 |
 |
 |
 |
«Quando
l’ebbero letta, si rallegrarono per l’incoraggiamento che infondeva» (At 15,31).
Al termine della lettura della
Lumen Fidei
credo di aver fatto un’esperienza simile a quella dei cristiani di Antiochia,
dopo che avevano ascoltato il messaggio inviato loro dal Concilio di
Gerusalemme. In un tempo segnato da una crescente crisi di valori, anche
all’interno delle nostre comunità, duramente provato da inquietudini interiori,
instabilità economiche, individualismi, indifferenza di fronte alle tragedie
umane, che riversano ombre e perplessità nell’animo di tanta gente, risplende la
proposta rassicurante e propositiva della
Lumen Fidei,
un documento che infonde gioia, accoglienza, speranza. L’enciclica di papa
Francesco merita di essere meditata nella preghiera. In una lettura orante
emerge più nitido l’insegnamento decisivo e fondamentale sulla fede come luce.
Già il titolo,
Lumen Fidei,
ovvero “La luce della fede”, riassume la dinamica fondamentale lungo cui si
muove il testo: la tradizione della Chiesa ha sempre associato la fede alla luce
che disperde le tenebre e illumina il cammino.
Datata 29
giugno 2013 e resa pubblica il 5 luglio, la prima enciclica di papa Francesco
conclude il trittico sulle virtù teologali di Benedetto XVI, iniziato con
Deus
caritas est
(25 gennaio
2006), e proseguito con
Spe Salvi
(30 novembre 2007). Papa Francesco assume il testo preparato da Benedetto XVI e
lo porta a compimento, rendendo esplicitamente omaggio al suo predecessore in
uno dei primi numeri dell’enciclica: «Queste considerazioni sulla fede [...]
intendono aggiungersi a quanto Benedetto XVI ha scritto nelle lettere encicliche
sulla carità e sulla speranza. Egli aveva già quasi completato una prima stesura
di
Lettera
enciclica sulla fede. Gliene sono profondamente grato e, nella fraternità di
Cristo, assumo il suo prezioso lavoro, aggiungendo al testo alcuni ulteriori
contributi» (n. 7).
*****
È la prima
enciclica dedicata esclusivamente alla fede dal Concilio Vaticano II ad oggi, se
si eccettua quanto contenuto in tema di fede nella
Fides et
ratio
di Giovanni
Paolo II (14 novembre 1998). Fin dall’inizio l’enciclica evidenzia che un
discorso sulla fede è fecondo solo se di essa si ha qualche esperienza. La fede
è luce: «Lumen Fidei!», - si legge nel testo -. «Chi crede, vede; vede con una
luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo
risorto, stella mattutina che non tramonta » (n. 1). «Per una simile luce si può
vivere e morire, dando senso alle opere e ai giorni» (B. Forte). E se fosse
un'illusione? Una luce consolatoria?
L'enciclica
non ignora l'obiezione, né le presunzioni dell'ideologia moderna, ma insiste
sulla fede più pura che nasce nell'incontro con il Dio vivente, si nutre alle
sorgenti della rivelazione divina, custodita e trasmessa dalla Chiesa. In questa
luce, viene riletto anche il Vaticano II, definito «un Concilio sulla fede», che
la fa brillare «all'interno dell'esperienza umana, percorrendo così le vie
dell'uomo contemporaneo» (n. 6). L’enciclica costituisce il punto di continuità
tra Benedetto XVI e Francesco, e di unità nella trasmissione della fede. La
genesi della
Lumen Fidei,
da un Papa all’altro, già dice molto di cos’è la fede: è dono di Dio, ricevuto,
vissuto, ma deve essere nutrito, rafforzato e trasmesso nella fedeltà a Dio e
nel dialogo con i tempi che cambiano. I 60 paragrafi dell’enciclica sono
distribuiti in una
Introduzione:
la fede come luce (nn. 1-7) e in
quattro
capitoli:
