In
che cosa consiste e come si svolge la formazione dei membri delle chiese
evangeliche? Risponderò in tre tempi, parlando anzitutto dei
luoghi,
in seguito degli
strumenti,
infine dell’obiettivo
della formazione, cioè
dove
essa avviene,
in che modo
avviene, e
a che fine.
I luoghi della formazione
I luoghi di formazione di un cristiano evangelico sono sostanzialmente
tre: la famiglia, la chiesa, il mondo.
La famiglia
È stata in passato, anche per le chiese evangeliche, una cellula di
formazione cristiana di importanza primaria e vitale. In molte famiglie
è durata a lungo la consuetudine di celebrare ogni giorno, la sera, un
«culto di famiglia» con letture bibliche, canti e preghiere: lì una
generazione passava all’altra il testimone, e le giovani generazioni
imparavano le parole della fede e della pietà, perché, come osserva
Calvino, «Non si può dire che Dio sia conosciuto là dove non c’è né
pietà né religione».
Oggi il culto di famiglie, se ancora esiste, è rarissimo, per svariati
motivi, anche là dove i genitori sono entrambi credenti. In generale il
ruolo della famiglia nella formazione cristiana è oggi ridotta ai minimi
termini, anche se naturalmente non mancano le eccezioni. Ci sono dei
genitori che pregano per la fede dei loro figli, ma ci sono anche dei
figli che pregano per la fede dei loro genitori, i quali, anche se sono
credenti, raramente sono in grado di contribuire in maniera sostanziosa
alla formazione religiosa dei loro figli. Importante è, comunque, per i
figli l’esempio dei genitori, non solo in ambito morale come «stile di
vita », ma anche in ambito culturale e civile come visione del mondo,
del rapporto con gli altri e con se stessi, e in generale della
posizione e funzione del cristiano nella società.
La chiesa
La chiesa (intesa qui non nel senso della grande istituzione mondiale,
ma in quello della concreta comunità locale - la «parrocchia» nel
linguaggio cattolico) resta in tutte le confessioni il luogo principale
di formazione cristiana, anche se sovente essa avviene,
de facto,
più in gruppi e movimenti para-parrocchiali di varia natura e
ispirazione, più che in seno alla comunità parrocchiale vera e propria.
Nelle chiese evangeliche la formazione comincia presto e - si può dire -
non finisce mai. Comincia in età scolare o addirittura prescolare
nell’ambito della «Scuola domenicale» (Sunday
School
nelle chiese dell’area anglofona;
Kindergottesdienst
= «culto dei bambini» nelle chiese evangeliche tedesche) -
un’istituzione presente e operante in tutte le chiese evangeliche, si
può dire senza eccezioni, grazie alla quale fin da bambini ci si
familiarizza con la Bibbia e si impara a conoscerla.
Nella Scuola domenicale non si studia altro che la Bibbia, Antico e
Nuovo Testamento, con un programma articolato in vari anni e svolto a
vari livelli, che accompagna il fanciullo, poi l’adolescente, fino
all’età di 12-13 anni. A questo punto comincia un corso di catechismo di
tre o quattro anni durante i quali si trattano i punti fondamentali
della fede cristiana, finché il giovane o la giovane, a un’età che può
oscillare tra i 15 e i 18 anni, si dichiara pronto per la
«confermazione» (che corrisponde alla cresima in casa cattolica,
rispetto alla quale però presenta notevoli differenze), che consiste in
una professione personale di fede davanti alla comunità, con la quale la
persona «conferma», in base a una decisione personale, l’alleanza del
suo battesimo, avvenuto a sua insaputa, quand’era neonato. Se la persona
non è ancora stata battezzata, anziché essere «confermata», viene
battezzata nel nome del Dio trinitario. Con la confermazione o il
battesimo, la persona diventa a tutti gli effetti «membro di chiesa».
Chi, provenendo dall’ateismo o agnosticismo, oppure da altre chiese
cristiane, o da altre esperienze religiose, s’avvicina alla nostra
chiesa e desidera farne parte, riceve una formazione analoga, biblica e
catechistica, e, sulla base di una sua personale professione di fede
davanti alla comunità, che lo accoglie come suo membro. Ma la formazione
non finisce qui: come ho detto, essa tende a essere permanente. Lo è
attraverso la predicazione domenicale e lo «studio biblico» settimanale,
che, a dire il vero, in generale solo un gruppo ristretto della comunità
segue regolarmente. Comunque, ogni cristiano evangelico è invitato a
«crescere » nella fede e nella conoscenza, nei vari modi in cui ciò può
accadere, così da progredire nell’intelligenza del «mistero di Dio, cioè
di Cristo, nel quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza
sono nascosti » (Col 2,2-3). Una vita non basta a esplorare questo
stupefacente mistero di luce.
Il mondo
Famiglia e chiesa non bastano, neppure nella migliore delle ipotesi, a
formare un cristiano. È solo immergendosi nel mondo profano che
presuppone l’inesistenza o l’irrilevanza di Dio e lo esclude per
principio dal proprio orizzonte, vivendo «come se Dio non ci fosse» (nel
senso che anche se ci fosse, secondo questa visione delle cose, non
cambierebbe nulla); è solo affrontando (e non eludendo) le mille
contraddizioni in mezzo alle quali la fede cerca e trova la sua strada,
«come a tastoni» (At 17,27); e quindi è solo nel crogiuolo delle sfide,
delle prove e delle tentazioni, vissute nella quotidianità del mondo
secolarizzato, che un cristiano viene progressivamente formato e anche
trasformato in cristiano adulto. Se si può dire, con Dietrich Bonhoeffer,
che il mondo «è diventato adulto», non si può pensare che il cristiano
possa «diventare adulto» se non in dialogo critico con questo mondo.
