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n.1
gennaio/febbraio 2014

 

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 «L’intrepido»

Leggiamo insieme il film

A cura di TERESA BRACCIO

 

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Dati tecnici

Titolo Originale: L’intrepido
Genere:
Drammatico
Regia: Gianni Amelio
Interpreti: Antonio Albanese (Antonio Pane), Livia Rossi (Lucia), Gabriele Rendina (Ivo), Alfonso Santagata (Maltese), Sandra Ceccarelli (Adriana), Giuseppe Antignati, Gianluca Cesale, Fabio Zulli, Bedy Moratti, Fausto Rossi
Nazionalità: Italia
Distribuzione: 01 Distribution
Anno di uscita: 2013
Origine: Italia (2013)
Soggetto: Gianni Amelio
Sceneggiatura: Gianni Amelio, Davide Lantieri
Fotografia (Scope/a colori): Luca Bigazzi
Musica: Franco Piersanti
Montaggio: Simona Paggi
Durata: 104'
Produzione: Carlo Degli Esposti per Palomar con RAI Cinema

 

Note: Realizzato in associazione con Unicredit e con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali-Direzione Generale Cinema. Presentato in Concorso alla 70a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (2013). Ha ottenuto Il Premio Fondazione Mimmo Rotella e Premio Lanterna Magica (Cgs). Antonio Albanese ha ricevuto il Premio Francesco Pasinetti.

La trama

Il film è ambientato nella Milano di oggi dove vive Antonio Pane, lavoratore molto atipico che si dedica al rimpiazzo, ossia si presta, anche solo per qualche ora, a sostituire chi non può recarsi al lavoro. Si prodiga con generosità nelle mansioni più umili e faticose anche se non sempre viene ricompensato; a modo suo è felice. Con questo strano lavoro ha la possibilità di conoscere molte persone e tessere rapporti positivi e fraterni. Antonio è un uomo solo: lasciato dalla moglie, con un figlio musicista, suonatore di sassofono, al quale lo lega un rapporto di reciproca dipendenza.

Un giorno, mentre partecipa a un esame, Antonio conosce Lucia, una ragazza in difficoltà e la aiuta nel rispondere alle domande del concorso. I due si incontrano casualmente nei giorni successivi, lei è sempre più inquieta e guardinga. Confessa che non ha soldi per procurarsi da mangiare e pagare l'affitto di casa. La generosità di Antonio non riuscirà a salvare Lucia dalla disperazione.

Ripercorriamo le tappe

L'intrepido è il titolo di un famoso settimanale per ragazzi al quale il regista si ispira per tratteggiare le sembianze di un eroe moderno che occupa e riempie ogni parte del racconto. Lo stesso Amelio ha dichiarato che L'intrepido è «un inno alla dignità dell'uomo, la storia di un personaggio candido che fa un mestiere che è la quintessenza del precariato odierno». Antonio Pane è un personaggio onesto e gentile, insegnante elementare disoccupato che fa il rimpiazzo, un lavoro diverso ogni giorno che lui svolge con serietà e senza commiserazioni dimostrando che la fatica non usura ma può migliorare e realizzare la persona.

In un clima spesso surreale e complesso, il film rincorre le imprese di questo uomo comune che, proprio come in un fumetto, riesce a fare qualsiasi lavoro, a superare i problemi e le difficoltà della vita senza arrendersi mai. Egli si propone come un povero di strada, discriminato ma sempre costruttivo, destinato a salvare le situazioni più complicate e tendere una mano a tutte le persone che il caso pone sul suo cammino. La sua innocente disponibilità ricorda l’importanza di non chiudersi nel proprio egoismo e pensare che c’è sempre qualcuno che ha bisogno del nostro aiuto. Un insegnamento proposto attraverso un linguaggio da fiaba che amalgama al suo interno generi narrativi molto diversi: commedia, dramma e poesia.

Interpretazione

Del regista Gianni Amelio…

«Abbiamo bisogno tutti di assistere a qualcosa che non lasci l'amaro in bocca, di un film che faccia sognare dopo il confronto con la realtà. Anche quando ho fatto film più drammatici, ho cercato di far intravedere uno spiraglio di luce nelle ultime inquadrature. E qui la luce invade completamente la scena. L'Intrepido mostra la realtà in cui siamo immersi senza la pretesa di avere uno spirito documentaristico, perché per quello bastano i programmi TV di cronaca. Si tratta dell'esperienza delle persone che conosco bene, dei giovani. Non abbiamo voluto appiattirci sulla realtà. La figura di Antonio è uno schizzo: non a caso il titolo si riferisce a un fumetto. Non c'è più grande eroe dell'uomo di strada, che ogni giorno ha il coraggio di uscire di casa.

In un momento come questo c’è bisogno di uno sguardo sereno verso le cose perché altrimenti le cose si rivoltano ancora più contro di noi. Ho inventato questo personaggio pensandolo ad un “Fregoli” del lavoro. In un momento in cui lavoro non c’è Antonio è quello che lavora di più. Il film è proprio costruito su questo paradosso che però richiama la realtà. Una realtà che ho voluto raccontare in maniera vagamente surreale, un po’ come se si trattasse di una favola».

… dell’attore Antonio Albanese…

«Il mio è un personaggio con grande dignità, che lavora con le mani, così come ho fatto io in gioventù per potermi mantenere agli studi. Mi ha sempre interessato raccontare il nostro tempo in questo modo, con dolcezza, anche nei momenti più cupi. I precari come Antonio Pane esistono, non sono delle invenzioni. Anzi, in un modo o nell’altro dobbiamo ammirarlo e imparare da lui. Nella sua professione di rimpiazzo, ovvero quello di fare lavori diversi ogni giorno al posto di altri, c’è tutto il gusto di reinventarsi e di avere uno scopo per alzarsi ogni mattina.

