supplemento
n. 05 maggio 2007

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La sapienza del servizio,
governare con sapienza
di Marko Ivan Rupnik
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All’interno della realtà sapienziale, governare
significa pensare con la Sapienza, cioè entrare, partecipare alla
visione che Dio ha sulle persone, sulle singole suore che ci sono
affidate, e governare. Governare significa far sì che si realizzi la
visione divina. È questo il vostro servizio di governo. Io non sono mai
stato superiore e sono, in questo senso, un uomo libero, per cui posso
parlarvi liberamente. Governare significa partecipare in qualche modo
alla visione sapienziale che Dio ha avuto creando le persone. Dio ha
rivolto ad ognuna una parola: quale? La Sua visione coincide con la
vocazione di ognuno, con la chiamata alla vita, non è una cosa astratta
perché - lo abbiamo visto - si condensa in Cristo. Vive nella Chiesa. Ha
un esemplare unico nella Madre di Dio, che molti autori, nei primi tempi
della Chiesa, vedevano come "Sede della Sapienza". La Sapienza non ha
bisogno di una sede, di un trono di marmo. Sede della Sapienza è la
persona vivente in Cristo.
Realizzare la salvezza
Governare vuol dire, allora, servire la salvezza,
operare in modo che essa possa realizzarsi e raggiungere le persone su
cui si governa. Dio le ha chiamate alla salvezza, ha preparato per loro
la salvezza, l’ha realizzata in Cristo. Dio le attende nella Chiesa, e
io devo far sì che avvenga l’incontro tra il Salvatore e la persona. Non
si tratta solo di cooperare perché la persona sia salvata, ma anche che
essa si metta a disposizione del Salvatore meglio che può, in modo che
la salvezza si diffonda e raggiunga il mondo intero.
Io vedo il servizio di governo come un agevolare, un
preparare la strada perché la salvezza passi meglio e raggiunga le
persone. Troviamo in Gregorio Nazianzeno l’immagine di Dio che ha creato
l’uomo rivolgendogli la Parola. Ma l’uomo, essere dialogante, a causa
della tentazione e del peccato di Adamo, non ha risposto a questa
Parola. Ha balbettato altre parole, ma non ha risposto alla Parola che
il Creatore gli rivolgeva. Cristo è la risposta al Padre. La salvezza è
allora di chi, nel Figlio e con la forza dello Spirito Santo, può
pronunciare: "Abbà, Padre".
Che le persone passino da uno stato servile di
schiavo allo stato di figli e figlie: questa è l’opera del governo. Che
le persone possano sentirsi figlie, che si sentano amate dal Padre,
innestate nel Figlio, vivificate dallo Spirito che le muove verso il
Figlio: lo Spirito muove tutta l’umanità verso questa figliolanza, per
cui si può pronunciare: "Abbà".
Un servizio "senza utile"
In termini più concreti questo vuol dire che noi
siamo servi "inutili". Ma un servo non è mai inutile. Infatti, se tu
dici ad un servo: portami un bicchiere d’acqua, lui lo porta e perciò
non è inutile. In realtà siamo servi "senza utile", che è ben diverso.
Sappiamo dall’esegesi che il "senza" è stato tradotto con "in". Siamo
servi senza utile, cioè senza paga.
Per comprendere, bisogna andare un po’ indietro. Per
gli ebrei era lecito dare ai servi una ricompensa minima. Tuttavia una
ricompensa era dovuta. Abbiamo un esempio di scontro su questa realtà
del "dovuto", quando il figlio maggiore della parabola (fratello del
figlio minore, che era libertino, un po’ scatenato), molto serio e
preciso nel fare tutto come si doveva, secondo le norme della
tradizione, tornando dai campi e trovata in casa una festa per il figlio
minore, rivela la mentalità del servo che ritiene dovuta a lui - servo
fedele - una ricompensa: "Ecco io ti servo da tanti anni e non ho mai
trasgredito a un tuo comando e tu non mi hai dato mai un capretto…" (Lc
15,29). Il padre è scioccato. Quel figlio non aveva infatti capito che
tutto quello che è del padre è suo. Fin lì non era arrivato. Così il
figlio che rimane a casa è identico al figlio prodigo. Questi aveva
detto: dammi quello che mi spetta e io lo gestisco. Il figlio maggiore
in fondo vuole lo stesso. Qualcosa gli è dovuto perché ha fatto un
servizio.
