n. 10
ottobre 2001

 

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Giuditta, una donna capace di discernimento e di affidamento a Dio
di Maria Pia Giudici

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LECTIO DIVINA Gdt 8,1-35

1In quei giorni venne a conoscenza della situazione Giuditta figlia di Merari, figlio di Oks, figlio di Giuseppe, figlio di Oziel, figlio di Elkia, figlio di Anania, figlio di Gedeone, figlio di Rafain, figlio di Achitob, figlio di Elia, figlio di Chelkia, figlio di Eliàb, figlio di Natanaèl, figlio di Salamiel, figlio di Sarasadai, figlio di Israele. 2Suo marito era stato Manàsse, della stessa tribù e famiglia di lei, egli era morto al tempo della mietitura dell’orzo. 3Mentre stava sorvegliando quelli che legavano i covoni nella campagna, il suo capo fu colpito da insolazione. Dovette mettersi a letto e morì in Betulia sua città e lo seppellirono con i suoi padri nel campo che sta tra Dotain e Balamon. 4Giuditta era rimasta nella sua casa in stato di vedovanza ed erano passati già tre anni e quattro mesi. 5Si era fatta preparare una tenda sul terrazzo della sua casa, si era cinta i fianchi di sacco e portava le vesti delle vedove. 6Da quando era vedova digiunava tutti i giorni, eccetto le vigilie dei sabati e i sabati, le vigilie dei noviluni e i noviluni, le feste e i giorni di gioia per Israele. 7Era bella d’aspetto e molto avvenente nella persona; inoltre suo marito Manàsse le aveva lasciato oro e argento, schiavi e schiave, armenti e terreni ed essa era rimasta padrona di tutto. 8Né alcuno poteva dire una parola maligna a suo riguardo, perché temeva molto Dio.