I. «Abbiamo creduto all’amore»: la fede come rapporto amoroso con Dio (nn.
8-22); II. «Se non crederete non comprenderete»: la fede come conoscenza e
riflessione (nn. 23-36); III. «Vi trasmetto quello che ho ricevuto»: il compito
della Chiesa nel trasmettere la fede (nn. 37-49); IV. «Dio prepara per loro una
città»: la fede come costruzione della città terrena (nn. 50-57). Gli ultimi tre
numeri (nn. 58-60) presentano l’icona di Maria come immagine del credente. I
titoli dei quattro capitoli sono citazioni da 1Gv 4,16, da Is 7,9, da 1Cor 15,3;
da Eb 11,16. La chiarezza e la profondità dell’enciclica ripagheranno la lettura
di molti che nella Chiesa cercano il significato e la verità
dell’esistenza umana. Da parte nostra, per una guida alla lettura del testo sarà
sufficiente aggiungere a quanto già detto alcuni rilievi sul primo capitolo.
*****
Dopo aver
esposto nell’Introduzione
le
motivazioni del documento, il primo capitolo della
Lumen Fidei
ripercorre la storia di fede delle grandi figure di Abramo, del popolo
d’Israele, di Mosè e di Gesù. Un posto singolare è riservato ad Abramo, nostro
padre nella fede. In riferimento alla sua figura biblica, la fede viene spiegata
come “ascolto” della Parola di Dio, un ascolto che consiste in una “chiamata” ad
uscire dal proprio io isolato per aprirsi ad una vita nuova e in una “promessa”
che incammina verso un futuro inatteso (cf n. 9). «Abramo non vede Dio ma sente
la sua voce» (n. 8), in essa «riconosce un appello profondo, iscritto da sempre
nel cuore del suo essere» (n. 11). Quello che gli viene chiesto è di affidarsi a
questa Parola. La luce della fede gli fa comprendere che la parola, quando è
pronunciata «dal Dio fedele, diventa quanto di più sicuro e incrollabile possa
esistere» (n. 10).
Oltre ad
essere sostegno e fedeltà, risposta a un Tu che interpella personalmente e
chiama per nome (cf n. 8), la fede è connotata anche dalla “paternità”, perché
il Dio che ci chiama non è un Dio estraneo, ma è Dio Padre, la sorgente di bontà
che è all’origine di tutto e che sostiene tutto (cf n. 11). Nella storia
d’Israele, e nella nostra storia, all’opposto della fede c’è l’idolatria, che
disperde l’uomo nella molteplicità dei suoi desideri e lo «disintegra nei mille
istanti della sua storia», negandogli l’attesa del compimento della promessa. Al
contrario, credere significa affidarsi all’amore misericordioso di Dio, che
sempre accoglie e perdona, sostiene e orienta l’esistenza, raddrizza «le
storture della nostra storia» (n. 13). Credere vuol dire essere disponibili a
lasciarsi trasformare sempre di nuovo dalla chiamata di Dio. Inoltre, dice papa
Francesco, la fede «è un dono gratuito di Dio che chiede l’umiltà e il coraggio
di fidarsi e affidarsi a lui, per vedere il luminoso cammino dell’incontro fra
Dio e gli uomini, la storia della salvezza» (n. 14). Ecco il paradosso della
fede: il continuo volgersi al Signore rende stabile l’uomo, lo allontana dagli
idoli che gli gridano: «Affidati a me!», e lo convertono al Dio vivente,
mediante un incontro personale.
