"se
un re terreno, il nostro imperatore – scriveva san Tikhom du Zadonsk
(1724-1783) – ti scrivesse una lettera, non la leggeresti con gioia?
Certamente con grande esultanza, cura e attenzione” Ma qual è egli
chiede, la nostra attitudine verso la lettera che ci è stata spedita
niente meno che da Dio Stesso? Ti è stata spedita una lettera, non da
qualche imperatore terreno, ma dal Re dei Cieli. Eppure, quasi disprezzi
un tale dono, un tesoro senza prezzo”. Aprire e leggere questa lettera,
dice san Tokhon, vuol dire entrare in una conversazione personale faccia
a faccia con il Dio vivente. “Tutte le volte che leggi il Vangelo,
Cristo stesso ti sta parlando. E mentre leggi, tu sei in preghiera e in
conversazione con lui”.
Esattamente questa è la nostra attitudine ortodossa verso la lettura
delle Scritture. Devo vedere la Bibbia come la lettera personale di Dio
inviata in modo specifico a me. Le parola non sono intese solo per
altri, vissuti lontano e molto tempo fa, ma sono scritte particolarmente
per me e rivolte direttamente a me, qui e ora. Ogni volta che apriamo la
Bibbia, entriamo in un dialogo creativo con il Salvatore: “Parla, perché
il tuo servo ti ascolta”, rispondiamo a Dio (1 Sam 3,10), “Eccomi” (Is
6,8).
Dopo
due secoli da San Yikhon, alla Conferenza tenuta a Mosca nel 1976 tra
gli ortodossi e gli anglicani, l’accostarsi alle Scritture viene espresso in modo differente, ma in
termini ugualmente validi. La dichiarazione congiunta, firmata da
delegati di entrambe le tradizioni, forma un eccellente riassunto del
punto di vista ortodosso. Combinando le parole di san Tikhon e la
dichiarazione di Mosca, si possono distinguere le quattro
caratteristiche che contrassegnano la “mente scritturale” ortodossa: la
lettura delle Scritture è obbediente, ecclesiale,
cristocentrica, personale.
Leggere la Bibbia con obbedienza
Prima di tutto noi consideriamo le
Scritture come ispirate da Dio e ci accostiamo ad esse in spirito di
obbedienza. Divinamente ispirata, la Bibbia possiede un'unità
fondamentale, una coerenza totale: lo stesso Spirito parla in ogni
pagina. Ci riferiamo ad essa non al plurale: “i libri”, ma chiamiamo la
Bibbia “il libro” al singolare. Si tratta di un libro con lo stesso
messaggio generale: una storia composita e allo stesso tempo singola,
dalla Genesi all'Apocalisse.
La Bibbia viene anche espressa in modo
umano. È un'intera biblioteca di scritti distinti, composti in vari
tempi, da persone differenti, in situazioni ampiamente diverse e ogni
libro riflette il carattere dell'epoca in cui fu scritto e il
particolare punto di vista dell'autore. Vi troviamo Dio che parla «in
molti tempi e in molti modi» (Eb 1,1). Dio infatti non abolisce la
nostra individualità, ma la esalta. La grazia divina coopera con la
libertà umana: noi siamo “collaboratori”, cooperatori di Dio (1Cor 3,9).
L'autore di ogni libro non solo registra un messaggio, ma vi
contribuisce con i propri doni. Accanto all'aspetto umano, tuttavia,
dobbiamo sempre considerare l'aspetto divino. Quello che ascoltiamo
nelle Scritture non sono semplici parole umane, caratterizzate da una
maggiore o minore abilità e percezione, m l'eterna, increata parola di
Dio stesso: il Verbo del Padre che «esce dal silenzio», per usare la
frase di sant'Ignazio di Antiochia. Ci accostiamo alla Bibbia, dunque,
non con una posizione di mera curiosità, o per ottenere informazioni
storiche, ma con una domanda specifica: «Come posso essere salvato?».