9Venne dunque a sapere le parole esasperate rivolte dal popolo alle autorità, perché erano demoralizzati per la mancanza d’acqua, e anche Giuditta seppe di tutte le risposte che aveva date loro Ozia e come avesse giurato loro di consegnare la città agli Assiri dopo cinque giorni. 10Subito mandò la sua ancella particolare che aveva in cura tutte le sue sostanze a chiamare Cabri e Carmi, che erano gli anziani della sua città. 11Vennero da lei ed essa disse loro: “Ascoltatemi bene, voi capi dei cittadini di Betulia. Non è stato affatto conveniente il discorso che oggi avete tenuto al popolo, aggiungendo il giuramento che avete pronunziato e interposto tra voi e Dio, di mettere la città in mano ai nostri nemici, se nel frattempo il Signore non vi avrà mandato aiuto. 12Chi siete voi dunque che avete tentato Dio in questo giorno e vi siete posti al di sopra di lui, mentre non siete che uomini? 13Certo, voi volete mettere alla prova il Signore onnipotente, ma non ci capirete niente, né ora né mai. 14Se non siete capaci di scorgere il fondo del cuore dell’uomo né di afferrare i pensieri della sua mente, come potrete scrutare il Signore, che ha fatto tutte queste cose, e conoscere i suoi pensieri o comprendere i suoi disegni? No, fratelli, non vogliate irritare il Signore nostro Dio. 15Se non vorrà aiutarci in questi cinque giorni, egli ha pieno potere di difenderci nei giorni che vuole o anche di farci distruggere da parte dei nostri nemici. 16E voi non pretendete di impegnare i piani del Signore Dio nostro, perché Dio non è come un uomo che gli si possan fare minacce e pressioni come ad uno degli uomini. 17Perciò attendiamo fiduciosi la salvezza che viene da lui, supplichiamolo che venga in nostro aiuto e ascolterà il nostro grido se a lui piacerà. 18Realmente in questa nostra generazione non c’è mai stata, né esiste oggi una tribù o famiglia o popolo o città tra di noi, che adori gli dei fatti da mano d’uomo, come è avvenuto nei tempi passati. 19Per questo motivo i nostri padri furono abbandonati alla spada e alla devastazione e caddero rovinosamente davanti ai loro nemici. 20Noi invece non riconosciamo altro Dio fuori di lui e per questo speriamo che egli non trascurerà noi e neppure la nostra nazione. 21Perché se noi saremo presi, resterà presa anche tutta la Giudea e sarà saccheggiato il nostro santuario e Dio chiederà ragione di quella profanazione al nostro sangue. 22L’uccisione dei nostri fratelli, l’asservimento della patria, la devastazione della nostra eredità Dio la farà ricadere sul nostro capo in mezzo ai popoli pagani tra i quali ci capiterà di essere schiavi e saremo così motivo di scandalo e di disprezzo di fronte ai nostri padroni. 23La nostra schiavitù non ci guadagnerà alcun favore, perché la porrà a nostro disonore il Signore Dio nostro. 24Dunque, fratelli, dimostriamo ai nostri fratelli che la loro vita dipende da noi, che i nostri sacri pegni, il tempio e l’altare, poggiano su di noi. 25Oltre tutto ringraziamo il Signore Dio nostro che ci mette alla prova, come ha già fatto con i nostri padri. 26Ricordatevi quanto ha fatto con Abramo, quali prove ha fatto passare ad Isacco e quanto è avvenuto a Giacobbe in Mesopotamia di Siria, quando pascolava i greggi di Làbano suo zio materno. 27Certo, come ha passato al crogiuolo costoro non altrimenti che per saggiare il loro cuore, così ora non vuol far vendetta di noi, ma è a fine di correzione che il Signore castiga coloro che gli stanno vicino”. 28Allora rispose a lei Ozia: “Quanto hai detto, l’hai proferito con cuore retto e nessuno può contraddire alle tue parole. 29Poiché non da oggi è manifesta la tua saggezza, ma dall’inizio dei tuoi giorni tutto il popolo conosce la tua prudenza, così come l’ottima indole del tuo cuore. 30Ma il popolo soffriva terribilmente la sete e ci ha costretti a comportarci come abbiamo fatto, parlando loro a quel modo e addossandoci un giuramento che non potremo trasgredire. 31Ma ora prega per noi tu che sei donna pia e il Signore invierà la pioggia a riempire le nostre cisterne e non continueremo a venir meno”. 32Giuditta rispose loro: “Sentite, voglio compiere un’impresa che passerà di generazione in generazione ai figli del nostro popolo. 33Voi starete di guardia alla porta della città questa notte: io uscirò con la mia ancella ed entro quei giorni dopo i quali avete deciso di consegnare la città ai nostri nemici, il Signore per mia mano provvederà a Israele. 34Voi però non indagate sul mio piano: non vi dirò niente finché non sarà compiuto quel che voglio fare”. 35Le risposero Ozia e i capi: “Và in pace e il Signore Dio sia con te per far vendetta dei nostri nemici”.

Giuditta è una donna emblematica. Non a caso il suo nome deriva da Giudea e Giudei: la nazione e il popolo d’Israele. Dà il nome a un libro deuteronomico, escluso cioè dalla Bibbia ebrea, accolto dai cristiani. Non ne possediamo che la traduzione greca.

Ci è facile rilevare che non è strettamente storico e che la stessa geografia dei luoghi citati non è reale.

Qual è dunque il senso, l’identità del libro? Quello di narrare una “storia” (tra favola e parabola) che ha una forte densità teologica e spirituale. E’ il messaggio che conta!

Nabucodonosor (605-562 a.C.) (qui presentato come Re sovrano degli Assiri, mentre fu re dei Babilonesi) è il prototipo del sovrano potente che presume l’onnipotenza! Egli concerta un piano strategico per diventare “signore e dio di tutta la terra”, dispiegando incredibili forze di eserciti, cavalli, cavalieri e realizzando stragi a non finire.

A questa volontà di potenza che vuole imporre il culto di sé a tutti i viventi, resiste solo la nazione ebraica, che confida nel Dio del cielo.

Quando anche i suoi capi, fiaccati da un lungo, terribile assedio, cadono in preda alla paura delle forze ultrapotenti del nemico e stanno per cedere, ecco levarsi Giuditta: una fragile, bellissima donna, fedele in tutto al Dio vero. Sotto la sua mano cade Oloferne, il “generalissimo” delle truppe di Nabucodonosor. La vittoria non la inebria di orgoglio, ma diventa canto di lode e danza al Signore da parte sua e di tutto il popolo.

