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n.5
settembre/ottobre 2013

 

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La formazione secondo le Chiese evangeliche

 di Paolo Ricca

 

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In che cosa consiste e come si svolge la formazione dei membri delle chiese evangeliche? Risponderò in tre tempi, parlando anzitutto dei luoghi, in seguito degli strumenti, infine dell’obiettivo della formazione, cioè dove essa avviene, in che modo avviene, e a che fine.

I luoghi della formazione

I luoghi di formazione di un cristiano evangelico sono sostanzialmente tre: la famiglia, la chiesa, il mondo.

La famiglia

È stata in passato, anche per le chiese evangeliche, una cellula di formazione cristiana di importanza primaria e vitale. In molte famiglie è durata a lungo la consuetudine di celebrare ogni giorno, la sera, un «culto di famiglia» con letture bibliche, canti e preghiere: lì una generazione passava all’altra il testimone, e le giovani generazioni imparavano le parole della fede e della pietà, perché, come osserva Calvino, «Non si può dire che Dio sia conosciuto là dove non c’è né pietà né religione».

Oggi il culto di famiglie, se ancora esiste, è rarissimo, per svariati motivi, anche là dove i genitori sono entrambi credenti. In generale il ruolo della famiglia nella formazione cristiana è oggi ridotta ai minimi termini, anche se naturalmente non mancano le eccezioni. Ci sono dei genitori che pregano per la fede dei loro figli, ma ci sono anche dei figli che pregano per la fede dei loro genitori, i quali, anche se sono credenti, raramente sono in grado di contribuire in maniera sostanziosa alla formazione religiosa dei loro figli. Importante è, comunque, per i figli l’esempio dei genitori, non solo in ambito morale come «stile di vita », ma anche in ambito culturale e civile come visione del mondo, del rapporto con gli altri e con se stessi, e in generale della posizione e funzione del cristiano nella società.

La chiesa

La chiesa (intesa qui non nel senso della grande istituzione mondiale, ma in quello della concreta comunità locale - la «parrocchia» nel linguaggio cattolico) resta in tutte le confessioni il luogo principale di formazione cristiana, anche se sovente essa avviene, de facto, più in gruppi e movimenti para-parrocchiali di varia natura e ispirazione, più che in seno alla comunità parrocchiale vera e propria. Nelle chiese evangeliche la formazione comincia presto e - si può dire - non finisce mai. Comincia in età scolare o addirittura prescolare nell’ambito della «Scuola domenicale» (Sunday School nelle chiese dell’area anglofona; Kindergottesdienst = «culto dei bambini» nelle chiese evangeliche tedesche) - un’istituzione presente e operante in tutte le chiese evangeliche, si può dire senza eccezioni, grazie alla quale fin da bambini ci si familiarizza con la Bibbia e si impara a conoscerla.

Nella Scuola domenicale non si studia altro che la Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, con un programma articolato in vari anni e svolto a vari livelli, che accompagna il fanciullo, poi l’adolescente, fino all’età di 12-13 anni. A questo punto comincia un corso di catechismo di tre o quattro anni durante i quali si trattano i punti fondamentali della fede cristiana, finché il giovane o la giovane, a un’età che può oscillare tra i 15 e i 18 anni, si dichiara pronto per la «confermazione» (che corrisponde alla cresima in casa cattolica, rispetto alla quale però presenta notevoli differenze), che consiste in una professione personale di fede davanti alla comunità, con la quale la persona «conferma», in base a una decisione personale, l’alleanza del suo battesimo, avvenuto a sua insaputa, quand’era neonato. Se la persona non è ancora stata battezzata, anziché essere «confermata», viene battezzata nel nome del Dio trinitario. Con la confermazione o il battesimo, la persona diventa a tutti gli effetti «membro di chiesa». Chi, provenendo dall’ateismo o agnosticismo, oppure da altre chiese cristiane, o da altre esperienze religiose, s’avvicina alla nostra chiesa e desidera farne parte, riceve una formazione analoga, biblica e catechistica, e, sulla base di una sua personale professione di fede davanti alla comunità, che lo accoglie come suo membro. Ma la formazione non finisce qui: come ho detto, essa tende a essere permanente. Lo è attraverso la predicazione domenicale e lo «studio biblico» settimanale, che, a dire il vero, in generale solo un gruppo ristretto della comunità segue regolarmente. Comunque, ogni cristiano evangelico è invitato a «crescere » nella fede e nella conoscenza, nei vari modi in cui ciò può accadere, così da progredire nell’intelligenza del «mistero di Dio, cioè di Cristo, nel quale tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti » (Col 2,2-3). Una vita non basta a esplorare questo stupefacente mistero di luce.

Il mondo

Famiglia e chiesa non bastano, neppure nella migliore delle ipotesi, a formare un cristiano. È solo immergendosi nel mondo profano che presuppone l’inesistenza o l’irrilevanza di Dio e lo esclude per principio dal proprio orizzonte, vivendo «come se Dio non ci fosse» (nel senso che anche se ci fosse, secondo questa visione delle cose, non cambierebbe nulla); è solo affrontando (e non eludendo) le mille contraddizioni in mezzo alle quali la fede cerca e trova la sua strada, «come a tastoni» (At 17,27); e quindi è solo nel crogiuolo delle sfide, delle prove e delle tentazioni, vissute nella quotidianità del mondo secolarizzato, che un cristiano viene progressivamente formato e anche trasformato in cristiano adulto. Se si può dire, con Dietrich Bonhoeffer, che il mondo «è diventato adulto», non si può pensare che il cristiano possa «diventare adulto» se non in dialogo critico con questo mondo.