Una mentalità che in diverse forme vive sempre tra di
noi. Un anno sabbatico è dovuto, prima o poi, anche alle Madri Generali,
dopo 6 o 12 anni di servizio. È un regalo, è chiaro. È curioso, ma
davvero c’è la mentalità che qualcosa ci è dovuto, perché abbiamo fatto
un servizio. Siccome ho fatto tante cose, posso guardare la TV almeno
tre ore. Dal momento che ho fatto tanto bene e mi sono stancato tanto
nella missione, almeno le vacanze devo averle e belle. "Mi è dovuto".
Ma "servi inutili" significa senza paga: lavoriamo
come matti e non ci viene dato niente. Come capire questa cosa? Un servo
non può dire "sono senza paga", altrimenti non parla da servo. Solo un
figlio lo può dire. La comunione con il maestro, con il Signore, per me
è più di qualsiasi paga possibile. La comunione con il Signore, con il
mio padrone, l’unione con lui, l’amicizia con lui è per me tutto. Ma
questo me lo dice la fede. Me lo dice un "occhio" d’amore, non un
"occhio" commerciale e mercantile.
In termini concreti, dunque governare, servire nel
governo, significa essere servo senza utile. Bisogna essere già figli,
già liberi per poter avere questa mentalità. In termini ancora più
concreti, questo vuol dire servire senza cercare interesse o utile.
Essere totalmente disinteressati: se cerchi la visione di Dio, allora lo
sei; se invece cerchi per te, allora vuoi l’interesse.
La cardiognosia
Apriamo qui una parentesi, che potrebbe illuminarci
molto nella comprensione di ciò che stiamo dicendo.
Nella paternità/maternità spirituale si parla della
cosiddetta cardiognosia, la conoscenza del cuore. Padre Pio ti veniva
vicino e ti diceva tutto di te. Don Bosco, al ragazzino che gli chiedeva
di andare a confessarsi a Torino, raccomandava di non dimenticare quel
certo peccato. Allora, certo, non aveva più senso andare a Torino. Era
già detto tutto.
Cardiognosia vuol dire: viene una persona a parlare
con me; se io sono in atteggiamento di preghiera, mentre la persona
parla, la indirizzo a Dio. Signore, questa suora sta dicendo che ha i
reumatismi, che le fanno male le ossa, che le fanno male tutte le
sorelle… Io dico tutto questo al Signore direttamente. Questa è la
preghiera di chi ascolta ed è l’atteggiamento con cui fare i colloqui.
Preghiera vuol dire: "Io ti affido, Signore, quello
che l’altro sta dicendo. Io sono solo un tramite". Lo racconto al
Signore. La persona finisce di parlare e io le dico allora il primo
pensiero che mi viene… È certamente un pensiero spirituale, perché è
senza interesse. E se l’altra persona mi chiedesse: come hai capito? Non
lo so: è arrivato. Questo è semplicemente un atteggiamento mariano.
Totalmente aperto. "Mi è venuto questo pensiero e te lo dico così: se ti
serve va bene, altrimenti lo butti via". L’altro risponde: "Proprio
questo aspettavo, almeno da dieci anni. Nessuno me lo aveva ancora
detto".
Ma se io ascolto una persona e penso: "Ma guarda…
questa sa così bene usare il computer che può benissimo trascrivere
questa conferenza e nel pomeriggio alle tre l’abbiamo già pronta. Poi
siccome mi hanno chiesto in curia a Milano una suora che sappia lavorare
al computer, questa è proprio per quel posto". Intanto lei parla, ma io
l’ho ascoltata a malapena, non l’ho affidata al Signore e non ho
ascoltato lo Spirito perché sono andato dietro al mio ragionamento.
Allora, qualsiasi cosa dirò, alla fine del colloquio, sarà sbagliata.
La conoscenza del cuore è una cosa che si acquista
attraverso l’esperienza, perché tutti pecchiamo più o meno allo stesso
modo, facciamo le stesse cose; l’egoismo è sempre conservatore. Essere
servi senza utile invece vuol dire non andare al governo con interessi,
ma con un atteggiamento libero. L’unico interesse è che il Signore
incontri questa persona, che la salvezza passi, che la visione di Dio su
questa persona si realizzi.