Gli strumenti
Gli strumenti della formazione sono, a ben guardare, uno solo: la
Bibbia. Ci sono naturalmente anche i manuali di catechismo (ne parlerò
brevemente), così come c’è - l’ho già detto - la predicazione e altre
forme di insegnamento. Ma il valore e l’autorità di tutto questo dipende
esclusivamente dalla sua conformità alla Parola di Dio che risuona
inconfondibilmente nelle pagine della Sacra Scrittura.
La Bibbia
La Bibbia, ovviamente, non è un semplice strumento; è la luce che
rischiara la nostra vita e il nostro mondo, è il cibo che nutre le
nostre anime, la verità che consola i nostri cuori inquieti e orienta i
nostri passi incerti. È, appunto, la Parola di Dio, ricevuta e
annunciata da profeti e apostoli, e poi diventata Scrittura perché non
andasse perduta, ma fosse trasmessa di generazione in generazione fino
alla fine dei tempi. Non abbiamo altro accesso a Dio e alla sua
rivelazione nel popolo d’Israele e, definitivamente, in Gesù di
Nazareth, se non attraverso le pagine della Bibbia. Nessun cristianesimo
degno di questo nome è possibile lontano dalla Bibbia, nessuna fede
cristiana nasce e vive senza la Bibbia.
Ecco perché «formazione» nelle chiese evangeliche significa
sostanzialmente entrare così addentro nella Sacra Scrittura in modo che
essa «prenda forma», cioè corpo, nell’anima e nella vita del cristiano.
Si potrebbe parlare, volendo, di una sorta di «transustanziazione» della
Parola biblica nell’esistenza del singolo credente e della comunità. In
questo senso il Nuovo Testamento parla della Chiesa come «corpo di
Cristo»: è lo spazio umano nel quale la Parola di Dio prende corpo. La
Bibbia è dunque, nelle chiese evangeliche, lo strumento per eccellenza
della formazione cristiana in quanto ne è l’alfa e l’omega.
I catechismi
Sul piano della formazione, la Riforma protestante è consistita in una
capillare opera di alfabetizzazione di base, attraverso la diffusione
tra i «semplici laici» della Bibbia tradotta nella lingua del popolo, e
numerosi catechismi, tra i quali spiccano per qualità e funzionalità i
due di Lutero del 1529 e quello di Heidelberg (1563), vicino alle
posizioni di Calvino. Che cosa sono questi catechismi ? Il loro impianto
è comune: sono una spiegazione del Credo (la fede), dei Dieci
Comandamenti (le opere), del Padre Nostro (la preghiera). Le spiegazioni
si rifanno costantemente alla Sacra Scrittura. Perciò formarsi su uno di
questi catechismi è un altro modo di formarsi sulla Bibbia.
L’obiettivo
L’obiettivo principale della formazione nelle chiese evangeliche è già
stato indicato quando s’è accennato al «cristiano adulto». È questo
l’obiettivo della formazione. Lo dice, indirettamente, anche l’apostolo
Paolo quando si lamenta per aver dovuto parlare ai cristiani di Corinto
come a «bambini in Cristo» e perciò non aver potuto dar loro «cibo
solido» (1Cor 3,1-2), come avrebbe desiderato fare. L’obiettivo della
formazione è appunto questo: uscire da una fede infantile, da
principiante, e crescere così da accedere a una fede adulta, matura. Ma
che cosa può significare «cristiano adulto»? Può significare tre cose:.
[a]
La prima è diventare il più possibile
consapevole
della propria fede, saperla quindi articolare e argomentare, e così
diventarne testimone. Un cristiano adulto sa in chi ha creduto (2Tim
1,12), e perciò ne parla (2Cor 4,13), umilmente, ma francamente e
serenamente. Un cristiano adulto non si vergogna del «vituperio di
Cristo» (Eb 11,26).
[b]
In secondo luogo diventare adulto significa diventare
responsabile.
Responsabile di che cosa? Anzitutto di Dio davanti al mondo e del mondo
davanti a Dio. Ma poi anche responsabile della Chiesa, di come essa è o
non è, di come potrebbe o dovrebbe essere; responsabile, insieme agli
altri cristiani, di ciò che la Chiesa dice o tace, fa o non fa, di come
annuncia o non annuncia l’evangelo al mondo; responsabile anche,
ciascuno nella propria chiesa, dell’istanza ecumenica, che oggi langue.
[c]
In terzo luogo diventare adulto significa diventare
saldo,
cioè acquistare fermezza, tenacia, capacità di resistenza, così da
«resistere nel giorno malvagio» e, dopo aver compiuto tutto ciò che
bisognava compiere, «restare in piedi» (Ef 6,13).
Questa è, molto a grandi linee, la formazione secondo le chiese
evangeliche.
Paolo Ricca
Pastore della chiesa valdese
p_ricca@virgilio.it