n. 4
aprile 2003

 

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Maria... Maestro
(cf Gv 20,16)
L'amore senza fine

di Sr. Diana Papa

 

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Il desiderio di cogliere la profondità dell’incontro di Gesù con Maria di Màgdala, per contemplare l’attimo vissuto da entrambi nell’intimità, ci spinge a rivisitare l’essenza del nostro essere in relazione. Non a un uomo si è rivelato per primo Gesù dopo la Risurrezione, ma a una donna, a colei che è stata creata per vedere e vivere ogni frammento con il cuore.

Se all’origine il rapporto tra Maria e Gesù appare asimmetrico, in questa pagina evangelica Gesù stabilisce con Maria una relazione paritaria, pur nel rispetto della diversità di condizione.

Maria, piangendo vicino al sepolcro, esprime un sentimento profondo di dolore, poiché non riesce a collegare il senso logico ed emotivo degli avvenimenti. La morte di Gesù la colloca in un sentimento di abbandono, che mette in crisi la definizione di sé, il senso di appartenenza, il riconoscimento affettivo da parte dell’altro. L’incontro con lui le aveva permesso il contatto con se stessa, la sua morte invece la riporta, attraverso un sentimento di smarrimento e di confusione, all’esperienza della non esistenza.

Maria piange, vivendo fino in fondo il dolore per la separazione dalla persona amata, perché ha sperimentato l’unicità, la preziosità nel cuore di Gesù… l’appartenenza a qualcuno che l’ama. Si sarebbe accontentata di avere la sicurezza del corpo di Gesù nel sepolcro e invece anche quello ha perso: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto» (Gv 20,13), dove quel “mio”, aggettivo possessivo, esprime tutta l’intensità e la profondità dell’affetto verso Gesù.

Quando una donna ama, si coinvolge con tutta l’esistenza e, armonizzando la mente, il cuore e la volontà, pensa con il calore del cuore, sente mentre pensa, agisce in ogni istante con la profondità della sua esistenza.

Maria ha bisogno di vedere, di toccare l’amato, di condividere i sentimenti, le emozioni, le sensazioni con colui che le ha dimostrato la gioia del suo esserci e Gesù la chiama per nome…

Immaginiamo di ascoltare il tono della voce di Gesù, le parole pronunciate da lui. Empaticamente fermiamoci accanto a Maria per sentire la parola di Gesù vibrare nel cuore di chi, nella solitudine, cerca segni di vita. Per Gesù Maria non è una persona qualsiasi, è una donna che, incontrandolo, ha deciso di viversi fino in fondo, a ogni livello della sua esistenza.

Maria si sente chiamata a coagulare tutti i sentimenti intorno a un nome, «Maestro», pur separando il suo sentire da quello di Gesù, la sua esistenza dall’alterità del Maestro, per esprimere tutta la profondità di un amore che non ha bisogno di orpelli, commenti, aggiunte… un nome che esprime soltanto l’esserci della persona amata.

Nell’intimità profonda con Gesù, Maria definisce se stessa: passa dalla condivisione dell’esistenza con lui per sussistere a una scoperta di sé per esistere e diffondere la vita. «Non mi trattenere» (v. 17), dice Gesù: non fermarti alla relazione per poter vivere. «Va’ dai miei fratelli e di’ loro: io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (v. 17). L’incontro con Gesù, con Colui che ha vinto la morte, porta Maria ad avere una nuova consapevolezza di sé. Attraverso la relazione autentica impara a non manipolare l’altro: gode dell’esserci di sé e dell’amato, custodisce in modo dinamico la propria e altrui solitudine, dove ognuno dilata la propria esistenza, pienezza di vita, segno di risurrezione.

«Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto» (v. 18). Ormai resa amante, è inserita pienamente nel circuito dell’amore, al di là dello spazio e del tempo. Maria, come ogni consacrata, porta nel cuore la presenza dell’Amato che, vinta la morte, liberando la vita di ogni vivente, chiama ancora oggi a essere con la propria esistenza fondata sull’amore… testimone del Risorto!

 Sr. Diana Papa

   

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