n. 5
maggio 2003

 

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di Biancarosa Magliano
 

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«Passiamo all’altra riva». E’ l’invito che Gesù fa al suo gruppo di discepoli, «fattasi sera», quindi dopo una giornata tutta intesa a offrire messaggi, lezioni, insegnamenti attraverso parabole e guarigioni. Aveva parlato della semente che cade in luoghi diversi, dove a volte è soffocata dalle spine, ossia «dalle cure del mondo», come scrive Marco, o «dalla seduzione delle ricchezze» o è abbandonata a se stessa, tra le pietre, oppure dove produce frutti più o meno abbondanti: il trenta, il sessanta o il cento per uno. Aveva parlato del seme, simbolo del regno di Dio, che viene posto sotto terra e l’uomo faccia pure quel più gli piace, dorma o vegli, esso comunque verrà in superficie…

Passare all’altra riva significa cambiare sede, spostarsi, traslocare. Include una partenza, un lasciare, abbandonare; compiere uno spostamento, un distacco, anche una rottura; importa lasciare dietro a sé qualcosa o qualcuno.

Si passa all’altra riva con un semplice gesto fisico-geografico che può anche racchiudere un movimento dal gusto poetico – una traversata in barca – ma c’è un ‘passaggio all’altra riva’ più faticoso, maggiormente impegnativo; che ti prende tutto l’essere. E’ abbandonare la vita nelle sue forme precedenti, gestita su modelli non più evangelicamente validi; è operare mutamenti significativi. Spesso infatti conserviamo stili, modelli, forme di vita, interessi e forse anche cose, oggetti che non servono più. Tengono posto. Occupano il cuore, forse la mente, forse energie vitali. Si vive in stato soporifero e guai a chi propone un po’ di evoluzione.

Passa all’altra riva Pietro che, caricato dallo Spirito, diventa il supertestimone di Colui che, per codardia, preso dal panico,  aveva ripetutamente rinnegato. «Non so chi sia» si difende di fronte alla donna. «Voi, Giudei e abitanti tutti di Gerusalemme, fate attenzione a ciò che sto per dire… Uomini d’Israele, udite queste parole: Gesù il Nazareno fu un uomo accreditato da Dio… », dirà alle folle di Gerusalemme.

Passa all’altra riva Paolo quando esce oltre i confini del popolo ebraico, perché la salvezza possa essere intesa come salvezza universale, posta alla portata di tutti. Egli approda sulla sponda del Signore Gesù, il Salvatore di tutti e di ognuno. Diventa l’Apostolo di Colui i cui seguaci prima erano per lui dei traditori. E può scrivere: « Mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio ».

Sono passati all’altra riva i nostri fondatori e/o fondatrici, quando dopo ore, giorni, forse anni di preghiera, di ascolto, di ricerca, di travaglio, si sono lasciati trasfigurare dalla volontà di Dio e hanno dato origine a opere totalmente difformi dalla mentalità corrente, ma sempre rispondenti alle urgenze loro contemporanee.

 Ecco: passare all’altra riva. Da dove, verso dove?

Passare dall’individualismo alla solidarietà, al coinvolgimento, alla partecipazione, all’impegno per il bene comune perché tutti siamo responsabili di tutti. Dal cercare se stessi, i propri interessi, il proprio buon nome, allo spendere totalmente la propria vita per e con gli altri, anche nel nascondimento, se necessario. « Non sappia la tua destra quel che fa la tua sinistra », ha insegnato Gesù. Nessun uomo e nessuna donna possono dirsi tali se non partecipano al dolore e alle fatiche del loro prossimo

Passare dal rumore, dal chiasso alla silenziosità, dalla disattenzione alla studiosità, ossia a quella capacità per cui su tutto si riflette, da tutto si prende argomento per la propria crescita personale. Ci si libera dalle ‘cose’ (sentimenti, pensieri, reazioni) ingombranti, per centrare la propria attenzione su temi di particolare interesse. Si passa dal caos e disordine della propria realtà mondana a una realtà personale armonica, costruita certamente nella fatica, ma anche nella responsabilità e nella quiete dell’essere.

Passare dall’apatia e dalla neghittosità alla operosità, senza sfociare nell’attivismo. L'apatia è propria dei tempi in cui gli ideali  diventano sfocati, quando mancano motivazioni forti.

Passare dall’isolamento vizioso alla solitudine, quella solitudine che è necessaria per ritrovare se stessi e chi ci sta intorno. L’isolamento vizioso atrofizza, limita gli orizzonti; restringe gli spazi vitali perché ogni essere umano è fatto per la socialità; la solitudine cercata come valore matura la persona e la pone nella possibilità di fare centro su se stessa, sugli altri, su Dio.

Passare dai condizionamenti alla libertà. Liberare tutti i propri spazi interiori da timori o riverenze inutili e lasciarsi trasformare dai criteri di Dio. I condizionamenti, le dipendenze fasulle sono propri dell'età infantile e allora si corre il rischio di essere in ritardo rispetto alla propria età.

Passare all’altra riva richiede un lavoro duro perché sempre incombe la minaccia di voler tornare al punto di partenza, soprattutto se la traversata è segnata da vento forte o da tempesta. Il  punto di partenza deve restare un punto di non ritorno. Le oscure forze che abbiamo dentro di noi, le pulsioni contraddittorie che agitano il nostro cuore rischiano di farci naufragare, ma sempre esiste una lucida possibilità di riscatto e di rilancio.

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