Senso di meraviglia e attitudine all’ascolto
La ricettività obbediente alla parola di Dio
significa soprattutto due cose: sperimentare un senso di
meraviglia e avere un'attitudine di ascolto. La
meraviglia si estingue facilmente. Spesso, leggendo la Bibbia, ci
accorgiamo che è divenuta troppo familiare. Da qui la necessità di
rileggerla con timore reverenziale e stupore, soprattutto con occhi
nuovi, per vedere il miracolo che le sue pagine ci propongono. Con
ragione faceva notare Platone: «L'inizio della verità è la meraviglia di
fronte alle cose».
Se l'obbedienza significa meraviglia,
significa anche ascolto. Tale è il significato della parola
“obbedire” in greco e in latino: ascoltare. Tuttavia, la maggior parte
di noi è più incline a parlare che ad ascoltare. Se vogliamo acquisire
una “mente scritturistica”, uno dei primi requisiti è quello di smettere
di parlare e iniziare ad ascoltare. Quando entriamo in una chiesa
bizantina, notiamo nell'abside la figura della Madre di Dio con le mani
levate al cielo: l'antico modo scritturale di pregare usato da molti
ancora oggi. Tale deve essere la nostra attitudine verso le Scritture:
apertura e attenta ricettività, con le mani protese verso il cielo.
Leggendo la Bibbia siamo chiamati a
imitare la Vergine Maria, colei che ascolta in modo supremo.
All'Annunciazione, dopo aver ascoltato l'angelo, dà la sua risposta
obbediente: «Sia fatto di me secondo la tua parola» (Lc1,38). Se non
avesse prima ascoltato la parola di Dio, ricevendola spiritualmente nel
suo cuore, non avrebbe mai potuto accogliere nel grembo i Verbo della
vita.
L'ascolto ricettivo continua a essere
l’attitudine della Vergine lungo tutta la sua vita, come registrano i
Vangeli. Alla natività di Cristo, dopo l'adorazione da parte dei
pastori: «Maria custodiva tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc
2,19). Dopo la visita a Gerusalemme, quando Gesù aveva dodici anni: «Sua
madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Lc 2,51). L'importanza
vitale dell'ascolto è pure indicata nelle ultime parole pronunciate da
lei alla festa di nozze a Cana di Galilea. Maria dice ai servi, e a
tutti noi: «Fate tutto quello che Egli vi dirà» (Gv 2,5). In tutto ciò
la Vergine è specchio e icona vivente del cristiano biblico. Ascoltando
la parola di Dio, come lei siamo chiamati a meditare, custodire nel
cuore, fare tutto quello che il Figlio ci dice.
Comprendere la Bibbia attraverso la Chiesa
Come afferma la Conferenza di Mosca:
«Noi conosciamo, riceviamo e interpretiamo le Scritture attraverso la
Chiesa e nella Chiesa ». Il nostro approccio alla Bibbia non è solo
obbediente, ma anche ecclesiale. Le parole delle Scritture ci sono
rivolte a titolo personale e allo stesso tempo in quanto membri di una
comunità. Libro e Chiesa non vanno separati. L'interdipendenza tra
Chiesa e Bibbia è evidente almeno in due modi.
Anzitutto, noi riceviamo le Scritture
attraverso la Chiesa e nella Chiesa. La Chiesa ci dice che cosa fa parte
delle Scritture. Nei primi tre secoli di storia cristiana, dopo un lungo
processo, si è giunti a stabilire quali erano le Scritture “canoniche” e
quelle “apocrife”, quest’ultime forse utili per l'insegnamento, ma non
come fonte normativa di dottrina.
In secondo luogo, noi interpretiamo le
Scritture attraverso la Chiesa e nella Chiesa. La Chiesa ci
dice come le Scritture vanno comprese. All'Etiope che leggeva
l'Antico Testamento nel suo carro, l'apostolo Filippo
chiese: «Comprendi ciò che stai leggendo?». «E come
potrei» rispose, «se qualcuno non mi guida?» (At 8,30-31).