In filigrana cogliamo la figura di Maria SS. che schiaccia il serpente antico e nel Magnificat esprime tutta se stessa nell’esaltare il Dio di ogni vittoria.

 

Contesto

Solo all’8° dei 16 capitoli del libro di Giuditta compare la protagonista. Tutto ciò che precede è però drammatico antefatto che fa da sfondo alla sua impresa e raggiunge l’acme quando la “turba immensa” degli Assiri (7,18) assedia per lunghi giorni Betulia fino a che in città comincia a scarseggiare l’acqua.

Nella tremenda paura di morire di sete, il popolo leva grida al Signore e si raduna presso Ozia e gli altri capi della città, nello sconforto più nero.

Cogliamo una fede imperfetta in Ozia che, pur esortando gli ebrei a ricorrere al Dio vero, limita a cinque giorni il tempo dell’attesa di un intervento liberatorio di Dio. Se il Signore non interverrà - egli dice - si farà come, per paura, il popolo chiede a gran voce: ci si consegnerà con la città intera al saccheggio di Oloferne, il capo potentissimo nelle cui mani Nabucodonosor ha posto tutte le sue forze militari.

Ecco, in questo ampio contesto cogliamo il senso della storia che sostanzialmente è un unico evento: lo scontro frontale tra i nemici di Dio e, qui, la nazione santa: in senso più lato e universale, lo scontro mai definitivo (per ora) tra il male e il bene.

Dio è Colui che vince con i mezzi impensabili: qui, con l’intervento di una donna, emblema per gli antichi di fragilità e debolezza grandi.

Approfondimento del testo

vv. 1-8 Anche la genealogia di Giuditta non è tale da provarne in modo preciso la realtà storica, perché non si rifà a uno dei 12 figli di Giacobbe. Tuttavia l’autore nomina Sardassai (citato pure in Nm 1,6) come “figlio d’Israele”. E’ che all’autore sacro preme presentare Giuditta quale emblematica, stupenda figlia del popolo di Israele. E’ vedova da tre anni e, pur essendo ricchissima e molto bella, vive appartata, dedita alla preghiera e al digiuno con cui esprime la sua grande fedeltà a Dio, dentro un tenore di vita integerrimo per cui mai nessuno aveva potuto malignare sul suo conto.

vv. 9-14 Giuditta viene a sapere dell’inconsulto cedimento dei capi alla volontà di un
   popolo disperato e vacillante nella fede. Manda subito a chiamare Ozia e altri
   due capi e fa loro una forte, lucida requisitoria intorno al loro erroneo
   discernimento. Hanno sbagliato! Dentro una decisione affrettata, non hanno
   avuto il coraggio della vera fede; hanno operato una mediazione
   sostanzialmente blasfema che osa “precettare” Dio, mettendolo alla prova.

Era già capitato al popolo d’Israele! Si pensi all’episodio di Massa e Meriba (= prova e litigio), dove il popolo, proprio per mancanza d’acqua, protesta con Mosè tanto da rimpiangere la schiavitù d’Egitto (cf Es 17,1-7), mettendo alla prova il Signore.

vv. 15-20 Giuditta, essendo donna di preghiera e di ascesi, sa bene quel che si deve
      fare: invocare dal Signore l’aiuto e aspettare la sua salvezza. Per chi non è
      idolatra questa salvezza, su tempi non nostri ma suoi, certo verrà, se si ha
      fiducia in Lui.

vv. 21-27 Da questa donna, in cui abita la luce del Signore prima ancora della sua
     potenza, viene un forte richiamo alla responsabilità. Responsabili della
     strage degli uomini e del tempio, dell’altare di Dio, devono sentirsi i capi!
     Quanto a questo triste evento bisogna leggerlo - dice Giuditta - come una
     prova. Il Signore che provò con il fuoco il cuore di Abramo, di Isacco, di
     Giacobbe, prova anche noi - afferma - solo per correggerci. E dunque come
     non ringraziarlo? C’è in Giuditta un superamento della posizione di Giobbe
     che non seppe vedere la positività della sofferenza del giusto.