C'è l'inno alla dignità, quel valore, parola abusata ma da non perdere, che ci fa reagire ad una realtà in un modo diverso dal compromesso, dal diventare mascalzoni anche noi, dall'usare le stesse armi con cui tutti ci feriscono. La dignità dell'esistenza e del lavoro Antonio la vuole trovare con forza, a tutti i costi, anche nell’essere buono, tenero. A me pare oggi una figura trasgressiva, soprattutto nel cinema, che abbonda di lunatici e di disperati. Invece lui è un uomo buono, senza sogni consumistici, senza inquietudini banali, che accetta la solitudine, il lavoro precario, la paga saltuaria, l’abbandono della moglie, un concorso andato male, senza mai perdere la speranza che domani sarà meglio. È appunto un eroe intrepido, come quello del vecchio fumetto italiano».

… del co-sceneggiatore Davide Lantieri

«Noi siamo partiti dal racconto di persone della mia età che conosco, ma anche e soprattutto da spunti letterari come Se questo è un uomo di Primo Levi, in cui si capisce che in ogni inferno l’uomo si costruisce una sua storia e gli esseri umani si ricordano di essere uomini e non bestie».

 

Utilizzo pastorale: alcune piste

Il film racconta in modo onirico il disagio esistenziale dell'Italia di oggi attraverso il personaggio di un precario che non si lascia abbattere dalle avversità della vita.

- Lo scenario: una originale esaltazione del lavoro in un tempo di crisi presentata in tutte le sue sfaccettature. Lo scenario all’interno del quale si svolge la vicenda è quello della città di Milano, palcoscenico della decadenza contemporanea, dove la bontà del protagonista attraversa momenti dagli echi ostili e senza risposte.

- Il protagonista: Antonio Pane è un samaritano moderno che si accontenta di poco perché ha capito che il possedere non è tutto nella vita: la felicità può arrivare anche attraverso un semplice gesto di solidarietà. La sua è una generosità all’apparenza ingenua e smisurata, una sorta di pazzia del cuore umano che richiama alla mente la gratuità evangelica.

- Frammenti tematici: Gianni Amelio tratteggia un ritratto umano in cui la libera generosità apre a un futuro migliore nonostante il male del mondo sembra non avere possibilità di riscatto. Una tragedia attuale che interroga ciascuno di noi e il nostro modo di ‘rimpiazzare’ le necessità altrui.

Tematiche: Famiglia - genitori figli; Giovani; Lavoro; Libertà

Valutazione del CNVF: Consigliabile/problematico/dibattiti

 

Il film nella stampa

«Milano ai giorni nostri, una città ghiacciata nei suoi parallelepipedi di vetro e metallo dove, instancabile figura dei tempi moderni, consuma la sua forza lavoro Antonio Pane, protagonista del film di Gianni Amelio L'intrepido, un'allusione al giornalino che si vendeva con Il Monello, The Lonely Hero, come viene tradotto internazionalmente. Antonio Albanese abbandona le crudezze che ha saputo creare in certi suoi recenti personaggi specchio della nostra società per guardare lontano, con francescana purezza, a un orizzonte diverso» (Silvana Silvestri, Il Manifesto, 5 settembre 2013).

 «Un personaggio chapliniano nell'Italia di oggi. Un “Candide” scappato dalle pagine di Voltaire per finire nella patria della corruzione e del lavoro nero, pardon, flessibile. Un Forrest Gump con la faccia di Antonio Albanese che corre senza sosta da un mestiere all'altro, operaio, tranviere, fioraio, stiratore, bibliotecario. Rimpiazzando chiunque abbia bisogno di assentarsi per un'ora o un giorno con un entusiasmo, una fantasia, una disponibilità, che sembrano venire da un altro pianeta» (Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 5 settembre 2013).

«Una storia che, nonostante un finale implicitamente quasi lieto, è abbastanza dolente e sconfortata, pur facendo qua e là anche sorridere con letizia partecipe. [...] Un film quasi amaro. Quel lavoro precario del protagonista Amelio ce lo ha proposto, in una Milano di periferia, algida e spesso piovosa, nell'ambito di mestieri quasi sempre durissimi, lasciando che vi ponga mano un Antonio che, nonostante tutto, per la sua innata bontà, è spesso sereno se non proprio ottimista, anche se, a farcene intendere certe desolazioni segrete, in una scena conclusiva di un episodio viene rappresentato in mezzo al buio, con lo schermo che via via gli si restringe attorno, come nei finali di certi film di Chaplin» (Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 5 settembre 2013).

«Garbata commedia, più agra che dolce, che racconta, come in una favola, i travagli di un uomo (fin troppo) buono. (...) Il misurato Antonio Albanese è disposto perfino a non farsi pagare pur di non venir meno a dignità e onestà» (Massimo Bertarelli, Il Giornale, 12 settembre 2013).

«Malinconico, ma non di cattivo umore, Amelio pensa al cinema che fu (lo Chariot vagabondo ma anche il Jerry Lewis ragazzo tuttofare e il primo Olmi) e racconta una novella che attraversa i nostri giorni duri, quasi a passo di danza» (Claudio Carabba, Corriere della Sera Sette, 13 settembre 2013).

Teresa Braccio fsp
Via san Giovanni Eudes, 25 – 00163 Roma
Tel. 06.661.30.39
teresa.braccio@tiscali.it

 

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