La sua difficoltà è anche la nostra. Le parole
delle Scritture non si spiegano sempre da sole La Bibbia ha un filo
conduttore di meravigliosa semplicità, ma quando è studiata in dettaglio
può risultare un libro difficile. Invero, Dio parla direttamente al
cuore di ciascuno di noi mentre leggiamo la Bibbia, ma abbiamo bisogno
anche di una guida. E la nostra guida è la Chiesa. Possiamo usare la
nostra comprensione personale, assistita dallo Spirito; possiamo usare i
commentari biblici e le scoperte della moderna ricerca, ma occorre
sottomettere le opinioni individuali - le nostre o degli studiosi - al
giudizio della Chiesa.
Leggiamo la Bibbia in modo personale, ma non
come individui isolati, bensí in comunione con tutti gli altri membri
del Corpo di Cristo sparsi in ogni parte del mondo e con tutte le
generazioni. Il criterio decisivo per comprendere il significato delle
Scritture è la “mente della Chiesa”. Per scoprire “questa mente”
dobbiamo in primo luogo conoscere come le Scritture sono utilizzate nel
culto. In particolare, come si scelgono i passi biblici da leggere nelle
diverse feste. Un secondo passo consiste nel consultare gli scritti dei
Padri della Chiesa, soprattutto san Giovanni Crisostomo, e vedere come
essi analizzano e applicano il testo delle Scritture. Il nostro modo
ecclesiale di leggere la Bibbia diviene così liturgico e
patristico.
. Come sviluppare questo modo ecclesiale
di leggere le Scritture nei gruppi di studio biblico, all'interno delle
nostre parrocchie? Ad una persona si può dare il compito di notare
quando un passo particolare è usato per una festività o per la memoria
di un santo, e il gruppo può quindi cercare e scoprire le ragioni per
cui quel brano è stato scelto. Ad altri possono essere assegnati i
compiti di ricerca tra i Padri. All'inizio possiamo rimanere delusi: il
modo di pensare e di parlare dei Padri è spesso differente dal nostro.
Ma c'è molto “oro” nei testi patristici: occorre pazienza e
immaginazione per scoprirlo.
Cristo, il cuore della Bibbia
In terzo luogo la lettura delle
Scritture è cristocentrica. Nella persona di Cristo troviamo il
motivo unificante che passa attraverso l'intera Bibbia, dalla prima
all'ultima frase. Gesù s’incontra con noi in ogni pagina. Tutto ha un
senso a causa sua. «Tutte le cose sussistono in lui» (Col 1,17).
Molte ricerche sulle Scritture da parte
degli studiosi occidentali moderni hanno adottato un approccio
analitico, scomponendo ogni libro in quelle che vengono viste come le
sue fonti originarie. I legami di connessione vengono sciolti, e la
Bibbia è ridotta a una serie di unità isolate. Recentemente vi è stata
una reazione a questo approccio, e i critici biblici in occidente hanno
dato maggiore attenzione al modo in cui le unità primarie sono state
unite assieme.
Come ortodossi, possiamo sicuramente
essere favorevoli a questo. Dobbiamo vedere l'unità delle Scritture
tanto quanto la diversità, la coesione globale della fine così come le
dispersioni degli inizi. La maggior parte dell'Ortodossia preferisce uno
stile di ermeneutica “sintetico” a quello analitico, dato che vede la
Bibbia come un insieme integrato, e Cristo, ovunque, come suo legame
d'unione.
Interpretando l'Antico Testamento alla
luce del Nuovo, e il Nuovo alla luce dell'Antico – come il lezionario
della Chiesa ci incoraggia a fare - scopriamo che tutta la Scrittura
trova il suo punto di convergenza nel Salvatore. Al riguardo sono
illuminanti le parole di padre Alexander Schmemann: «Un cristiano è
colui che, ovunque guarda, trova Cristo e si rallegra in lui». Ciò è
vero in particolare del cristiano biblico. Dovunque guarda, in ogni
pagina, dappertutto trova Cristo.
La
Bibbia come lettura personale
Secondo san Marco il Monaco(“Marco
l'Asceta”, del V/VI secolo): «Colui che è umile nei suoi pensieri e
attivo nel lavoro spirituale, quando legge le Sacre Scritture,
applicherà tutto a se stesso e non al suo prossimo». Dobbiamo guardare
tutte le Scritture per un'applicazione personale. La nostra
domanda non è semplicemente: «Che cosa significa questa pagina?», ma
«Che cosa significa per me?». Come insiste san Tikhon, Cristo
stesso sta parlando a te. Le Scritture sono un dialogo diretto, intimo
tra me e il Salvatore. Cristo si rivolge a me e il mio cuore gli
risponde. Questa è la quarta caratteristica nella nostra lettura della
Bibbia.