vv. 28-35 Le parole di Ozia ancor più mettono in luce la personalità di Giuditta: da
     sempre - egli dice - è stata donna saggia e dedita alla preghiera, lei che ha
     il cuore buono. Aggiunge parole di scusa sulla proposta che gli era stata
     quasi strappata dalla disperazione del popolo. A Giuditta chiede
     l’intercessione della preghiera. Lei però, ispirata dal Signore, concepisce
     un piano arditissimo e singolare che per ora non svela. La segretezza lo
     rende più attinente al mistero e più atteso nell’esecuzione che sarà narrata
     poi. I capi le invocano pace e aiuto dal Signore che opererà con lei.

 

Meditiamo

Chi di noi non si è imbattuto e non s’imbatte nella prova? Ci sono ore di dolore, difficoltà, fatica e grande oscurità interiore in cui la tentazione è di barattare tutto per tutto. Perfino la schiavitù (dei vari nostri Egitti) si rimpiange!

La libertà costa, è esigente e conduce su strade di responsabilità che sono irte di fatica. Si preferisce rimpiangere il passato, oppure spremere energie nel cercare il colpevole (cf 7,24). Ed è un esercizio, più che inutile, deleterio per chi dovrebbe, proprio nella prova, puntare la propria attenzione su Dio, su Gesù che si è addossato tutte le nostre colpe, egli vittima innocente!

Per una comunità poi è distruttivo questo cercare di chi è la colpa. Così come è deleterio rimediare soluzioni di comodo fuori dal vero discernimento che è guardare gli avvenimenti alla luce della mentalità di Gesù, della sua vita, del suo Vangelo e in particolare della sua Pasqua.

Quando siamo nella prova, la tentazione è dire: perché? Perché proprio a me questa malattia, questa delusione, fallimento? Perché proprio alla mia famiglia? Perché alla mia comunità?

Si supera la tentazione entrando nella dinamica di Eb 12,1-12 che conferma quel che è già nella mentalità di Giuditta: la prova è la correzione di un Padre che ci ama e fruttifica poi pace e vita giusta.

 

Sulla PAROLA i miei esercizi di preghiera

Mediante l’esercizio della consapevolezza del respiro entro nel suo ritmo, mi pacifico a livello fisico e psichico e lascio emergere quello che nel mio vissuto è stato dolore oscuro, delusione, forte disagio apparentemente senza spiegazioni razionali.

Con l’aiuto dello Spirito Santo vivamente invocato afferro quello che in me è stata la tentazione di contrastare con Dio, di evadere in qualche modo dalla sua volontà o permissione, vedendo solo negatività o cercando “scappatoie”, seguendo i criteri della mentalità mondana.

Prendo soprattutto coscienza dei miei stati d’animo di sconforto, buon terreno per la sfiducia nei confronti di Dio e della sua salvezza. Ne prendo coscienza con pace nello spirito, ma con lucidità.

Denuncio anche la facile tentazione di “precettare” Dio, di piegare la sua volontà alla mia, pur di uscire dalla “prova”.

A questo punto chiedo l’aiuto di Maria per ottenere la grazia del vero discernimento approdando a:

Fede vera: fidarsi in un Dio che tace.

Speranza vera: guardare alle cose che ancora non si vedono come se le vedessi, percependole come il “tesoro”, la ‘meta’.

Carità vera: accettare tutte le morti necessarie alla nascita dell’amore autentico.

Itinerari contemplativi

VOGLIO AMARE COME TE

Signore mio Gesù,
voglio amare tutti coloro che Tu ami.
Voglio amare con Te la volontà del Padre.

Non voglio che nulla separi il mio cuore dal tuo,
che qualcosa sia nel mio cuore
e non sia immerso nel tuo.
Tutto quel che vuoi io lo voglio.
Tutto quel che desideri io lo desidero.
Dio mio,
ti do il mio cuore,
lo offro assieme al tuo a tuo Padre,
come qualcosa che è tuo
e che ti è possibile offrire,
perché esso ti appartiene.

Charles De Foucauld

 

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