Dall'11
al 14 dicembre 2012 si è tenuto a Roma, nell'aula
magna
dell'università Urbaniana, il XXXVIII convegno sulla vita
consacrata, organizzato dall'Istituto di Teologia della Vita Consacrata
«Claretianum». Il tema, «Vita Consacrata e Psicologia. Facciamo il
punto», rispecchia la necessità di una verifica del prolungato e
controverso rapporto tra vita consacrata e psicologia. Hanno partecipato
circa 500 persone, soprattutto religiose e religiosi; le relazioni sono
state tenute da esperti di varie nazionalità, docenti presso diverse
Facoltà romane. Essi hanno affrontato il tema in prospettiva
interdisciplinare: dapprima alla luce delle scienze teologiche, quindi
con l'apporto delle scienze umane, in particolare la psicologia.
La prima giornata, dopo il benvenuto del direttore
dell'Istituto, p. Santiago Gonzáles Silva, è stata aperta dal saluto di
mons. Enrico Dal Covolo, Rettore della Pontificia Università Lateranense,
cui il «Claretianum» è associato. Egli ha riconosciuto di «speciale e
imprescindibile interesse il contributo della psicologia per la
comprensione della scelta vocazionale della vita consacrata». Ha poi
sottolineato che alcune correnti psicologiche interpretano la scelta
della vita consacrata come ricerca di soddisfazioni e risposte a bisogni
che non portano a uno sviluppo positivo e creativo della persona. Altre
correnti sottolineano un atteggiamento “proreattivo” che favorisce la
maturazione umana e religiosa, sviluppando la capacità di amare in modo
profondo e disinteressato. Questi orientamenti riconoscono la capacità
della vita consacrata di testimoniare i valori trascendenti in una
società che non li apprezza.
Oltre il paradosso psicologico
Marko Ivan Rupnik ha aperto i lavori con una relazione
per certi aspetti provocatoria: «Quello che la psicologia non può dare:
secolarizzazione della spiritualità?». La psicologia si presenta come
insufficiente a comprendere l'uomo nella visione cristiana di essere
composto da corpo, anima e spirito; quest’ultimo lo rende capace di
aprirsi a Dio e di accoglierne la vita e l’azione. La vita spirituale
che caratterizza la persona esula dal campo di indagine della
psicologia, che non ha le condizioni e gli strumenti per studiare come
lo spirito umano si unisca e collabori con lo Spirito Santo.
C'è un errore di partenza che può inficiare l'uso della
psicologia nella vita spirituale ed è quello di non partire con la
consapevolezza che non è lo Spirito Santo che viene interpretato
dall'umano, ma è esattamente l'opposto: lo Spirito dà la giusta visione
dell'umano. Dunque, il punto di partenza è l'uomo amato da Dio e da lui
redento. La formazione alla vita consacrata non può essere vista come un
itinerario che va dalla formazione umana a quella spirituale. Quest'ultima
invece è l'unica formazione adeguata, a partire dal principio che
l'essere umano si deve modellare su Cristo per essere veramente se
stesso.
L'approccio biblico è stato seguito da Andrzej S. Wodka
con la relazione: «Fra l'anima-vita e il
logos
incarnato. Spunti biblici per il dono della sequela».
Illustrando alcuni aspetti della psicologia di Gesù, il relatore ha
mostrato come sveli all'uomo la sua stessa umanità e faccianemergere una
psicologia umana rivelata. In tal modo dischiude alla psicologia la
possibilità di trarre le sue origini dalla fonte trinitaria, nella quale
l'uomo può finalmente ritrovarsi, tramite il dono di sé nella sequela
pasquale. Si tratta di un percorso che il relatore ha chiamato
«paradosso psicologico» perché parte dalle piaghe dell'uomo ferito per
farne scaturire le risorse che fanno maturare fino all'amore agapico e
alla pace.
L’impegno della Chiesa per una formazione equilibrata, in
particolare dei candidati al sacerdozio ministeriale, è stata alla base
della relazione di mons. Vincenzo Zani. Il tema, «Indicazioni del
Magistero sulla competenza e utilizzo della psicologia», è stato svolto
esaminando alcuni testi magisteriali che stabiliscono i criteri per
l’impiego della psicologia nell'ambito della formazione e del
discernimento vocazionale: l’Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II
«Pastores dabo vobis»
(1992) e i due testi della Congregazione per l'Educazione
Cattolica: le «Direttive sulla preparazione degli educatori nei
seminari» (1993) e gli «Orientamenti per l'utilizzo delle competenze
psicologiche nell'ammissione e nella formazione dei candidati al
sacerdozio» (2008).
Il relatore ha ribadito l'apprezzamento della Chiesa per
la psichiatria e psicologia contemporanee, ma anche ha affermato che «le
acquisizioni nel campo puramente scientifico non sono sufficienti ad
offrire una visione integrale della persona e che esse sole non
risolvono le questioni fondamentali concernenti il significato della
vita e la vocazione umana, che resta essenzialmete spirituale, cioè
opera della grazia».