Ma, mi direte voi, ci sono tante cose concrete: "C’è
la Congregazione, ci sono le opere, ci sono le case da chiudere e da
aprire, come si fa?". Sì, ma tutto questo è da mettere dietro, sullo
sfondo; prima di tutto si dà la precedenza a Dio perché possa realizzare
la salvezza in questa persona. Altrimenti non ce la faremo mai ad uscire
dall’interesse. Noi infatti sposiamo così radicalmente gli interessi
della Congregazione, di un’opera apostolica, di una missione apostolica,
di un vescovo… che non riusciamo a vedere se per queste persone il
Signore sta dicendo qualche altra cosa. E non posso ascoltare il Signore
dal momento che già in anticipo ho elaborato dove questa persona
potrebbe essere collocata e sono troppo sicura che è la visione di Dio.
Saper unire il pensiero alla vita
Adesso arriviamo al punto più delicato, che spero di
saper esprimere chiaramente.
Se io ragiono secondo le necessità e i bisogni, ho un
modo di ragionare. Se ragiono invece secondo la Sapienza, il mio
ragionamento è unito alla Vita, perché la Sapienza è unita alla Vita
come il cuore all’essere vivente.
Se leggiamo i brani della Sapienza, ci rendiamo
subito conto di quanto la Sapienza sia viva. Chi pensa con la Sapienza
ha un pensiero vivo, cioè favorisce la vita, bada alla vita, ha cura
della vita. È un pensiero materno. I russi dipingono la Sapienza sempre
come una donna, perché è qualcosa di femminile. Come dice il profeta
Malachia, è alla donna che Dio ha affidato il soffio della vita. È un
pensiero femminile che cura la vita e la persona. Ma questa vive quando
è in comunione. Quando invece è isolata muore. Se allora ragiono con la
Sapienza, ragiono con le persone vive, curo la loro vita; il che vuol
dire: curo la loro comunione, cerco di favorirla perché questa è
certamente la visione di Dio. Trascurando la comunione, io posso anche
fare grandi opere, ma di fronte alla vita eterna tutto quello che faccio
non ha peso e non è detto che supererà la tomba e sarà nel regno dei
cieli.
Il ragionare con i bisogni, le necessità e le
analisi, produce pensieri morti, astratti, non sapienziali. È come
ragionare con la morte. La logica della morte si riconosce nel fatto che
si vuole salvare noi stessi. Dobbiamo stare attenti, perché noi
cerchiamo di salvare le nostre opere, le nostre Congregazioni, le
vocazioni, rischiando in questa maniera di acquisire esattamente il modo
di ragionare e di agire tipico di Adamo dopo il peccato: salva te
stesso; si salvi chi può…, ma questa è la logica del peccato, della
morte, e produce solo morte.
Basti pensare che più cerchiamo di salvarci, più
cerchiamo di avere delle vocazioni, meno ne abbiamo. Così più cerchiamo
di salvare le nostre posizioni, più siamo stanchi, preoccupati, tesi,
malati. Non è chiaro che Dio ci sta dicendo di non fare così, che questo
non è secondo la sua sapienza, ma secondo la sapienza del mondo, del
potere, dell’agire, della presa di posizione. Questa è la logica del
mondo, che la Sapienza distruggerà, dice il Signore.
Il governo è certamente una delle cose più
vulnerabili nei confronti della logica mondana. La difficoltà di trovare
un modo di governare è stata sperimentata anche dalla nostra Chiesa. In
mezzo alle cose del mondo, forse dopo secoli siamo riusciti a
cristallizzare e a rendere chiara una modalità di governo della Chiesa
che si chiama "collegialità". Si tratta del modo più apostolico e più
autentico. Ma quanta fatica! Perché il governo, volenti o nolenti, è un
potere. E il potere è un giocattolo del diavolo. Lì infatti entra la
logica possessiva, affermativa, autoaffermativa.
Allora non sono più servo senza utile, amico di Dio
verso il quale la Sapienza mi muove. La Sapienza rende amici di Dio. La
Sapienza afferma la comunione con Dio e con le persone. Nel governo
invece saltano fuori il potere, l’avere, l’imporre, l’organizzare, il
gestire. È sottilissimo il modo con cui la tentazione agisce. Ma si
riconosce secondo i frutti: cioè la morte. Non produce la vita
spirituale, la comunione, la gioia di vivere, l’amore. Non si riesce
infatti a produrre l’amore da soli, perchè è un dono dello Spirito
Santo.
Perciò l’atto più delicato di uno che governa è
veramente quello di servire senza utile, il che vuol dire favorire la
comunione. Servire il governo significa operare perché l’amore si possa
realizzare, mettere una diga agli interessi individualisti e soggettivi.
