Insieme
al matrimonio, che è il modo di vivere “secondo natura”, esiste anche il
monachesimo, che è il modo di vivere “sopra natura”. I Padri della
Chiesa d’Oriente e d’Occidente riconoscono una supremazia della vita
monastica nei confronti di quella matrimoniale, non per se stessa, ma
per le possibilità di salvezza che essa offre al fedele.
Monachesimo e matrimonio
Giovanni Crisostomo parlando della verginità, e di conseguenza della
vita monastica, afferma: «La verginità di per sé non è né buona né
cattiva, ma diventa uno dei due secondo le intenzioni di chi la
esercita».1 Chi sceglie la vita monastica sceglie una vita
carismatica, non adatta a tutti, visto che ad ognuno Dio dona carismi
diversi. È carismatica perché supera le leggi della natura e quindi lo
status
naturale dell’uomo,2 mentre il matrimonio rappresenta nel
mondo la dimensione sociale della vita dei fedeli proiettata
nell’escatologia. Pietra miliare del monachesimo è Cristo, solo lui è
fonte ed ispirazione della vita monastica, il prototipo e l’archetipo,
quello che il monaco è chiamato ad imitare attivamente, abbandonandosi
nella sua grazia che lo santifica.
Il
monaco è la tangibile testimonianza, l’indicazione perpetua, il ricordo
costante della vera strada da seguire: diventare santi e “perfetti” come
è perfetto il Padre celeste. Nella storia dell’Oriente cristiano gli
eremiti, gli anacoreti, gli asceti, i cenobiti, le piccole e grandi
comunità monastiche, hanno portato il “deserto” nelle rumorose città,
diventando, tramite il loro silenzio, il loro pensiero, i loro scritti,
il loro modo di vivere, annunciatori del messaggio evangelico: «… di una
cosa sola abbiamo bisogno» (Lc 10,41). I monaci cercano di mostrare e di
evocare che l’unico scopo di chi sceglie il loro stile di vita - e anche
di coloro che sono stati battezzati in Cristo - è quello di raggiungere
il più possibile la perfezione in Cristo. Diventare quindi uno con
Cristo e realizzare la totale vittoria contro le potenze avverse.
Il
monachesimo, in quanto espressione autentica della tradizione della
Chiesa, ha sempre indicato la via da seguire per giungere alla
perfezione evangelica. Il monaco vive intensamente i gradi (o tappe
mistiche) della
terapia
dell’anima: la purificazione, l’illuminazione, la divinizzazione, che
conducono alla perfezione cristiana, cioè alla deificazione dell’uomo,
dove il creato incontra l’Increato e ad esso si unisce.
Mezzi e metodi per la guarigione
I
santi Padri, maestri di vita monastica, hanno insegnato sapientemente
quali mezzi e metodi sono da adoperare da coloro che hanno bisogno di
guarire dalle passioni che adombrano la loro anima e quindi acquisire la
salute spirituale. Come concretamente avviene questa guarigione? Uno
degli elementi fondamentali che caratterizzano il monachesimo è lo
sforzo dinamico di applicare totalmente il processo
terapeutico.
Il monaco comincia il suo “cammino” con il seguire i tre gradi della
perfezione spirituale già indicati: purificazione, illuminazione,
divinizzazione. Consapevoli di ciò che sono e di ciò che cercano, i
monaci acquisiscono, grazie all’effusione dello Spirito Santo, l’umiltà,
la conversione, la purificazione fisica e psichica, fino a desiderare il
martirio e ad essere perseguitati in nome di Cristo. In altre parole
desiderano che tutto il loro essere viva in pienezza il comandamento di
Dio: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua
anima e con tutta la tua mente … e il prossimo tuo come te stesso» (Mt
22,37; cf Lc 10,27).
Chi
è incamminato a seguire questa “via stretta” e ad esercitarsi nella
“palestra spirituale” è chiamato ad una triplice rinuncia: rinuncia al
mondo e a quello che da esso proviene; rinuncia alla propria volontà;
rinuncia alla vanagloria. Queste tre rinunce, volontariamente accettate
dal monaco, corrispondono all’elevazione di tre croci, le quali lo
esercitano nella “palestra spirituale” e adornano la sua vita.