La coinvolgente relazione di Catherine Aubin: «Dalla
preghiera alla psicologia», ha disegnato un viaggio interiore per
giungere al cuore dell'uomo, dove risuona la domanda di Dio ad Adamo:
«Dove sei?» (Gen 3,9). Abbiamo bisogno di rientrare nel nostro cuore per
incontrarvi Dio, o meglio per incontrare quella parte di noi, quella più
nascosta e più vera, in cui possiamo aprirci a lui. Ognuno di noi,
infatti, può essere il fariseo oppure il pubblicano della nota parabola
narrata in Luca 18,9-14. La parabola sembra trattare della preghiera, ma
in realtà va oltre, parla dell'attitudine del cuore, dello spirito che
ci anima. In questo senso la preghiera può diventare un rivelatore
psicologico e spirituale.
Il fariseo è l'uomo pio e osservante, o almeno ne porta
la maschera, scivolando in realtà in uno stato di falsità e illusione
per cui non crede di avere nulla da chiedere. È chiuso nella sua
condizione di apparente giustizia che lo separa dagli altri e anche da
Dio. Il pubblicano invece chiede, anzi grida il suo bisogno di aiuto, di
salvezza; si immerge nella propria oscurità, scende nello spazio vuoto
che ha dentro di sé: qui Dio può entrare. Così si avvia quel cambiamento
che porta il pubblicano ad incontrare Dio e ad essere modificato
profondamente: «tornò a casa sua giustificato» (Lc 18,14).
In cammino e in dialogo
Nella seconda parte del convegno i relatori hanno
sottolineato la necessità di una formazione unitaria ed integrale della
persona.
Bruna Zaltron, rispondendo nella sua relazione alla
domanda: «Psicologo o formatore?», ha ricordato che «l'obiettivo di ogni
cammino formativo è l'unificazione delle varie componenti della
persona». Per questo è necessario distinguere le funzioni specifiche del
formatore, che è chiamato ad aiutare i formandi a crescere nella
conformazione a Cristo, da quelle dello psicologo, che deve accompagnare
la persone a realizzare una maggiore autenticità e integrazione delle
proprie forze interiori. Occorre favorire non solo la conoscenza di sé
ma anche il cambiamento a livello decisionale, evolutivo e relazionale.
In questo processo va tenuto presente che la persona non è determinata
solo dalle sue inconsistenze, ma anche da un dinamismo di trasformazione
esistenziale che la rende capace di assumere ciò che la sua scelta di
vita comporta come ideale da vivere.
Nella relazione: «Psicoterapia e fedeltà vocazionale»,
Luis Jorge González ha passato in rassegna alcune situazioni in cui è
opportuna una relazione terapeutica. Questi casi non riguardano solo chi
ha disordini psicologici, oppure chi è normalmente equilibrato ma
sottoposto a eccessivi
stress
di lavoro o di comunità, ma anche coloro che «desiderano
mettere tutto il loro essere al servizio dell'amore». Il relatore ha poi
individuato i tratti di una psicoterapia che aiuta ad essere fedeli; ha
indicato criteri per la scelta dello psicoterapeuta e infine ha
tratteggiato alcuni atteggiamenti terapeutuci - la speranza,
l'accettazione delle luci e ombre delle persone, l'autenticità,
l'empatia - che aiutano la comunità religiosa a crescere in quell'amore
che sa trarre profitto dalle difficoltà e porta alla luce le
potenzialità delle persone.
Giuseppe Crea ha svolto il tema: «I disagi psicologici:
come riconoscerli e come prevenirli», ha esortato a non porsi davanti al
disagio psichico in una «prospettiva meramente riparativa» che è
passivizzante, ma ad individuare «strategie ricostruttive di prevenzione
e cura», creando un clima di sostegno in comunità e favorendo la
richiesta di aiuto. Se la comunità impara ad accorgersi di quello che
accade al soggetto "difficile" e accoglie la sfida di crescere insieme,
ogni fratello/sorella potrà valorizzare le sue opportunità di
maturazione, contenere le eventuali manifestazioni disfunzionali e
assumere responsabilmente i dinamismi della propria vocazione nella
storia personale e in quella comunitaria.
La relazione conclusiva: «Valori e ideale di vita:
l'apporto della psicologia nella formazione», è stata affidata ad Amedeo
Cencini, che prima di tutto ha fatto notare come oggi il rapporto tra
psicologia e teologia spirituale offra «un panorama in movimento» e come
sia necessario «un dialogo onesto» tra le due discipline. Il relatore ha
indicato il possibile apporto della psicologia nell'animazione
vocazionale e nella formazione iniziale, indicando, infine, alcuni
elementi che potrebbero favorire la formazione per tutta la vita. Il
contributo proprio della psicologia è quello di aiutare ad essere veri,
con se stessi, con Dio, con gli altri e dinanzi al proprio progetto
vocazionale, rimanendo fedeli alla sua logica: cogliere «il senso della
vita nel dono ricevuto, che tende per natura sua a divenire bene
donato».
Quale “il punto” individuato dal convegno? Nel panorama
socioculturale odierno certamente la continuazione del dialogo tra
teologia e psicologia s’impone, tenendo ferme alcune chiarezze: la
vocazione è prima di tutto dono della grazia, che però opera sulla
natura, quindi solo un'antropologia aperta al Trascendente può sostenere
la psicologia nel compito di accompagnare persone e comunità nella
fedeltà responsabile e creativa al progetto di Dio e solo l'interdisciplinarietà
può sostenere una formazione vera e liberante.
Maria Elena Zecchini smr
Direttrice di
Riparazione mariana
Via Monte Velino, 30 - 00141 Roma