Mettere una diga anche perché nel governo non entri la logica del
salvarsi ad ogni costo, sapendo che solo Dio salva e che questa è la
visione che Dio vuole promuovere. Dico questo con grande sicurezza. Da
missiologo, infatti, ragiono in questa chiave: se noi due, che siamo qui
in missione, non abbiamo sperimentato la salvezza, se in noi due non si
sta realizzando la salvezza, è chiaro che quello che noi due stiamo
facendo non susciterà il desiderio della salvezza, perché non la vedrà
nessuno.
Se non suscitiamo il desiderio di vivere la stessa
visione, l’evangelizzazione è piatta, è semplicemente una proposta di
contenuti che non interessa nessuno; può essere un dibattito dialettico
con il mondo laico, liberale, neocomunista, neofascista, quello che si
vuole, ma non serve a niente. Se voglio avere una Congregazione
apostolica, una comunità religiosa apostolica, come governo devo essere
preoccupato di una sola cosa: che davvero passi attraverso la
Congregazione la salvezza del Signore e che queste donne, ovunque siano,
suscitino il desiderio, l’appetito della salvezza. Se queste persone –
tramite il nostro governo – saranno garantite che possono veramente
sperimentare la comunione, la susciteranno ovunque. Saranno madri che
genereranno per Dio. Ma, se non lo sono, non succederà niente. Le madri
generano per Dio affinché l’uomo non viva più per se stesso, ma per
colui che li ha salvati. Ma per questo bisogna avere delle donne
salvate. Allora governare vuol dire favorire questo.
Su un piano ancora più concreto questo significa
esattamente che prima di partire con i progetti devo mettere davanti le
persone che ho, perché questo è sapienziale, dal momento che la Sapienza
è Dio che ha la visione di comunione delle persone. Si tratta allora di
governare la Congregazione non con progetti a tavolino, ma tenendo conto
delle persone. In questo modo sono certamente sapienziale. Inutile dire:
apriamo una comunità in Albania. In Albania ci si deve andare da
sportivi: non c’è luce, non c’è acqua calda… Nella Congregazione qual è
la situazione? La più giovane ha 68 anni, e non è il caso di mandarla a
morire in Albania. Cominciamo a pensare partendo dalle persone,
sapienzialmente. Che cosa possiamo inventare? Nulla. Perché io devo
garantire che la salvezza passi. La salvezza chiama tutte. Se c’è
qualcuno che dice: noi vogliamo lavorare in questo luogo, bene, noi
siamo qui per discernere, per vedere se questo entra nella visione di
Dio.
Abbiamo detto che la Sapienza abita nella Chiesa.
Dove chiama la Chiesa? Che dice il Papa all’Angelus della
domenica? Cosa ha detto in qualche enciclica? Dove vuole lanciare la
Chiesa? Vediamo se possiamo rispondergli tenendo conto delle persone che
abbiamo… Ragionare con le persone significa servire veramente le
persone. Il modo sapienziale unisce le persone e le salvaguarda, insieme
alla loro comunione e alla salvezza che Dio opera in esse. Solo così
diventeranno strumento per la salvezza nel mondo.
Altrimenti, se queste persone non sono salvate, ma
sono piene di rancore, di rabbia, che cosa le mandiamo a fare, a dire?
Ripeto ancora: servire il governo significa alzare le dighe per bloccare
gli interessi soggettivi di individui, di gruppi e di partiti dentro la
Congregazione. In realtà qualche volta prepararsi al capitolo generale è
come mettere in moto una guerra. "Adesso sostituiremo una linea con
un’altra linea".
Quale linea vogliamo sostituire? Non si sa. Si pensa
astrattamente e in modo passionale; si è schierati riguardo alle persone
con una mente passionale e non con l’intelligenza della comunione. Anche
dal modo passionale di pensare dobbiamo imparare a difenderci: difendere
noi stessi e la Congregazione.
Pian piano Dio qualche cosa ci farà capire fino a
poter desiderare di non governare solo per cercare di portar avanti le
cose, ma per verificare se le nostre sorelle veramente amano il Signore,
se sono davvero innamorate di Cristo, se stanno bene religiosamente, se
la vita religiosa e spirituale fiorisce, se vivono la salvezza o sono
invece tutte amareggiate. Sono queste le domande da farsi per poter
ripartire.
A mio parere il servizio di governo oggi è
esattamente questo. Ripartire dalla Sapienza e leggere in modo
sapienziale i segni del tempo. Altrimenti continuerà a non succedere
niente.*
* Il testo non è stato rivisto dall’autore.
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