Maria partecipa mediante la fede allo sconvolgente mistero di questa spoliazione. È questa forse la più profonda kenosi della fede nella storia dell'umanità. Mediante la fede la Madre partecipa alla morte del Figlio, alla sua morte redentrice; ma, a differenza di quella dei discepoli che fuggivano, era una fede ben più illuminata».6 È a questa fede che possono ispirarsi il malato piagato dal morbo incurabile, l’immigrato umiliato dalle leggi e dagli uomini, l’omosessuale insultato che perde gli amici, l’innamorata tradita, l’anziana che vive da sola, l’operaio che perde il lavoro ed è prostrato nella disperazione…

E non solo la fede di Maria diventa modello della fede dei sofferenti, ma accompagna con una presenza misteriosa le loro vicende, rivelando come la potenza della Croce riesce a trasformare il dolore. È ancora Giovanni Paolo II che nella Lettera apostolica sul senso cristiano della sofferenza, Salvifici doloris, ha sottolineato che «Cristo morente conferì alla sempre Vergine Maria una maternità nuova - spirituale e universale - verso tutti gli uomini, affinché ognuno, nella peregrinazione della fede, gli rimanesse insieme con lei strettamente unito fino alla Croce e, con la forza di questa Croce, ogni sofferenza rigenerata diventasse, da debolezza dell'uomo, potenza di Dio».7

I membri
della comunità cristiana

La fede di Maria diventa particolarmente “normativa” per i battezzati che svolgono i vari ministeri nelle comunità. Così un operatore della Caritas, o chiunque sia impegnato a servizio degli altri, può guardare alla fede carismatica (cioè, frutto di una «manifestazione dello Spirito per il bene comune»: 1Cor 12,7.9) della Vergine, che la spinge a recarsi dalla parente Elisabetta in attesa del figlio (Lc 1,39) e agisce alle nozze di Cana favorendo l’azione soccorritrice del Figlio (Gv 2,1-12). Anche chi è deputato ad animare la preghiera della comunità può condividere la fede gioiosa che si sprigiona nella lode del Magnificat al Padre (Lc 1,46-55) o la fede solidale che si manifesta nella stessa intercessione presso il Figlio a Cana. Chi, poi, si dedica ai ministeri profetici potrà essere animato dalla fede di Maria che ancora nel Magnificat proclama esultante le «grandi cose» che Dio ha operato.

Il teologo, chiamato a riflettere sul mistero rivelato con l’intellectus fidei, non può che abbracciare la ricerca con lo stesso coinvolgimento esistenziale che ha guidato la domanda di Maria all’angelo sulle modalità del compimento del mistero dell’incarnazione («Come è possibile?»: Lc 1,34). E lo stesso cristiano che vive con ardente amore le manifestazioni della pietà e della devozione riproduce in sé la fede semplice di Colei che ha riconosciuto il Dio del suo popolo e lo ha  amato con tutto il suo «spirito» e con tutta la sua «anima» (Lc 1,45).

Le persone consacrate, e in particolare le donne consacrate, chiamate a testimoniare in modo diverso il carisma femminile che trasforma il mondo, guardano alla fede della madre di Gesù. Maria ha vissuto la verginità, la povertà e l’obbedienza al Padre non come rinuncia e chiusura al mondo, ma come apertura all’umanità e ai poveri, sia nella preghiera che nel servizio. La risposta alla chiamata alla castità, infatti, è il frutto della fede accogliente che spinge ad amare Dio al di sopra di se stessi e di ogni altro affetto. L’accettazione della povertà assimila alla Vergine povera, che senza appoggiarsi ai mezzi terreni, ha confidato solo in Dio, proclamando le lodi di Colui che «ha innalzato gli umili » e «ha colmato di beni gli affamati » (Lc 1,52-53). Nell’obbedienza, infine, si rivive la fede della Madre del Signore che, guidata dallo Spirito, decide di fare la volontà del Padre, rivelata attraverso i suoi messaggeri.

Peregrinatio fidei

Sull’esempio della Vergine, infine, ogni cristiano vive la sua fede come un cammino di maturazione all’interno di una comunità: nella sua peregrinatio fidei ella ha dovuto superare la relazione “di sangue” che la univa al Figlio per entrare in una comunione sempre più profonda con lui nel discepolato e dentro la piccola famiglia di uomini e donne che seguono il Figlio fin sotto la Croce (Gv 19,25-27); e, dopo la Pasqua, ha deciso di continuare ad appartenere alla nuova comunità, insieme agli apostoli, alle donne e ai fratelli di Gesù (At 1,14). Come affermò Giovanni Paolo II, «la sua eccezionale peregrinazione della fede rappresenta un costante punto di riferimento per la Chiesa, per i singoli e le comunità, per i popoli e le nazioni, in un certo senso per l'umanità intera».8

1 CONCILIO VATICANO II, Decreto sull’apostolato dei laici Apostolicam Actuositatem (18 novembre

2 CF A. MATTEO, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giovani e la fede, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010.

3 C. MILITELLO, Maria con occhi di donna, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1999.

4 Cf PAOLO VI, Esortazione apostolica Marialis cultus (2 febbraio 1974), 37.

5 GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Redemptoris Mater (25 marzo 1987), 17.

6 Ibid., 18.

7 GIOVANNI PAOLO II, Lettera apostolica Salvifici doloris (11 febbraio 1984), 26.

8 GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Redemptoris Mater (25 marzo 1987), 6.

 Alfonso Langella
Direttore di
Theotokos
Via Barcaiola, 22
80056 Ercolano (Napoli)

 

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