Devo leggere le narrazioni delle
Scritture come parte della mia storia personale. La descrizione della
caduta di Adamo, ad es., è un resoconto di qualcosa che rientra nella
mia stessa esperienza. Chi è Adamo? Il suo nome vuol dire semplicemente
“uomo”, “umano”: Adamo sono io. A me Dio chiede: «Dove sei?» (Gen 3,9).
Noi spesso chiediamo «Dov'è Dio?». Ma la vera domanda è quella
che Dio pone all'Adamo che è in ognuno di noi: «Dove sei tu?» Chi
è Caino, l'assassino del proprio fratello? Sono io. La sfida di Dio:
«Dov'è Abele, tuo fratello?» (Gen 4:9), è rivolta al Caino che è in
ognuno di noi.
Ci sono tre passi da fare nel leggere le
Sacre Scritture. Per prima cosa occorre riflettere sul fatto che sono
storia sacra: la storia del mondo dalla Creazione, la storia del
popolo eletto di Dio, la storia di Dio stesso incarnato in Palestina, la
storia delle “grandi opere” (At 2,11) dopo Pentecoste.
Quindi, osserviamo la particolarità
di questa storia sacra. Nella Bibbia troviamo che Dio
interviene in tempi specifici e in luoghi particolari ed
entra in dialogo con Abramo, Mosè e Davide, Rebecca e Rut,
Isaia e i profeti. Dio s’incarna in un particolare angolo della
terra, i un momento particolare e da una Madre particolare.
Questa particolarità la dobbiamo considerare come una
benedizione.
Questa specificità della Bibbia è un
elemento vitale nella “mente scritturistica” ortodossa. Se amiamo
davvero la Bibbia, ameremo le genealogie e i dettagli nella datazione e
nella geografia. Uno dei modi per accostare le Scritture è andare in
pellegrinaggio in Terra Santa. Camminare dove ha camminato Cristo.
Scendere presso il Mar Morto, salire sul monte delle Tentazioni
osservare le terre desolate, provare ciò che deve avere provato Cristo
durante i suoi quaranta giorni di solitudine nel deserto. Bere dal
pozzo, presso il quale Gesù ha parlato con la samaritana. Andare di
notte al Giardino del Getsemani, sedersi al buio sotto gli antichi
ulivi, e guardare attraverso la valle le luci della città. Questo
gustare appieno il “sapore” caratteristico dell’ambientazione storica,
dobbiamo rievocarlo nella lettura quotidiana delle Scritture.
Il terzo passo consiste nell’applicarle
direttamente a noi stessi. In altre parole dobbiamo dire a noi
stessi: «Questi non sono solo luoghi distanti, eventi di un remoto
passato, appartengono al mio incontro con il Signore. Le storie
includono me».
In questa lettura personale della Bibbia
non siamo semplicemente osservatori distaccati e obiettivi, che
assorbono informazioni e prendono nota di fatti. La Bibbia non è
un'opera letteraria o una collezione di documenti storici, ma un libro
sacro, rivolto a credenti, d leggere con fede e amore.
Leggendo le Scritture secondo le quattro
caratteristiche indicate: - con obbedienza, come membri della Chiesa,
trovando ovunque Cristo, vedendo ogni pagina come storia personale-
sapremo percepire qualcosa della forza e della guarigione che si trovano
nella Bibbia.
Al culmine della sua crisi spirituale,
mentre era in lotta con se stesso in un giardino, sant'Agostino udì una
voce che diceva: «Prendi e leggi». Prese la Bibbia e lesse, e ciò che
lesse gli cambiò la vita. Anche noi prendiamo e leggiamo:
«Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino » (Sal
118 [119],105).
Kallistos
Ware
Vescovo Metropolita di Diokleia
[Traduzione di Maria Campatelli]