Gli strumenti

Gli strumenti della formazione sono, a ben guardare, uno solo: la Bibbia. Ci sono naturalmente anche i manuali di catechismo (ne parlerò brevemente), così come c’è - l’ho già detto - la predicazione e altre forme di insegnamento. Ma il valore e l’autorità di tutto questo dipende esclusivamente dalla sua conformità alla Parola di Dio che risuona inconfondibilmente nelle pagine della Sacra Scrittura.

La Bibbia

La Bibbia, ovviamente, non è un semplice strumento; è la luce che rischiara la nostra vita e il nostro mondo, è il cibo che nutre le nostre anime, la verità che consola i nostri cuori inquieti e orienta i nostri passi incerti. È, appunto, la Parola di Dio, ricevuta e annunciata da profeti e apostoli, e poi diventata Scrittura perché non andasse perduta, ma fosse trasmessa di generazione in generazione fino alla fine dei tempi. Non abbiamo altro accesso a Dio e alla sua rivelazione nel popolo d’Israele e, definitivamente, in Gesù di Nazareth, se non attraverso le pagine della Bibbia. Nessun cristianesimo degno di questo nome è possibile lontano dalla Bibbia, nessuna fede cristiana nasce e vive senza la Bibbia.

Ecco perché «formazione» nelle chiese evangeliche significa sostanzialmente entrare così addentro nella Sacra Scrittura in modo che essa «prenda forma», cioè corpo, nell’anima e nella vita del cristiano. Si potrebbe parlare, volendo, di una sorta di «transustanziazione» della Parola biblica nell’esistenza del singolo credente e della comunità. In questo senso il Nuovo Testamento parla della Chiesa come «corpo di Cristo»: è lo spazio umano nel quale la Parola di Dio prende corpo. La Bibbia è dunque, nelle chiese evangeliche, lo strumento per eccellenza della formazione cristiana in quanto ne è l’alfa e l’omega.

I catechismi

Sul piano della formazione, la Riforma protestante è consistita in una capillare opera di alfabetizzazione di base, attraverso la diffusione tra i «semplici laici» della Bibbia tradotta nella lingua del popolo, e numerosi catechismi, tra i quali spiccano per qualità e funzionalità i due di Lutero del 1529 e quello di Heidelberg (1563), vicino alle posizioni di Calvino. Che cosa sono questi catechismi ? Il loro impianto è comune: sono una spiegazione del Credo (la fede), dei Dieci Comandamenti (le opere), del Padre Nostro (la preghiera). Le spiegazioni si rifanno costantemente alla Sacra Scrittura. Perciò formarsi su uno di questi catechismi è un altro modo di formarsi sulla Bibbia.

L’obiettivo

L’obiettivo principale della formazione nelle chiese evangeliche è già stato indicato quando s’è accennato al «cristiano adulto». È questo l’obiettivo della formazione. Lo dice, indirettamente, anche l’apostolo Paolo quando si lamenta per aver dovuto parlare ai cristiani di Corinto come a «bambini in Cristo» e perciò non aver potuto dar loro «cibo solido» (1Cor 3,1-2), come avrebbe desiderato fare. L’obiettivo della formazione è appunto questo: uscire da una fede infantile, da principiante, e crescere così da accedere a una fede adulta, matura. Ma che cosa può significare «cristiano adulto»? Può significare tre cose:.

[a] La prima è diventare il più possibile consapevole della propria fede, saperla quindi articolare e argomentare, e così diventarne testimone. Un cristiano adulto sa in chi ha creduto (2Tim 1,12), e perciò ne parla (2Cor 4,13), umilmente, ma francamente e serenamente. Un cristiano adulto non si vergogna del «vituperio di Cristo» (Eb 11,26).

[b] In secondo luogo diventare adulto significa diventare responsabile.

Responsabile di che cosa? Anzitutto di Dio davanti al mondo e del mondo davanti a Dio. Ma poi anche responsabile della Chiesa, di come essa è o non è, di come potrebbe o dovrebbe essere; responsabile, insieme agli altri cristiani, di ciò che la Chiesa dice o tace, fa o non fa, di come annuncia o non annuncia l’evangelo al mondo; responsabile anche, ciascuno nella propria chiesa, dell’istanza ecumenica, che oggi langue.

[c] In terzo luogo diventare adulto significa diventare saldo, cioè acquistare fermezza, tenacia, capacità di resistenza, così da «resistere nel giorno malvagio» e, dopo aver compiuto tutto ciò che bisognava compiere, «restare in piedi» (Ef 6,13).

Questa è, molto a grandi linee, la formazione secondo le chiese evangeliche.

 

Paolo Ricca
Pastore della chiesa valdese

p_ricca@virgilio.it

 

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