*****
Di questa
fede Cristo è «testimone affidabile», «degno di fede». Attraverso di lui Dio
opera veramente nella storia e ne determina il destino finale. Ma c’è «un
aspetto decisivo» della fede in Gesù: «la partecipazione al suo modo di vedere»
(n. 18). La fede, infatti, non solo guarda
a Gesù,
ma guarda anche dal punto di vista
di Gesù,
con i suoi occhi. Usando un’analogia, papa Francesco - e qui si riconosce la sua
semplicità comunicativa - spiega che come nella vita quotidiana ci affidiamo a
«persone che conoscono le cose meglio di noi» - come ad es. l’architetto, il
farmacista, l’avvocato - così per la fede abbiamo bisogno di qualcuno che sia
affidabile ed «esperto nelle cose di Dio» e, precisa l’enciclica, «Gesù è colui
che ci spiega Dio». Per questo, crediamo
a Gesù
quando accettiamo la sua Parola, e crediamo
in Gesù
quando l’accogliamo nella nostra vita e ci affidiamo a lui. Con Gesù, scrive il
Papa, possiamo dire definitivamente: «Abbiamo creduto all’amore che Dio ha per
noi» (1Gv 14,16).
La fede non
ci separa dalla realtà, ma ci aiuta a coglierne il significato più profondo.
Grazie ad essa, l’uomo si salva, perché si apre a un Amore che lo precede e lo
trasforma dall’interno. E questa è l’azione propria dello Spirito Santo: «Il
cristiano può avere gli occhi di Gesù, i suoi sentimenti, la sua disposizione
filiale, perché viene reso partecipe del suo Amore, che è lo Spirito » (n. 21).
Fuori dalla presenza dello Spirito, è impossibile confessare il Signore.
«L’esistenza credente diventa, dunque, esistenza ecclesiale»: la fede emerge
all’interno del corpo della Chiesa come «comunione concreta dei credenti » e,
quindi, «non è un fatto privato, una concezione individualistica, un’opinione
soggettiva», nasce dall’ascolto ed è destinata a pronunciarsi e a diventare
annuncio.
*****
Amiche
lettrici e cari lettori, il fascicolo di
Consacrazione e Servizio
che avete
tra le mani - il quinto del 2013 - si apre con la rubrica:
«Lampada ai
miei passi…»
(dal salmo
119,105). Posta all’inizio del numero, vuole sottolineare che alla luce della
Parola di Dio va letto quello che segue. Questa volta la nostra collaboratrice
Paola Bignardi fissa lo sguardo sull’episodio della donna di Betania, la cui
fede si manifesta come amore che «spreca». La rubrica:
«Donne di
fede»,
ospita altri due profili, il primo a cura di Licinia Faresin, delle suore
Orsoline, e l’altro di Michelina Tenace del Centro Aletti. La rubrica:
«Orizzonti»
arricchisce
il fascicolo con due contributi: il pastore valdese Paolo Ricca si sofferma
sulla formazione secondo le chiese evangeliche; l’ortodosso Dionisios
Papavasileiou presenta la vita monastica nella chiesa ortodossa.
Una parola
particolare per il
Dossier
dedicato alle quattro donne sante proclamate «dottori» della Chiesa. Il tema
viene svolto da sei studiosi che delineano le figure delle quattro «dottoresse»
e altri aspetti che arricchiscono l’argomento. La rubrica:
«Vedere-Leggere»
presenta il
film: «La Settima Stanza » della regista Márta Mészaros (a cura di T. Braccio).
Seguono le segnalazioni di libri (M.G. Casumaro). Nella rubrica:
«Libro del
mese»
si
recensisce il romanzo storico sulla figura di Ildegarda di Bingen (a cura di
Lisa Burani).
L’Anno della
fede nella sua fase centrale riceve il suggello nell’enciclica
Lumen Fidei,
per cui era d’obbligo che l’
Editoriale
fosse dedicato alla prima enciclica di papa Francesco che la conclude con una
preghiera a Maria, Madre della Chiesa, dove tra l’altro in una invocazione
sembra racchiuso il contenuto centrale della
Lettera:
«Insegnaci a guardare con gli occhi di Gesù / affinché egli sia luce sul nostro
cammino».
Un numero
molto ricco di spunti su cui riflettere e lasciarsi interrogare. Ad ogni
lettrice e lettore il nostro augurio: Buona lettura!
Maria Marcellina Pedico
Serve di Maria Riparatrici
Via Monte Velino, 30 - 00141 ROMA
m.pedico@smr.it
Condividi su:

|