Ovviamente uno si chiede: cosa sono le tre croci? Chi le dà? Come il
monaco le sperimenta? Queste domande sono importanti oggi in una società
che insegna tutt’altro rispetto alla rinuncia. La prima è esteriore,
insegnano i Padri, e riguarda le afflizioni e le sofferenze; la seconda
proviene dalla “lotta interiore” contro i desideri del mondo e delle
passioni che dominano l’anima, impedendo l’azione dello Spirito Santo;
l’ultima, la più difficile, è anch’essa interiore e conduce al totale
abbandono alla volontà di Dio.
Verso la maturità
Queste tre rinunce, o croci, si associano a tre
rinascite,
ottenute con la purificazione dell’anima, con l’illuminazione della
ragione e la divinizzazione di tutta l’esistenza. Quindi: croci, rinunce
e rinascite sono il diuturno percorso del monaco verso la maturità
spirituale. Per l’Oriente questo itinerario spirituale si chiama
ascesi,
il cui scopo è raggiungere la preghiera pura e l’apatia,
cioè il totale allontanamento da tutto quello che proviene dal peccato e
porta disordine nell'anima.
I
tre voti che il monaco offre a Dio sono il necessario completamento
della vita ascetica. Il primo è quello dell’obbedienza,
che mira a liberare il monaco dalla forte passione della vanagloria.
Prototipo di ciò è lo stesso Cristo che è diventato obbediente al Padre
fino alla morte (cf Fl 2,8). E mentre Adamo ed Eva con la loro
disobbedienza hanno portato il peccato e la morte nella nostra storia,
il monaco con la sua volontaria obbedienza elimina ogni passione e
riceve come carisma l’umiltà, la preghiera e la divinizzazione,
eliminando così il peccato e la morte.
Il
secondo voto è quello della
verginità
che
si distingue in corporale e psichica o spirituale: aiuta a superare la
passione dei piaceri carnali. Attraverso di essa il monaco si dedica
totalmente a Dio trasformando ogni amore secondo la carne in amore che
ha come oggetto soltanto Dio.3
Il
terzo voto è quello della
povertà,
che contribuisce a guarire la passione dell’avarizia-avidità. Nel vivere
la povertà, il monaco è chiamato a competere contro la passione del
possedere, della cupidigia e dell’eccessivo attaccamento ai beni
materiali,4 i quali rendono l’uomo egoista, superbo ed
autoreferenziale. I tre voti costituiscono il nucleo dell’ascesi
ortodossa e conducono all’amore
di Dio
e
alla
divina filantropia
che
combatte la radice di tutte le passioni: l’amore
di se stessi.
La
preghiera: l’opera principale del monaco
Oltre a tutto quello finora espresso, occorre aggiungere che l’ascesi
del monaco si concentra nella ricerca di accordare la propria vita con
quella di Dio. Senza la grazia divina, che sigilla l’esercizio ascetico,
si hanno solo opere umane destinate alla morte. Questa concordanza si
realizza e si manifesta, nella sua massima espressione, nella preghiera.
Ecco perché è l’opera principale del monaco: prima del lavoro e del
riposo viene la preghiera, il cui frutto è la
semplicità,
l’amore
puro, l’umiltà,
la
pazienza,
la
mansuetudine,
la
mitezza
ed
altre simili virtù. Il monaco per raggiungere questa meta è chiamato a
liberarsi di tutto ciò che è superfluo ed estraneo alla preghiera,
raggiungendo così l’essenza della rinuncia monastica.
Tuttavia, è da sottolineare un altro aspetto: l’ascesi sia del monaco,
come di ogni credente, deve essere strettamente accompagnata dalla
conversione/metanoia.
La parola greca
metanoia
-
che si traduce in italiano con il termine conversione - significa
cambiamento,
transizione da uno stato ad un altro. Secondo questo significato la vita
monastica è un incessante mutamento, una continua conversione, una
costante ricerca di Dio: ogni giorno, ogni ora, ogni momento.
Terminiamo con una immagine suggestiva: Dio è l'acqua
viva,
il monaco la persona assettata di lui. Nella sua vita di conversione
questa sete si moltiplica di continuo: più si converte, più il monaco ha
sete di Dio.
1 GIOVANNI CRISOSTOMO
Sulla verginità
4, PG 48, 535.
2 TEODORO DI CIRO,
Contro gli insegnamenti eretici
5, 34, PG 83, 532.
3 Cf METODIO DI OLIMPICO,
Simposio
1, 2, 16.
4 Cf GIOVANNI CLIMACO,
Scala delle virtù,
PG 88, 928.
Dionisios
Papavasileiou
Ortodosso
Via dei Grifoni, 3 – 40123 Bologna